Perizia nei processi per responsabilità medica: discrezionalità nella composizione del collegio peritale
07 Dicembre 2023
Massima In tema di mezzi di prova, nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria (nella specie, per interruzione colposa di gravidanza), la nomina di un solo perito, anziché di un collegio, in violazione dell'art. 15, comma 1, l. 8 marzo 2017, n. 24, non è causa di nullità dell'elaborato peritale, in quanto non espressamente prevista, né incide sulla sua affidabilità, risultando esso comunque idoneo a offrire al giudice le conoscenze scientifiche necessarie per una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio. Il caso La vicenda vedeva il dott. M., medico ginecologo in servizio presso una clinica di Napoli, imputato del reato di cui all'art. 17 l. 174/1978 - oggi art. 593-bis c.p. – per aver colposamente cagionato l'interruzione di gravidanza nella paziente per aver omesso i necessari accertamenti diagnostici e il ricovero della paziente. In particolare la paziente, che lamentava di non percepire movimenti attivi del feto e accusava una perdita involontaria di liquido amniotico, si era rivolta alla clinica ed era stata sottoposta a visita dall'imputato, il quale dopo aver eseguito un esame radiografico (non repertato fotograficamente per motivi tecnici) aveva escluso che le perdite fossero di liquido amniotico ed aveva dimesso la paziente rinviandola al proprio medico curante. Dopo tre giorni la paziente si era ripresentata alla clinica, ove era stata accertata la morte endouterina del feto. Il Tribunale aveva ritenuto di dover nominare un perito nella persona del dott. B.G., specialista in ostetricia e ginecologia. Il perito aveva sostanzialmente concluso come non vi fossero elementi sufficienti per sostenere che la rottura prematura delle membrane fosse dovuta ad una corionamnionite, come sostenuto dai consulenti del P.M., né che vi fosse una colestasi gravidica, come invece sostenuto dalla difesa. Tuttavia, secondo il perito, a fronte della sintomatologia riferita della paziente, l'imputato avrebbe dovuto procedere all'esame mediante speculum sterile ed all'esecuzione di tutti i connessi test ancillari, così come previsto dalle linee guida internazionali. I giudici di merito hanno pertanto ritenuto che l'accertamento diagnostico eseguito dall'imputato fosse da ritenersi incompleto, mentre, se fossero stati eseguito gli accertamenti previsti dalle linee guida, la perdita del liquido amniotico sarebbe stata rilevata al momento della visita con conseguente ricovero della paziente ed induzione al parto, che, in considerazione dell'avanzata epoca gestazionale, avrebbe consentito la sopravvivenza del feto in termini pressoché di certezza. La Corte d'appello confermava la sentenza di condanna emessa in primo grado. L'imputato proponeva ricorso per cassazione che con la sentenza in esame lo dichiara inammissibile. La questione Le questioni sottoposte all'esame della Suprema Corte affrontano due profili, il primo relativo all'analisi della responsabilità colposa nell'ambito di un reato omissivo improprio, come nel caso di specie; il secondo riguardante invece la validità della perizia affidata dal Tribunale ad un unico specialista contrariamente a quanto previsto dall'art. 15 l. 24/2017. Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte, sotto il primo profilo, ritiene in parte inammissibili ed in parte infondate le censure mosse dal ricorrente. Ricordano i giudici come nel caso di specie venga contestato al medico di aver ommesso i necessari accertamenti diagnostici ed il conseguente ricovero della paziente, cagionando così colposamente l'interruzione di gravidanza. Pur essendo il medico titolare di una posizione di garanzia, occorre – evidenzia la Corte – in ogni caso – secondo il principio di colpevolezza – la verifica in concreto della violazione una regola cautelare, generica o specifica, della prevedibilità ed evitabilità dell'evento che la regola cautelare mirava ad evitare, della sussistenza del nesso causale tra la condotta e l'evento. La sentenza si conforma all'orientamento consolidato secondo il quale l'accertamento del nesso causale deve avvenire attraverso il cd. giudizio controfattuale, secondo il criterio di elevata credibilità razionale, articolato su un giudizio di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche e su una valutazione di tipo induttivo elaborata sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle pericolosità del caso concreto. La Corte ha pertanto ritenuto logico e coerente il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito in relazione alle emergenze processuali. Secondo quanto riscontrato dal perito infatti, pur non essendo possibile stabilire l'esatta eziologia della lacerazione delle membrane o la genesi dell'infezione, né se l'una sia stata la causa dell'altro o viceversa, in ogni caso la combinazione dei due eventi aveva condotto, con ragionevole certezza, alla morte del feto. A fronte della storia anamnestica della paziente e della sintomatologia riscontrata, il medico avrebbe dovuto sottoporre la paziente a tutti i test e gli accertamenti previsti dalle linee guida o indirizzarla presso una struttura adeguatamente attrezzata ad eseguirli, in tal modo sarebbe stato possibile, con ragionevole certezza logica e scientifica, diagnosticare quantomeno la lacerazione delle membrane con conseguente ricovero e, se necessario, esecuzione del parto pretermine così da evitare l'evento infausto. Con riferimento al secondo profilo dedotto relativo alla violazione dell'art. 15 l. 24/2017 per essere stata la perizia affidata ad un unico professionista, la Corte rileva come tale violazione non incida sulla validità dell'operato peritale posto che la stessa norma non commina alcuna sanzione. Scopo della perizia, sottolinea la Corte, è quello di fornire al giudice gli elementi necessari per una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio. “La circostanza che tale valutazione sia offerta da un unico professionista (in possesso delle necessarie competenze tecniche, circostanza, questa, non oggetto di censura) e non già di un collegio (come pure imposto dal citato articolo 15) non esclude, comunque, che il giudice valutando quale peritus peritorum gli esiti in essa rappresentati, li utilizzi quale fondamento logico-scientifico della sua decisione”. Pertanto la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la condanna dell'imputato anche al risarcimento del danno alla parte civile. Osservazioni Nella sentenza in commento, nell'analizzare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di interruzione colposa della gravidanza, la Corte fa propri i principi ormai consolidatosi in materia della prova dell'esistenza del rapporto causale fra la condotta addebita all'imputato e l'evento lesivo con riguardo allo specifico settore dell'attività medico-chirurghica, in particolare qualora si verta, come nel caso di specie di un'ipotesi di condotta omissiva. Viene però dedotto alla Corte un ulteriore motivo di ricorso. Il Tribunale, a fronte delle diverse conclusioni a cui erano addivenuti i consulenti della difesa e del Pubblico Ministero aveva ritenuto di richiedere una perizia. Tuttavia il Tribunale aveva nominato un unico perito, specialista in ostetricia e ginecologia. Tale nomina, come riconosciuto anche dai supremi giudici, è avvenuta in violazione dell'art. 15 l. 24/2017. La Legge Gelli-Bianco, innovando sul punto rispetto alle precedenti disposizioni, ha previsto espressamente all'articolo 15 comma 1 che «nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l'autorità giudiziaria affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi e che i consulenti tecnici d'ufficio da nominare nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell'ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi». Il comma 4 precisa che nei casi indicati al primo comma, l'incarico è conferito al collegio peritale. Per espressa previsione normativa quindi, il collegio devo essere formato da almeno due professionisti con specializzazioni differenti al fine anche di garantire, stante la delicatezza della materia, un accertamento il più accurato e completo possibile. La norma tuttavia non prevede alcun tipo di sanzione ove la perizia sia effettuata in violazione della norma suddetta. In tal senso si è espressa la sentenza in commento, riconoscendo come la nomina di un unico perito, pur chiaramente in violazione della suddetta previsione normativa, non sia causa di nullità dell'elaborato peritale, in quanto non espressamente prevista, né incida sulla sua affidabilità, risultando esso comunque idoneo a offrire al giudice le conoscenze scientifiche necessarie per una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio. Lo scopo della perizia è quello di offrire al giudice, che riveste il ruolo di peritus peritorum, gli elementi necessari per una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio, finalità che non viene meno, secondo la sentenza in commento, per il fatto che la valutazione sia offerta da un solo specialista invece che da una pluralità, come indicato dalla legge Gelli-Bianco. Tale impostazione, si inserisce nell'interpretazione giurisprudenziale consolidata che ritiene il giudice peritus peritorum in quanto può fare legittimamente propria una delle tesi scientifiche, anche contrapposte tra loro, emerse attraverso il ricorso a periti e consulenti tecnici, purchè motivi adeguatamente e logicamente gli argomenti che si sono resi determinanti nella formazione del suo convincimento. In tale ottica, la perizia, in particolare, rappresenta uno strumento privilegiato per il giudice qualora vi siano opinioni difformi espresse dai diversi consulenti tecnici di parti. In ogni caso, pur a fronte del ruolo assunto dal giudice nella valutazione degli elaborati tecnici, suscita comunque qualche dubbio la decisione in commento di non attribuire alcuna rilevanza alla violazione normativa che impone la nomina di un collegio peritale nei casi di responsabilità medica. D'altro canto la scelta del legislatore pare posta a tutela delle parti coinvolte, richiedendo una partecipazione all'elaborato peritale di professionisti appartenenti a specializzazioni differenti, un medico specializzato in medicina legale e uno o più medici specialisti nella disciplina in rilievo nel caso da affrontare. Solo una perizia in tal senso “completa”, frutto del confronto e dell'integrazione delle operazioni poste in essere dagli diversi specialisti, potrebbe effettivamente offrire al giudice tutti gli elementi necessari per una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio. Sembrerebbe infatti orientata in senso contrario rispetto alla pronuncia in oggetto, ossia di ritenere vincolante l'obbligo di una composizione collegiale del collegio peritale in caso nei giudizi di responsabilità medica la pronuncia della Corte di cassazione in sede civile (Cass. civ., n. 12593/2021), obbligo dalla cui violazione deriverebbe la nullità della consulenza. Indicazione, invero, che viene data in via incidentale non essendo applicabile al caso sottoposto all'attenzione dei supremi giudici la disciplina introdotta dalla riforma Gelli-Bianco ratione temporis. |