Il concordato semplificato: tra liquidazione del patrimonio e continuità indiretta
26 Aprile 2022
La finalità sostanziale e principale del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, nuova procedura concorsuale introdotta dagli artt. 18 e 19, D.L. 24 agosto 2021, n. 118, conv. in L. 21 ottobre 2021, n. 147, è quella di consentire una rapida cessione dell'azienda in esercizio, specie quando già vi sia un soggetto interessato all'acquisto, nella prospettiva ultima della conservazione dell'attività d'impresa, anche nei casi in cui l'imprenditore gravato dai debiti non abbia risolto la sua situazione con la composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa. Il concordato semplificato dovrebbe avere auspicabilmente, nell'ambito della composizione negoziata, anche l'effetto indiretto di incentivare i creditori ad accettare la proposta del debitore, qualora quest'ultima fosse impernata su un piano che preveda la cessione dell'azienda per un determinato prezzo ad un soggetto già individuato, stante la consapevolezza, dei creditori, che il debitore possa ricorrere al concordato semplificato per ottenere il medesimo effetto traslativo e, presumibilmente, un soddisfacimento della massa creditoria ulteriormente ridotto, a causa delle spese connesse all'apertura e allo svolgimento della procedura concorsuale. Per queste ragioni l'istituto non integra affatto un'alternativa al concordato preventivo ordinario. Lo dimostra il fatto che il concordato semplificato abbia presupposti sostanziali e formali, del tutto peculiari, il più qualificante dei quali è l'esito negativo delle trattative svolte nell'ambito della composizione negoziata. L'esito va certificato dalla relazione finale dell'esperto in merito alla non praticabilità delle soluzioni negoziali individuate dall'art. 11, commi 1 e 2, D.L. 118/21 (una soluzione stragiudiziale sfociata nella conclusione di un contratto assistito da determinate misure premiali; un accordo di ristrutturazione ordinario, ad efficacia estesa o agevolato; una convenzione di moratoria; un accordo raggiunto sulla base di un piano di risanamento non attestato). Ulteriore condizione di ammissibilità della domanda è che le trattative si siano svolte secondo correttezza e buona fede, da riferire evidentemente nel caso di specie soprattutto al debitore che, nel corso delle trattative, ha il dovere di illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente, di assumere tempestivamente le iniziative idonee alla rapida definizione della procedura, di gestire patrimonio e impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori (art. 4, comma 5, D.L. 118/21). Nella sostanza, il mancato raggiungimento della soluzione negoziale deve essere imputabile ai creditori e non al debitore, e di ciò l'esperto deve dare assicurazione nella sua relazione finale. L'accesso al concordato semplificato non è quindi possibile in tutti i casi, ontologicamente diversi, in cui la procedura viene archiviata per la carenza di ragionevoli possibilità di risanamento del debitore. V'è inoltre un rigido presupposto di natura temporale, dal momento che la domanda deve necessariamente intervenire entro sessanta giorni dall'inserimento della relazione finale dell'esperto sulla piattaforma telematica nazionale. Tutte le anzidette condizioni di ammissibilità devo costituire oggetto della valutazione di ritualità della propostache condiziona la fissazione da parte del tribunale dell'udienza per l'omologazione del concordato. La locuzione “valutata la ritualità della proposta” di cui al comma 3 dell'art. 18, D.L. 118/21, importata direttamente dall'art. 125, comma 2, l.fall., autorizza, se non altro per ragioni di economia processuale, che l'indagine del tribunale si estenda anche ad altri profili del concordato semplificato. Il tribunale deve ritenersi legittimato a verificare l'esistenza del presupposto soggettivo (qualifica di imprenditore commerciale o agricolo sopra e sottosoglia) e del presupposto oggettivo (pre-crisi, crisi, o insolvenza reversibile) della procedura concorsuale, la competenza territoriale del tribunale adito, la coerenza della proposta rispetto alla causa (funzione economica) del concordato, così come chiarita dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, infine il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione. Nell'ipotesi in cui il concordato dovesse prevedere la divisione dei creditori in distinte classi, il controllo deve sin da subito estendersi alla correttezza dei criteri di formazione delle stesse. In generale, il nuovo istituto va considerato come caratterizzato da due elementi fondamentali: la semplificazione ed una maggior intensità del controllo giurisdizionale nella fase dell'omologazione. Il secondo elemento funge da contrappeso del primo. La semplificazione della procedura si realizza con l'eliminazione del decreto di ammissione, con la mancata previsione dell'obbligo, da parte del debitore, di depositare una somma a copertura delle spese della procedura, con l'eliminazione della figura del commissario giudiziale, sostituita non impeccabilmente con quella dell'ausiliario del giudice, con la mancanza della fase dell'approvazione (il che ovviamente esclude la necessità che l'ausiliario del tribunale debba elaborare una relazione equivalente a quella prevista dall'art. 172 l.fall., che si celebri un'adunanza e che venga espresso il voto da parte dei creditori). È certamente la mancanza di approvazione da parte del ceto creditorio ad integrare l'elemento qualificante della semplificazione processuale. Non si tratta di una novità assoluta. L'ordinamento prevede già delle ipotesi di cd. concordato coattivo, o cd. concordato-non concordato, nell'ambito della procedura dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e della liquidazione coatta amministrativa. Anche la procedura concorsale riservata al consumatore sfocia nella omologazione di una proposta di piano che viene comunicata ai creditori non per l'approvazione, ma soltanto perché questi ultimi possano opporsi alla sua omologazione. Peraltro, la mancata previsione del voto dei creditori pare perfettamente giustificata dal fatto che alla proposta di concordato semplificato si debba necessariamente arrivare all'esito delle trattative svolte nell'ambito della composizione negoziata, il che presuppone un'approfondita conoscenza dei creditori quanto alla situazione economico-finanziaria del debitore. Ulteriore espressione della semplificazione sono la mancata previsione dell'attestazione di veridicità dei dati e della fattibilità del piano, nonché la mancata previsione delle soglie che nel codice della crisi condizionano l'ammissibilità della proposta di concordato quando quest'ultima sia di natura liquidatoria: il soddisfacimento dei creditori chirografari nella percentuale minima del venti per cento e la sussistenza di risorse aggiuntive rispetto a quelle derivanti dal patrimonio del debitore, idonee ad accrescere di almeno il dieci per cento l'attivo disponibile al momento della presentazione della domanda. L'eliminazione delle soglie è perfettamente in linea con la considerazione che l'istituto, come già s'è detto, è stato pensato soprattutto considerando la fattispecie in cui del patrimonio oggetto di liquidazione faccia parte un'azienda o un ramo d'azienda ancora suscettibili di restare sul mercato, con ciò assicurando la conservazione dell'impresa, dei livelli occupazionali e dei livelli della riscossione tributaria connessi alla prosecuzione dell'attività economica (ipotesi in tutto sovrapponibile alla cd. continuità indiretta di cui all'art. 84 CCII, per la quale dette soglie non sono previste). Un elemento di semplificazione caratterizza anche la fase successiva all'omologazione, per il resto disciplinata con un ampio rinvio alle norme che regolano il concordato per cessione dei beni. Si allude alla possibilità che il liquidatore giudiziale, o l'ausiliario nella fase che precede l'omologazione, possano dare esecuzione ad un'offerta d'acquisto dell'azienda preesistente, e sulla quale il piano di concordato fosse stato fondato, sol verificando l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, con ciò conferendosi agli organi della procedura una maggiore elasticità, rispetto agli obblighi imposti dall'art. 163 bis l.fall. e dall'art. 91 CCII) nell'adempimento del loro dovere di assicurare che l'offerta d'acquisto sia rispondente all'interesse dei creditori al loro miglior soddisfacimento. Venendo al contrappeso del controllo giurisdizionale officioso maggiormente penetrante, certamente in sede di omologazione del concordato ma, in generale, nel corso di tutta la procedura, va anzitutto evidenziato come la domanda vada comunicata immediatamente al pubblico ministero, perché questi possa seguire la procedura ed eventualmente interloquire con il tribunale nel corso del giudizio di omologazione, previo intervento ex art. 70, ultimo comma, c.p.c. S'è già detto che già in sede di valutazione della ritualità della proposta il tribunale abbia il dovere di effettuare alcune verifiche sostanziali, che sono tuttavia vieppiù ineludibili nel giudizio di omologazione, specie considerando che il giudizio verte su un piano, ed una conseguente proposta di soddisfacimento dei creditori, sui quali questi ultimi non si sono espressi con un voto. Ciò giustifica che l'indagine del tribunale non sia condizionata dalla presentazione di opposizioni da parte dei creditori. Si tratta quindi di un controllo prettamente officioso - e solo eventualmente indotto da una o più opposizioni - i cui contenuti vanno ritenuti estremamente lati. Nella norma il controllo giurisdizionale viene espressamente riferito alla regolarità del procedimento, alla fattibilità del piano di liquidazione, alla mancanza di pregiudizio dei creditori rispetto all'alternativa della liquidazione in sede fallimentare, al rispetto delle cause di prelazione, alla previsione del riconoscimento di un'utilità economica a tutti i creditori (art. 18, comma 5). A prescindere da ciò, deve ritenersi certo che il controllo giurisdizionale debba necessariamente estendersi anche ad altri profili che condizionano l'omologazione quali, primi tra tutti, il rispetto, da parte della proposta, del principio per cui il debitore risponde dei sui debiti con l'intero suo patrimonio (art. 2740 c.c.), e dell'ordine delle cause di prelazione. Va evidenziato il mancato richiamo all'importante disposizione di cui all'art. 160, comma 2, l.fall. Manca quindi una disciplina della degradazione dei creditori privilegiati da incapienza del bene o dei beni sui quali il privilegio insiste. Poiché la regola è generale, alla lacuna dovrà rimediarsi con un'applicazione dell'irrinunciabile principio, intendendosi sostituita, alla relazione giurata di stima del valore dei beni del professionista indipendente, la stima effettuata dall'ausiliario del tribunale, che potrà giovarsi a tal fine della stima già effettuata, verosimilmente, dall'esperto nell'ambito della composizione negoziata (l'art. 13 del decreto dirigenziale “accompagnatorio” del D.L. 118/21 prevede che l'esperto debba stimare il valore del patrimonio del debitore in ogni caso in cui di ciò vi fosse necessità). È ovviamente presto per capire se la nuova procedura potrà avere un'effettiva e fruttuosa applicazione. Molto dipenderà dal successo della composizione negoziata, e dal fatto che quest'ultima sia riservata davvero alle imprese che abbiano una concreta possibilità di risanamento, se pure realizzabile attraverso la reversione di un'insolvenza già conclamata. Quel che va rimarcato è che, per quanto la disciplina del concordato semplificato non sia esplicitamente riservata alle ipotesi in cui del patrimonio da liquidare faccia parte, anche o soltanto, un'azienda ancora in esercizio o suscettibile di immediata riattivazione, è esclusivamente in questi casi che il ricorso all'istituto si giustifica e si giustificano le sue semplificazioni. Nell'ipotesi in cui si tratti semplicemente di effettuare una liquidazione atomizzata dei beni, senza conservazione dei valori aziendali, la mancata previsione delle soglie di accesso alla liquidazione che l'art. 84 CCII prevede per il concordato preventivo liquidatorio avrebbe poche giustificazioni, se non quella imperniata sulla considerazione del fatto che la procedura sia scaturita dall'esito negativo di trattative svolte, quanto al debitore, con correttezza e buona fede. Ci si chiede se si tratti di un presupposto sufficiente a giustificare i noti vantaggi che il concordato, se omologato, riconosce al debitore, rispetto all'alternativa della procedura di liquidazione giudiziale. |