Inoppugnabile per l’imputato l’atto che dichiara l’ammissibilità dell’appello proposto dalla parte civile
31 Ottobre 2023
Massima L'interesse degli imputati a ottenere una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione proposta dalla parte civile (in questo caso potenzialmente rilevante ex art. 652 c.p.p.) è tutelabile dinanzi al giudice civile, perché il provvedimento emesso dal giudice penale ex art. 573, comma 1-bis c.p.p., dato il suo carattere di valutazione provvisoria e senza contraddittorio, investe solo il fumus della ammissibilità senza svolgere efficacia preclusiva. Il caso La Corte di appello è chiamata a decidere il gravame proposto dalla parte civile contro la sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste" emessa, all'esito di giudizio abbreviato, dal G.u.p. del Tribunale per il reato di falso ideologico in atto pubblico. La Corte ha "rinviato per la prosecuzione del giudizio» alla sezione civile della stessa Corte di appello, ai sensi dell'art. 573, comma 1-bis c.p.p., sul rilievo preliminare che l'impugnazione, concernente i soli interessi civili, era ammissibile. Contro l'ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati G.C. e G.G. denunciando la violazione di legge e il vizio di motivazione in quanto l'appello della parte civile non era stato proposto ai soli interessi civili, poiché chiedeva l'accertamento della responsabilità penale degli imputati; l'appello era inammissibile, perché la parte civile era difesa da due difensori e il secondo, nominato in assenza di revoca del primo, era quello che aveva sottoscritto i motivi di appello. il difensore degli imputati ha trasmesso, tramite posta elettronica certificata, due memorie. La questione È ammessa l'impugnazione proposta dall'imputato avverso l'ordinanza di ammissibilità emessa dal giudice penale a fronte del gravame proposto dalla parte civile ai sensi dell'art. 573 comma 1-bis c.p.p.? Le soluzioni giuridiche L'art. 573 c.p.p. riformato sotto la rubrica "Impugnazione per i soli interessi civili", stabilisce: che «l'impugnazione per gli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale» (comma 1) e che «quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile» (comma 1-bis introdotto per effetto del d.lgs. n. 150/2022). Sul punto si sono espresse le Sez. Unite, Cass. pen., n. 22065/2021, Cremonini, che, anche sulla scorta dei principi dettati dalla Corte costituzionale (C. cost., n. 182/2021; C. cost., n. 176/2019, C. cost., n. 173/2022), secondo cui l'accertamento condotto sull'illecito civile è completamente autonomo e non risente dell'esito del diverso accertamento sull'illecito penale, in ragione della "ontologica autonomia" e dei "presupposti di specificità" che il primo presenta quale illecito avente struttura oggettiva e soggettiva distinta rispetto al secondo (così da ultimo, con ampiezza di argomenti, Cass. civ., sez. III, n. 30496/2022). hanno statuito che: «L'art. 573, comma 1-bis, c.p.p., introdotto dall'art. 33 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile è intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione ai sensi dell'art. 99-bis d.lgs. n. 150/2022» (Sez. Un., 25 maggio 2023, proc. n. 16076/2022, P.C. in proc. D. P. D.). Nel caso di specie è stato impugnato un provvedimento emesso de plano in camera di consiglio, sicché il procedimento di legittimità segue il rito di cui all' art. 611 c.p.p. e il motivo dedotto presuppone il riconoscimento della impugnabilità del teso alla "verifica imprescindibile sulla non inammissibilità dell'atto" peraltro non abnorme. Ebbene, la Cassazione operato il richiamo al regime della tassatività dei casi di impugnazione e dei mezzi esperibili, sancito dall'art. 568, comma 1, c.p.p., presidiato dalla sanzione di inammissibilità ex art. 591, comma 1, lett. b), c.p.p. ha constatato la mancata previsione di mezzo di impugnazione, per l'ordinanza emessa ex art. 573, comma 1-bis c.p.p. Il provvedimento giudiziale non sarebbe neppure abnorme, secondo l'insegnamento della stessa Corte, né è percorribile l'ulteriore strada aperta dall'art. 111, comma 7, Cost. Ritiene, in conclusione, il Collegio che, nel caso dell'art. 573, comma 1-bis c.p.p., la dichiarazione di ammissibilità dell'impugnazione, prodromica alla traslatio iudicii, pur involgendo diritti soggettivi, non abbia natura decisoria, in quanto suscettibile di riesame da parte del giudice civile: i n definitiva, il provvedimento in rassegna non è impugnabile. Osservazioni Il tema dei rapporti tra processo penale ed azione civile sta vivendo una fase dinamica, fortemente innovativa, stretta tra la previsione di cui all'art. 185 c.p. e la tendenza della disciplina processuale orientata a separare i due percorsi. Con molte – forse troppe – semplificazioni il punto della questione può esser così precisato. Nella ritenuta necessità di conservare l'unità della funzione giurisdizionale, l'ordinamento aveva previsto a fini risarcitori la presenza della parte civile nel processo penale, pur nella ritenuta possibilità di tenere separate le due azioni. Sono noti gli sviluppi successivi, sia connessi al ridimensionamento dell'efficacia del giudicato, divenuto possibile solo nei confronti di chi è stato parte nel procedimento, sia la possibile separazione dei due processi (solo per iniziativa del danneggiato), ma che in qualche modo il legislatore non ostacola sia per le ricadute sul tema dei riti speciali negoziali a contenuto premiale. In tempi più recenti non sono mancati anche la prospettazione di alcune questioni di legittimità costituzionale (risolte negativamente) ed interventi delle sezioni unite tese a far chiarezza sui rapporti tra responsabilità penale e tutela degli interessi civili (in sede di prosecuzione del processo in sede civile). Il tema ha subito un'accelerazione con la Riforma Cartabia a seguito dell'introduzione di due disposizioni destinate ad incidere sul sistema. Con l'art. 573 comma 1-bis c.p.p. il legislatore ha previsto che «Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'Appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civile utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile». La seconda disposizione sulla quale il legislatore è intervenuto ha riguardato il comma 1-bis dell'art. 578 c.p.p. ove è previsto che «Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, e in ogni caso di impugnazione della sentenza anche per gli interessi civili, il giudice di appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, nel dichiarare improcedibile l'azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 344-bis c.p.p., rinviano per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso grado, che decidono sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile». Per un verso si trattava di coordinare gli effetti dell'impugnazione per i soli interessi civili, con quanto previsto dall'appena citato art. 573 comma 1-bis c.p.p. per un altro, di prendere atto che, per effetto della declaratoria di improcedibilità ex art. 344-bis commi 1 e 2 c.p.p. il tema della responsabilità penale si era consumato. Non era possibile intervenire invece sul comma 1 dell'art. 578 c.p.p. in considerazione del fatto che la decisione sugli interessi civili è condizionata dall'accertamento della responsabilità penale e si rendeva necessario – giusta lecitate sentenze della Corte costituzionale – conservare l'unità del processo e degli esiti intervenuti, fatta salva l'ipotesi di cui all'art. 622 c.p.p. (con non poche conseguenze sulle modalità di celebrazione del processo davanti al giudice civile). Naturalmente, si sono prospettate da subito questioni applicative la prima delle quali ha riguardato – mancando una espressa previsione destinata a regolare il regime transitorio – a quali impugnazioni la previsione dei cui all'art. 573 comma 1-bis c.p.p. dovesse applicarsi. È noto che intervenendo sul punto le sezioni unite hanno affermato che: «L'articolo 573, comma 1-bis, c.p.p., introdotto dall'articolo 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile è intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione ai sensi dell'articolo 99-bis del predetto decreto legislativo n. 150 del 2022» (Sez. un. 25 maggio 2023, proc. n. 16076/2022, P.C. in proc. D. P. D.). Ora, la sentenza commentata affronta una questione particolare determinata dal fatto che il trasferimento in sede civile dell'impugnazione per i soli interessi è consentita solo nel caso in cui l'impugnazione – come espressamente sottolinea la norma – sia ammissibile. Una questione apparentemente marginale che invece sottende rilevanti profili sistematici. Nel caso in esame varie erano le situazioni per la quali l'imputato aveva interesse a veder definito con la declaratoria d'inammissibilità dell'appello civile per la sua condizione di assolto in prima istanza in quanto una decisione di inammissibilità avrebbe anche sbarrato la strada al danneggiato dell'avvio di un'azione civile in sede civile ex art. 652 c.p.p. anche perché in sede civile cambiano i parametri di valutazione del giudizio di responsabilità. La decisione non ritiene decisivo il fatto che l'impugnazione della parte civile, sia intervenuta prima dell'entrata in vigore dell'art. 573 comma 1-bis c.p.p., non riscontrando in questo dato un'ipotesi di abnormità, anche perché al momento della decisione della trasmissione degli atti al giudice civile, l'interpretazione della previsione la rendeva possibile. Parimenti viene superato un possibile contrasto con quanto previsto dall'art. 111 Cost. e dall'art. 568 c.p.p., in quanto secondo la Cassazione il provvedimento di trasmissione in sede civile non avrebbe un contenuto decisorio perché seppur destinato ad incidere su diritto soggettivi, non avrebbe il carattere della definibilità essendo suscettibile di esser preso in esame dal giudice a cui il processo è trasmesso. A conferma di questo assunto si fa riferimento alla “prosecuzione del giudizio” che connoterebbe l'atto di un mero trasferimento. Si tratta di un profilo dirimente. È vero che a differenza di quanto affermato in relazione alla necessità della riassunzione del processo nell'ipotesi di cui all'art. 622 c.p.p. una simile previsione non sembrerebbe operare nell'ipotesi di cui all'art. 578 comma 1-bis c.p.p. Tuttavia anche considerando questo aspetto e non solo questo, come quelli relativi alle questioni probatorie quale potere in termini di controllo di ammissibilità sulle tematiche di cui all'art. 591 c.p.p. fra le quali quelle eccepite nel caso di specie dai difensori dell'imputato sono conferite al giudice civile su eccezione della difesa e quali conseguenze potrebbe determinare un'eventuale decisione di accoglimento? Si tratta di interrogativi che la lacunosità della formulazione dell'art. 578 comma 1-bis c.p.p. lascia aperti e che sarà necessari affrontare in un più ampio quadro di sistema. |