La questione del giudizio di bilanciamento delle circostanze in tema di autoriciclaggio
24 Novembre 2023
Massima Illegittimo il divieto di prevalenza delle attenuanti del reato di autoriciclaggio nel caso di delitto presupposto di minore gravità rispetto all'aggravante della recidiva reiterata. Il caso La Sezione Prima Penale del Tribunale di Firenze ha sollevato questioni di legittimità costituzionale in merito all'art. 69, comma 4, c.p., nella parte in cui preveda il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del delitto di autoriciclaggio (ex art. 648-ter.1, comma 2, c.p.) sulla recidiva (ex art. 99, comma 4 c.p.), ledendo i principi di ragionevolezza, proporzionalità e finalità rieducativa della pena rinvenibili nel dettato costituzionale agli artt. 3,25, comma 2, e 27, comma 3 Cost. Il giudice a quo, nel caso di specie, doveva giudicare della responsabilità di A.M., imputato di tre furti di monili contestati con le aggravanti della destrezza ex art. 625, comma 1 c.p., della recidiva ex art. 99, comma 4, c.p., del nesso teleologico ex art. 61 comma 1 numero 2), rispettivamente al tentato autoriciclaggio. La questione La Corte costituzionale, affrontando la questione a lei sottoposta, ha operato un'analisi del procedimento, in cui, all'esito dell'istruttoria il rimettente ha ritenuto sussistere l'aggravante della destrezza e della recidiva, purtuttavia escludendo l'integrazione dell'aggravante del nesso teleologico. Il giudice a quo evidenziava la possibilità di riconoscere all'imputato le circostanze attenuanti generiche ex art. 62 c.p. in ragione sia della «modesta gravità del caso concreto», afferente al valore non elevato dei beni sottratti e recuperati dalle Autorità di polizia nel giorno stesso della commissione dei reati, sia delle condizioni di grave disagio personale e familiare dell'imputato. In riferimento ai delitti di furto, si è propeso, attraverso il giudizio di bilanciamento fra le circostanze aggravanti ed attenuanti, a valutare in termini di equivalenza le stesse, con conseguente applicazione della pena base, il cui massimo edittale è pari a tre anni. Rispetto al tentato autoriciclaggio, esso è stato ritenuto effettivamente integrato, per il Tribunale di Firenze, realizzandosi la fattispecie riconducibile al comma due dell'art. 648-ter.1 c.p. (circostanza attenuante), nonché riconoscendo l'attenuante generica ex art. 62 c.p. previamente discussa. Per l'applicazione dell'attenuante di cui al comma due dell'art. 648-ter.1 c.p., il calcolo del massimo edittale del delitto presupposto deve essere inferiore ai cinque anni, nel cui caso specifico l'imputato A.M. rientrerebbe, alla luce della sola cornice edittale della fattispecie base (opzione interpretativa più aderente al tenore letterale della fattispecie di cui al comma due dell'art. 648-ter.1 c.p.). Quand'anche si ritenesse che il massimo edittale del delitto presupposto vada calcolato valorizzando il fatto di reato circostanziato, andrebbero valorizzate tutte le circostanze calcolate in giudizio di bilanciamento, per cui il massimo edittale si ricondurrebbe nuovamente a tre anni, integrando la fattispecie attenuata di autoriciclaggio previamente richiamata. L'operazione in questione sembrava, tuttavia, preclusa dall'art. 69 comma 4 c.p., il quale prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva di cui all'art. 99 comma 4 c.p. Va tenuta in rilievo la modifica dell'art. 648-ter.1 c.p. ad opera del d.lgs. n. 195/2021 che ha revisionato la fattispecie rendendola più severa all'imputato, per via di una minore diminuzione di pena prevista per l'attenuante presa in considerazione, motivo per cui, per il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, non verrà applicata al caso di specie, attenendo essa ancora alla disciplina così formulata dal dettato della l. 186/2014. Viene inoltre fatto richiamo expressis verbis alla sentenza C. cost. n. 251/2012, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 3,25 comma 2 e 27 comma 3 Cost., l'art. 69 comma 4 c.p., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (c.d. Testo Unico in materia di stupefacenti) sulla recidiva di cui all'art. 99, comma 4, c.p.; ed alla sentenza C. cost. n. 205/2017, attraverso la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 69 comma 4 c.p. per violazione degli artt. 3,25, comma 2, e 27, comma 3, Cost., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all'art. 219, comma 3, l. fall., sulla recidiva di cui all'art. 99, comma 4, c.p. Aggiunge inoltre, il committente, che per effetto dell'equivalenza tra la recidiva reiterata e l'attenuante in questione si rinverrebbe un'applicazione irragionevole della pena, che vedrebbe realizzarsi un aumento sensibilmente superiore a quello previsto dallo stesso art. 99 comma 4 c.p., poiché l'annullamento di una riduzione pari alla metà della pena realizzerebbe, de facto, un aumento del 100% della stessa, anziché un aumento della metà o dei due terzi prevista all'interno della norma attinente alla recidiva. In aggiunta, il giudice adito identificava, quindi, un trattamento sanzionatorio sproporzionato e quindi inidoneo alla funzione rieducativa del reo. Le soluzioni giuridiche La Corte costituzionale, in ossequio ai propri precedenti orientamenti, dove ha dichiarato illegittimo l'art. 69, comma 4, c.p. (ove prevedeva il divieto di prevalenza di altrettante circostanze attenuanti sulla recidiva di cui all'art. 99 comma 4 c.p., ricalcando le rationes decidendi ivi contenute,) propende anche in questo caso per la dichiarazione di illegittimità costituzionale, ponendo l'attenzione sulla capziosità del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti rispettivamente al raccordo con la ratio per cui nasce la figura attenuata di cui al richiamato comma due dell'art. 648-ter.1 c.p., ossia quello di prevedere un trattamento sanzionatorio più fievole circa il riciclaggio conseguente a delitti oggettivamente ritenuti di meno grave entità, ledendo tanto il principio di offensività (ex art. 25, comma 2, Cost.), quanto il principio di proporzionalità della pena fondato sugli artt. 3 e 27, comma 3, Cost. Osservazioni In rottura con la precedente tradizione giuridica, l'art. 3 della legge 15 dicembre 2014, n. 186 (entrata in vigore il 1° gennaio 2015), recante Disposizioni in materia di emersione e rientro dei capitali detenuti all ' estero nonch é per il potenziamento della lotta all ' evasione fiscale. Disposizioni in materia di auto riciclaggio, ha introdotto all'interno del Codice penale l'art. 648-ter.1 c.p., disciplinante il delitto di autoriciclaggio. Si è così provveduto ad integrare il tessuto normativo che fino a quel momento prevedeva, esclusivamente, la punizione per le figure di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. Tale introduzione, mediante la quale si è inteso contrastare le diverse forme di criminalità — in particolar modo quella organizzata —, è la conseguenza di un progressivo orientamento di politica criminale, certamente spinto da diverse fonti di rango internazionale, tra le quali: la Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, ratificata dall'Italia con legge 28 giugno 2012 n. 110 e la Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2006 n. 146. Tale fattispecie si presenta come un impedimento dell'ulteriore circolazione del denaro “sporco”, acquisito dallo stesso autore (o coautore) in un reato precedente, dove: «si è cercato pertanto di “congelare” il profitto del soggetto che ha commesso il reato presupposto, in modo da non permetterne un uso maggiormente offensivo». Il reato di autoriciclaggio, è bene ricordarlo, non necessita di un precedente giudicato penale che attesti la realizzazione del reato presupposto. Detto altrimenti, in tema di autoriciclaggio, non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente per l'autoriciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza; in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di autoriciclaggio, l'imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste (cfr. Cass. pen., sez. II, 7 dicembre 2021, n. 5656). Oggi la fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p., è stata, come precedentemente accennato, revisionata, prevedendo una minore diminuzione della pena nel caso dell'attenuante di cui (oggi) al comma tre. La questione di legittimità costituzionale sollevata non è una novità presentata alla Corte, in quanto già ricorrente il contrasto fra l'art. 69, comma 4, c.p. in applicazione contestuale alla recidiva di cui all'art. 99, comma 4 c.p., risolta dalla stessa univocamente attraverso la dichiarazione di illegittimità – per l'appunto – del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti ivi citato. Riferimenti N. D'elia, Delitto di autoriciclaggio: le osservazioni e primi temi di discussione, in B. Quattrociocchi (a cura di), Norme, regole e prassi nell'economia dell'antiriciclaggio internazionale, Torino, 2017, 185 – 190; F. De Pasquale, C. Imbriani, Riciclaggio e autoriciclaggio, la disciplina di contrasto a livello internazionale, in Rassegna Economica, 1, 2015; E. Musco, Riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego. Aggiornato con i decreti legislativi 8 novembre 2021, n. 184 e n. 195, Zanichelli, 2022; R. Razzante, Manuale di legislazione e prassi dell'antiriciclaggio, Torino, 2023; R. Razzante, Riciclaggio e reati connessi. Applicazioni giurisprudenziali e di vigilanza, Giuffrè Francis Lefebvre, 2023. |