Sky ECC: la partita vera si giocherà intorno all’art. 270 c.p.p.
13 Novembre 2023
Massima Ammesso che la intera piattaforma telematica SKY ECC non sia stata posta sotto intercettazione nel quadro del procedimento base transalpino, le chat ivi scambiate non sostanziano documentazione acquisibile a norma dell'art. 234-bis c.p.p., ma corrispondenza sequestrabile ai sensi dell'art. 254-bis c.p.p. Il caso Il compendio probatorio a carico del prevenuto, indagato per la condotta di partecipazione ad un'associazione dedita al narcotraffico e per un duplice episodio inquadrabile sotto l'art. 73 d.P.R. 309/1990, si sostanziava in via esclusiva nelle chat scambiate sulla piattaforma di messaggistica crittografata Sky ECC. Tali chat, previamente assunte nel quadro di un procedimento penale francese, erano rifluite in questo diverso procedimento penale interno, in esecuzione di una pluralità di distinti ordini europei d'indagine - d'ora innanzi OEI - emessi dalla DDA di Reggio Calabria. Il GIP, avendo ritenuto spendibili in giudizio simili acquisizioni probatorie, disponeva l'applicazione della misura cautelare custodiale in carcere nei riguardi dell'inquisito. La difesa del ristretto, con l'impugnativa promossa ai sensi dell'art. 309 c.p.p., si doleva del fatto che gli OEI, tesi ad acquisire il contenuto di messaggi corsi in formato criptato sulla piattaforma di telecomunicazioni della Sky Global, dovevano essere tratti da un'autorità nazionale terza ed imparziale, che non si poteva identificare in un organo inquirente. Pena, la illegittimità delle richieste istruttorie inoltrate all'AG francese. Il Tribunale del Riesame, nel respingere l'atto di gravame, affermava che le chat scambiate su Sky ECC erano state apprese in Francia, all'esito di un atto d'indagine debitamente autorizzato da un organo giudicante. Con la conseguenza che gli OEI, volti ad ottenere le risultanze del mezzo istruttorio disposto nel Paese transalpino, potevano essere emessi legittimamente dai rappresentanti dell'Ufficio di Procura italiano. La difesa del prevenuto, avversando il provvedimento reso dal Tribunale della Libertà calabrese, tornava a ribadire che il pubblico ministero non era competente a trarre un ordine investigativo finalizzato all'acquisizione di dati relativi al traffico telefonico, perché tale competenza non era prevista per casi nazionali analoghi. Il ricorso interposto ex art. 311 c.p.p. insisteva dunque per la inutilizzabilità delle chat trasmesse dall'AG francese. La questione Con la pronuncia ora in esame, la VI Sezione Penale è stata chiamata ad affrontare due delicate questioni processualpenalistiche, fra loro in rapporto di pregiudizialità-dipendenza. In particolare. Il collegio decidente ha dovuto dapprima inquadrare giuridicamente, alla luce delle categorie processualpenalistiche interne, l'atto d'indagine esperito dall'AG francese nel quadro del procedimento base transalpino; per poi valutare la legittimità degli OEI emessi dagli organi inquirenti reggini. Le soluzioni giuridiche Com'è noto, non esiste più alcuna organizzazione criminale dedita al narcotraffico, minimamente strutturata, che non comunichi su piattaforme di messaggistica crittografata, accessibili attraverso i criptofonini: particolari dispositivi criptati congegnati e sviluppati, sì da essere impenetrabili alla installazione dei Trojan, i malware usualmente impiegati dagli organi inquirenti, per intercettare le conversazioni che corrono cifrate su Internet. Com'è altresì noto, l'AG francese, nel quadro di due distinti procedimenti penali interni, è però riuscita a “bucare” le applicazioni di Instant Messaging Encrochat e Sky ECC. E così le comunicazioni scambiate su tali piattaforme telematiche tra gli appartenenti a numerosi sodalizi criminali, specializzati nella importazione e nella commercializzazione delle sostanze stupefacenti, sono state acquisite e decifrate. Gli Uffici di Procura di diversi Stati del vecchio continente, intenti a debellare il narcotraffico attraverso la lotta alle consorterie criminali operanti sui territori di rispettiva competenza, nel quadro di autonomi procedimenti interni, si sono avvalsi dello strumento di cooperazione internazionale disciplinato dalla Direttiva 2014/41/UE, conosciuto con il nome di ordine europeo di indagine, per richiedere all'AG francese la trasmissione in formato decriptato delle chat corse sui criptofonini, in uso agli indagati. Gli organi inquirenti italiani non hanno fatto eccezione. Al contrario, sono ormai numerosi e diffusi in tutta Italia i procedimenti penali, inerenti reati in materia di droga, il cui compendio probatorio si fonda in maniera esclusiva, o quasi, sulle chat corse sulle due piattaforme di messaggistica crittografata, hackerate dalla AG francese. Nell'ambito di queste inchieste, per via della gravità delle contestazioni elevate, il più delle volte inquadrabili sotto i modelli penali di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/1990, i titolari dell'azione penale hanno immancabilmente richiesto nei confronti dei prevenuti l'applicazione della misura cautelare custodiale in carcere. Nel quadro dei correlati procedimenti incidentali de libertate, gli organi giudicanti sono stati quindi chiamati a valutare la spendibilità processuale delle chat scambiate sulle applicazioni di messaggistica crittografata Encrochat e Sky ECC. Quanto alla specificità dei messaggi intercorsi sulla piattaforma telematica della società canadese Sky Global, sino alla pronuncia delle due ordinanze gemelle della VI Sezione Penale, la 44154 e la 44155, i cui relatori sono stati rispettivamente i Consiglieri Aprile e Calvanese, la giurisprudenza di legittimità era stata discutibilmente monolitica, nell'affermare la piena utilizzabilità delle chat scambiate su Sky ECC. Tale presa di posizione poggiava su una assai opinabile - recte: erronea - ricostruzione dell'attività investigativa condotta, nel quadro del previo procedimento penale transalpino. Stando alla versione offerta dagli organi inquirenti italiani, che è stata a lungo convalidata dai giudici della cautela, il server sotteso al funzionamento di Sky ECC avrebbe serbato in memoria ogni chat, che aveva efficacemente “triangolato” tra i dispositivi criptati nella disponibilità degli abbonati alla piattaforma. Il captatore informatico, di cui il Giudice Istruttore presso il Tribunale di Parigi aveva disposto l'installazione a norma dell'art. 706-102-1 del Code de Procedure Penale, avrebbe dunque ripescato dalla memoria del server centrale, sotteso al funzionamento della applicazione della Sky Global, tutte le comunicazioni scambiate su Sky ECC. Sulla scorta di questa fallace ricostruzione dell'attività investigativa condotta in terra transalpina, gli organi giudicanti interni si sono risolti nel senso che i rappresentanti degli Uffici di Procura italiani, con l'emissione degli OEI, avevano domandato all'AG francese la trasmissione degli esiti di un atto d'indagine, corrispondente a quello disciplinato dall'art. 234-bis c.p.p. Secondo i costanti insegnamenti della Corte di legittimità, infatti, la corrispondenza approdata a destinazione scade in comune documentazione. L'art. 234-bis c.p.p. dispone che i dati indisponibili al pubblico conservati in un server ubicato all'estero possono essere acquisiti, solo previo assenso del loro legittimo titolare. Nella fattispecie ora al vaglio, le chat conservate nella memoria del server, alla base del funzionamento di Sky ECC, già da tempo avevano raggiunto la propria naturale destinazione, perdendo il carattere di corrispondenza. E il Tribunale di Parigi veniva identificato nel legittimo titolare di simili dati. Questo è stato l'orientamento giurisprudenziale che, per lunghi mesi, ha regolato incontrastato la intera materia. Il quadro è mutato, solo con le due diverse pronunce della VI Sezione Penale della Corte di cassazione del 02.11.2023. In questa sede, a formare oggetto di analisi approfondita sarà la sola ordinanza n. 44155, relatrice Calvanese. Tuttavia, in qualche passaggio, non si mancherà di far cenno anche all'altra ordinanza, la 44154, relatore Aprile. Come è già stato anticipato, con il provvedimento n. 44155, il collegio della VI Sezione, chiamato a valutare la legittimità degli OEI emessi dalla DDA del capoluogo reggino, si è dovuto interrogare circa la natura dell'atto d'indagine interno, corrispondente a quello previamente assunto dall'AG francese, nel quadro del procedimento base transalpino. Questione di ordine giuridico, la cui risoluzione passava per la puntigliosa ricostruzione dell'attività investigativa espletata in terra di Francia. In piena distonia con l'unico indirizzo interpretativo fino ad allora vivente, la ordinanza in nota ha stabilito che l'atto d'indagine interno, sottostante agli OEI inoltrati all'AG francese, non si poteva identificare nel mezzo istruttorio, regolamentato dall'art. 234-bis c.p.p. D'altro canto. Per documento può intendersi solo quell'elemento informativo che sia stato formato al di fuori di alcuna attività investigativa. Nella fattispecie ora al vaglio, di contro, i rappresentanti dell'Ufficio di Procura reggino, nell'emettere gli OEI, avevano richiesto all'AG francese di trasmettere gli esiti di un atto d'indagine, previamente formato nel quadro di un procedimento base transalpino. Non solo. L'art. 234-bis c.p.p. è chiaro, nello stabilire che i dati informatici, indisponibili al pubblico, che giacciono in un server ubicato all'estero, possono formare oggetto di apprensione, solo dietro l'atto di assenso del loro legittimo titolare. Nella specificità del caso concreto, il soggetto che aveva prestato il consenso alla acquisizione il dei dati informatici conservati nel server sotteso al funzionamento di Sky ECC, il Tribunale di Parigi, ne era sì il detentore qualificato ai fini di giustizia, ma non ne era certo il legittimo titolare. Dopo aver sconfessato in maniera ruvida il filone interpretativo, che nei mesi precedenti aveva dominato la scena giurisprudenziale, il provvedimento ora al vaglio ha stabilito che l'AG francese, nel quadro del procedimento base transalpino, aveva posto in essere un atto d'indagine analogo a quello regolato dall'art. 254-bis c.p.p. A ben vedere, nell'affermare questo principio di diritto, proprio perché consapevoli della penuria e della incompletezza delle informazioni procedimentali disponibili, inerenti l'attività investigativa svolta nell'ambito della inchiesta francese a monte, gli ermellini tenevano un atteggiamento alquanto prudente. In proposito, sia sufficiente rilevare che, con il diverso ma coevo provvedimento n. 44154, relatore Aprile, il medesimo collegio della VI Sezione Penale, per il giudizio di rinvio, impartiva queste stringenti prescrizioni. In via di premessa, occorreva ricostruire nei dettagli i contorni della attività istruttoria condotta nel Paese d'Oltralpe; per poi qualificare, in maniera giuridicamente apprezzabile, alla luce delle categorie processualpenalistiche interne, l'atto d'indagine previamente esperito in terra di Francia. Ad ogni modo. Ricondotto il mezzo istruttorio assunto dagli organi inquirenti francesi sotto la cornice dell'art. 254-bis c.p.p., il provvedimento rescindente a firma Cons. Calvanese si è interessato della questione strettamente connessa, inerente la legittimità delle modalità di emissione degli OEI, in esecuzione dei quali l'AG francese aveva trasmesso in Italia le chat scambiate su Sky ECC. Com'è noto, la fonte normativa interna che ha recepito la Direttiva 2014/41/UE, atto unionale che regola l'ordine europeo d'indagine, è il d.lgs. n. 108/2017. Com'è altresì noto, in conformità all'art. 27 d.lgs. n. 108/2017, il P.M. è l'autorità giudiziaria competente a trarre gli OEI, nella fase delle indagini preliminari. Com'è pure noto, in ossequio all'art. 43 comma 2 lett. a) d.lgs. n. 108/2017, l'OEI, con cui il rappresentante dell'Ufficio di Procura demanda all'autorità giudiziaria del Paese d'esecuzione l'espletamento di una qualunque forma di attività captativa, deve però essere preceduto da un provvedimento di autorizzazione da parte del Giudice per le Indagini Preliminari. Sulla scorta di questa prescrizione normativa, il collegio giudicante si domandava se, in un caso interno analogo, il sequestro di dati presso i fornitori di servizi richiedesse o meno un'autorizzazione giurisdizionale, posto che, nel caso di risposta affermativa, gli OEI emessi dagli organi inquirenti reggini, in difetto di un previo provvedimento del GIP, dovevano darsi per illegittimi. Nell'affrontare la questione, l'ordinanza rescindente sviluppava due diversi ragionamenti, convergenti nelle rispettive conclusioni, secondo le quali il mezzo istruttorio disciplinato dall'art. 254-bis c.p.p., nell'ambito di un procedimento penale interno, poteva essere disposto solamente dal Giudice per le Indagini Preliminari. In dettaglio. I tabulati telefonici, ai sensi dell'art. 132 d.lgs. n. 196/2003, possono formare oggetto di acquisizione, solo dietro apposito provvedimento motivato del giudice. L'apprensione dei dati intrinseci ad una comunicazione importa indubbiamente una maggiore compressione del diritto alla riservatezza dell'indagato. Sarebbe dunque irragionevole che per l'acquisizione dei dati esterni del traffico telefonico sia necessario un provvedimento autorizzativo del giudice, mentre per l'apprensione dei contenuti delle comunicazioni oggetto di quel traffico sia sufficiente un provvedimento del pubblico ministero. Ed inoltre. La Corte costituzionale, con la pronuncia n. 170/2023, ha stabilito il rivoluzionario principio di diritto per il quale la messaggistica e la posta elettronica conservano la natura di corrispondenza, anche dopo aver raggiunto il recapito del destinatario. Le limitazioni alla libertà tutelata dall'art. 15 Cost. sono consentite, solamente nel rispetto della riserva assoluta di legge e di giurisdizione, giusto quanto si evince dalla lettura di ben tre precedenti della Corte costituzionale (C. cost., n. 20/2017; C. Cost., n. 1030/1988; C. cost., n. 81/1993). Ne discende che l'esperimento del mezzo probatorio regolamentato dall'art. 254-bis c.p.p. postula l'intervento motivato del Giudice per le Indagini Preliminari. Appurato che l'OEI, teso ad ottenere le chat in formato decriptato scambiate su Sky ECC, era illegittimo, dal momento che l'Ufficio di Procura reggino, prima di procedere alla sua emissione, si sarebbe dovuto premunire di un provvedimento autorizzatorio giurisdizionale, il collegio della VI Sezione Penale, interrogatosi in ordine alle conseguenze derivanti dalla irritualità della richiesta istruttoria inoltrata in Francia, è pervenuto alle seguenti determinazioni. La trasmissione della prova ad opera dell'AG francese precludeva all'interessato la possibilità di denunciare la illegittimità dell'OEI. Tuttavia, la sussistenza delle condizioni di ammissibilità delle emergenze istruttorie sopraggiunte dalla Francia, in esecuzione dell'OEI tratto dall'Ufficio di Procura italiano, ben poteva formare oggetto di delibazione, ad opera dell'autorità giudiziaria nazionale, alla luce della lex fori. Non foss'altro perché la Direttiva 2014/41/UE non disciplina la ammissibilità e la utilizzabilità della prova acquisita con l'OEI, rinviando per tale aspetto al diritto dello Stato d'emissione. Nell'annullare il provvedimento gravato, in ragione della erronea qualificazione dell'atto d'indagine esperito in Francia nel quadro del procedimento base transalpino, il collegio della VI Sezione Penale ha dunque rimesso al giudice del rinvio l'incombente di valutare, ai fini della utilizzabilità delle chat in formato decifrato scambiate su Sky ECC, se sussistevano le condizioni per l'autorizzabilità in sede giurisdizionale delle attività investigative oggetto dell'ordine europeo. Incombente di natura più formale che sostanziale, posto che la pronuncia rescindente è stata alquanto chiara, nello stabilire che il GIP doveva autorizzare il P.M. a richiedere gli esiti di un atto d'indagine analogo a quello disciplinato dall'art. 254-bis c.p.p. Osservazioni Considerato l'arresto n. 170/2023 della Corte costituzionale, a lungo si potrebbe discutere sul fatto che il mezzo di ricerca della prova disciplinato dall'art. 254-bis c.p.p. possa rivelarsi tuttora utile, ai fini della apprensione della messaggistica archiviata nel server del gestore di un servizio di telecomunicazioni. Ancor più a lungo si potrebbe dibattere sulla bontà della presa di posizione, secondo cui il giudice, e non il P.M., sarebbe legittimato a disporre il sequestro regolamentato dall'art. 254-bis c.p.p. Affrontare simili temi, in questa sede, sarebbe però sbagliato. Per poter dissertare sulla utilizzabilità processuale delle chat scambiate su Sky ECC, chat che sono state dapprima acquisite nel quadro di un procedimento base transalpino, per poi confluire, in esecuzione di una molteplicità di OEI, in innumerevoli procedimenti penali, italiani e non solo, in via di premessa, corre l'obbligo di ricostruire dettagliatamente l'attività istruttoria condotta dall'AG francese, nell'ambito della propria inchiesta interna. Il collegio della VI Sezione Penale si è dimostrato di ciò consapevole. Ed è per questa ragione che l'ordinanza rescindente n. 44154 a firma del Consigliere Aprile ha rimesso al giudice del rinvio il compito di «chiarire quali siano state la natura e le caratteristiche delle attività di indagine svolte all'estero», sì da poter «attribuire alle stesse la corretta qualificazione giuridica (...)». Fino ad ora, in effetti, parrebbe che la Corte di cassazione non abbia ancora potuto disporre dell'incartamento inerente il procedimento base francese, nella sua completezza. A consentire la verificazione di una simile situazione, al dir poco kafkiana, è stata un'interpretazione intollerabilmente lasca dell'art. 291 c.p.p., secondo cui gli organi inquirenti sarebbero liberi di selezionare gli elementi da produrre a corredo dell'istanza cautelare, che intendono promuovere. Vero è infatti che la discrezionalità del P.M. procedente dovrebbe conoscere un limite invalicabile nell'obbligo di mettere a disposizione del GIP gli elementi a favore del potenziale ristretto. Ma è altrettanto vero che questa clausola di riserva, all'atto pratico, si risolve spesso in una clausola di stile. Ad ogni modo, grazie alla fisiologica evoluzione dei procedimenti penali il cui compendio probatorio si sostanzia nelle chat scambiate in formato decriptato sulla piattaforma di messaggistica crittografata Sky ECC, e segnatamente, grazie alla disclosure susseguente alla notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, è stato possibile attingere ad una parte minimale, sebbene significativa, del dossier afferente il procedimento base transalpino. Ed è stato dunque possibile ricavare tutta questa serie di informazioni procedimentali, di portata dirompente. A dispetto di quanto è stato sostenuto dalla giurisprudenza interna di merito e di legittimità, nell'ambito degli innumerevoli incidenti cautelari, che si sono fino ad ora celebrati, i server -rectius - i server sottesi al funzionamento di Sky ECC, server che la Sky Global aveva noleggiato presso l'hosting server provider OVHCLOUD con sede a Roubaix, avevano conservato al proprio interno solo i dati inerenti la data di iniziazione e di ultimo utilizzo di ogni utenza, contrassegnata da un univoco codice PIN (lo Sky ECC ID), che era abilitata a accedere alla applicazione di messaggistica crittografata in trattazione. Ma non certo le chat degli abbonati alla piattaforma. E ancora. I flussi telematici in transito sui server di Roubaix, in cui si risolvevano le chat scambiate su Sky ECC, avevano formato oggetto di una massiva ed indiscriminata attività captativa dal 14 giugno 2019 al 9 marzo 2021, data di dismissione della piattaforma telematica della società canadese Sky Global. In maggiore dettaglio. A norma degli artt. 100 ss. del Code de Procedure Penale, in data 14 giugno 2019, il Giudice della Libertà e della Detenzione presso il Tribunale di Grande Istanza di Lille aveva disposto di mettere sotto intercettazione per un mese tutti gli apparecchi elettronici, sottesi al funzionamento della piattaforma telematica della Sky Global. Tale provvedimento di autorizzazione allo svolgimento di attività captativa sarebbe poi stato più e più volte prorogato dal Giudice Istruttore presso il Tribunale di Grande Istanza di Lille fino ai primi di marzo del 2021. In esecuzione di questi plurimi provvedimenti giurisdizionali, dopo aver installato sugli apparecchi elettronici ubicati presso la sede di OVHCLOUD una sonda fornita dalla società Elektron, la gendarmerie era riuscita ad apprendere tutte le chat scambiate in formato criptato su Sky ECC. Vi è di più. Il protocollo crittografico, atto a garantire la segretezza delle comunicazioni corse in formato criptato sulla applicazione della Sky Global, si fondava su quattro diverse chiavi di cifratura: alcune custodite dai server, altre giacenti nei criptofonini. L'attività di intercettazione, acconsentita dalla magistratura di Lille ed attuata dalla PG francese con la sonda fornita dalla società Elektron, consentiva di acquisire non solo le chat in formato criptato ma pure gli algoritmi di decodifica ubicati nei server. Il problema era che, in difetto di tutte e quattro le chiavi di cifratura, sarebbe stato tecnicamente impossibile ascrivere un significato umanamente intelligibile ai messaggi che erano stati intercettati in formato criptato. I Trojan, di cui il Giudice Istruttore presso il Tribunale di Parigi aveva disposto la installazione a norma dell'art 706-102-1 del Code de Procedure Penale, in data 17.12.2020 e 24.02.2021, non avevano dunque assolto alla funzione di copiare i dati giacenti nel “server 2” e nel “server 1”. Al contrario, l'autorità giudiziaria di Parigi ne aveva autorizzato l'attivazione, con il chiaro e dichiarato fine di apprendere le chiavi di cifratura conservate nei criptofonini, nella disponibilità degli Sky ECC users. Algoritmi di decodifica che, combinati con le diverse e ulteriori chiavi di cifratura giacenti nei server di Roubaix, avrebbero permesso la decriptazione dei messaggi intercettati in formato criptato. Ricostruita in questi termini l'attività investigativa condotta nel Paese d'Oltralpe, è di palmare evidenza che l'AG francese e, massimamente, il Tribunale di Lille e il Tribunale di Parigi, nell'ambito del proprio procedimento interno, abbiano posto in essere non uno, ma ben due distinti mezzi di ricerca della prova. L'inquadramento giuridico dell'atto d'indagine, all'esito del quale il Trojan aveva appreso le chiavi di cifratura conservate nei criptofonini inviando loro una speciale notifica push, è questione che fino ad ora non ha sfiorato la giurisprudenza interna, convinta a torto che, nel quadro del procedimento base transalpino, fosse stato esperito un solo mezzo di ricerca della prova. Quanto alla qualificazione giuridica del mezzo di ricerca della prova, utile all'acquisizione in formato criptato delle chat scambiate su Sky ECC, la conclusione cui giunge la ordinanza ora in commento è invece da rivisitare. L'AG francese, nell'ambito della inchiesta a monte transalpina, aveva posto in essere un atto d'indagine analogo a quello disciplinato dall'art 266-bis c.p.p. Gli esiti dell'attività captativa eseguita in terra d'Oltralpe dal 14 giugno 2019 al 9 marzo 2021, che sono tracimati in Italia in esecuzione di una molteplicità di distinti OEI, in linea teorica, potrebbero essere dunque ammessi e utilizzati, nel quadro dei procedimenti penali interni, a norma dell'art 270 c.p.p. L'intuitivo e coraggioso collegio della VI Sezione Penale lo sospettava, pur non disponendo dei provvedimenti autorizzatori alle intercettazioni, che erano state assentite dal Tribunale di Lille a norma degli artt. 100 ss. del Code de Procedure Penale, a far data dal 14.06.2019. Tanto è vero che, sia pure velatamente, con un passo motivo comune alla ordinanza in trattazione e alla pronuncia n. 44154, passo motivo che solo di primo acchito poteva sembrare uno sfoggio di erudizione fine a sé stesso, gli ermellini tenevano a fissare questa molteplicità di principi di diritto, per la ipotesi in cui l'AG francese, nel quadro del procedimento base transalpino, avesse effettivamente svolto attività captativa. La Direttiva 2014/41/UE non ha disciplinato l'ammissibilità e l'utilizzabilità della prova acquisita con l'OEI, rimettendo tale aspetto al diritto dello Stato d'emissione. Nel caso di risultati di operazioni di intercettazione già disponibili nello Stato d'esecuzione, la norma di riferimento nella prospettiva nazionale è l'art. 270 c.p.p. Alla luce dei sapienti insegnamenti delle Sezioni Unite Esposito (Cass. pen., sez. un., 17 novembre 2004, n. 45189), l'applicazione di questa previsione interna importa che, «nel sistema delineato dall'OEI, per l'acquisizione dei risultati di un'intercettazione già svolta all'estero, non è sufficiente che tale prova sia stata autorizzata da un giudice di uno Stato membro nel rispetto della legislazione di tale Stato, ma occorre il controllo - che non può essere affidato che al giudice nazionale dello Stato di emissione - sull'ammissibilità e sulla utilizzazione della prova stessa (l'intercettazione) secondo la legislazione italiana». In conclusione, considerato che i provvedimenti autorizzativi all'espletamento dell'attività captativa condotta nel quadro del procedimento base transalpino sono ormai affiorati, sia pure con un serio ed ingiustificato ritardo, il vero lascito sotteso alle due pronunce della VI Sezione Penale sembra risiedere in questi raffinati principi di diritto. D'ora innanzi, per sciogliere la questione inerente la utilizzabilità delle chat scambiate su Sky ECC, la giurisprudenza interna tutta, più o meno garantista, si dovrà infatti domandare se il codice di rito italiano avrebbe consentito o meno di porre sotto intercettazione in maniera indiscriminata e massiva tutte le utenze di una determinata piattaforma telematica, senza che gran parte dei suoi abbonati fosse stata raggiunta dal men che minimo indizio di reità. |