La riforma del catasto come rimedio alle criticità degli accertamenti catastali

Vincenzo Busa
12 Aprile 2022

La riforma del catasto, ripetutamente evocata per porre rimedio alle sperequazioni impositive derivanti dallo squilibrio delle basi imponibili catastali, avrebbe altresì il pregio di offrire all'Amministrazione elementi univoci per orientare correttamente l'attività di accertamento delle rendite catastali.
Premessa

La riforma del catasto, ripetutamente evocata per porre rimedio alle sperequazioni impositive derivanti dallo squilibrio delle basi imponibili catastali, avrebbe altresì il pregio di offrire all'Amministrazione elementi univoci per orientare correttamente l'attività di accertamento delle rendite catastali.

Rettifica in aumento delle rendite catastali

La prassi consolidata dell'Agenzia delle Entrate di rettificare in aumento le rendite catastali proposte dai contribuenti in occasione delle “dichiarazioni di variazione dello stato dei beni” di cui all'art. 20 del R.D.L. 13.04.1939, n. 1249, mediante procedura cd. DOCFA conforme al D.M. 19.04.1994, n. 701, sollecita alcune considerazioni che impattano sulla legittimità dei controlli in materia e, di riflesso, sui profili di equità dei tributi che determinano la base imponibile in base al catasto.

Il classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, preordinato all'attribuzione della rendita, consiste nel “riscontrare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito” e nel collocare l'unità immobiliare in una determinata “categoria” (“in base alla normale destinazione funzionale, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali”) e in una data “classe” (“rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall'unità immobiliare nell'ambito del mercato edilizio della microzona.”) (art. 61 del d.P.R. 01.12.1949, n. 1142 e art. 8 del d.P.R. 23.03.1998, n. 138).

Nello scenario operativo degli uffici e delle commissioni tributarie si ripresenta pressoché quotidianamente la vicenda di contribuenti che a seguito di modifiche anche lievi apportate alla conformazione di un fabbricato, sono tenuti a farne denunzia al Catasto.

L'obbligo di denuncia è rafforzato dall'art. 19, comma 14, del D.L. 31.05.2010, n. 78, convertito dalla Legge 30.07.2010, n. 122, che prevede la nullità degli atti aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di diritti reali su fabbricati, qualora la planimetria e i dati contenuti nell'atto non siano conformi alle risultanze catastali.
Accertamento post variazione catastale

In questi casi, anche a fronte di modificazioni che non alterano se non di poco il valore dell'immobile, il copione vede, da un lato, il contribuente proporre la riconferma oppure un lieve aumento della rendita catastale pregressa, dall'altro, l'Ufficio rettificare la proposta inserita nella piattaforma DOCFA, provvedendo all'attribuzione di una rendita superiore, ritenuta conforme ai valori riferibili ad alcuni immobili similari ubicati nella stessa zona, spesso di non facile individuazione stante le diffuse sperequazioni nel classamento dei fabbricati della microzona di riferimento.

Invero la prassi di attivare l'accertamento in occasione della presentazione di una qualsiasi dichiarazione di variazione catastale, a prescindere dal conseguente maggior valore arrecato all'immobile, è di assai dubbia legittimità. Tali accertamenti dovrebbero essere motivati in relazione al maggior valore sopravvenuto dell'immobile e alla necessità di aggiornare di conseguenza la rendita in precedenza attribuita. In assenza di tale presupposto, ogni nuovo accertamento finalizzato alla corretta determinazione del valore dell'immobile, di fatto pone rimedio a pregressi errori di valutazione, la cui eliminazione tuttavia non può essere affidata ad interventi sporadici ed eventuali.

Con particolare riferimento agli immobili a destinazione speciale il reddito catastale proposto con la piattaforma DOCFA di solito è rettificato dagli uffici in conformità alle indicazioni fornite con circolare della soppressa Agenzia del territorio n. 6 del 30 novembre 2002, espressamente richiamata dall'art. 1, comma 244, della legge n. 190 del 2014. La singolare “validazione normativa” della circolare viene invocata per disattendere di fatto le proposte attributive di rendite che si attestano al di sotto del valore-soglia definito con la stessa circolare, indipendentemente dalla entità delle variazioni denunciate. Ciò senza considerare che la circolare non ha innovato (né poteva innovare) i criteri di determinazione dei redditi catastali desumibili dalla normativa in vigore alla data di emanazione della stessa.

Come disposto all'art. 10 del decreto-legge del 13 aprile 1939, n. 652 e agli artt. 8, 15, 28 e 30 del d.P.R. 01.12.1949, n. 1142, la rendita dei fabbricati a destinazione speciale si determinano avendo riguardo al canone annuo di fitto ovvero al valore di mercato riferito al biennio 1988 e 1989. In assenza di detti parametri, per la determinazione del valore di mercato si parte dal “costo di costruzione, opportunamente ridotto in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari” ed aumentato del “profitto normale”.

Metodo di determinazione dei valori di riferimento

Il valore aggiunto della circolare n. 6 sta nell'aver fornito un metodo ordinato di determinazione dei valori di riferimento, ossia nell'aver specificato criteri di valutazione già immanenti nel sistema, che gli uffici erano tenuti ad applicare ancor prima che la legge n. 190 del 2014, attraverso il rinvio alla circolare n. 6 del 2012, fosse intervenuta per fornire indicazioni di dettaglio.

In altri termini, l'ingresso della circolare n. 6 nel quadro normativo di riferimento non ha comportato alcuna variazione sostanziale dei criteri di valutazione degli immobili a destinazione speciale, tale da incidere sulla determinazione della rendita catastale. Di contro, l'appiattimento degli Uffici sulle indicazioni della circolare, di fatto comporta l'attribuzione di rendite diverse - variabili in funzione della data, anteriore o successiva, a quella di entrata in vigore della legge n. 190/2014 - ad immobili aventi lo stesso valore e finanche allo stesso immobile eventualmente assoggettato a procedura DOCFA in quanto interessato da qualche modificazione.

In conclusione

L'insieme delle considerazioni svolte porta a concludere che gli accertamenti catastali effettuati a seguito della presentazione delle dichiarazioni DOCFA possono e debbono approdare a variazioni della rendita catastale che siano direttamente correlate e motivate in relazione ai mutati valori conseguenti alle variazioni denunciate. Non anche in relazione ad errori pregressi né tanto meno a mutati orientamenti dell'Ufficio nell'applicazione delle norme di riferimento, che inevitabilmente danno luogo a diffuse discriminazioni. Alle incongruenze presenti nell'impianto originario del catasto, non aggiornato alle sopravvenute mutazioni del territorio, si aggiungono le nuove sperequazioni connesse agli interventi sporadici ed eventuali dell'Amministrazione.

L'esigenza inderogabile di assicurare l'uniformità dei criteri di valutazione degli immobili al fine di eliminare o quanto meno contenere le sperequazioni impositive indotte dal censimento catastale, si è posta, ad esempio, in occasione delle modifiche sostanziali del quadro normativo, apportate dall'art. 1, comma 21, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ai fini del censimento dei fabbricati a destinazione speciale. In quella circostanza, dopo aver introdotto un nuovo criterio di determinazione delle rendite attribuibili ai fabbricati censiti alle categorie D ed E, che prevedeva l'esclusione dei “beni fissi”, il legislatore ha avvertito la necessità di estendere la rettifica in diminuzione agli immobili non interessati da variazioni, ammettendo la possibilità di richiedere l'adeguamento della rendita, anche in assenza dei presupposti per la presentazione della dichiarazione DOCFA.

Nell'accentuare le diffuse asimmetrie già presenti nel sistema catastale, i menzionati limiti dell'azione di accertamento ripropongono con forza l'annosa questione della riforma del catasto o quanto meno l'opportunità di iniziative sistematiche che assicurino l'effetto perequativo finale. In assenza di una revisione generalizzata degli estimi catastali estesa alla totalità dei fabbricati, è obiettivamente difficile assicurare soluzioni uniformi, con il rischio di incidere sulla base imponibile dei tributi a determinazione catastale in aperta violazione dei principi di uguaglianza e di capacità contributiva.

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