Confisca di prevenzione di beni del terzo: esclusa la contestazione dei presupposti della misura ablatoria

16 Luglio 2024

Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte si è occupata di stabilire se, in caso di confisca di prevenzione, il terzo ritenuto intestatario fittizio di beni, può contestare i presupposti per l'applicazione della misura.

Massima

In caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest'ultimo può rivendicare esclusivamente l'effettiva titolarità e la proprietà dei beni sottoposti a vincolo, assolvendo al relativo onere di allegazione, ma non è legittimato a contestare i presupposti per l'applicazione della misura, quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, nonché la provenienza del bene stesso, che solo il proposto può avere interesse a far valere.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione, i familiari del proposto, ritenuti intestatari fittizi di beni immobili, proponevano ricorso contestando, tra gli altri, i presupposti per l'applicazione della misura, sotto il profilo della corretta individuazione dei destinatori del provvedimento ablatorio.

La Corte di appello rigettava il ricorso con provvedimento impugnato innanzi alla Corte di cassazione.

I giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso sul rilievo che in ipotesi di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, questi può rivendicare esclusivamente l'effettiva titolarità e la proprietà dei beni sottoposti a vincolo, assolvendo al relativo onere di allegazione.

La questione

La questione in esame è la seguente: in caso di confisca di prevenzione, il terzo ritenuto intestatario fittizio di beni, può contestare i presupposti per l'applicazione della misura?

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in commento si conforma al prevalente orientamento, secondo cui, in ipotesi di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, questi può rivendicare esclusivamente l'effettiva titolarità e la proprietà dei beni sottoposti a vincolo, assolvendo al relativo onere di allegazione; il terzo non è, invece, legittimato a sostenere che il bene sia di effettiva proprietà del proposto, essendo egli del tutto estraneo a ogni questione giuridica relativa ai presupposti per l'applicazione della misura nei confronti di quest'ultimo - quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato ed il reddito dichiarato, nonchè la provenienza del bene stesso - e che solo il proposto può avere interesse a far valere (Cass. pen., n. 333/2021; Cass. pen., n. 7469/2020; Cass. pen., n. 31549/2019).

Pur non essendo il terzo interessato gravato da alcun onere probatorio, egli ha, tuttavia, un onere di allegazione che consiste nel confutare la tesi accusatoria (secondo la quale egli è un mero intestatario formale) ed indicare elementi fattuali che dimostrino che quel bene è di sua esclusiva proprietà e nella sua esclusiva disponibilità, visto che tale profilo incide sulla confisca: per il terzo interessato, il procedimento deve ruotare intorno al suddetto onere probatorio, essendo per esso irrilevanti (perché inidonee a provare la proprietà o la disponibilità del bene) tutte quelle eccezioni che riguardano esclusivamente la posizione del proposto (ad es., la sussistenza della condizione di pericolosità, il valore del bene confiscato sproporzionato rispetto al reddito dichiarato, la legittima provenienza delle risorse) e che solo costui potrebbe avere interesse a far valere (Cass. pen., n. 18569/2019).

Tale orientamento si fonda sui requisiti di ammissibilità delle impugnazioni, con particolare riferimento alla necessità del reperimento, ai sensi dell'art. 591 comma 1, lett. a), c.p.p., invero, dell'interesse a impugnare che deve sorreggere ogni doglianza dell'atto impugnatorio.

Si è, in questo alveo, condivisibilmente osservato che l'interpretazione sistematica di tale norma sulle impugnazioni, coordinata con le norme che disciplinano le impugnazioni in materia di misure di prevenzione, conduce a ritenere che il terzo intestatario dei beni confiscati abbia l'interesse concreto ad impugnare se, assolvendo il corrispondente onere di allegazione, rivendica l'effettiva titolarità dei beni, contestando la fittizietà dell'intestazione: infatti, se il giudice accogliesse la corrispondente deduzione, la restituzione dei beni non spetterebbe al proposto, ma terzo intestatario.

La carenza di interesse del terzo intestatario che abbia dedotto anche l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura nei confronti del proposto, emergerebbe in ogni caso ove, affrontando le questioni da lui proposte in ordine logico, risultasse in giudizio la fittizietà della titolarità dei beni in capo a lui: infatti, una volta stabilita nei suoi diretti confronti la sua estraneità alla titolarità proprietaria dei beni di cui si tratta, la delibazione delle ulteriori questioni da lui poste non potrebbe avere per lui utilità concreta.

Deve tuttavia evidenziarsi una diversa tesi che evidenzia come non possa limitarsi ex ante l'estensione della legittimazione a impugnare il provvedimento ablativo da parte del terzo che ne sia il titolare ritenuto soltanto formale, per cui, una volta radicato il suo interesse a demolire il provvedimento stesso, la legittimazione stessa deve essere commisurata in relazione alla forma e al contenuto del provvedimento aggredito, senza poter essere disaggregata sulla base dei singoli motivi (Cass. pen., n. 12374/2018; Cass. pen., n. 20717/2021; si segnala, ma in tema di confisca allargata, Cass. pen., n. 19094/2021, che pure ha annesso rilievo alla legittimazione del terzo intestatario a contestare, oltre alla fittizietà dell'intestazione, anche la mancanza dei presupposti legali per la confisca, sia pure con precisazioni in motivazione).

Si è così affermato che il terzo che si afferma proprietario non interposto possiede anche la legittimazione e l'interesse a cercare di demolire gli altri presupposti della confisca (pericolosità sociale del proposto e provenienza illecita dei beni). Se l'interesse è indubbio (diversamente dall'ipotesi in cui il terzo riconosca la sua posizione di mero interposto), sussiste nondimeno anche la legittimazione ad impugnare, che va commisurata, secondo i principi generali, in relazione alla forma e al contenuto del provvedimento aggredito, e non può essere selettivamente disaggregata sulla base dei motivi di censura.

In altri termini, in tema di confisca di prevenzione, il terzo che rivendica l'effettiva titolarità e la proprietà dei beni oggetto di vincolo è legittimato ed ha interesse non solo a contestare la fittizietà dell'intestazione, ma anche a far valere l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura nei confronti del proposto.

Osservazioni

La soluzione prospettata dalla pronuncia in commento appare conforme ai principi generali che regolano i requisiti di ammissibilità delle impugnazioni: ai sensi dell'art. 591 comma 1, lett. a), c.p.p., invero, l'impugnazione è inammissibile quando è proposta chi (...) "non ha interesse". L'interpretazione sistematica di tale norma sulle impugnazioni, coordinata con le norme che disciplinano le impugnazioni in materia di misure di prevenzione (artt. 10 e 27, d.lgs. n. 159/2011), consente di affermare che il terzo intestatario dei beni confiscati ha un interesse concreto all'impugnazione se, assolvendo i relativi oneri di allegazione, rivendica l'effettiva titolarità dei beni, contestando esclusivamente la fittizietà dell'intestazione, atteso che, in caso di accoglimento, la restituzione dei beni non spetterebbe al proposto, bensì al terzo intestatario.

Tale posizione è stata criticata, evidenziando come la stessa risenta di una considerazione ex post della sorte dei motivi di impugnazione secundum eventum litis, che invece debbono essere valutati ex ante nella loro attitudine distruttiva della pretesa fatta valere, e che quindi, nel rispetto del fondamentale diritto di difesa, possono essere anche articolati su piani concorrenti e/o graduati. Né si può ritenere che l'intestazione simulata di un bene costituisca di per sé una situazione illecita, se non è preordinata al conseguimento di fini contrari alla legge, se il reale proprietario dissimulato non è un soggetto socialmente pericoloso o autore di gravi delitti e se i beni non hanno provenienza illecita, come del resto conferma la disciplina civilistica della simulazione.

Per tale formante la predisposizione di garanzie procedurali "effettive" nel sistema interno, a tutela della posizione del soggetto terzo, coinvolto in procedure tese alla ablazione del diritto di proprietà, è condizione più volte rimarcata dalla Corte Edu come necessaria, a pena di accertamento della violazione dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione Edu all'art. 1 Prot. Add. (tutela della proprietà) e art. 13 Conv. (effettività della tutela giurisdizionale: Corte Edu 7 aprile 2000, Avrora Maloetazhonoe Stroitelstvo contro Russia; Corte Edu 5 marzo 2019, Uzan e altri contro Turchia).

In riferimento al sistema italiano, la necessità di adeguata tutela della condizione del terzo, con pienezza di contraddittorio quale condizione legittimante l'ablazione del diritto di proprietà e necessaria dimostrazione delle condizioni di legge per la confisca in capo all'accusa, è stata in particolare rimarcata (Corte Edu 5 gennaio 2010, Bongiorno e altri contro Italia).

Circa i contenuti di tale arresto va, in particolare, rilevato che la Corte Edu, al paragrafo 49 della sentenza, valorizza - al fine di qualificare come non sussistente la dedotta violazione dell'art. 1 Prot. Add. - l'avvenuto coinvolgimento dei pretesi intestatari solo formali dei beni già nel procedimento di cognizione (si trattava di procedura di prevenzione patrimoniale) e l'ampiezza delle facoltà difensive loro riconosciute: (...) 49. In proposito, la Corte constata che la procedura relativa all'applicazione delle misure di prevenzione si è svolta in contraddittorio dinanzi a tre successive giurisdizioni: tribunale, corte d'appello e Corte di cassazione. In particolare, i ricorrenti hanno avuto la possibilità, tramite il loro avvocato di fiducia, di sollevare le eccezioni e di presentare i mezzi di prova da loro ritenuti necessari per la tutela dei propri interessi, il che prova che i diritti della difesa sono stati rispettati (...).

Tuttavia, deve sottolinearsi come al contrario, il terzo intestatario dei beni non è legittimato a dedurre l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura nei confronti del proposto, per carenza di interesse concreto, in quanto, in caso di accoglimento dell'impugnazione, i beni dovrebbero essere restituiti al proposto - che dimostri l'insussistenza della condizione di pericolosità, o la proporzione del valore dei beni confiscati rispetto ai redditi dichiarati e la legittima provenienza delle risorse -, non certo al fittizio intestatario.

Né tale conclusione può ritenersi inficiata dalla previsione, espressamente disciplinata dal c.d. Codice Antimafia, dell'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale anche in caso di morte del proposto (art. 18, commi 2 e 3, d.lgs. n. 159/2011); premesso che si tratta di disposizione speciale, insuscettibile di interpretazione estensiva, in tal caso, la divaricazione tra intestazione formale e disponibilità effettiva dei beni confiscati viene meno con la morte del proposto, e i terzi intestatari dei beni, nell'impossibilità del proposto di contestarne i requisiti, hanno un interesse concreto ad impugnare anche i profili concernenti i presupposti oggettivi e soggettivi della misura di prevenzione patrimoniale, in quanto "il procedimento prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa" (comma 2) o, comunque, la richiesta può essere proposta "nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare" (comma 3), e dall'accoglimento dell'impugnazione conseguirebbe la restituzione dei beni ai medesimi terzi intestatari.

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