Riforma Cartabia, primi contrasti: è compente il tribunale per le lesioni lievi divenute procedibili a querela
04 Dicembre 2023
Massima In tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta (c.d. lievi), divenute procedibili a querela per effetto dell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, permane la competenza per materia del tribunale. Il caso Il giudice di primo grado dichiarava un'imputata colpevole del reato di violazione di domicilio e di lesioni personali volontarie in danno di una persona offesa cui aveva provocato la distrazione e la distorsione del collo, malattia giudicata guaribile in giorni ventuno, condannandola alla pena di anni uno e mesi due di reclusione. La Corte di appello, investita dell'impugnazione dell'imputata, la proscioglieva dal solo reato di violazione di domicilio per difetto di valida querela e rideterminava la pena per il reato di lesioni lievi in mesi otto di reclusione, con sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento di una provvisionale. L'imputata interponeva quindi ricorso per cassazione denunciando vizi relativi alla vocatio in iudicium in appello e gli atti successivi e l'erronea applicazione dell'art. 165 c.p. Prima della celebrazione del giudizio di legittimità, entrava in vigore il d.lgs. n. 150/2022 (c.d. riforma Cartabia) che ha ridisegnato il regime di procedibilità, tra l'altro, proprio del reato di cui all'art. 582 c.p., divenuto di norma procedibile a querela. La Suprema Corte, rigettato il primo motivo di ricorso e ritenuto inammissibile il secondo, si è quindi interrogata circa le possibili ricadute delle modifiche apportate all'art. 582 c.p. dall'art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 150/2022, in punto di perdurante attribuzione o meno delle lesioni lievi alla cognizione del tribunale: ciò in quanto specie era stata irrogata la pena della reclusione, propria dei reati di competenza del tribunale, mentre qualora la novella avesse comportato la cognizione del reato de quo al giudice di pace, la Corte di legittimità – anche d'ufficio e anche in presenza di un ricorso inammissibile (cfr. Cass. pen., sez. un., n. 38809/2022) – dovrebbe rilevare l'illegalità della pena irrogata e adottare le conseguenti statuizioni. La questione La questione (ri)esaminata dalla sentenza annotata involge le (indirette) conseguenze processual-sanzionatorie del mutato regime di procedibilità del reato di lesioni personali lievi per effetto della riforma Cartabia che, riscrivendo l'art. 582 c.p. (art. 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 150/2022), nell'ottica di decongestionamento “in entrata” del carico giudiziario, ha capovolto il previgente rapporto “regola/eccezione” prevedendo: - al comma 1, la “regola” della perseguibilità a querela del reato, anche nell'ipotesi di malattia avente durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta (cd. lesioni lievi); - al comma 2, l'“eccezione” della procedibilità d'ufficio per le restanti ipotesi circostanziali di lesioni aggravate ex artt. 61, n. 11-octies, 583 e 585 c.p. e del fatto commesso contro persona incapace (per età o per malattia), fatte salve le residue ipotesi circostanziali di cui all'artt. 577, comma 1, n. 1, e comma 2, c.p. che restano a querela di parte (“eccezione dell'eccezione”).
Secondo la relazione illustrativa al d.lgs. n. 150/2022, l'intervento novellistico – «limitato ad ipotesi che presentano un disvalore ridotto», che favoriscono «la remissione della querela o l'estinzione del reato per condotte riparatorie» (art. 163-ter c.p.) – mira ad ampliare il regime di procedibilità a querela del delitto di lesioni personali, senza più condizionarlo alla durata della malattia non superiore ai 20 giorni (cd. lesioni lievissime): la procedibilità a querela è stata difatti estesa alle lesioni lievi (malattia compresa tra 21 e 40 giorni), mentre restano procedibili d'ufficio le lesioni gravi (comprensive dell'ipotesi di malattia con durata superiore a 40 giorni) e le lesioni gravissime di cui all'art. 583 c.p., come pure quelle lievi ma commesse in danno di persona incapace per età o per infermità. Senonché, il legislatore delegato del 2022, pur dando atto – nella relazione illustrativa – dell'indiretto ampliamento della competenza per materia del giudice di pace penale, non è poi specificamente intervenuto (anche) sulla norma processuale che fissa, all'art. 4 d.lgs. n. 274/2000, la cognizione ratione materiae del giudice onorario. All'indomani dell'entrata in vigore della riforma Cartabia (30 dicembre 2022) si è posta, allora, la seguente questione controversa: in assenza di modifiche espresse all'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 274/2000 conseguenti alla nuova formulazione dell'art. 582 c.p., a chi appartiene la cognizione delle ipotesi di lesioni personali divenute procedibili a querela? Il mutato regime di procedibilità ha ampliato la competenza del giudice di pace, come affermato dalla relazione illustrativa? Oppure permane la competenza del Tribunale monocratico? Dalla soluzione del quesito consegue un diverso regime processuale, già in fase di indagini preliminari (artt. 11 ss. d.lgs. n. 274/2000), un diverso regime estintivo(artt. 34 e 35 d.lgs. n. 274/2000) e un diverso – e più mite – regime sanzionatorio(artt. 52 e segg. d.lgs. n. 274/2000). Le soluzioni giuridiche La sentenza in epigrafe, ponendosi in consapevole contrasto con la sentenza Cass. pen., sez. V, n. 12517/2023 (in IUS Penale (ius.giuffrefl.it), con commento di A. Natalini, Riforma Cartabia: è competente il giudice di pace per le lesioni lievi divenute procedibili a querela), la “capofila” dell'orientamento maggioritario (ad essa sono seguite le conf.: Cass. pen., sez. V, n. 41372/2023; Cass. pen., sez. V, n. 36812/2023; Cass. pen., sez. F, n. 34896/2023; Cass. pen., sez. V, n. 31720/2023; Cass. pen., sez. V, n. 24807/2023; Cass. pen., sez. V, n. 16537/2023; Cass. pen., sez. V, n. 14943/2023; Cass. pen., sez. V, n. 12517/2023; Cass. pen., sez. V, n. 10669/2023), afferma che per il delitto di lesioni personali semplici (malattia di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta), anche dopo le modifiche introdotte all'art. 582 c.p. dal d.lgs. n. 150/2022, permane la competenza per materia del tribunale. La decisione – rimasta isolata (ma ad essa è subito seguita l'investitura delle Sezioni unite ad opera di Cass. pen., sez. V, ord. interl. n. 42568/2023) – dopo aver ricordato che già prima della riforma Cartabia, in esito a Corte cost. n. 236/2018, il catalogo delle fattispecie di lesioni volontarie attribuite alla cognizione del giudice di pace si fosse ristretto, rientrando già nella competenza del tribunale «i reati consumati e tentati di lesioni personali anche lievissime quando commessi ai danni di tutte le categorie di persone elencate al primo comma n. 1 e al secondo comma dell'art. 577 c.p.» (nello stesso senso v. Cass. pen., sez. V, n. 35796/2023), prende atto che l'interpretazione letterale del combinato disposto del nuovo art. 582, comma 2, c.p. e dell'immutato art. 4 d.lgs. n. 274/2000 (che il primo richiama), porta ad escludere che al giudice di pace sia rimasta la competenza per alcuna delle vigenti ipotesi di lesioni personali, perseguibili a querela, poiché queste sono ora allocate nel comma 1 dell'art. 582 c.p., che è estraneo all'operato rinvio, la cui natura formale (o mobile) è stata peraltro affermata da C. cost. n. 236/2018. Detto rinvio collega la disposizione rinviante a quella rinviata non solo nella formulazione attuale al momento del rinvio, ma anche in quelle succedutesi a seguito della sua modifica, quindi a quelle attualmente vigenti. In sostanza – secondo questo arresto, aderente ad dato testuale – l'art. 4 d.lgs. n. 274/2000 continua ad ancorare la competenza del giudice di pace alle lesioni personali perseguibili a querela di cui al comma 2 dell'art. 582 c.p., ma, nell'attuale formulazione, la disposizione richiamata non contiene [più] alcuna ipotesi di lesioni personali perseguibili a querela, se non quella contro i soggetti contemplati dall'art. 577, comma 1, n. 1, e comma 2, c.p., già estranea però (per forza di legge o per intervento della Corte costituzionale) alla competenza del giudice di pace. In quest'abbrivio, non può condividersi – cadenzano i Supremi giudici – un'interpretazione della norma che ne neghi la littera legis, superandola con quella individuata dal difforme indirizzo come voluntas legislatoris (come espressa nella relazione illustrativa): ciò in quanto si «enfatizza indebitamente l'intenzione puntuale del legislatore storico, giungendo a svilire in toto il significato obiettivo della normativa in esame», mentre la giurisprudenza nomofilattica, all'uopo richiamata, è chiara nell'affermare il principio di «fedeltà del giudice al tenore letterale della disposizione normativa quale canone fondamentale di interpretazione a cui si deve attenere» (Cass. pen., sez. un., n. 32938/2023), essendo quello letterale non un criterio interpretativo «ma il limite di ogni altro metodo ermeneutico» (Cass. pen., sez. un., n. 11/1999). In definitiva quella proposta dalla disattesa sentenza n. 12517/2023 non può qualificarsi come interpretazione estensiva, poiché, lungi dal mantenere il risultato interpretativo all'interno dei confini dei possibili significati della disposizione, comporta una vera e propria ‘sostituzione' del riferimento dell'art. 4 cit. al comma 2 dell'art. 582 c.p. con quello al comma 1 della disposizione codicistica (ovvero l'“aggiunta” dell'uno all'altro). Da ultimo, i Supremi giudici nella decisione in rassegna evidenziano la “neutralità” della soluzione accolta, la quale – puntualizzano – non trova ostacoli nella conseguente modifica in peius del trattamento sanzionatorio, dovendosi comunque applicare il precedente, più favorevole, statuto punitivo ex art. 52 d.lgs. n. 274/2000 alle condotte consumate prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 (cioè fino al 29 dicembre 2022). Osservazioni A seguito del contrasto intersezionale insorto tra l'orientamento maggioritario inaugurato da Cass. pen., sez. V, n. 12571/2023 (con le successive conformi) e le conclusioni tratte dalla sentenza in commento, con immediatezza la stessa V sezione della Cassazione ha investito della questione controversa le Sezioni unite ai sensi dell'art. 618, comma 1, c.p.p., anche in ragione della «speciale importanza della questione, per il suo esteso ed immediato impatto sui processi in corso» (così Cass. pen., sez. V, ord. interl. n. 42568/2023). L'udienza di discussione innanzi al Supremo collegio in composizione allargata è fissata per il prossimo 14 dicembre 2023: il giudice massimamente nomofilattico è chiamato decidere se il delitto di lesioni personali lievi, alla luce della intentio legislatoris, debba rientrare nella competenza del giudice di pace, nonostante che l'art. 4 d.lgs. n. 274/2000 continui a richiamare il comma 2 dell'art. 582 c.p. (che, nel testo novellato, riguarda solo ipotesi di lesioni procedibili d'ufficio: Cass. pen., sez. V, n. 12571/2023) o se, conformemente alla littera legis, debba privilegiarsi il dato del rinvio che (secondo Cass. pen., sez. V, n. 40179/2023) finisce per attribuire al tribunale la competenza per il delitto di lesioni personali con malattia di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta. Le Sezioni unite dovranno chiarire, in particolare, i seguenti nodi problematici: - se per effetto delle modifiche normative sopravvenute, il permanente richiamo dell'art. 4 d.lgs. n. 274/2000 all'art. 582, comma 2, c.p. sia divenuto in concreto privo di significato, poiché, ormai, non consente di individuare alcuna ipotesi applicativa perseguibile a querela; - se il rinvio che l'art. 4 d.lgs. n. 274/2000 opera (tuttora) alla disciplina (in origine) dettata dall'art. 582, comma 2, c.p., possa rimanere indifferente al dato topografico. A quest'ultimo proposito, ai fini della risolvenda soluzione, non sembra potersi prescindere dalla qualificazione dinamica offerta dal giudice delle leggi che, con sentenza costituzionale n. 236/2018, ha autorevolmente riconosciuto natura formale al richiamo contenuto nell'art. 4 d.lgs. n. 274/2000 all'art. 582, comma 2, c.p., con un passaggio motivazionale che non sembra affatto derubricabile in termini di obiter dictum (poiché se il rinvio fosse stato ritenuto materiale, la Consulta non avrebbe potuto pronunciare, nell'occasione, la declaratoria di incostituzionalità in via consequenziale ex art. 27 legge n. 87/1953). |