I presupposti della revoca presunta della costituzione di parte civile

18 Maggio 2023

La Corte di cassazione, nella pronuncia in commento, si è occupata di stabilire quali siano i requisiti che l'azione promossa in sede civile dal danneggiato dal reato debba possedere affinché possa applicarsi l'art. 82, comma 2, c.p.p. e, quindi, quando sia legittimo considerare implicitamente revocata la costituzione di parte civile.
Massima

La costituzione di parte civile si intende implicitamente revocata, ai sensi e per gli effetti di quanto dispone l'art. 82, comma 2, c.p.p., nel caso in cui il danneggiato promuova in sede civile la medesima azione proposta in sede penale.

Ai fini della revoca presunta della costituzione di parte civile ex art. 82, comma 2, c.p.p., è necessario che il petitum e la causa petendi dell'azione risarcitoria promossa in sede penale, coincidano con il petitum e la causa petendi dell'azione promossa dal danneggiato dal fatto illecito in sede civile.

Il caso

La Corte d'appello, in un procedimento avente ad oggetto l'accertamento del fatto di reato previsto e punito dall'art. 491, comma 2, c.p., decideva di estromettere le parti civili e, per l'effetto, revocava le statuizioni civili pronunziate dal Giudice di prime cure. In particolare, la Corte d'Appello riteneva che le parti civili, avendo esercitato in sede civile un'azione volta ad accertare la falsità della scheda testamentaria ed a regolare la successione, avessero implicitamente rinunziato all'esercizio dell'azione civile in sede penale.

Le parti civili proponevano ricorso per cassazione affermando l'errata applicazione dell'art. 82, comma 2, c.p.p. e, conseguentemente, l'erroneità della revoca della costituzione di parte civile.

La Suprema Corte di cassazione accoglieva il ricorso ritenendo non applicabile, al caso di specie, l'art. 82, comma 2, c.p.p. nella misura in cui l'azione promossa in sede civile non risultava essere coincidente con l'azione risarcitoria esercitata in sede penale. Pertanto, i Giudici di legittimità annullavano senza rinvio la sentenza impugnata.

Tale annullamento determinava la reviviscenza della condanna generica pronunziata, a favore delle parti civili, dal Giudice di prime cure, il quale si era limitato a pronunziare la condanna al risarcimento del danno derivante dal reato, rinviando ad un successivo giudizio civile per la liquidazione del quantum debeatur.

La questione

La sentenza in commento pone l'attenzione su quali siano i presupposti in grado di integrare la fattispecie di revoca presunta (anche denominata revoca tacita od implicita) della costituzione di parte civile nel caso in cui quest'ultima promuova un'azione in sede civile.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione, con la sentenza in commento, ritiene che la revoca presunta della costituzione di parte civile ex art. 82, comma 2, c.p.p. possa avvenire solo nel caso in cui l'azione esercitata dal danneggiato in sede civile sia la stessa promossa in sede penale.

Pertanto, ai fini di verificare la legittimità della revoca della costituzione di parte civile, occorrerà verificare l'identità dell'azione civile rispetto all'azione esercitata in sede penale.

Nel caso di specie, in sede penale la parte civile aveva esercitato l'azione risarcitoria volta ad ottenere il ristoro dei danni subiti a fronte dell'utilizzo di un testamento falso da parte del soggetto condannato per il reato previsto e punito dall'art. 491, comma 2, c.p.; mentre in sede civile, il danneggiato aveva richiesto che, accertata la falsità del testamento, venisse aperta la successione legittima in luogo di quella testamentaria.

Alla luce di tale analisi, la Corte di cassazione ha ritenuto che «pur muovendo dal medesimo presupposto, l'accertamento della falsità dell'atto di ultima volontà del dante causa, e, quindi, dalla stessa causa petendi, le due azioni si differenzia[no] per il petitum, nel processo penale il risarcimento del danno, nel processo civile l'apertura della successione legittima».

Pertanto, trattandosi di azioni differenti, non può trovare applicazione l'art. 82, comma 2, c.p.p. e, conseguentemente, la revoca della costituzione di parte civile disposta dalla Corte d'appello deve essere dichiarata illegittima. Da ciò deriva l'annullamento della sentenza impugnata e la reviviscenza della condanna generica disposta dal Giudice di prime cure a favore delle parti civili.

Osservazioni

La Suprema Corte di cassazione, con il provvedimento in commento, chiarisce i presupposti in grado di integrare la fattispecie della revoca presunta della costituzione di parte civile nel caso in cui la parte civile promuova, in qualunque stato e grado del procedimento penale, l'azione in sede civile. Il trasferimento dell'azione civile comporta, proprio al fine di evitare una duplicazione dei giudizi sulla medesima quaestio iuris, la revoca della costituzione di parte civile e l'estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale, impedendo al Giudice penale di decidere sulle statuizioni civili anche nei gradi successivi a quello in cui la revoca è avvenuta (cfr. Cass. pen., sez. V, 10 luglio 2019, n. 38741; Cass. pen., sez. V, 21 ottobre 2015, n. 9175 e Cass. pen., sez. IV, 15 aprile 2004, n. 31320).

Chiarito che la revoca implicita della costituzione di parte civile può avvenire – oltre al caso in cui la parte civile non presenti le conclusioni a norma dell'art. 523 c.p.p. – laddove la parte civile promuova l'azione avanti al Giudice civile, la Corte di cassazione precisa che in tali casi occorre verificare se l'azione civile coincida con l'azione proposta in sede penale, potendo, solo nel caso di positivo riscontro della coincidenza tra le azioni, applicare l'art. 82, comma 2, c.p.p.

Alla luce di tali considerazioni, la sentenza in commento – in maniera sintetica ma certamente apprezzabile – è chiamata, a fronte di una parte civile che decide nelle more del procedimento penale di proporre una domanda giudiziale anche al Giudice civile, a verificare se vi sia identità tra l'azione promossa in sede civile e quella esercitata in sede penale al fine di poter considerare implicitamente revocata la costituzione di parte civile.

Infatti, il Giudice penale, nel caso in cui, nelle more dell'iter processuale penale, la parte civile decida di adire il giudice civile, dovrà verificare – per comprendere se la proposizione di una domanda al Giudice civile equivalga ad una revoca della pretesa risarcitoria in sede penale – se le due azioni siano identiche sia sotto il profilo oggettivo sia sotto quello soggettivo.

Un siffatto accertamento impone all'Autorità Giudiziaria penale di prendere in considerazione, in sintonia con quanto prescrive la dottrina processual-civilistica, tre distinti elementi:

a) i soggetti coinvolti. Sul punto occorre precisare che non rileva solo l'identità dei soggetti che stanno in giudizio, potendo gli stessi agire in causa con qualità differenti, ma la posizione in senso sostanziale assunta dalle parti. Pertanto, affinché vi sia identità soggettiva tra la domanda azionata in sede civile e quella promossa in sede penale, risulta necessario indagare, non solo ad un livello meramente formale, se l'attore civilistico ed il danneggiato dal reato possano essere considerati coincidenti;

b) la causa petendi ovvero – semplificando l'acceso dibattito in seno alla dottrina processual-civilistica – il rapporto sostanziale nella sua interezza, la ragione giuridica su cui si fonda la domanda. Si tratta, in altre parole, del «diritto sostanziale affermato in forza del quale viene chiesto il petitum» (Mandrioli) e, dunque, dei fatti costitutivi su cui si fonda la domanda;

c) il petitum cioè a dire l'oggetto della domanda.

Nel caso in cui, anche solo uno di questi elementi non coincida tra azione civile e l'azione penale, non vi potrà essere identità di azione che determina l'applicabilità dell'art. 82, comma 2, c.p.p. (cfr. Cass. pen., sez. V, 16 febbraio 2018, n. 21672; Cass. pen., sez. I,14 maggio 2015, n. 19777; Cass. pen., sez. IV, 26 gennaio 2015, n. 3454; Cass. pen., sez. IV, 23 marzo 2007, n. 21588 e Cass. pen., sez. IV, 8 giugno 2005, n. 28753). Di conseguenza, non sussistono i presupposti della revoca presunta della costituzione di parte civile qualora nell'atto introduttivo del giudizio civile, successivamente proposto davanti al Giudice civile, siano determinati gli elementi di autonomia che contraddistinguono la diversità della nuova domanda risarcitoria o restitutoria, solo in tal modo si evita di realizzare un'equivoca coincidenza fra le due domande civili e, quindi, un duplice esercizio della medesima azione che integra l'ipotesi della revoca di cui all'art. 82, comma 2, c.p.p. (cfr. Cass. pen., sez. V, 24 gennaio 2017, n. 24869; Cass. pen., sez. IV, 23 maggio 2013, n. 29234; Cass. pen., sez. I, 6 maggio 2009, n. 23809; Cass. pen., sez. IV, 24 maggio 2007, n. 43374; Cass. pen., sez. V, 8 giugno 2005, n. 28753 e Cass. pen., sez. IV, 11 giugno 1999, n. 9334. Dello stesso avviso anche la giurisprudenza civilistica: Cass. pen., sez. I, ord. 7 giugno 2021, n. 15817; Cass. civ., sez. lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16688; Cass. civ., sez. I, 24 marzo 2014, n. 6830; Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2006, n. 4598; Cass. civ., sez. I, 27 gennaio 2006, n. 1760 e Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 1991, n. 10932).

La sentenza in commento si allinea a tale iter logico ed argomentativo posto che evidenzia l'inapplicabilità dell'art. 82, comma 2, c.p.p. avendo accertato la mancanza di coincidenza tra il petitum dell'azione esercitata in sede civile ed il petitum tipico dell'azione civile esercitata in sede penale. Infatti, la Corte di cassazione chiarisce che, benché l'azione promossa in sede civile e quella esercitata in sede penale condividano la medesima causa petendi – fondandosi sullo stesso fatto costitutivo ovvero sull'esistenza di un testamento falso e sulla sua utilizzazione al fine di regolamentare la successione del de cuius – vi è una sostanziale differenza a livello di petitum: in sede penale, le parti civili hanno chiesto il risarcimento del danno derivante dal reato di utilizzo di testamento alterato o contraffatto; mentre, in sede civile, veniva domandata l'apertura della successione legittima in luogo di quella per testamento.

Evidenziata la solidità delle argomentazioni addotte dalla Suprema Corte di cassazione con la sentenza in commento, appaiono doverose due ulteriori precisazioni.

In primo luogo, occorre richiamare la distinzione tra petitum immediato e petitum mediato.

Infatti, pur condividendo la circostanza che impone all'Autorità Giudiziaria penale di indagare, ai fini dell'applicabilità dell'art. 82, comma 2, c.p.p., il petitum delle domande proposte in sede civile ed in sede penale, risulta maggiormente prudente che il Giudice penale, chiamato ad accertare la sussistenza di una revoca presunta della costituzione di parte civile, prenda in considerazione, facendo proprie categorie processual-civilistiche, sia il petitum immediato – ovvero il provvedimento che viene chiesto al Giudice – sia il petitum mediato – cioè a dire il bene della vita, l'utilità concreta che la parte si ripromette di ottenere tramite (appunto “mediamente”) il provvedimento del Giudice –. Da ciò deriva che l'identità tra l'azione promossa in sede civile e quella esercitata in sede penale potrà dirsi sussistente solo se verrà accertata una piena coincidenza tanto del petitum immediato quanto del petitum mediato.

In secondo luogo, occorre concentrarsi sul momento in cui il Giudice penale potrà effettuare l'accertamento dell'identità tra le azioni.

Infatti, almeno a parere dello scrivente, l'Autorità Giudiziaria penale non potrà fondare la valutazione relativa all'applicabilità dell'art. 82, comma 2, c.p.p. unicamente sull'atto introduttivo dell'azione promossa in sede civile poiché, nonostante l'atto introduttivo comporti l'editio actionis – e, dunque, la determinazione dell'oggetto del processo –, si deve rammentare che la parte può sempre modificare la domanda inizialmente proposta, seppur entro precisi termini. Infatti, la parte del giudizio civile può – attraverso la c.d. emendatio libelli – modificare la domanda contenuta nell'atto introduttivo, anche in riferimento ad uno o ad entrambi gli elementi oggettivi della stessa – ovvero il petitum e la causa petendi –, sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali (cfr. Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2015, n. 12310 e Cass. civ., sez. un., 13 settembre 2018, n. 22404).

Pertanto, non sarà sufficiente prendere in esame l'atto introduttivo del giudizio instaurato avanti al Giudice civile, ma occorrerà attendere l'ultimo atto con il quale il danneggiato dal reato potrà, nel corso del procedimento civile, modificare la propria domanda e, quindi, potenzialmente, renderla perfettamente sovrapponibile all'azione esercitata in sede penale.

Da ciò deriverebbe che l'Autorità Giudiziaria penale dovrà fondare il proprio convincimento circa l'applicabilità dell'art. 82, comma 2, c.p.p., non solo sull'atto introduttivo del giudizio civile, ma anche sulla memoria ex art. 183, comma 1, n. 6, c.p.c. – atto che deve depositato entro i trenta giorni successivi alla data della prima udienza di comparizione – ovvero, se si tratta di procedimenti civili instaurati successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. Riforma Cartabia), sulla memoria integrativa prevista dall'art. 171-ter, comma 1, n. 1, c.p.p. – atto che dovrà essere depositato almeno quaranta giorni prima dell'udienza di comparizione delle parti –.

Riferimenti
  • AA.VV., La tutela civile in sede penale, a cura di A. Galanti, Padova, 2022;
  • C. Cantone, sub art. 82 c.p.p., in AA.VV., Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, a cura di Lattanzi e Lupo, Milano, 2017, 805 ss.;
  • A. Chiliberti, Azione civile e nuovo processo penale, Milano, 2006;
  • L. Dittrich, Il principio della domanda e l'oggetto del processo, in AA.VV., Diritto processuale civile, diretto da L. Dittrich, tomo II, Torino, 2019, 1426 ss.;
  • C. Mandrioli, Diritto processuale civile, vol. I, Torino, 2022;
  • C. Quaglierini, Le parti private diverse dall'imputato e dall'offeso dal reato, Milano, 2003;
  • M. Toriello, sub art. 82 c.p.p., in AA.VV., Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Bricchetti, Milano, 2017, 540 ss.

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