Dichiarazione o elezione di domicilio da depositare unitamente all'impugnazione, ai sensi dell'art. 581 comma 1-ter, c.p.p.: è sufficiente la sua sola presenza in atti, benché non richiamata nell'atto di impugnazione e/o non allegata al medesimo, o è necessario un nuovo atto, successivo alla pronuncia della sentenza impugnata? Le motivazioni delle Sezioni Unite.
Questione controversa
L'art. 581 comma 1-ter, c.p.p., introdotto dalla cd. “riforma Cartabia” - e poi abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. o), legge 9 agosto 2024, n. 114 - prescrive che «Con l'atto d'impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d'inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio»: si chiede alle Sezioni unite di chiarire se la declaratoria di inammissibilità possa intervenire anche quando la dichiarazione o l'elezione di domicilio siano in atti, perché prodotte nel precedente grado di giudizio, ma il difensore non le abbia allegate all'atto di impugnazione, né abbia fatto ad esse riferimento.
Possibili soluzioni
Prima soluzione
Seconda soluzione
Secondo il primo orientamento, la dichiarazione o elezione di domicilio della quale si discute deve essere successiva alla pronuncia della sentenza impugnata (cfr., per tutte, Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2024, n. 7020), pur potendo essere meramente confermativa di una precedente dichiarazione / elezione (cfr., per tutte, Cass. pen., sez. V, 10 gennaio 2024, n. 3118).
Si osserva, in proposito, che, pur non essendovi una espressa previsione codicistica in tal senso, tale soluzione sarebbe l'unica coerente con la ratio della norma e con una lettura sistematica delle nuove disposizioni in tema di notificazioni introdotte dalla c.d. “riforma Cartabia”, che hanno, tra l'altro, assegnato alla dichiarazione / elezione di domicilio una efficacia temporalmente limitata, in quanto funzionale alla sola notificazione degli atti di vocatio in iudicium espressamente indicati dal legislatore: dunque, colui che intenda impugnare la sentenza di primo grado non può utilizzare la dichiarazione / elezione di domicilio effettuata nel precedente grado.
Altre pronunce hanno osservato che, se fosse sufficiente l'atto depositato nel corso del precedente grado di giudizio, la previsione di cui all'art. 581 comma 1-ter, c.p.p. non avrebbe ragion d'essere, prevedendo già l'art. 157-ter comma 1, c.p.p., per le notificazioni degli atti introduttivi di primo grado e per la stessa citazione in appello, che la notifica debba intervenire presso il domicilio dichiarato o eletto, ex art. 161 c.p.p., salvo precisare, al comma 3, che la notificazione dell' atto di citazione a giudizio è eseguita esclusivamente presso il domicilio eletto ai sensi dell'art. 581 commi 1-ter e 1-quater, c.p.p., domicilio che potrà, quindi, coincidere con quello già dichiarato o eletto in precedenza ai sensi dell'art. 161 c.p.p., solo se la dichiarazione è stata rinnovata da parte dell'imputato attraverso uno dei modi previsti dai medesimi commi 1-ter e 1-quater (1).
Nello stesso senso si sono pronunciate anche Cass. pen., sez. V, 22 settembre 2023, n. 46831 e Cass. pen., sez. V, 24 gennaio 2024, n. 17995, che hanno tuttavia ammesso che l'atto possa non essere allegato all'impugnazione, essendo sufficiente che lo stesso sia depositato in un momento successivo, ma comunque antecedente alla scadenza del termine per impugnare.
Secondo altro e più recente orientamento, occorre valorizzare la differenza tra il regime previsto dall'art. 581 comma 1-ter, c.p.p., che regola il caso di imputato non assente nel grado precedente, e richiede solo l'allegazione della elezione o dichiarazione di domicilio e non anche del mandato a impugnare, e quello previsto dal successivo comma 1-quater della medesima norma, che, allorché l'imputato sia stato assente, richiede il deposito, a pena di inammissibilità, dello specifico mandato a impugnare conferito al difensore, contenente anche l'elezione o dichiarazione di domicilio per la notifica dell'atto introduttivo dell'appello, con esplicito riferimento alla necessità che si tratti di atti successivi rispetto alla sentenza impugnata.
La diversa configurazione delle modalità dell'adempimento trova fondamento, nell'ottica di tale indirizzo, nella diversa finalità perseguita dal legislatore, che, nel secondo caso sarebbe quella di garantire la reale volontà di impugnazione e la reale conoscenza da parte dell'imputato che non ha partecipato al giudizio, della pendenza e dell'esito del processo, oltre che di agevolare la citazione a giudizio dell'appellante, intento che, invece, non sarebbe presente nel primo caso.
L'approccio in commento sarebbe sostenuto sia dall'interpretazione letterale dell'art. 581 comma 1-ter, c.p.p. (che non richiede la posteriorità della elezione di domicilio), sia dall'interpretazione teleologica, dal momento che, nel caso di imputato presente, l'elezione di domicilio è adempimento solo teso ad agevolare la vocatio in iudicium, risultato che può essere garantito anche dalla allegazione di una elezione di domicilio antecedente alla sentenza impugnata.
Si sostiene, inoltre, che non è condivisibile una interpretazione diretta ad applicare, ad un caso non espressamente previsto dalle norme processuali regolatrici della fattispecie, l'obbligatorietà di un adempimento stabilito a pena di inammissibilità, poiché le cause di inammissibilità, rientranti nel novero generale dei casi di invalidità degli atti processuali, sono soggette ad uno stretto principio di tassatività e non possono essere oggetto di interpretazione estensiva.
Si è dunque ritenuto che nel caso di imputato non processato in absentia, la dichiarazione o l'elezione di domicilio richieste ex art. 581 comma 1-ter, c.p.p. possono essere effettuate anche nel corso del procedimento di primo grado, e non necessariamente in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata, a condizione che siano depositate unitamente all'atto di appello, atteso che la contraria interpretazione ostacolerebbe indebitamente l'accesso al giudizio di impugnazione, in violazione dei diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti (2).
(1) Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2024, n. 7020; Cass. pen., sez. V, 10 gennaio 2024, n. 3118; Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2023, dep. 2024, n. 1177; Cass. pen., sez. V, 24 novembre 2023, dep. 2024, n. 2531; Cass. pen., sez. V, 19 marzo 2024, n. 17055; Cass. pen., sez. I, 13 dicembre 2023, dep. 2024, n. 8607; Cass. pen., sez. II, 24 novembre 2023, dep. 2024, n. 2024; Cass. pen., sez. II, 9 novembre 2023, n. 47946; Cass. pen., sez. II, 21 dicembre 2023, dep. 2024, n. 4796; Cass. pen., sez. II, 16 gennaio 2024, n. 4810; Cass. pen., sez. II, 14 marzo 2024, n. 19547; Cass. pen., sez. III, 20 febbraio 2024, n. 17821; Cass. pen., sez. III, 23 gennaio 2024, n. 17737; Cass. pen., sez. IV, 14 dicembre 2023, dep. 2024, n. 39; Cass. pen., sez. IV, 28 settembre 2023, n. 47417; Cass. pen., sez. IV, 19 ottobre 2023, n. 44376; Cass. pen., sez. IV, 22 marzo 2024, n. 18605; Cass. pen., sez. VI, 26 settembre 2023, n. 43320; Cass. pen., sez. VI, 16 aprile 2024, n. 22820; Cass. pen., sez. VI, 16 aprile 2024, n. 22287.
(2) Cass. pen., sez. II, 11 gennaio 2014, n. 8014; Cass. pen., sez. II, 29 febbraio 2014, n. 16480; Cass. pen., sez. II, 9 maggio 2014, n. 20515.
Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. V, 19 giugno 2024, n. 26458
I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione del condannato avverso il provvedimento con il quale il giudice di appello aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione alla quale non risultava allegata la dichiarazione/elezione di domicilio.
Il ricorrente rappresentava che nel giudizio di primo grado l'imputato era stato presente; che agli atti del giudizio di primo grado risultava allegata l'elezione di domicilio dell'imputato, sulla cui base erano state regolarmente effettuate le notifiche relative a tale grado; che al medesimo domicilio era stata ritualmente notificata anche l'impugnata ordinanza della Corte di appello.
La Quinta Sezione, rilevata l'esistenza del contrasto che si sta acuendo nella più recente giurisprudenza di legittimità, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, alle quali è stato rivolto il seguente quesito: «Se il disposto dell'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. - che prevede, a pena di inammissibilità, il deposito, con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio - possa interpretarsi nel senso che, ai fini detti, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell'atto di impugnazione o allegata al medesimo».
Informazione provvisoria
Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 24 ottobre 2024, hanno enunciato i seguenti principi di diritto:
«La disciplina contenuta nell'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024».
«La previsione ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l'impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l'immediata ed inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione».
Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 24 ottobre 2024, n. 13808
Le Sezioni Unite hanno preliminarmente ricostruito il vigente quadro normativo in tema di notifiche, che la c.d. “riforma Cartabia” ha innovato in modo da valorizzare «il modello di “imputato consapevole”, ossia un imputato che, una volta che sia venuto correttamente a conoscenza dell'esistenza di un procedimento penale avviato nei suoi confronti, instauri un rapporto con il proprio difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, al fine di potersi difendere».
Con riferimento alla norma dettata dall'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. - che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto applicabile solo all'imputato che non sia detenuto in carcere (ed invero, in tali casi la notifica va effettuata a mani proprie, ex art. 156 c.p.p.), e solo per gli atti di appello, ma non anche per i ricorsi per cassazione (la norma fa, invero, riferimento alla dichiarazione o elezione di domicilio funzionale alla «notificazione del decreto di citazione a giudizio», che l'ordinamento prevede solo per il giudizio di appello, e non anche per quello di legittimità) - le Sezioni Unite si sono innanzitutto pronunciate sulle conseguenze della sua abrogazione, disposta dalla legge 9 agosto 2024, n. 114: in assenza di disposizioni transitorie, le questioni di carattere intertemporale devono essere risolte in base al principio tempus regit actum, che, venendo qui in rilievo l'impugnazione, che è atto ad effetti istantanei, ed avendo la modifica legislativa inciso non sulla facoltà di presentarla, ma solo sulle modalità della sua proposizione (peraltro in termini evidentemente favorevoli all'impugnante), va riferito alla data di deposito dell'appello.
Queste considerazioni hanno portato all'affermazione del principio di diritto secondo cui «La disciplina contenuta nell'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024».
Quanto alla questione controversa, le Sezioni Unite, dopo aver passato in rassegna i due contrapposti orientamenti, hanno ritenuto preferibile quello di maggior favore per l'impugnante, rilevando che il fine perseguito dal legislatore - agevolare la celere e regolare notificazione della citazione a giudizio dell'appellante da parte dell'autorità giudiziaria - può senz'altro essere soddisfatto attraverso l'indicazione o l'allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio antecedente rilasciata durante il giudizio di primo grado.
Le Sezioni Unite hanno, in proposito, rilevato che l'art. 164 c.p.p., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dalla cd. “riforma Cartabia”, prevede espressamente la perdurante validità della dichiarazione e dell'elezione di domicilio ai fini della notifica - tra gli altri - del decreto di citazione per il giudizio di appello, e che nessuna disposizione codicistica prevede che l'atto che qui viene in rilievo debba necessariamente essere successivo alla sentenza impugnata (al contrario di quanto previsto dall'art. 581, comma 1-quater, c.p.p. per il mandato ad impugnare, che deve essere rilasciato dall'imputato nei cui confronti si è proceduto in assenza): dunque, pretendere una “nuova” dichiarazione o elezione di domicilio equivarrebbe ad introdurre «per via interpretativa un onere sanzionato a pena di inammissibilità della impugnazione, benché non espressamente previsto, in contrasto con il pacifico principio di diritto processuale secondo cui le disposizioni che contemplano oneri sanzionati a pena di inammissibilità della domanda o dell'impugnazione sono di stretta interpretazione, incidendo le stesse sul diritto di difesa dell'imputato».
Hanno, infine, chiarito che non è richiesto e non è, dunque, necessario che la dichiarazione o elezione di domicilio già agli atti sia materialmente allegata all'atto di appello, «potendo essere soltanto in essa richiamata, a condizione però che tale richiamo sia chiaro, specifico, inequivoco, e permetta senza difficoltà o necessità di indagini di individuarla con immediatezza nel fascicolo processuale, sì da consentire la rapida e certa notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello e da assicurare le esigenze di celerità e certezza sottese alla previsione di cui all'art. 581, comma 1-ter, c.p.p.»; in caso di plurime dichiarazioni o elezioni di domicilio succedutesi nel tempo, «spetta al difensore dell'imputato appellante indicare con chiarezza e in modo inequivoco nell'atto di impugnazione quale sia la dichiarazione o elezione di domicilio da utilizzare per notificare all'imputato medesimo il decreto di citazione per il giudizio di appello, in modo tale da consentire l'immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire tale notificazione».
Sulla base di queste considerazioni, le Sezioni Unite hanno risolto la questione controversa statuendo il principio di diritto secondo cui «L'onere del deposito dell'elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell'atto di impugnazione, dall'art. 581, comma 1-ter, c.p.p., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l'immediata ed inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione».
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