Preliminare di vendita di un bene in comunione ereditaria
10 Ottobre 2023
Massima Se è vero che l'obbligazione di trasferire la proprietà di un immobile oggetto di comunione, considerato come unicum inscindibile, con la pattuizione di un solo prezzo, dà luogo all'indivisibilità dell'obbligazione, è altrettanto vero che da tale affermazione non si può derivare «l'irrilevanza della mancanza di partecipazione di un coerede all'atto, stante la natura obbligatoria del preliminare e l'estensione al suo adempimento, tramite l'esecuzione dell'obbligo a contrarre, della disciplina delle obbligazioni solidali». La prestazione di trasferire la proprietà di un bene in comproprietà non è stata infatti considerata avente natura solidale ma collettiva, «non potendo operare il principio stabilito dall'art. 1292 c.c., secondo cui ciascuno degli obbligati in solido può adempiere per l'intero e l'adempimento dell'uno libera gli altri, atteso che i promittenti sono in grado di manifestare il consenso relativo alla propria quota e non quello concernente le quote spettanti agli altri» (Cass. 4 febbraio 2021 n. 2613). Diversamente dai corollari desunti dal giudice di appello, la domanda di adempimento deve dunque essere rivolta nei confronti di tutti i promittenti venditori, determinando un litisconsorzio necessario, che si genera nei confronti di tutti gli eredi anche quando, promosso il giudizio ai sensi dell'art. 2932 c.c. per l'esecuzione specifica dell'obbligo a contrarre, sopravvenga il decesso di uno dei promittenti venditori, trattandosi di cause inscindibili (Cassazione 11 aprile 2011 n. 8225). Il caso Tizio, mediante atto di citazione depositato il 12 settembre 2008 e il 10 settembre 2008, conveniva in giudizio i fratelli Caia e Mevio al fine di ottenere una pronuncia di nullità della scrittura privata di compravendita mediante la quale Mevio aveva trasferito a Caia un immobile di sua proprietà. In particolare, la scrittura privata era stata effettuata da Mevio in esecuzione di un precedente contratto preliminare stipulato in data 2 marzo 2001 tra la madre Sempronia e Caia stessa, senza la partecipazione necessaria di Tizio. Tizio, pertanto, rilevando sia la non autenticità della firma, sia l’avvenuta lesione dei propri diritti ereditari, richiedeva la dichiarazione di nullità del contratto preliminare e del successivo definitivo. Il Tribunale di Roma accoglieva la doglianza e dichiarava la nullità dell’atto di compravendita per la mancata partecipazione alla stipula del comproprietario e coerede Tizio. Inoltre, condannava Caia e Mevio al pagamento delle spese di lite e dava seguito al procedimento al fine di procedere alla divisione richiesta da Tizio. Caia e Mevio proponevano appello avverso tale decisione innanzi alla Corte d’appello di Roma che, accogliendo il gravame, escludeva la nullità della compravendita rilevando la validità del rogito stipulato da uno dei coobbligati in esecuzione della promessa di vendita effettuata dalla madre Sempronia. Affermando, inoltre, la validità della firma apposta sul contratto preliminare, i giudici d’appello rigettavano la domanda di Tizio. Tizio proponeva ricorso innanzi alla Corte di cassazione sulla base di tre differenti motivi. La questione La questione sottoposta alla Corte di cassazione verte sulla natura dell'obbligazione avente ad oggetto la promessa di vendita di un bene oggetto di comunione, ritenuto dalle parti coinvolte un bene non suscettibile di divisione. Il bene, di proprietà di Sempronia al momento della stipula del contratto preliminare di compravendita e al momento del decesso della predetta, è senza alcun dubbio entrato nella comunione ereditaria al momento dell'apertura della successione; ciascuno dei coeredi, pertanto, ha acquistato di diritto la quota di propria spettanza ed è subentrato nell'obbligazione di conclusione del contratto definitivo in esecuzione del preliminare stipulato dalla madre deceduta. Ciò considerato, è necessario comprendere la natura dell'obbligazione gravante sugli eredi. Ai sensi dell'art. 1316 c.c., l'obbligazione è indivisibile, quando la prestazione ha per oggetto una cosa o un fatto che non è suscettibile di divisione per sua natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti contraenti. Ai sensi dell'art. 1317 c.c., infatti, l'obbligazione indivisibile è regolamentata secondo la disciplina relativa alle obbligazioni solidali. La solidarietà, infatti, comporta l'applicazione del principio di cui all'art. 1292 c.c. secondo il quale ciascuno dei coobbligati di un'obbligazione solidale è tenuto ad eseguire la prestazione interamente, liberando gli altri. Di conseguenza, ritenendo l'esecuzione del preliminare un'obbligazione indivisibile e applicando la disciplina delle obbligazioni solidali, il fatto che il contratto definitivo non sia stato stipulato da tutti i coeredi sarebbe del tutto irrilevante. I giudici d'appello aderivano a tale interpretazione, sottolineando che «a causa del decesso di Sempronia, l'obbligazione di trasmettere la proprietà dell'immobile si è trasferita sugli eredi: trattandosi di obbligazione indivisibile, l'esecuzione della stessa può essere effettuata da ciascuno degli eredi per l'intero, secondo le regole della solidarietà» e che, di conseguenza, i coeredi non avrebbero avuto alcuna possibilità di scelta in merito alla possibilità di eseguire o meno la prestazione, considerata l'obbligatorietà della stipula del contratto definitivo. Tizio, nel ricorso diretto ai giudici di legittimità, rileva che – contrariamente a quanto stabilito dai giudici della Corte d'appello di Roma – quella in esame dovrebbe essere ritenuta un'obbligazione collettiva o congiunta, che richiede, ai fini della validità, il consenso di tutti i debitori o di tutti i creditori. L'obbligazione collettiva, infatti, è un'obbligazione soggettivamente complessa che, in virtù dell'unicum inscindibile rappresentato dalla prestazione, richiede una prestazione unitaria dei coobbligati. L'adempimento dell'obbligo a contrarre, secondo il ricorrente, dev'essere richiesto nei confronti di tutti i promittenti venditori, configurando un'ipotesi di litisconsorzio necessario. La decisione La Corte di cassazione, ripercorrendo l'iter decisionale seguito dai giudici della Corte d'appello di Roma, ne evidenzia, in primo luogo, l'erroneità intrinseca e, secondariamente, la contraddittorietà con l'orientamento ormai prevalente della Corte di legittimità; in particolare, viene evidenziato che la promessa di un bene in comunione attiene allo stesso come un unicum inscindibile e che i comunisti divengono un'unica parte complessa. Di conseguenza, è richiesta la manifestazione di volontà di ciascuno di essi in ordine alla vendita del bene; qualora una delle dichiarazioni difetti o risulti invalida, la volontà della parte complessa – nei termini poc'anzi definiti – non risulta perfezionata. Si configura, in tale ipotesi, un litisconsorzio necessario tra coloro che vantano un diritto di proprietà sul bene; l'indivisibilità dell'obbligazione non determina, ex se, «l'irrilevanza della mancanza di partecipazione di un coerede all'atto, stante la natura obbligatoria del preliminare e l'estensione al suo adempimento, tramite l'esecuzione dell'obbligo a contrarre, della disciplina delle obbligazioni solidali». La Corte, inoltre, rileva che «La prestazione di trasferire la proprietà di un bene in comproprietà non è stata infatti considerata avente natura solidale ma collettiva, "non potendo operare il principio stabilito dall'art. 1292 c.c., secondo cui ciascuno degli obbligati in solido può adempiere per l'intero e l'adempimento dell'uno libera gli altri, atteso che i promittenti sono in grado di manifestare il consenso relativo alla propria quota e non quello concernente le quote spettanti agli altri"» Di conseguenza, la domanda di adempimento dev'essere necessariamente rivolta nei confronti di tutti i promittenti venditori, considerando l'impossibilità che gli effetti del contratto definitivo si producano solo nei confronti di alcuni comunisti. Ciò considerato, la Corte di cassazione accoglie i primi due motivi di ricorso di Tizio e, dichiarando assorbito il terzo motivo, proposto in via subordinata, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione per una decisione compatibile con il principio di diritto enunciato. |