Vitalizio alimentare: ribaditi i confini rispetto alla rendita vitalizia
26 Giugno 2024
Massima “Il contratto mediante il quale un soggetto aliena la nuda proprietà della quota di comproprietà di alcuni beni immobili a fronte dell’obbligo degli acquirenti di prestare all’alienante assistenza e sostegno per tutta la residua durata della sua vita deve essere qualificato in termini di vitalizio alimentare, e non di rendita vitalizia, in ragione dell’intuitus personae che ha determinato la scelta degli obbligati, nonché sulla base dell’infungibilità e del carattere non meramente patrimoniale delle prestazioni di assistenza materiale e morale cui si obbligano i vitalizianti.” (massima non ufficiale). Il caso Con atto di citazione notificato il 12 marzo 2014, Tizia conveniva in giudizio Caio, Sempronia e Mevio innanzi il Tribunale di Alfa, affinché venisse dichiarata la nullità del contratto rogato in data 28 maggio 2013 per atto di notaio, con il quale il padre dell’attrice, novantenne ed ammalato, aveva venduto a Caio e Sempronia la nuda proprietà della sua quota di comproprietà di alcuni immobili, a fronte dell’obbligo degli acquirenti di assisterlo e sostenerlo per tutta la residua durata della sua vita. Il Tribunale adito rigettava la domanda dell’attrice. A fronte dell’impugnazione della decisione di prime cure da parte dell’attrice, la Corte di Appello rigettava il gravame. Tizia proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello. Resistevano con separati controricorsi Caio e Sempronia, da una parte, e Mevio, dall’altra. La questione La questione giuridica sottesa alla fattispecie in esame riguarda l'individuazione dei confini del contratto atipico di vitalizio alimentare rispetto a quello, nominato, di rendita vitalizia di cui all'art. 1872 c.c. Le soluzioni giuridiche Secondo i giudici di legittimità, il contratto mediante il quale un soggetto alieni la nuda proprietà della quota di comproprietà di alcuni beni immobili a fronte dell’obbligo degli acquirenti di prestare all’alienante assistenza e sostegno per tutta la residua durata della sua vita deve essere qualificato in termini di vitalizio alimentare, e non di rendita vitalizia, in ragione dell’intuitus personae che ha determinato la scelta degli obbligati, nonché sulla base dell’infungibilità e del carattere non meramente patrimoniale delle prestazioni di assistenza materiale e morale cui si obbligano i vitalizianti. Osservazioni La Corte di Cassazione propone, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., di definire il giudizio mediante dichiarazione di inammissibilità, e/o comunque di manifesta infondatezza, del ricorso avverso la doppia conforme relativa al rigetto della domanda di accertamento della nullità del contratto costitutivo del vitalizio alimentare in favore del padre della ricorrente. Segnatamente, la Suprema Corte rileva l'inammissibilità e comunque l'infondatezza del primo motivo di ricorso, riconoscendo la correttezza della qualificazione giuridica operata dal Giudice del merito del contratto de qua in termini di vitalizio alimentare, anziché di rendita vitalizia, valorizzando da un lato, l'intuitus personae che aveva determinato la scelta degli obbligati (che già da anni assistevano il vitaliziato), dall'altro, l'infungibilità e il carattere non meramente patrimoniale delle prestazioni di assistenza materiale e morale cui si erano obbligati i vitalizianti. Come è noto, con il contratto atipico di mantenimento (o di vitalizio alimentare o assistenziale), il vitaliziante si obbliga, in corrispettivo dell'alienazione di un bene, a prestare al vitaliziato mantenimento ed assistenza vita natural durante. Il contratto atipico di vitalizio alimentare si differenzia da quello, nominato, di rendita vitalizia di cui all'art. 1872 c.c. in quanto:
Tornando al caso in esame, la ricorrente, nel sostenere che il contratto avrebbero avuto ad oggetto prestazioni fungibili dal contenuto prettamente patrimoniale, censura la ricostruzione operata dal giudice di merito circa la volontà e le finalità perseguite dalle parti. La Suprema Corte rileva come una simile operazione, risolvendosi in un apprezzamento di mero fatto, sia sottratta al sindacato di legittimità ove, come nel caso in esame, risulti congruamente motivata. Quanto al requisito dell'alea, la Cassazione evidenzia come il giudice di merito abbia motivato la sussistenza di tale requisito rilevando, sulla base delle risultanze dell'istruzione probatoria, che al momento della stipula del contratto il padre della ricorrente si trovava in buone condizioni di salute in relazione alla propria età; che non vi erano indici da cui poter presagire una prossima scomparsa, e che la morte, seppur sopravvenuta a poca distanza di tempo, era dipesa da un evento non ricollegabile a patologie pregresse. Con riguardo a quest'ultimo aspetto, la giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito che il contratto di vitalizio alimentare è valido se al momento della stipula il giudizio prognostico circa la probabile durata della sopravvenienza del vitaliziato poteva essere formulato sia in termini di mesi che di anni, avuto riguardo alle possibili forme di evoluzione, più o meno rapida, della patologia pregressa (Cass. 27 ottobre 2017 n. 25624). La Corte ritiene parimenti condivisibili le valutazioni compiute dalla Corte di Appello in ordine al modesto valore del bene ceduto, ritenuto adeguato rispetto alle prestazioni assunte dai vitalizianti, in ragione del prezzo ridotto al quale la stessa ricorrente ne aveva in precedenza acquistato la quota di un 1/6. In conclusione, il Collegio, condividendo la proposta ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., dichiara il ricorso inammissibile. |