Il calcolo dei termini di prescrizione per i reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019

05 Giugno 2025

Per i reati commessi durante la vigenza della disciplina della prescrizione introdotta dalla c.d. “riforma Orlando” (disciplina successivamente riformata, in senso deteriore per l'imputato, dalla l. n. 3/2019 e dalla l. n. 134/2021), i termini di prescrizione si calcolano sulla base delle regole che la stessa l. n. 103/2017 aveva introdotto, ovvero, essendo state quelle regole espressamente abrogate dai successivi interventi normativi, valgono le disposizioni, più favorevoli di quelle odierne, già dettate dalla l. n. 251/2005? Le motivazioni delle Sezioni Unite.

Questione controversa

La questione attiene all'individuazione della disciplina prescrizionale applicabile ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 (data in cui è entrata in vigore la l. n. 103/2017, cd. “riforma Orlando”, che ha, per quanto qui rileva, modificato il testo dell'art. 159 comma 2, c.p.) e il 31 dicembre 2019 (posto che l'1 gennaio 2020 è entrata in vigore la l. n. 3/2019, cd. “riforma Bonafede”, che, per quanto qui rileva, ha riscritto il secondo comma dell'art. 159 c.p., e posto che, successivamente, è entrata in vigore la l. n. 134/2021, cd. “riforma Cartabia”, che, sempre con decorrenza 1 gennaio 2020, ha abrogato il capoverso dell'art. 159 c.p., ed ha introdotto la disciplina attualmente vigente, che prevede la cessazione del corso della prescrizione dopo la pronuncia di primo grado e l'improcedibilità dell'azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione): ci si chiede, in particolare, se la prescrizione possa essere calcolata secondo le regole che erano state introdotte dalla l. n. 103/2017, ovvero se, per via della successiva espressa abrogazione di quelle disposizioni, debbano applicarsi le norme (più favorevoli di quelle attuali) già dettate dalla previgente l. n. 251/2005 (cd. “legge Cirielli”).

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione
  • Secondo il primo orientamento, allo stato sostenuto da una sola pronuncia di legittimità (Cass. pen., sez. III, 27 febbraio 2024, n. 18873), «In tema di prescrizione, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 si applica, per il principio di retroattività della norma penale più favorevole, la disciplina prevista dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, che non prevedeva la causa di sospensione del corso della prescrizione durante il tempo di celebrazione del giudizio di appello e di cassazione, introdotta all'art. 159, comma 2, c.p. dal disposto di cui all'art. 1, comma 11, lett. b), legge 23 giugno 2017, n. 103 e, poi, esplicitamente abrogata dall'art. 2, comma 1, lett. a), della legge 27 settembre 2021, n. 134, con conseguente “reviviscenza” del regime prescrizionale antecedente. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'enunciato principio non è contraddetto dalla coeva introduzione della causa di improcedibilità per superamento dei termini massimi di durata del processo di cui all'art. 344-bis, c.p.p., valevole per i soli reati commessi dopo l'1 gennaio 2020)»
  • Si è in tal senso rilevato che la l. n. 103/2017 ha introdotto una peculiare causa di sospensione del corso del termine di prescrizione, ancorata alla pronuncia della sentenza di condanna di primo e di secondo grado. Tale sospensione, prevista per il periodo massimo di un anno e mezzo per il giudizio di appello e per un ulteriore periodo massimo di pari durata per il giudizio di cassazione, è stata ampliata (in senso peggiorativo per l'imputato), dalla l. n. 3/2019, giungendo ad abbracciare l'intero arco processuale che si estende dalla pronuncia della sentenza di primo grado (sia di assoluzione che di condanna) sino all'irrevocabilità della stessa.
  • Questo regime è stato poi cancellato dalla l. n. 134/2021, che ha introdotto l'odierno sistema, imperniato, sinergicamente, per un verso sulla cessazione del corso della prescrizione dopo la pronuncia di primo grado e, per altro verso, sull'improcedibilità dell'azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione.
  • Dunque, ai reati commessi nella vigenza della “riforma Orlando” (3 agosto 2017 - 31 dicembre 2019) non può applicarsi l'art. 159 comma 2, c.p., che quella stessa riforma aveva riscritto, trattandosi di norma non più esistente per effetto di un'espressa abrogazione, ma deve applicarsi la norma più favorevole tra quella attualmente prevista dalla l. n. 134/2021 e quella che vigeva prima dell'entrata in vigore della l. n. 103/2017.
  • A tal proposito, osserva la sentenza n. 18873/2024, «Nella comparazione delle due discipline (quella vigente al momento della commissione del fatto e quella successiva conseguente all'abrogazione dell'art. 159 comma 2 c.p.) va individuata la norma più favorevole al fatto commesso [..] sotto la vigenza della causa di sospensione di cui all'art. 159, comma 2, c.p. come introdotta dalla legge Orlando, ora espressamente abrogata», «eliminando il segmento temporale di sospensione del corso della prescrizione» inserito dalla l. n. 103/2017: «per effetto dell'applicazione dell'art. 2, comma 4, c.p., la disciplina della prescrizione oggi applicabile - risultante dalla espressa abrogazione della causa di sospensione della prescrizione della legge Orlando - è più favorevole rispetto a quella in vigore al momento del fatto». «Ciò non è contraddetto» - aggiunge la sentenza - «dalla introduzione della causa di improcedibilità per superamento dei termini massimi di durata del processo, introdotta al comma 2, lett. a), dell'art. 2 della legge n. 134/2021, che ha inserito nel codice di procedura penale l'art. 344-bis c.p.p. per i reati commessi dopo il 1° gennaio 2020». «Con l'art. 344-bis c.p.p. il legislatore ha introdotto il rimedio processuale dell'improcedibilità per i soli reati commessi dopo il primo gennaio 2020, ha disposto la cessazione del corso della prescrizione del reato con la pronuncia della sentenza di primo grado (con l'introduzione dell'art. 161-bis c.p.), ma, allo stesso tempo, ha espressamente abrogato la causa di sospensione della prescrizione introdotta dalla legge Orlando sul regime prescrittivo della legge Cirielli al comma 1, applicabile, proprio perché inserita in una disposizione specifica al comma 1 dell'art. 2, a tutti i reati ivi compresi quelli commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019». Dunque, «Nella individuazione della disciplina della norma più favorevole della prescrizione, la disciplina risultante dalla espressa abrogazione, operata dall'art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 134/2021, in quanto norma penale posteriore più favorevole, comporta la reviviscenza della disciplina ante legge Orlando, norma più favorevole applicabile a tutti i reati commessi prima del 1° gennaio 2020, sicché per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, la disciplina della prescrizione risulta regolata dalla disciplina introdotta dalla legge Cirielli, che non prevedeva la causa di sospensione del corso della prescrizione di cui al secondo comma dell'art. 159 (introdotta nel 2017 e successivamente esplicitamente abrogata)» (1).
  • Secondo altro orientamento di legittimità, allo stato ampiamente maggioritario, la disciplina prescrizionale applicabile ai reati in questione è quella dettata dalla l. n. 103/2017.
  • Ed invero, la sospensione sine die del termine di prescrizione prevista dalla l. n. 3/2019, e la cessazione definitiva di quel termine contemplata dalla l. n. 134/2021 presentano una identità strutturale, determinando entrambe un blocco definitivo del corso della prescrizione, destinato a non riprendere più nell'ulteriore prosieguo del procedimento: blocco applicabile ai soli reati commessi a far data dall'1 gennaio 2020, non potendo darsi applicazione retroattiva ad una disposizione deteriore per l'imputato.
  • L'opzione ermeneutica condivisa da questo orientamento valorizza lo stretto collegamento esistente tra l‘abrogazione dell'art. 159 comma 2, c.p. e la simultanea introduzione del nuovo istituto della cessazione della prescrizione di cui all'art. 161-bis c.p.: entrambe le innovazioni normative sono contemplate dal medesimo comma della Riforma Cartabia (art. 2 comma 1, l. n. 134/2021); entrambe le statuizioni disciplinano la medesima fattispecie, individuando gli effetti prodotti dalla pronuncia della sentenza di primo grado sul decorso dei termini di prescrizione, regolamentandola in maniera largamente sovrapponibile.
  • Dunque, una lettura della “riforma Cartabia” che tenesse conto solo ed esclusivamente dell'avvenuta abrogazione dell'art. 159 comma 2, c.p., obliterando l'intervenuto inserimento nel codice dell'art. 161-bis c.p., incorrerebbe in quel “divieto di parcellizzazione” delle discipline avvicendatesi nel corso del tempo più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, finendo per creare per via giurisprudenziale una tertia lex, mai introdotta dal legislatore, formata da “atomi” di normative differenti, vigenti in tempi diversi.
  • Ciò posto, la disciplina della sospensione della prescrizione prevista dalla c.d. “riforma Orlando”, che ha avuto vigenza dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, deve continuare a disciplinare - quanto al computo dei termini di prescrizione - i reati commessi in quel medesimo arco temporale, in quanto disposizione ampiamente più favorevole di quelle successive che l'hanno abrogata (2).

(1Cass. pen., sez. III, 27 febbraio 2024, n. 18873.

        

(2Cass. pen., sez. IV, 21 maggio 2024, n. 24579; Cass. pen., sez. IV, 14 maggio 2024, n. 24570; Cass. pen., sez. I, 20 febbraio 2024, n. 23526; Cass. pen., sez. IV, 12 marzo 2024, n. 17841; Cass. pen., sez. IV, 7 marzo 2024, n. 16862; Cass. pen., sez. I, 24 gennaio 2024, n. 22998; Cass. pen., sez. IV, 29 febbraio 2024, nn. 20764, 11382 e 10483; Cass. pen., sez. IV, 23 gennaio 2024, nn. 4932, 4933 e 4936; Cass. pen., sez. I, 29 settembre 2023, dep. 2024, n. 2629; Cass. pen., sez. IV, 19 ottobre 2023, dep. 2024, n. 623; Cass. pen., sez. IV, 24 ottobre 2023, n. 48770; Cass. pen., sez. IV, 23 giugno 2023, n. 42864; Cass. pen., sez. IV, 28 giugno 2023, n. 39170.

Rimessione alle Sezioni Unite
  • L'Ufficio per l'esame preliminare dei ricorsi della Prima Sezione penale era chiamato a scrutinare il ricorso per cassazione del Procuratore generale avverso la sentenza di appello che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato, per essere il reato a lui ascritto estinto per l'integrale decorso dei termini di prescrizione, calcolati secondo quanto prescritto dalla l. n. 251/2005, non essendosi ritenuto applicabile al caso di specie l'art. 159 comma 2, c.p., nel testo introdotto dalla l. n. 103/2017.
  • Il ricorrente, in ossequio al prevalente orientamento di legittimità, deduceva che nel caso di specie non potessero ritenersi decorsi i termini di prescrizione, essendo necessario tenere conto della sospensione dei termini prevista dall'art. 159 comma 2, c.p., nel testo introdotto dalla l. n. 103/2017.
  • Il Consigliere delegato allo spoglio del ricorso ha ripercorso i due orientamenti sostenuti dalla giurisprudenza di legittimità, evidenziando la speciale importanza della questione controversa: «dalla pronta risposta all'interrogativo che essa propone dipende la certezza della determinazione del tempo necessario a prescrivere per una fascia di reati (commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019) indubbiamente cospicua; elemento, quest'ultimo, la cui prevedibilità costituisce un connotato di notevole interesse per le parti del processo e identifica un obiettivo di non tenue rilevanza per il vaglio nomofilattico».
  • Il ricorso è stato, pertanto, rimesso all'esame delle Sezioni Unite, alle quali è stato rivolto il seguente quesito: «Se la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all'art. 159, commi 2, 3 e 4, c.p., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continui ad essere applicabile, dopo l'introduzione dell'art. 2, comma 1, lett. a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019».

Informazione provvisoria

Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 12 dicembre 2024, hanno dato risposta «affermativa» al quesito, puntualizzando che «per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017», e che, invece, «per i reati commessi a partire dall'1 gennaio 2020 trova applicazione la disciplina di cui alla legge n. 134 del 2021».

Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 12 dicembre 2024, n. 20989
  • Le Sezioni Unite hanno iniziato la loro disamina ricostruendo il quadro normativo venuto a succedersi nel corso degli anni (l. n. 251/2005; l. n. 103/2017; l. n. 3/2019; l. n. 134/2021), richiamando i principali arresti della più recente giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 393 del 2006, 324 del 2008, 278 del 2020 e 140 del 2021) e di legittimità (Cass. pen., sez. un., 26 novembre 2020, dep. 2021, n. 5292), ed evidenziando la incontroversa natura sostanziale dell'istituto della prescrizione, con conseguente soggezione dell'istituto all'«ambito costituzionale presidiato dal principio di legalità penale sostanziale», che tuttavia, come è noto, riconosce la possibilità di limitare la retroattività della lex mitior in presenza di una sufficiente ragione giustificativa, che ben può essere costituita dall'esigenza di protezione di interessi aventi analogo rilievo, quale, ad esempio, quello dell'efficienza del processo.
  • Delineati i due orientamenti in contrasto, le Sezioni Unite hanno ritenuto di dover privilegiare quello seguito dalla giurisprudenza prevalente: «il rapporto tra la disciplina della sospensione della prescrizione dettata dalla legge n. 103 del 2017 e quella di cui alle due susseguenti fonti costituite dalla legge n. 3 del 2019 e dalla leggen. 134 del 2021 non si è risolto nel mero fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo, regolato dall'art. 2 c.p.», poiché «le due leggi succedutesi a quella del 2017 si caratterizzano per la previsione della loro applicabilità soltanto ai reati commessi a decorrere da una certa data, ossia dall'1 gennaio 2020», e ciò in quanto «l'impianto della complessiva modificazione dell'istituto della prescrizione introdotta con la legge n. 3 del 2019 orienta nel senso che questa normativa è stata direttamente dettata per disciplinare i reati commessi dall'1 gennaio 2020 in poi».
  • Dunque, argomentano le Sezioni Unite, pur se il legislatore non lo ha espressamente precisato, una interpretazione di carattere sistematico impone di ritenere che tutte le norme in materia di prescrizione introdotte dalla l. n. 134/2021 siano destinate a disciplinare esclusivamente i reati commessi a far data dall'1 gennaio 2020: «è in tale prospettiva che si individua la ragione della forte divaricazione temporale .. tra l'epoca di approvazione, promulgazione e pubblicazione della legge e quella di inizio di produzione dei suoi effetti: essa ha segnato una cesura con la pregressa disciplina, del tutto svincolata da reali esigenze di conoscibilità del dettato normativo, così da sfociare in un vero e proprio regime transitorio, preclusivo del raffronto fra la disciplina con essa introdotta e quelle pregresse».
  • Si tratta di una scelta ragionevole, nella quale il limite alla retroattività della lex mitior è stato imposto dalla necessità di consentire «il passaggio da un regime che contempla l'operatività della prescrizione del reato in ogni stato e grado del processo a un regime radicalmente diverso, disciplinante il blocco tendenzialmente definitivo della prescrizione con la sentenza di primo grado, con la conseguente impossibilità di dichiarare estinto il reato per decorso del tempo nei giudizi di impugnazione», nei quali trova, invece, ingresso il nuovo istituto dell'improcedibilità, e dalla «correlativa necessità di garantire agli uffici giudiziari il tempo necessario per organizzare l'utile trattazione dei processi nel regime determinato da tale mutamento, in rapporto all'ovvio pericolo che, in assenza di un regime transitorio, moltissimi reati in corso di accertamento nei gradi successivi al primo si trovassero esposti al concreto rischio di innesco massivo del nuovo meccanismo estintivo».
  • La data dell'1 gennaio 2020 identifica «la soluzione netta di continuità rispetto al passato»: alle nuove norme non può essere riconosciuto effetto retroattivo, sicché per il periodo intercorso tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 continuano a spiegare efficacia le norme introdotte dalla l. n. 103/2017, che non sono state cancellate dalla “riforma Cartabia”, che si è limitata ad abrogare il secondo ed il quarto comma dell'art. 159 c.p. come rimodulati dalla l. n. 3/2019.
  • Quindi, sintetizza e conclude la Corte: «la disciplina della sospensione della prescrizione introdotta dalla legge n. 3 del 2019 non possiede efficacia retroattiva e si applica ai soli reati commessi dall'1 gennaio 2020; la legge n. 134 del 2021 è intervenuta a modificare, nella stessa materia, le sole norme dettate dalla legge n. 3 del 2019, non quelle dettate dalla legge n. 103 del 2017; di conseguenza, la legge n. 134 del 2021, nella medesima materia, a sua volta, non dispiega efficacia retroattiva, applicandosi ai soli reati commessi dall'1 gennaio 2020».
  • Si tratta, osservano infine le Sezioni Unite, di un sistema in relazione al quale non paiono poter trovare spazio possibili censure di irragionevolezza, così come si è già ripetutamente osservato a proposito dell'istituto dell'improcedibilità (cfr., ex plurimis, Cass. pen., sez. 5, 6 luglio 2022, n. 43624; Cass. pen., sez. 3, 14 dicembre 2021, dep. 2022, n. 1567).
  • La questione controversa è stata, dunque, risolta con l'affermazione del seguente principio di diritto: «la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all'art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n. 3 del 2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021, poi, mentre per i reati commessi dall'1 gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema dalla legge n. 134 del 2021».

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