La rilevanza della comunione materiale e spirituale tra i coniugi quale presupposto per il riconoscimento dell’assegno divorzile
03 Dicembre 2024
Massima La realizzazione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi, costituendo l’essenza della vita matrimoniale, rappresenta presupposto imprescindibile per il riconoscimento dell’assegno divorzile, con la conseguenza che la sua mancata realizzazione si pone quale elemento ostativo per l’attribuzione di siffatto emolumento sia in funzione assistenziale che compensativo – perequativa. Il caso Nell’ambito del giudizio di divorzio, il Tribunale di Perugia appositamente adito, riconosceva in favore della ex moglie un assegno divorzile quantificato in € 450,00 mensili ritenendo sussistenti, in ragione della patologia da cui la beneficiaria era affetta, le ragioni di natura assistenziale cui detto emolumento è finalizzato ed escludendo, in considerazione della breve durata del matrimonio, quelle di natura compensativa – perequativa. Con riferimento a tale ultimo aspetto, il Tribunale poneva attenzione alle vicende matrimoniali della coppia, la quale aveva contratto matrimonio nel maggio 2004 e già nel gennaio 2005 era stato introdotto un primo giudizio di separazione personale dei coniugi, successivamente interrotto nel dicembre 2007 stante la loro riconciliazione, e poi riproposto nel giugno 2009. La pronuncia veniva impugnata dinanzi la Corte di Appello territorialmente competente, in via principale, dalla ex moglie in considerazione del mancato riconoscimento della componente compensativo – perequativo dell’emolumento nonché, con appello incidentale, dal coniuge onerato il quale richiedeva la revoca del beneficio per l’insussistenza dei presupposti per il suo riconoscimento. La Corte adita riduceva a € 350,00 mensili oltre ISTAT l’importo dovuto a titolo di assegno divorzile confermando la sussistenza delle ragioni assistenziali per il suo riconoscimento. Sul punto i giudici territoriali attribuivano rilevanza alle ragioni di salute della beneficiaria che, essendo affetta da sclerosi multipla, alternava a periodi in cui era asintomatica altri in cui si manifestavano recidive che necessitavano cure mediche specifiche che provocavano notevoli effetti collaterali con compromissione della sua qualità di vita ed anche della sua capacità lavorativa. Di converso la Corte territoriale, analogamente a quanto disposto in primo grado, escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della componente compensativa – perequativa dell’assegno divorzile in ragione della breve durata del matrimonio, già valorizzata dal Tribunale di Perugia, oltre che della mancata convivenza degli stessi e, dunque, dell’assenza di una comunione di vita effettiva tra i coniugi desumibile dalla scelta della beneficiaria di mantenere la propria residenza. Inoltre, veniva esclusa la sussistenza di qualsivoglia apporto da parte di quest’ultima alla formazione del patrimonio del marito, peraltro, di derivazione ereditaria. Entrambe le parti proponevano ricorso dinanzi la Suprema Corte di cassazione, articolando diversi motivi di gravame volti, con riferimento alla posizione dell’ex marito, a pervenire alla totale revoca dell’assegno divorzile e, per ciò che concerne la beneficiaria dell’emolumento, alla sua diversa quantificazione anche in ragione della funzione compensativo – perequativa che avrebbe dovuto essere riconosciuta. Con la sentenza in esame la Corte di cassazione ha ritenuto fondate le argomentazioni addotte dall’ex marito ritenendo non dovuto il beneficio previsto in favore della ex moglie per la insussistenza dei presupposti per il suo riconoscimento neppure in funzione assistenziale. La questione Con la pronuncia in commento la Corte è tornata ad esaminare la questione relativa alla individuazione dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile, valorizzando nel relativo percorso logico – argomentativo, l’incidenza delle vicende familiari, e in particolare del requisito dell’instaurazione di una effettiva comunione di vita spirituale e materiale tra coniugi, ai fini della sussistenza del relativo diritto. Le soluzioni giuridiche La sentenza resa dalla Corte di Appello di Perugia veniva impugnata da entrambi i coniugi, i quali, ciascuno per quanto di proprio interesse, ne richiedevano la riforma sollevando diversi motivi di doglianza. Più nello specifico, il ricorrente evidenziava l'illegittimità della pronuncia in oggetto nella parte in cui aveva previsto il riconoscimento dell'assegno divorzile in favore della ex moglie lamentando la violazione dell'art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970 in relazione a molteplici aspetti quali: le specifiche vicende afferenti alla vita matrimoniale, caratterizzata dalla mancanza di coabitazione e dalla mancata instaurazione di una effettiva comunione di vita materiale e spirituale; il mancato apporto della beneficiaria alla realizzazione del patrimonio dell'obbligato; l'omessa ricerca di un lavoro nonostante la sua giovane età, la sua capacità lavorativa e il possesso di un valido titolo di studio; la mancata valorizzazione da parte dei giudici di merito delle possibilità di accesso per la beneficiaria agli strumenti di sostegno per il reddito. In aggiunta, il ricorrente eccepiva la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. adducendo la mancanza di prova circa l'incidenza della patologia cui era affetta la moglie sulla possibilità di quest'ultima di intraprendere una attività lavorativa, oltre che in relazione all'impegno da quest'ultima profuso per la ricerca di un lavoro che le consentisse di rendersi autonoma. Di converso, la beneficiaria eccepiva la violazione, tra gli altri, dell'art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970 per l'omessa valorizzazione della disparità delle condizioni economiche esistenti tra le parti che avrebbe dovuto indurre i giudici di merito al riconoscimento, unitamente alla componente assistenziale dell'assegno divorzile, anche di quella compensativa – perequativa con conseguente maggiorazione della somma prevista in suo favore. Sta di fatto che la Corte accoglieva i primi due motivi di impugnazione formulati dall'ex marito, ritenendo assorbiti gli altri da quest'ultimo proposti oltre che quelli articolati della ex moglie. In particolare, i giudici di legittimità, riproponendo il principio già espresso in altra pronuncia, hanno ribadito la centralità da riconoscersi – ai fini dell'attribuzione dell'assegno divorzile – alla effettiva realizzazione, tra i coniugi, di una comunione di vita sia materiale che spirituale che costituisce, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 898/1970, l'essenza stessa del matrimonio, la cui mancanza è ostativa al riconoscimento del citato emolumento (Cass. 28481/2022). Nel caso di specie per la Corte tale comunione di vita non poteva dirsi integrata essendo emerso nel corso del giudizio che, pur nella breve durata del rapporto coniugale, i coniugi non avevano mai coabitato, avendo la moglie mantenuta la propria residenza; tale aspetto – tuttavia – a differenza di quanto statuito dai giudici di merito, non è stato ritenuto idoneo ad incidere solo sulla funzione compensativa – perequativa riconosciuta all'assegno divorzile ma ad inficiare in toto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto in esame. Differente, invece, per gli Ermellini il rilievo da attribuire alla breve durata del matrimonio idoneo ad incidere sulla quantificazione dell'assegno divorzile. Per tale ragione la Corte rimetteva gli atti alla Corte di Appello di Perugia al fine di procedere, in diversa composizione, al riesame della questione alla luce dei principi di diritto enunciati e per la statuizione sulle spese di giudizio. Osservazioni La pronuncia in esame si pone in linea con l'orientamento di recente espresso dalla giurisprudenza di legittimità volto alla valorizzazione delle vicende cha hanno caratterizzato la vita matrimoniale delle parti in causa, le quali – ciascuna in relazione al proprio ambito di rilevanza – vanno adeguatamente considerate al fine di pervenire ad una pronuncia che sia quanto più rispondente alla situazione effettiva esistente tra i coniugi, soprattutto in tema di riconoscimento e quantificazione dell'assegno divorzile. Di recente, infatti, i giudici di legittimità, prendendo atto della rilevanza del fenomeno della convivenza prematrimoniale, sempre più radicato nella società moderna, a cui va riconosciuto dignità rispetto al legame che si fonda sul matrimonio e attraverso una lettura evolutiva della nozione di famiglia già contenuta nella giurisprudenza della Corte EDU, hanno attribuito valenza, ai fini della quantificazione dell'assegno divorzile, anche a tale periodo allorquando la convivenza si sia protratta nel tempo e sia stata connotata da stabilità e continuità (Cass. SS.UU. 35385/2023). Proseguendo in tale percorso, con la pronuncia in esame, invece, gli Ermellini si sono occupati della situazione opposta, ossia del caso in cui alla celebrazione del matrimonio non abbia fatto seguito l'effettiva costituzione tra le parti di una comunione di vita spirituale e materiale che, costituendo per i giudici di legittimità la vera essenza del matrimonio, rappresenta motivo ostativo per il riconoscimento dell'assegno divorzile. Si tratta di due aspetti che la giurisprudenza pone su piani differenti in quanto, come precisato nella stessa pronuncia in esame, la durata del matrimonio, nel cui ambito va data rilevanza anche al periodo della eventuale convivenza pre matrimoniale avente i requisiti indicati dalle SS.UU., è idonea ad incidere unicamente sulla determinazione della misura dell'assegno divorzile a meno che non si configurino casi eccezionali tra cui, come nel caso di specie, la mancata realizzazione di una comunione di vita spirituale e materiale che, data la sua rilevanza, è idonea ad inficiare la sussistenza del diritto stesso non potendo dirsi realizzati i presupposti per il suo riconoscimento. |