Sdoppiamento dei termini tra emissione e notifica degli accertamenti “post covid”. Atti annullati se emessi oltre lo “spartiacque” del 31.12.2020
20 Giugno 2022
Premessa
In tema di decadenza dell'azione accertatrice, le primissime pronunce giurisprudenziali di merito accolgono la difesa pro-contribuente sull'emissione tardiva, da parte degli uffici dell'Agenzia delle Entrate, degli accertamenti, avvenuta oltre il termine decadenziale prescritto dall'art. 157 D.L. n. 34/2020 (cd. Decreto “Rilancio”). Con le sentenze di merito nn. 269/1/2021, 169/2/2022 e 57/1/2022, le Commissioni Tributarie Provinciali di Verona, Caltanissetta e Isernia, nel ripercorrere la portata normativa del richiamato art. 157, confermano lo sdoppiamento dei termini tra la data di emissione e la data di notifica degli avvisi di accertamento in scadenza al 31 dicembre 2020, precisando, oltretutto, che dei due termini è solo il secondo, cioè quello riferito alla notifica, che beneficia della proroga ex art. 4-octies, comma 1, D.L. n. 34/2019 e ciò, in quanto la suddetta norma riguarda, letteralmente, il termine per la notifica e non anche quello per l'emissione. Ne consegue che, per quest'ultima, restava fermo il termine massimo del 31 dicembre 2020. Introduzione
A causa dell'emergenza sanitaria da COVID 19, il Legislatore è intervenuto, a più riprese, sull'attività degli enti impositori, al fine di garantire una equa distribuzione della notifica degli atti impositivi, in un lasso di tempo maggiore rispetto agli ordinari termini di decadenza dell'azione accertatrice.
È proprio in siffatto contesto che si inserisce l'art. 157 D.L. n. 34/2020 (cd. Decreto “Rilancio”) che, come noto, ha sancito lo sdoppiamento dei termini tra la data di emissione e la data di notifica dei provvedimenti impositivi in scadenza al 31 dicembre 2020.Dal contenuto della Relazione illustrativa al D.L. n. 34/2020, si evince come l'intento del Legislatore sia stato quello di evitare la concentrazione di notifiche dei provvedimenti impositivi, nei confronti dei contribuenti, nel periodo successivo al termine del periodo di crisi.
Pertanto, tenuto conto degli effetti che l'art. 157 ha inteso realizzare, con riferimento alle annualità in scadenza al 31 dicembre 2020, il Legislatore ha prescritto l'obbligo di emissione degli atti impositivi entro il naturale termine decadenziale del 31 dicembre 2020, posticipando la sola notifica nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022.
Invero, il predetto articolo 157 sancisce espressamente al primo comma che, “In deroga a quanto previsto dall'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti d'imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, calcolati senza tener conto del periodo di sospensione di cui all'articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, scadono tra l'8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvi casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.”.
In altre parole, dunque, per i provvedimenti impositivi i cui termini di decadenza spiravano tra l'8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, l'emissione, da parte dell'ufficio impositore, sarebbe dovuta intervenire entro e non oltre il 31 dicembre 2020; la notifica, invece, in un lasso di tempo “maggiore”, ovvero tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, ad eccezione, tuttavia, di quella avente ad oggetto, ad esempio, atti caratterizzati da particolare urgenza e, dunque, indifferibili, come quelli che comportano, ad esempio, una comunicazione della notizia di reato o che implicano l'applicazione di misure cautelari.
Il dato oggettivo della scissione del momento temporale tra la data di emissione e la data di notifica dei provvedimenti impositivi rileva, ictu oculi, dallo stesso tenore letterale del comma 5 dell'art. 157 in commento, il quale subordina l'individuazione del momento di emissione degli atti impositivi, alla prova che l'ente impositore è tenuto a fornire sulla data di elaborazione risultante dai sistemi informativi dell'Agenzia delle Entrate, compresi i sistemi di gestione documentale della stessa. Con siffatta precisazione normativa, il Legislatore ha, dunque, sancito, in capo agli uffici delle Entrate, l'onere di dimostrare il momento di emissione dell'atto impositivo il cui termine, a ben guardare, è rimasto immutato rispetto a quello ordinario prescritto dall'art. 43 d.P.R. n. 600/1973 (ratione temporis vigente), sia per gli atti impositivi riferiti ai periodi di imposta 2014 (in caso di omessa presentazione della dichiarazione), sia per quelli riferiti all'anno di imposta 2015 (nell'ipotesi di dichiarazione presentata). Alla luce della normativa speciale dettata in fase emergenziale, la duplicità dei termini, sia per quanto riguarda la notifica dell'atto impositivo, sia per quanto riguarda l'emissione dello stesso non oltre il 31 dicembre 2020, sta già diventando oggetto di esame da parte delle Commissioni Tributarie, che si ritrovano a dover risolvere le eccezioni sollevate dai contribuenti in sede di contenzioso, per far valere la nullità dei provvedimenti emessi e notificati in violazione del “duplice” termine decadenziale prescritto dal citato art. 157. Le questioni affrontate, di recente, dalle Commissioni Tributarie hanno riguardato, infatti, proprio il mancato assolvimento, da parte degli uffici delle Entrate, dell'obbligo di attenersi al termine decadenziale di emissione degli atti impositivi, con scadenza naturale fissata al 31 dicembre 2020.
A ben guardare, secondo l'ente impositore, gli avvisi di accertamento emessi anche oltre siffatto termine (i.e. quello del 31 dicembre 2020), ovvero contestualmente alla successiva notifica, sarebbero, comunque, da considerarsi validi e ciò in asserita applicazione della proroga sancita dall'art. 4-octies, comma 1, lett. a), D.L. n. 34/2020, che, come noto, ha introdotto il comma 3-bis all'art. 5 D.Lgs. n. 218/1997, il quale testualmente prevede che “Qualora tra la data di comparizione, di cui al comma 1, lettera b), e quella di decadenza dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo intercorrano meno di novanta giorni, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo è automaticamente prorogato di centoventi giorni, in deroga al termine ordinario”.
Siffatta tesi, però, non ha convinto i giudici del merito che, con distinte, ma conformi pronunce, hanno chiarito che la proroga ex art. 4-octies, comma 1, lett. a), D.L. n. 34/2019 attiene esclusivamente la notifica e non anche l'emissione degli atti impositivi, il cui termine decadenziale rimane ancorato al 31 dicembre 2020. La linea difensiva: spunti di riflessione anche alla luce della giurisprudenza di merito
Per quanto di interesse, la questione sulla tardività dell'emissione dei provvedimenti impositivi con scadenza naturale al 31 dicembre 2020, conduce inevitabilmente ad una serie di riflessioni. Partendo dal dato di fatto che, con riferimento alle annualità in scadenza al 31 dicembre 2020, gli accertamenti avrebbero dovuto essere emessi entro quella data (vedi tanto che la stessa norma prevede che gli uffici debbano provarne l'avvenuto rispetto, ai sensi del successivo comma 5 del richiamato art. 157), quanto prospettato dagli uffici impositori in merito alla possibilità di sanare la tardività dell'azione accertatrice, “beneficiando” della proroga sancita ex art. 5, comma 3-bis, D.Lgs. n. 218/1997 sul contraddittorio preventivo, merita di essere censurato per due evidenti ragioni.
La prima è quella di cui si è occupata la primissima giurisprudenza di merito e che ha riguardato l'interpretazione letterale dell'art. 5, comma 3-bis, D.Lgs. n. 218/1997, laddove chiaramente prescrive che, in caso di contraddittorio endoprocedimentale instaurato a ridosso dei termini decadenziali (e quindi a meno di novanta giorni dal 31 dicembre 2020), la proroga dei centoventi giorni concessa agli uffici attiene esclusivamente alla notifica e non anche all'emissione dell'atto.
La seconda, che pure merita di essere attenzionata, riguarda, invece, la natura di norma eccezionale dell'art. 157 D.L. n. 34/2020, essendo stata dettata in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID 19 e, in quanto tale, prevalente sull'articolo 5, comma 3-bis, D.Lgs. 218/97, in base al principio “lex specialis derogat generali”, prima ancora che a mente dell'articolo 14 delle preleggi.
A parere di chi scrive, in siffatti casi, sarebbe bastato che l'ente impositore anticipasse e notificasse l'avvio del contraddittorio in un tempo congruo e più “ampio”, per evitare di trovarsi a ridosso della scadenza del 31 dicembre 2020 e, dunque, per non incorrere nella violazione dell'art. 157 in commento; visto che, peraltro, pur considerando il periodo di sospensione dell'attività degli uffici dall'8 marzo 2020 al 31 maggio 2020 previsto dall'articolo 67 D.L. n. 18/2020 (Decreto “Cura Italia”), a rigore, comunque, escluso dal computo dei termini previsti dall'art. 157, il contraddittorio avrebbe potuto essere avviato (anche in modalità a distanza, come precisato nella Circolare n. 6/2020 della stessa Agenzia delle Entrate), in tempo utile per non ritrovarsi a ridosso del termine decadenziale fissato al 31 dicembre 2020.
Ed infatti, come meglio precisato nella citata Circolare n. 6/E/2020 “(…) laddove ci sia in concreto un condiviso interesse a svolgere comunque il procedimento di accertamento con adesione, è possibile, in un'ottica di “collaborazione e buona fede” tra fisco e contribuente, dar seguito a tali esigenze (…) attraverso la gestione del procedimento a “distanza” (…). Più in generale, queste indicazioni possono essere adattate caso per caso ad ogni altro procedimento tributario che richiede la partecipazione ovvero l'intesa col contribuente” e ciò, dunque, in tempo utile per non ritrovarsi a ridosso del termine di decadenza prescritto ex lege al 31 dicembre 2020.
Del resto, la stessa Corte di Cassazione, con orientamento costante, anche se in relazione ad altra fattispecie ha stabilito il principio per cui ricade solo in capo all'ufficio la scelta di essersi attivato a ridosso dei termini accertativi, frutto della propria organizzazione interna. In particolare, con riferimento specifico al rispetto del termine di sessanta giorni prima di emettere l'accertamento previsto dall'articolo 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del Contribuente, anche la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che, a siffatto termine, non può derogarsi adducendo l'imminente scadenza dei termini accertativi, “circostanza oggettivamente prevedibile e rimessa all'organizzazione dell'ufficio accertatore” (cfr., ex multis, Cass. nn. 474/2020, 26982/2019; 27415/2019).
È chiaro, dunque, che compete solo all'organizzazione interna all'Ufficio la scelta della tempistica che avrebbe imposto una corretta gestione del contraddittorio, peraltro secondo le modalità raccomandate dalla stessa Agenzia delle Entrate e, dunque, avviabile ben prima dello spirare del termine naturale di decadenza, in modo da garantire non soltanto l'iter del contraddittorio, ma anche, e soprattutto, il rispetto del termine del 31.12.2020 previsto dall'articolo 157 del Decreto “Rilancio”.
Pertanto, di fronte alle obiezioni dell'ufficio che pretenderebbe, ancor oggi, di ritenere salvi gli effetti degli atti emessi oltre il termine decadenziale, assolutamente fondate risultano le eccezioni contrarie, confermate dalla stessa giurisprudenza di merito di cui si dirà subito dopo, le quali evidenzino:
La Sentenza della CTP Verona n. 269/1/2021
La Commissione Tributaria Provinciale di Verona ha accolto l'eccezione formulata da parte ricorrente sulla nullità e illegittimità di un atto impositivo emesso oltre il termine decadenziale prescritto dall'art. 157 D.L. n. 34/2020. Nel caso di specie, parte ricorrente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento IRES, riferito all'anno di imposta 2015, eccependo, nello specifico, l'intervenuta decadenza del termine per l'esercizio del potere accertativo ex art. 43 D.P.R. n. 600/1973, nonché l'intervenuta decadenza del termine di emissione dell'avviso perché avvenuta il 10 marzo 2021 (e notificato via pec in pari data), in palese violazione del disposto normativo di cui al citato art. 157.
La CTP di Verona ha accolto la difesa del contribuente.
In primis, come è dato leggersi in motivazione, i giudici veronesi, dopo aver ripercorso il dato letterale dell'art. 157 D.L. n. 34/2020, ne hanno riassunto la portata chiarendo che “(…) per tutti gli atti di accertamento, comunque denominati, destinati a scadere tra il 8.3.2020 ed il 31.12.2020 la scadenza per l'emissione dell'atto era prorogata ex lege al 31.12.2020; - per tutti gli atti di accertamento, comunque denominati, destinati a scadere tra il 8.3.2020 ed il 31.12.2020 la scadenza per la notifica dell'atto era prorogata ex lege al 28.2.2022”. Nel caso di specie, la CTP di Verona ha constatato, invece, la tardività di emissione dell'atto impugnato, riferito all'anno di imposta 2015 e ciò, in forza della regola derogatoria ex art. 157, comma 1, D.L. n. 34/2020, che ne prescrive l'emissione entro il naturale termine decadenziale del 31 dicembre 2020.
Pertanto, secondo i giudici veronesi “Nel caso in esame, l'atto impugnato è stato emesso e notificato lo stesso giorno, il 10.3.2021 (ve ne è prova certa in atti; il provvedimento è stato emesso con firma digitale apposta il 10.3.2021, ed inviato via PEC lo stesso giorno). L'atto impugnato non rispetta, pertanto, il primo dei due termini previsti dall'art. 157, co. 1, del d.l. 34/20 (quello per l'emissione)”. Ebbene, dopo aver rammentato la disciplina speciale di cui all'art. 157 citato, la CTP di Verona obietta alle ragioni di controparte che riterrebbe, invece, di considerare valida l'emissione tardiva dell'atto impugnato, in virtù del richiamo operato all'art. 4-octies, comma 1, lett. a), D.L. n. 34/2019.
Come è dato leggersi nella motivazione della Sentenza “Nelle sue difese l'Agenzia delle Entrate obietta che soccorre, però, un'altra norma di recente introduzione, quella dell'art. 4 octies, co. 1, d.l. 30 aprile 2019, n. 34, con cui è stato ampliato l'obbligo di invito al contraddittorio, ed è stato disposto che, se l'invito al contraddittorio avviene a meno di 90 gg. dalla scadenza del termine massimo di decadenza dall'attività di controllo, il termine per la notifica dell'avviso è prorogato di 120 gg.. La norma dispone, infatti, che "qualora tra la data di comparizione, di cui al comma 1, lettera b), e quella di decadenza dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo intercorrano meno di novanta giorni, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo è automaticamente prorogato di centoventi giorni, in deroga al termine ordinario". Nel caso in esame, l'invito al contraddittorio è stato emanato il 15.12.2020, e quindi a giudizio dell'amministrazione finanziaria, esso, per effetto della proroga dei 120 gg. di cui al d.l. 34/19, avrebbe consentito la notifica dell'avviso entro il 30.4.2021”.
A ben guardare, la tesi difensiva di controparte non ha, però, convinto i giudici veronesi che hanno avuto modo di chiarire che la proroga dei centoventi giorni, sancita ex artt. 5, comma 3-bis e 5-ter del D.Lgs. n. 218/1997, riguarda il solo termine di decadenza per la notificazione e non già quello per l'emissione dell'atto impositivo. Diversamente opinando, infatti, verrebbe a crearsi (e così non è) un solo termine (i.e. quello per la notifica dell'avviso) senza considerare, invero, che l'art. 157, comma 1, D.L. n. 34/20, per i soli avvisi destinati a scadere entro il 31 dicembre 2020, ha introdotto un doppio termine, quello per la emissione e quello per la notifica.
Pertanto, secondo i giudici del merito “Dei due termini è solo il secondo che beneficia della proroga ex art. 4-octies, co. 1, d.l. 34/19, perché la norma in esame riguarda letteralmente soltanto il termine per la notifica ("...il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo è automaticamente prorogato di centoventi giorni, in deroga al termine ordinario"). Ne consegue che per la emissione dell'avviso restava fermo il termine massimo del 31.12.2020, che nel caso oggetto di questo giudizio è stato superato”.
Con la sentenza in commento, dunque, la CTP di Verona ha confermato lo “sdoppiamento” dei termini tra emissione e notifica degli atti impositivi in scadenza al 31 dicembre 2020 e, dunque, la “duplicazione” dei termini di decadenza, prescritta dalla norma speciale di cui all'art. 157 in commento. L'attività accertativa posta in essere, dunque, non può certamente rilevare (solo) ai fini dell'art. 43 D.P.R. n. 600/1973 e ciò, in quanto tale norma identifica il termine per l'accertamento con quello di notifica dell'atto impositivo, senza, però, tener conto della richiamata normativa emergenziale dettata proprio al fine di evitare la concentrazione di notifiche dei provvedimenti impositivi, nei confronti dei contribuenti, nel periodo successivo al termine del periodo di crisi. La Sentenza della CTP di Caltanissetta n. 169/2/2022
Anche la Commissione Tributaria Provinciale di Caltanissetta, con la Sentenza n. 169/2/2022, è giunta alle medesime conclusioni rassegnate dai giudici veronesi sul termine decadenziale dell'azione accertatrice per gli avvisi in scadenza al 31 dicembre 2020, ribadendo, pertanto, la scissione tra la data di emissione e la data di notifica dell'atto impositivo. Nel caso di specie, parte ricorrente ha eccepito la tardività dell'emissione dell'avviso di accertamento IRAP, riferito all'anno di imposta 2015, perché notificato in data 14 aprile 2021 ed emesso in data 1° marzo 2021. Si legge in Sentenza che l'Agenzia delle Entrate, peraltro, ha provveduto a versare in atti la sola notifica del provvedimento, ove l'unico dies leggibile sarebbe stato solo quello di notifica (i.e. 14 aprile 2021). In motivazione, i giudici del merito affermano che, in siffatto caso, “Non v'è dubbio che (…) venendo (…) in rilievo il periodo d'imposta 2015 (dichiarazione 2016), il potere di accertamento dell'Ufficio doveva essere esercitato entro e non oltre 31.12.2020 (quarto anno successivo alla dichiarazione)”. Risulta, pertanto, ancora una volta inconferenteil richiamo operato dall'ufficio impositore alla proroga dei centoventi giorni prevista dall'art. 5, comma 3-bis, D.Lgs. n. 218/1997; ed infatti, secondo la CTP di Caltanissetta “(…) trattasi di normativa che non introduce una proroga del termine di emissione dell'avviso quanto, piuttosto, del termine di notifica dell'avviso, come peraltro riportato dal medesimo ufficio. Se così è, l'avviso di accertamento impugnato, emesso in data 1° marzo 2021, come si ricava dall'epigrafe della pagina 1 dello stesso, deve ritenersi tardivo con conseguente decadenza dell'Amministrazione finanziaria per violazione dei termini di cui agli artt. 43 del d.P.R. 600/73 (applicato ratione temporis). Né a diversa conclusione può giungersi in virtù della normativa emergenziale anti Covid 19 e segnatamente della previsione dell'art. 157 del D.L. 34/2020 che, del pari, ha previsto la proroga della sola notifica degli avvisi di accertamento e non anche della loro emissione”. A ben guardare, anche in tale occasione, i giudici del merito hanno colto nel segno l'intento del Legislatore emergenziale di “sdoppiare” i due termini (quello della emissione e quello della notifica), al fine di garantire una equa distribuzione della (sola) notifica degli atti impositivi, in un lasso di tempo maggiore rispetto agli ordinari termini di decadenza dell'azione accertatrice. Ragion per cui, anche il rapporto con la proroga dei centoventi giorni prevista dall'art. 5, comma 3-bis, D.Lgs. n. 218/1997, va risolto avuto riguardo al solo termine di notifica e non anche al termine di emissione dell'atto impositivo che rimane ancorato al 31 dicembre 2020. La Sentenza della CTP di Isernia n. 57/1/2022
In senso conforme alle pronunce di merito supra richiamate, va segnalata la Sentenza n. 57/1/2022 della Commissione Tributaria Provinciale di Isernia. Anche in siffatta ipotesi, i giudici del merito hanno accolto l'eccezione di parte ricorrente sulla nullità di un avviso di accertamento IRAP, riferito all'anno di imposta 2015, emesso dall'ufficio impositore oltre il termine decadenziale prescritto dall'art. 157 D.L. n. 34/2020. La CTP di Isernia ha così statuito: “Essendo l'accertamento impugnato relativo ad Irap 2015, la disposizione invocata dal ricorrente risulta effettivamente applicabile al caso di specie, tenuto conto del disposto dell'art. 43 del DPR n. 600/1973 (nel testo pro tempore vigente). Dall'esame del menzionato art. 157, emerge che la norma prevede due diversi termini di decadenza, l'uno riferito all'emissione del provvedimento di accertamento e l'altro relativo alla notifica di quest'ultimo”. Di contro, l'Agenzia delle Entrate, anche in tale circostanza, ha dichiarato di essersi avvalsa della proroga dei centoventi giorni sancita dal disposto normativo di cui all'art. 5, comma 3-bis, D.Lgs. n. 218/1997.
Tuttavia, come è dato leggersi in motivazione, parte attrice si è ben difesa asserendo che siffatta ultima disposizione non risulta applicabile al provvedimento impugnato adottato ex art. 41-bis D.P.R. n. 600/1973. Ed infatti, l'art. 4-octies D.L. n. 34/2019, che ha introdotto il citato comma 3-bis dell'art. 5 D.Lgs. n. 218/1997 espressamente prevede che “Sono esclusi dall'applicazione dell'invito obbligatorio di cui al comma 1 gli avvisi di accertamento parziale previsti dall'articolo 41-bis (…)”.
L'Agenzia, a ben guardare, ha replicato invocando la documentazione di prassi emergenziale alla luce della quale la procedura obbligatoria di invito ex art. 5, comma 3-bis D.Lgs. n. 218/1997 sarebbe, in ogni caso, percorribile a maggior garanzia del contribuente, anche per le ipotesi non testualmente ricomprese nell'ambito di applicazione della norma, facendone discendere anche l'effetto di slittamento del termine di decadenza per la notifica dei provvedimenti impositivi.
La ragioni di causa prospettate dall'ufficio impositore non hanno, però, persuaso il collegio giudicante che “(…) pur condividendo la ratio espansiva dell'istituto dell'invito, funzionale ad una più compiuta realizzazione del principio del contraddittorio procedimentale, non condivide le inferenze che parte resistente rivendica in punto di decadenza, nel potendosi ritenere che un differimento di un termine decadenziale ex lege possa essere interpretativamente rimesso alla disponibilità di una parte del rapporto tributario (qualora ritenga autonomamente di procedere ad invito in ipotesi di non obbligatorietà del medesimo, così giovandosi, in tesi, del differimento del termine). Tanto più che l'art. 157 del D.L. n. 34/2020 prevede, oltre al termine di notifica, anche un termine decadenziale per l'emissione dell'accertamento, estraneo al disposto dell'art. 5, comma 3 bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. In proposito, si osserva che, nel mentre parte attrice ha formalmente eccepito l'intervenuta decadenza dal potere accertativo, sub specie del difetto di emissione del provvedimento entro il 31/12/2020, l'Agenzia nulla ha specificamente replicato in proposito, nonostante avesse versato in atti la notifica del provvedimento gravato ove l'unico dies leggibile risulta quello di notifica (13/4/2021) e pur essendo l'accertamento firmato digitalmente (dunque con data agevolmente ricostruibile). Il ricorso deve dunque essere accolto, rimanendo assorbiti gli ulteriori profili di legittimità articolati dal ricorrente”.
Le conclusioni rassegnate dalla CTP di Isernia rammentano, pertanto, che il differimento di un termine decadenziale non può essere “rimesso alla disponibilità di una parte del rapporto tributario”, nemmeno se la parte in questione è l'ente impositore e nemmeno quando quest'ultimo decide di procedere alla notifica dell'invito a comparire, nei casi in cui (peraltro) nemmeno risulta ex lege obbligatorio e, dunque, al solo scopo di beneficiare della proroga.
In altre parole, l'invito a comparire ex artt. 5, comma 3-bis e 5-ter D.Lgs. n. 218/97, a prescindere dalla data di comparizione e dalla sua obbligatorietà, non è comunque destinato a produrre alcun effetto derogatorio, dovendo l'Ufficio rispettare, per l'emissione dell'atto, gli ordinari e naturali termini decadenziali.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha, invece, condiviso, la tesi difensiva dell'ufficio impositore, sull'applicazione della deroga prescritta dall'art. 157, comma 1, ultimo periodo, D.L. n. 34/2020, in tema di notifica di un avviso di accertamento, relativo all'anno d'imposta 2015, riguardante, però, operazioni soggettivamente inesistenti. Con apposito ricorso, parte ricorrente eccepiva la violazione e/o falsa applicazione del comma 1 dell'art. 157 D.L. n. 34/2020, in virtù della notificata “ante tempus” dell'impugnato avviso, intervenuta in data 2 novembre 2020. I giudici lombardi, nel respingere le doglianze di parte ricorrente, hanno, innanzitutto, richiamato il dato letterale dell'art. 157 che, a ben guardare, prescrive una espressa deroga nel caso in cui la notifica dell'atto risulti indifferibile ed urgente. La CTP di Milano coglie, dunque, l'occasione per riportare alla luce anche quanto precisato dall'Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 25/E/2020 laddove è espressamente chiarito che "l'invio delle comunicazioni e la notifica di atti durante il periodo di sospensione può considerarsi legittima anche nei seguenti casi: - comunicazioni o atti che prevedono una comunicazione di notizia di reato ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale".
In motivazione, i giudici lombardi richiamano, altresì, la Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 11/E/2020, nel punto ove è specificamente chiarito che “l'eventuale indifferibilità o urgenza dell'attività di accertamento non può che essere oggetto di una valutazione da farsi da parte dell'Ufficio caso per caso, in ragione delle specificità della stessa. Ciò premesso, con riferimento agli atti connessi a procedimenti penali di cui al D.Lgs. n. 74/2000, ai sensi dell'art. 331 c.p.p. la denuncia dev'essere effettuata ‘senza ritardo'”. A ben guardare, anche la Relazione illustrativa al D.L. n. 34/2020 qualifica come indifferibili ed urgenti, le contestazioni di frodi fiscali, nonché la notifica di atti che prevedono una comunicazione di notizia di reato ai sensi dell'art. 331 c.p.p., ovvero quelli conseguenti l'applicazione dei provvedimenti cautelari previsti dall'art. 22 D.Lgs. n. 472/1997.
Pertanto, nel caso de quo, i giudici di prime cure, ritenendo sussistente un giusto motivo di deroga, in quanto l'avviso di accertamento constatava fattispecie delittuose relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, perviene alla seguente statuizione: “Questo Collegio precisa che "l'obbligo della trasmissione della notizia di reato sorge nel momento della constatazione del fatto costituente reato ovvero con riferimento alle fattispecie delittuose di cui agli articoli 2, 3 e 4 (del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) il momento della constatazione del fatto deve intendersi al termine delle operazioni di verifica riguardanti l'anno di imposta interessato. Tendenzialmente, il momento della constatazione del fatto costituente reato coincide con la formalizzazione dell'atto impositivo che accerti il superamento delle soglie di punibilità o la specifica violazione. In considerazione di quanto sopra, il Collegio giudicante ritiene che le attività accertative in argomento risultino presentare le caratteristiche di "indifferibilità o urgenza.".
Le conclusioni rassegnate dai giudici di prime cure confermano, pertanto, che, al di là della sospensione dettata nel periodo emergenziale, la constatazione di una fattispecie delittuosa fa sorgere, con il provvedimento impositivo, l'obbligo di trasmissione della notizia di reato. Da ciò consegue, dunque, che, anche la presunzione di imputabilità per reati fiscali legittima l'ufficio a notificare l'atto che accerti il superamento delle soglie di punibilità o la specifica violazione. In conclusione
A ben guardare, i giudici del merito, con le pronunce oggetto del presente contributo, forniscono, per la prima volta, una interpretazione chiara ed esaustiva del sistema normativo voluto dal Legislatore in sede pandemica.
Come ampiamente detto, la finalità della norma “speciale” ha inteso garantire la ripresa economica dei contribuenti dopo il periodo di crisi, concedendo loro, (solo) per la notifica degli atti impositivi in scadenza al 31 dicembre 2020, un lasso di tempo maggiore rispetto all'ordinario termine decadenziale prescritto dall'art. 43 d.P.R. n. 600/1973 (ratione temporis vigente).
Trattasi, indubbiamente, delle primissime pronunce di merito riguardanti proprio l'attività degli enti impositori fortemente “scossa” durante il periodo pandemico. Del resto, a fronte dei molteplici interventi normativi proliferati durante la crisi da COVID - 19, era inevitabile che ci si sarebbe trovati a fare i conti con la coniugazione e la correlazione di tutte le disposizioni emergenziali. A questo punto, è auspicabile che, sul tema, l'interpretazione fornita dalle Commissioni Tributarie Provinciali, sicuramente lineare ed esaustiva, venga condivisa anche in sede di appello fino alla Suprema Corte di Cassazione. |