Assegno di mantenimento del figlio maggiorenne e legittimazione iure proprio del genitore convivente

09 Dicembre 2024

La pronuncia affronta le molteplici questioni processuali e sostanziali che ripetutamente si presentano nei giudizi di opposizione all’esecuzione, aventi ad oggetto il recupero delle somme dovute in forza di un assegno di mantenimento disposto in favore dei figli maggiorenni non autosufficienti. Il Tribunale, in particolare, coerentemente con i consolidati orientamenti in materia, dopo aver ribadito la legittimazione ad agire del genitore convivente con il figlio maggiorenne nonché l’irrilevanza dei fatti sopravvenuti (quali il mutamento delle condizioni patrimoniali intervenuto successivamente alla sentenza di separazione) si interroga sulla possibilità di porre in compensazione gli importi direttamente versati al figlio, quelli corrisposti per le spese straordinarie per il mantenimento dello stesso, nonché le somme già erogate a titolo di oneri condominiali e di utenze domestiche della casa familiare.

Massima

La legittimazione del genitore convivente con il figlio maggiorenne, essendo fondata sulla continuità dei doveri gravanti su uno dei genitori nella persistenza della situazione di convivenza, non si sovrappone, ma concorre con la diversa legittimazione del figlio di maggiore età, che trova fondamento, a sua volta, nella titolarità del diritto al mantenimento, e i problemi determinati dalla coesistenza di entrambe le legittimazioni si risolvono sulla base dei principi dettati in tema di solidarietà attiva; peraltro, nel giudizio di opposizione all’esecuzione possono essere dedotte soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo e non anche fatti sopravvenuti, i quali devono essere fatti valere col procedimento di modifica delle condizioni della separazione o del divorzio. In sede di opposizione, l’opponente può opporre in compensazione quanto corrisposto a titolo di spese ordinarie correlate alle utenze di luce e gas, all’uso dell’immobile nonché di oneri condominiali per spese di ordinaria amministrazione, ma non quanto versato per le spese condominiali e dell’alloggio familiare relative ad interventi di straordinaria amministrazione nonché a titolo di mantenimento per le spese straordinarie dei figli. Il genitore obbligato, in ogni caso, in mancanza della corrispondente domanda del figlio, non può pretendere di assolvere la propria prestazione direttamente nei confronti di quest’ultimo, e non nei confronti del genitore istante, poiché, sebbene tali soggetti, in quanto titolari di diritti autonomi e concorrenti, siano entrambi legittimati a percepire il menzionato assegno, tuttavia la decisione non può sottrarsi al principio della domanda, onde non possono essere posti in compensazione gli importi versati direttamente al figlio medesimo.

Il caso

La vicenda trae origine dall’opposizione all’esecuzione proposta da un coniuge (il marito) nei confronti dell’altro al fine di veder accertato (oltre alla carenza del diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata) il difetto di legittimazione attiva della convenuta con riferimento ai crediti vantati dal figlio maggiorenne, giusta assegno di mantenimento disposto con la sentenza di separazione.

L’attore, inoltre, eccepiva per un verso il mutamento delle condizioni patrimoniali dell’altro coniuge e dei figli, intervenuto successivamente alla sentenza di separazione; e, per altro verso, la compensazione delle pretese creditorie con gli importi direttamente versati al figlio e con quelli corrisposti per le spese straordinarie per il mantenimento dello stesso, nonché con le somme già erogate a titolo di spese condominiali (ordinarie e straordinarie), di utenze domestiche e di manutenzione della casa familiare.

La questione

La pronuncia, nella sua pur brevità, si presenta lineare negli snodi argomentativi e coerente con i ben noti orientamenti giurisprudenziali in materia, affrontando i molteplici contrasti che sovente si presentano nei giudizi aventi ad oggetto il recupero delle somme dovute in forza di un assegno di mantenimento disposto in favore del coniuge e dei figli maggiorenni.

Le plurime problematiche che il Tribunale è stato chiamato ad affrontare coinvolgono aspetti processuali e sostanziali del diritto delle famiglie.

Le questioni processuali possono essere così individuate: il genitore collocatario del figlio maggiorenne (evidentemente convivente e non economicamente autosufficiente) può agire per ottenere il pagamento delle spese straordinarie non pagate e dell’assegno mensile di mantenimento? Inoltre, nei giudizi di opposizione all’esecuzione assumono rilevanza i fatti sopravvenuti, quali il mutamento delle condizioni patrimoniali intervenuto successivamente alla sentenza di separazione?

Le questioni sostanziali, invece, riguardano i crediti che nei giudizi di opposizione all’esecuzione possono essere posti in compensazione e, intrecciandosi inevitabilmente con la natura alimentare dell’assegno di mantenimento, si risolvono nei seguenti interrogativi: l’opponente può opporre in compensazione le somme già erogate a titolo di spese condominiali (ordinarie e straordinarie), di utenze domestiche e di manutenzione della casa familiare? E le somme versate per le spese straordinarie per il mantenimento del figlio, nonché gli importi direttamente versati allo stesso?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza annotata, innanzitutto, ha esaminato, rigettandola, la preliminare eccezione di carenza di legittimazione attiva di parte opposta, ricordando come il figlio maggiorenne e il genitore già collocatario sono titolari iure proprio del diritto ad ottenere dall'altro coniuge il contributo per il mantenimento («il figlio, in quanto titolare del diritto al mantenimento, e il genitore, in quanto titolare del diritto a ricevere le somme dall'altro genitore»: Trib. Castrovillari, 24 settembre 2024, n. 1578).

Ed infatti, il genitore (separato o divorziato) cui il figlio sia stato affidato durante la minore età, continua, pur dopo che questi sia divenuto maggiorenne (purché quest'ultimo conviva ancora con il genitore già collocatario e non sia economicamente autosufficiente), ad essere legittimato iure proprio, in assenza di un'autonoma domanda da parte dello stesso, a richiedere all'altro genitore tanto il rimborso, pro quota, delle spese già sostenute per il mantenimento, quanto il versamento di un assegno periodico a titolo di contributo per detto mantenimento (così Cass., 24 febbraio 2006, n. 4188; Cass., 18 aprile 2005, n. 8007; Cass., 27 maggio 2005, n. 11320; Cass., 21 giugno 2002, n. 9067; F. Colangeli, Spetta al genitore convivente richiedere il mantenimento del figlio maggiorenne?, in IUS Famiglie).

Si tratta, in particolare, di una legittimazione che «non si sovrappone, ma concorre con la diversa legittimazione del figlio di maggiore età» e che trova la propria ragione nella «continuità dei doveri gravanti su uno dei genitori nella persistenza della situazione di convivenza» (Cass., 20 agosto 2020, n. 17380; Cass., 16 luglio 1998, n. 6950). L'art. 337-septies c.c., del resto, pur riconoscendo «al figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente un diritto concorrente con quello del genitore convivente alla percezione dell'assegno di mantenimento che ne legittima la partecipazione al giudizio sia in via principale sia in via di intervento autonomo», ciononostante «presuppone la domanda giudiziale e non viene perciò meno al principio della domanda di cui all'art. 99 c.p.c.» (Cass., 16 settembre 2022, n. 27308; L.M. Cosmai, Assegno di mantenimento per i figli, in IUS Famiglie; A. Lestini, Figli maggiorenni, in Ius Famiglie, 2023; A. Lestini, Revocato il mantenimento della figlia maggiorenne, in IUS Famiglie, 2022).

Ne deriva, in tale ordine di idee, che sia il figlio maggiorenne (in quanto titolare del diritto al mantenimento), sia il genitore con lui convivente (in quanto titolare del diritto a ricevere il contributo dell'altro genitore alle spese necessarie per tale mantenimento, cui materialmente provvede), sono titolari di diritti autonomi, ancorché concorrenti, sicché sono entrambi legittimati a percepire l'assegno dall'obbligato (Cass., 11 novembre 2013, n. 25300; Cass., 12 ottobre 2007, n. 21437). Un tale riconoscimento, peraltro, presuppone in ogni caso la persistenza della “convivenza” (o, in altra prospettiva, della “coabitazione”) fra il figlio divenuto maggiorenne ed il genitore cui era stato affidato il minore di età.

Ciò premesso, con riferimento al mutamento – intervenuto successivamente alla sentenza di separazione – delle condizioni patrimoniali del coniuge (che avrebbe intrapreso un rapporto di lavoro) e dei due figli (di cui l'opponente eccepiva che uno sarebbe stato assunto presso la propria azienda, con conseguente raggiungimento dell'indipendenza economica, mentre l'altro avrebbe perso il diritto al mantenimento, non avendo voglia di lavorare e studiare) la sentenza evidenzia come il giudice dell'opposizione «pur essendo tenuto a vagliare non solo i vizi formali, ma anche la legittimità degli alti posti a fondamento dell'esecuzione, non può, tuttavia, provvedere in merito alla revoca o alla modifica delle condizioni stabilite nei procedimenti di separazione o divorzio, compreso quelle relative al mantenimento dei figli» (Trib. Castrovillari, 24 settembre 2024, n. 1578).

Ed infatti, si è soliti ripetere come con l'opposizione al precetto «possono essere dedotte soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo e non anche fatti sopravvenuti, da farsi valere col procedimento di modifica delle condizioni della separazione … o del divorzio» (Cass., 2 luglio 2019, n. 17689); e, ciò in ragione del fatto che il rapporto obbligatorio fra il soggetto che ha il diritto di percepire l'assegno di mantenimento per i figli e il genitore obbligato a versarlo «perdura, nonostante si siano creati i presupposti per la modificazione del suo contenuto o per la sua soppressione, finché non sopraggiunga una nuova pronuncia del giudice», il cui intervento, «costituisce in definitiva l'unico mezzo a disposizione di entrambe le parti per far valere i mutati presupposti» (Cass., 9 novembre 2001, n. 13872).

Nel giudizio di opposizione all'esecuzione, dunque, il giudice è chiamato «esclusivamente ad interpretare il titolo posto a fondamento dell'azione esecutiva» (Cass., 10 novembre 2015, n. 23471), onde si sottolinea come in presenza di un fatto successivo alla formazione del titolo non potrebbe che farsi necessariamente ricorso al procedimento di modifica delle condizioni di separazione o divorzio (Cass., 16 giugno 2011, n. 13184).

Ciò detto, la decisione in rassegna si snoda, nel merito delle tematiche affrontate, intorno alla eccezione di compensazione proposta dall'opponente in ordine a quanto corrisposto per le utenze domestiche, per le quote condominiali e per la manutenzione della casa familiare, richiamando il tradizionale distinguo tra spese ordinarie e straordinarie.

Al riguardo, preme rilevare come sia noto che solo le prime (vale a dire le spese ordinarie, correlate alle utenze di luce e gas, all'uso dell'immobile nonché relative ad oneri condominiali per spese di ordinaria amministrazione), a differenza delle altre (cioè delle spese condominiali e dell'alloggio familiare relative ad interventi di straordinaria amministrazione), devono essere poste in compensazione.

Le spese condominiali, infatti, non fanno esclusivamente capo a chi ha in concreto goduto dell'immobile (Cass., 24 luglio 2000, n. 9689), dovendosi distinguere le spese che sono dovute da chi ha utilizzato il bene (per esempio, servizio di pulizia, riscaldamento) da quelle che sono a carico del proprietario (per esempio, spese di manutenzione straordinaria).

L'essenziale gratuità dell'assegnazione della casa familiare, del resto, esonera, l'assegnatario dal pagamento di un corrispettivo per il godimento dell'abitazione di proprietà dell'altro, ma non si estende alle spese che tale uso comporta, in cui sono compresi gli oneri condominiali, i quali riguardano la manutenzione delle cose comuni poste a servizio (anche) dell'alloggio familiare; tali spese, invero – in mancanza di un provvedimento espresso del giudice della separazione o del divorzio, che ne accolli l'onere al coniuge proprietario, per esempio in ragione della notevole sproporzione fra i redditi dei genitori (Cass., 23 novembre 2021, n. 36088; Trib. Roma 15 settembre 2020, n. 12303) – rimangono a carico del coniuge assegnatario (Cass., 23 maggio 2022, n. 16613; Cass., 19 settembre 2005, n. 18476; Cass., 30 luglio 1997, n.7127; Cass., 3 giugno 1994, n. 5374).

L'ultima questione attiene, infine, alla (im)possibilità di opporre in compensazione le somme versate a titolo di mantenimento per spese straordinarie nonché quelle direttamente versate al figlio maggiorenne.

Al riguardo, la tematica viene esaminata partendo dal decisivo rilievo assunto dal «ritenuto carattere propriamente alimentare dell'assegno» di mantenimento del figlio maggiorenne ovvero dalla sua «natura sostanzialmente alimentare» o, comunque, dalla «funzione normalmente “anche” alimentare» dello stesso (Cass., sez. un., 8 novembre 2022, n. 32914; A. Lestini, Assegno di mantenimento dei figli maggiorenni e ripetizione delle somme versate, in IUS Famiglie, 2023), che evidentemente risponde a specifiche esigenze di tutela dei figli (tanto che si afferma che il credito per il contributo è indisponibile e irrinunciabile: Cass., 14 maggio 2018, n. 11689).

Sullo sfondo, allora, appare il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo (Cass., 4 luglio 2016, n. 13609; Cass., 10 dicembre 2008, n. 28987; Cass., 18 novembre 2016, n. 23569); tesi declinata, nella vicenda esaminata, nel senso che «il credito derivante dal pagamento dell'assegno mensile di mantenimento, avente carattere alimentare, non può essere compensato con il credito che a un genitore spelta in forza del mancato rimborso pro quota da parte dell'altro delle spese straordinarie sostenute e anticipate per il figlio» (Trib. Castrovillari, 24 settembre 2024, n. 1578).

Nella medesima prospettiva, poi, il giudice ha ritenuto che non possono essere posti in compensazione gli importi versati direttamente al figlio, «in quanto parte opponente non era abilitato al versamento diretto … attesa la mancanza di apposita domanda» (Trib. Castrovillari, 24 settembre 2024, n. 1578).

È indubbio, del resto, come il genitore obbligato, in mancanza della corrispondente domanda del figlio, non possa pretendere di assolvere la propria prestazione direttamente nei confronti dello stesso, e non nei confronti del genitore istante (Cass., 12 novembre 2021, n. 34100; Cass., 11 novembre 2013, n. 25300; C.d.A. Roma, 2 maggio 2022, n. 2833; Trib. Torino, 28 maggio 2022, n. 2321; Trib. Rieti, 20 ottobre 2021, n. 551; Trib. Cosenza, 15 luglio 2021, n. 1636).

Osservazioni

La sentenza in epigrafe tratta temi assai noti ai giuristi che, per ragioni variamente professionali, si occupano di diritto di famiglia (anzi «delle famiglie», al plurale, posto che, oggigiorno, si individuano necessariamente una «pluralità di modelli familiari socialmente tipizzati e giuridicamente tutelati»: M. Sesta, Manuale di diritto di famiglia, Milano, 2023, p. 6), in quanto le tesi, domande ed eccezioni formulate dalle parti nel giudizio ricalcano, al pari delle soluzioni adottate, quelle tipicamente e tralatiziamente avanzate o prospettate.

E, tuttavia, alla assoluta correttezza e condivisibilità delle argomentazioni svolte nella fattispecie considerata, non pare inutile affiancare alcune brevi osservazioni conclusive.

I casi di più frequente verificazione, come detto, riguardano tanto le ipotesi in cui il genitore obbligato – spiegando opposizione all'esecuzione – pretenda di poter versare (in assenza di un previo provvedimento giudiziale) l'assegno di mantenimento direttamente nelle mani del figlio maggiorenne, ovvero di poter compensare quanto eventualmente già corrisposto con le somme dovute a tale titolo (giusta sentenza di separazione o divorzio) all'altro coniuge; quanto quelle in cui sia proprio il figlio maggiorenne a chiedere (pur in presenza di un provvedimento giudiziale che abbia disposto il versamento nei confronti del genitore collocatario) il pagamento dell'assegno in proprio favore.

È qui che vale il principio della domanda e – posto che, tra l'altro, «il pagamento dell'assegno di mantenimento direttamente al figlio maggiorenne, invece che al genitore convivente, non è una facoltà dell'obbligato, ma può essere solo il frutto di una decisione giudiziaria» (Cass., 13 aprile 2021, n. 9700) – si afferma e riconosce come la legittimazione del genitore convivente concorra con quella del figlio; con la conseguenza che i problemi determinati dalla coesistenza di entrambe le legittimazioni non potrebbero che risolversi sulla base dei principi dettati in tema di solidarietà attiva (Cass., 20 agosto 2020, n. 17380), applicabili, in altra prospettiva, non già direttamente bensì solamente «in via analogica, trattandosi di diritti autonomi e non del medesimo diritto attribuito a più persone» (Cass., 8 settembre 2014, n. 18869).

Parzialmente diverso, però, sembrerebbe essere il caso in cui il figlio – a fronte della posizione di un genitore obbligato che, nel giudizio di opposizione all'esecuzione, senza eccepire la compensazione al coniuge istante né domandare di poter versare l'assegno direttamente al figlio (consapevole che entrambe le istanze sarebbero destinate al rigetto), abbia piuttosto preferito sostenere la mera carenza del diritto del creditore di procedere ad esecuzione – sia a sua volta intervenuto nel giudizio senza spiegare (come pure sarebbe possibile, stante la legittimazione concorrente tra genitore collocatario e figlio maggiorenne convivente) alcuna domanda di pagamento in via diretta, ma limitandosi a confermare che il genitore avrebbe adempiuto (magari in attuazione di un c.d. accordo a latere) l'obbligazione nei propri confronti, e ciò al precipuo fine di neutralizzare il diritto del genitore istante.

E, così, mentre l'individuo affronta le conflittuali logiche nonché le assai ardue ed inaspettate dinamiche familiari (perché, come risaputo, «la vita è governata sommamente dall'imprevedibile, da un caso che preclude la possibilità di stabilire tutto in anticipo e di avere possesso del futuro»: S. Rodotà, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Milano, 2018), al giurista verrebbe da domandarsi se taluni schemi – pur conferenti nell'ottica di tutela del soggetto debole, quale sicuramente è il figlio maggiorenne non autosufficiente – siano coerenti con il raggiungimento dell'interesse tutelato, onde verificare se quest'ultimo possa, in ipotesi, dirsi coincidente con l'avvenuto pagamento di quanto dovuto al soggetto individuato come il concreto beneficiario.

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