Lieve entità ed estorsione: la Cassazione fissa i caratteri per l’applicazione della attenuante
15 Marzo 2024
Massima L'attenuante della lieve entità del fatto, prevista dall'art. 311 c.p. ed applicabile anche al delitto di estorsione a seguito della sentenza della Corte cost. 15 giugno 2023, n. 120, presuppone l'estemporaneità della condotta, la modestia dell'offesa personale alla vittima, la esiguità delle somme estorte e la assenza di profili organizzativi. (In applicazione del principio, la Corte ha giudicato immune da censure la decisione che aveva escluso l'attenuante prevista dall'art. 311 c.p., giacché la vittima era ottantenne e l'imputato recidivo). Il caso La Corte d'appello confermava la condanna dell'imputato per il delitto di estorsione. Proposto ricorso in Cassazione era denunciato, tra gli altri, la mancata applicazione dell'attenuante della lieve entità, tenuto conto della minima lesività della condotta e della occasionalità dell'iniziativa delittuosa. La Corte di cassazione rigettava il gravame, sul rilievo che le modalità esecutive avevano avuto quale vittima una persona ottantenne, oltre a non rivestire carattere occasionale tenuto conto che l'imputato era recidivo. La questione La questione in esame è la seguente: quali sono le condizioni per l'operatività della circostanza attenuante della lieve entità nel delitto di estorsione? Le soluzioni giuridiche Nella giurisprudenza di legittimità, il parametro di valutazione ai fini dell'applicazione della circostanza attenuante ex art. 311 c.p. è costituito dalla effettiva gravità del fatto-reato con riguardo alle caratteristiche oggettive dell'azione criminosa (Cass. pen., n. 14724/ 1986), presupponendo detta applicazione che il fatto, nel suo complesso, risulti di lieve entità, sicché essa è esclusa quando manchi tale requisito o in rapporto all'evento o anche solo per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze della condotta ovvero in rapporto all'entità del danno o del pericolo (Cass. pen., n. 4938/ 1986). Al riguardo, sulla scorta delle indicazioni offerte dalla Corte costituzionale, al parametro dell'effettiva gravità del fatto-reato individuato dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alla circostanza di cui all'art. 311 c.p., possono essere associati, quali indici rivelatori della lieve entità del fatto di sequestro di persona a scopo di estorsione, il carattere estemporaneo del fatto, l'entità dell'offesa recata alla vittima e l'entità delle somme oggetto della finalità estorsiva (C. cost., n. 68/2012, a mente della quale - relativamente al sequestro di persona a scopo di estorsione - la circostanza attenuante della lieve entità del fatto, presuppone che il fatto, nel suo complesso, risulti di lieve entità, sicché essa deve essere esclusa quando manchi tale requisito in rapporto all'evento ovvero anche solo per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze della condotta, avuto riguardo anche alla predisposizione di una significativa organizzazione di uomini e di mezzi per la realizzazione del delitto oppure in rapporto all'entità del danno o del pericolo, avuto riguardo a tempi, luoghi e modalità della privazione della libertà personale, nonché all'entità delle somme oggetto della finalità estorsiva). La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 629 c.p. nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità (C. cost., n. 120/2023). Il giudice delle leggi ha riscontrato un vulnus ai principi costituzionali di ragionevolezza e finalità rieducativa della pena: la mancata previsione di una “valvola di sicurezza” che consenta al giudice di moderare la pena, onde adeguarla alla gravità concreta del fatto estorsivo, può determinare l'irrogazione di una sanzione non proporzionata ogni qual volta il fatto medesimo si presenti totalmente immune dai profili di allarme sociale che hanno indotto il legislatore a stabilire per questo titolo di reato un minimo edittale di notevole asprezza. Deve constatarsi che, l'art. 629 del medesimo codice è capace di includere nel proprio ambito applicativo «episodi marcatamente dissimili, sul piano criminologico e del tasso di disvalore, rispetto a quelli avuti di mira dal legislatore dell'emergenza», in particolare «per la più o meno marcata “occasionalità” dell'iniziativa delittuosa», oltre che per la ridotta entità dell'offesa alla vittima e la non elevata utilità pretesa. Osservazioni Gli indici dell'attenuante di lieve entità individuati dalla giurisprudenza di legittimità nell'estemporaneità della condotta, scarsità dell'offesa personale alla vittima, esiguità delle somme estorte e assenza di profili organizzativi, risultano coerenti con la fisionomia oggettiva del delitto di estorsione. Tali indici assicurano che la riduzione della pena – in misura non eccedente un terzo – sia riservata alle ipotesi di lesività davvero minima, per una condotta che pur sempre incide sulla libertà di autodeterminazione della persona. In perfetta sintonia con questo percorso argomentativo si è precisato che in tema di estorsione, la fattispecie attenuata della lieve entità del fatto non trova applicazione quando il delitto sia aggravato ai sensi dell'art. 416-bis.1 c.p. (Cass. pen., n. 32569/2023). Invero, l'attenuante della lieve entità del fatto, prevista dall'art. 311 c.p. ed applicabile anche al delitto di estorsione a seguito della sentenza della C. cost. 15 giugno 2023, n. 120, non è configurabile qualora le richieste estorsive siano sistemiche, perché circostanza confliggente con il ridotto disvalore del fatto (Cass. pen., n. 9912/2024, in applicazione del principio, la Corte ha giudicato immune da censure la decisione che aveva escluso l'attenuante prevista dall'art. 311 c.p., ritenendo irrilevante la ridotta entità della somma di denaro richiesta, pari a 150 euro). Il reato di estorsione è riconducibile ai contesti più eterogenei e non necessariamente legati alla criminalità mafiosa, come dimostra proprio il caso oggetto della pronuncia in commento, in cui si procede a carico di un soggetto del tutto slegato dal mondo associativo od organizzato che tuttavia non ha agito in forma estemporanea ed istintiva (per come dimostrato dalla recidiva contestata), con modi predatori, avendo rivolto le proprie illegittime pretese nei confronti di un ottantenne. |