Le Sezioni unite risolvono il conflitto sul criterio per calcolare la pena del reato ostativo in seguito a scioglimento del cumulo materiale temperato
02 Ottobre 2023
Massima Ai fini dello scioglimento del cumulo materiale temperato che ricomprende anche una condanna per reato ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, deve considerarsi la pena del reato ostativo nella sua originaria entità. Il caso Il Tribunale di Sorveglianza di L'Aquila ha dichiarato inammissibile l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale – o, in subordine, di detenzione domiciliare – avanzata da un detenuto che sta scontando una pena per tre diverse sentenze di condanna, riunite con provvedimento di unificazione di pene concorrenti dalla Procura generale della Repubblica di Reggio Calabria. Delle tre sentenze di condanna, la terza - emessa dalla Corte di Assise di appello di Reggio Calabria - ha condannato il ricorrente ad anni trenta di reclusione ed è ostativa alla concessione dei benefici penitenziari. Al cumulo, avendo ad oggetto una pena finale pari ad anni trentacinque e mesi due di reclusione, è stato applicato il criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p., di talché l'applicazione al condannato del limite massimo di reclusione pari ad anni trenta. Il Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto che lo scioglimento del cumulo materiale temperato debba essere effettuato considerando la pena inflitta per reati ostativi nella sua originale entità. Di qui la dichiarata inammissibilità dell'istanza, dovendosi considerare la pena in esecuzione interamente ostativa in quanto assorbente l'intera pena risultante dal cumulo. Avverso tale ordinanza, il condannato ha proposto ricorso per cassazione asserendo che la pena per reati ostativi fosse già stata integralmente espiata. Il ricorrente sostiene, infatti, che il Tribunale di Sorveglianza non abbia individuato correttamente il titolo di reato effettivamente in espiazione. Lo stesso deve ricavarsi mediante un'operazione algebrica volta a determinare in che proporzione il criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p. abbia inciso sulla pena complessiva derivante dal cumulo materiale. La stessa percentuale, così ottenuta, deve applicarsi ai singoli reati oggetti del cumulo per individuare le frazioni di pena effettivamente in espiazione. La Prima sezione penale - rilevando la sussistenza di un contrasto, all'interno della giurisprudenza di legittimità, circa il criterio da applicarsi per il computo della pena per reato ostativo in seguito a scioglimento del cumulo materiale temperato - ha rimesso la questione alle Sezioni unite. La questione È corretto, nell'ipotesi di cui si tratta, ritenere che la condanna ostativa debba considerarsi nella sua originaria entità? O deve, piuttosto, quantificarsi quanto il criterio moderatore – e quindi il limite di anni trenta di reclusione - abbia inciso in percentuale sulla diminuzione di ogni condanna presente nel cumulo? Premesso che non si mette in discussione il risalente principio per cui in ipotesi di scioglimento del cumulo debba considerarsi espiata per prima la condanna ostativa, la questione è senza dubbio rilevante considerate le diverse conclusioni cui si giungerebbe nel caso in esame. L'applicazione del primo criterio comporta, senza dubbio, l'inammissibilità dell'istanza; viceversa, la determinazione della pena in ragione del secondo criterio consentirebbe un esame nel merito dell'istanza avanzata dal ricorrente. Le soluzioni giuridiche La questione affrontata dalle Sezioni Unite risolve una tensione creatasi a causa dell'esistenza di due contrapposti orientamenti giurisprudenziali. Secondo un primo orientamento la pena deve essere considerata nella sua entità originaria, a nulla rilevando l'intervento del criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p. Tale norma, infatti, trova la sua ragion d'essere in una fase antecedente e la sua ratio è quella di evitare che si giunga a risultati del tutto aberranti in seguito all'applicazione della disciplina del cumulo. Il limite massimo di trenta anni di reclusione - previsto al comma 1, n. 1), della disposizione appena citata - è funzionale ad evitare situazioni in cui la pena definitiva temporanea diventi un vero e proprio ergastolo. Tale indirizzo si fonda su due argomenti, il primo di ordine letterale e il secondo di carattere logico-sistematico. Sul piano letterale la norma individua una soglia di anni trenta per la reclusione, richiedendosi quindi di operare una riduzione in tutte quelle ipotesi in cui l'ammontare complessivo delle pene cumulate sia ad essa superiore. Si noti, però, che l'applicazione del temperamento non risente in alcun modo dell'entità dell'eccedenza: che sia di pochi anni superiore alla soglia dei trenta o di gran lunga maggiore, il criterio moderatore opera nello stesso modo, escludendosi l'applicazione di un meccanismo di riduzione proporzionale per ciascuna delle pene confluite nel cumulo materiale. A sostegno di tale posizione si aggiunge un argomento di carattere logico-sistematico. L'applicazione di un criterio di riduzione proporzionale della pena condurrebbe, infatti, a conseguenze paradossali. In primis, perché il dato percentuale di abbattimento sarebbe tanto maggiore quanto più elevata è la risultante della sommatoria delle pene oggetto di cumulo. In questo senso la riduzione proporzionale da applicare alla pena del reato ostativo risulterebbe maggiore nelle ipotesi di cumulo di molto superiore alla soglia limite rispetto ai casi in cui la soglia dei trenta anni sia superata di poco. L'effetto sarebbe, quindi, quello di una maggior riduzione proporzionale della pena ostativa nei casi di maggiore gravità con il paradosso che alla difesa converrebbe ottenere una condanna più alta per i reati non ostativi destinati ad entrare nel cumulo. In questo modo, infatti, considerato che la pena finale complessiva del cumulo non cambierebbe - in ragione dell'operare dell'art. 78 c.p. – il condannato gioverebbe di una percentuale di abbattimento maggiore, riducendosi così l'incidenza dei reati ostativi e anticipando l'accesso ai benefici penitenziari. Secondo l'opposto orientamento, la determinazione della pena per il reato ostativo deve basarsi su un'operazione algebrica in volta ad individuare l'incidenza del criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p. sulla pena risultante dal cumulo materiale, dovendosi poi applicare la stessa percentuale di riduzione ad ogni pena oggetto del provvedimento di cumulo. Tale operazione si ritiene necessaria per evitare le conseguenze negative che deriverebbero dall'applicazione della regola di cui al comma 1 art. 76 c.p. Tale regola, infatti, non può – in nessun caso – risolversi in un'ingiustificata disparità di trattamento a seconda che alle differenti condanne consegua un unico titolo esecutivo per cumulo materiale ex art. 663 c.p.p., piuttosto che diversi titoli esecutivi. In particolare, tale approccio, sottolinea l'irragionevolezza di trattare in modo uguale soggetti condannati per reati ostativi e non, e soggetti condannati solo per reati ostativi. I primi, infatti si troverebbero a subire, quanto alle condanne non ostative, un trattamento equivalente ai secondi e, peraltro, un trattamento deteriore rispetto a quanti vengano condannati per gli stessi reati - ostativi e non - ma che scontino separatamente ciascuna delle pene per ragioni da loro non necessariamente dipendenti (irrevocabilità ed esecuzione delle sentenze più tempestiva). Il supremo consesso ha ritenuto di condividere il primo dei due orientamenti sopraesposti, prediligendo quindi l'opzione ermeneutica più recente. Il Collegio, in via preliminare, sottolinea quelli che devono considerarsi principi consolidati in relazione allo scioglimento del cumulo. In primis, quello per cui le norme concernenti il cumulo delle pene non possono ma risolversi in un danno per il condannato. In questo senso deve procedersi allo scioglimento del cumulo qualora taluni effetti penali negativi siano ricollegati solo ad alcune delle singole pene oggetto di cumulo. Nel caso, quindi, di cumulo comprendente condanne sia per reati ostativi che non, occorre preliminarmente procedere allo scioglimento del cumulo venendo di talché meno l'ostatività alla fruizione dei benefici penitenziari una volta espiata la condanna ostativa (Cass. pen., sez. un., n. 14/1999, Ronga, Rv. 214355). In secundis, e a questi fini, i giudici richiamano un altro principio consolidato in materia, quello per cui deve ritenersi scontata per prima la condanna più gravosa per il reo, ossia quella relativa ai reati compresi nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. penit. (sul punto C. cost., n. 33/2022 e, tra le altre, Cass. pen., sez. I, n. 28141/2021, Festa, Rv. 281672). Rimarcati tali assunti, radicati anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale, le Sezioni unite rilevano il salto logico in cui incappa il secondo degli orientamenti sopra analizzati. Tale indirizzo pretende, infatti, che allo scioglimento del cumulo temperato consegua una proporzionale riduzione della pena inflitta per il reato ostativo, così da scongiurarsi un'irragionevole diversità di trattamento a seconda che, in ipotesi di più condanne per reati ostativi e non, il titolo esecutivo sia unico ovvero si formino più titoli relativi alle singole condanne. È però vero che tale rischio è scongiurato, osservano i giudici, già per effetto dello scioglimento del cumulo e imputando per prima al reato ostativo la pena già eseguita. Manca, quindi, un appiglio sistematico che giustifichi la necessità e fondatezza della descritta operazione algebrica. La Cassazione evidenzia, poi, che natura e funzione dell'art. 78 c.p. sono volte a limitare la potestà punitiva statale e a garantire la finalità rieducativa della pena. La previsione di un limite massimo di trenta anni per le pene temporanee è, infatti, funzionale a garantire al condannato una speranza futura, in ossequio al principio sancito al comma 3 dell'art. 27 Cost. (Cass. pen., sez. un., n. 45583/2007, Volpe, Rv. 237692). Il criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p. opera solo sulla pena complessiva risultante dal cumulo materiale, a nulla rilevando ai fini della concessione dei benefici penitenziari in relazione alle singole pene oggetto di quel cumulo. In questo senso, la pena in concreto applicata per il reato ostativo deve considerarsi nella sua originaria entità, potendosi così poi stabilire se sia ancora in corso di esecuzione ai fini della concessione dei benefici penitenziari. A sostegno di tale conclusione, le Sezioni Unite sottolineano le irragionevoli conseguenze - già in precedenza analizzate - cui si giungerebbe accogliendo il criterio di riduzione proporzionale delle singole pene oggetto del cumulo materiale temperato. Osservazioni Le Sezioni unite, con la pronuncia in commento, fanno definitivamente chiarezza su di una questione di rilevante importanza, e cioè sul criterio per l'imputazione delle pene in seguito allo scioglimento del cumulo materiale temperato. Le implicazioni pratiche che ne derivano emergono proprio dall'analisi della sentenza stessa. Facendo applicazione del criterio accolto dal supremo consesso, l'istanza del ricorrente non può che essere dichiarata inammissibile, precludendosi così ogni esame nel merito. Risulta, infatti, ancora in corso di espiazione la condanna ostativa e la difesa non ha nè prospettato la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 58-ter ord. penit., né allegato l'esistenza degli ulteriori elementi – ora rilevanti (secondo la nuova disciplina di cui al d.l. n. 162/2022 conv. nella l. n. 399/2022) – che, in assenza di collaborazione, consentono l'accesso ai benefici penitenziari. La conclusione cui giungono le Sezioni Unite è senza dubbio frutto di una corretta applicazione di principi fondamentali, sia quanto alla finalità rieducativa della pena che alla scindibilità del provvedimento di cumulo, conservando intatta funzione e natura del criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p. Riferimenti M. Bortolato, Cumulo materiale temperato e reati ostativi: le Sezioni unite risolvono il conflitto tra i diversi criteri di imputazione delle pene, in Sistema penale, 14 settembre 2023; P. Canavelli, L'esecuzione delle pene detentive. Metodo e studi per la soluzione dei casi, Milano, 2021; G. Cocco, E.M. Ambrosetti, Punibilità e pene, Padova, III ed., 2022; F. Dalla Casa, G. Giostra, Ordinamento penitenziario commentato, Padova, VI ed., 2019. |