Concordato con riserva di più società appartenenti ad un medesimo gruppo
09 Febbraio 2021
Nei concordati con riserva di più società appartenenti a medesimo gruppo, è ammissibile la concessione del termine più ampio per il deposito della proposta concordataria anche per quella società del gruppo raggiunta da istanza di fallimento?
Caso pratico - Nel ristretto arco temporale di pochi giorni, venivano depositate, ai sensi dell'art. 161, comma 6, L. fall., plurime domande di concordato in bianco, da parte di società appartenenti ad un medesimo gruppo, con riserva di successiva presentazione della proposta, del piano e della documentazione, entro il termine assegnando dal tribunale, secondo le regole dettate dallo stesso art. 161, comma 6, L. fall. e dall'art. 161, ultimo comma, L.fall. Con riferimento ad una di queste società, che chiameremo “Spa”, era già pendente un procedimento per la dichiarazione di fallimento da parte di altra società, che chiameremo “Srl”, in guisa che, ai sensi del citato art. 161, ultimo comma, L.fall., il tribunale avrebbe dovuto assegnare alla Spa termini ristretti per la presentazione della proposta, del piano e della documentazione (ovvero 60 giorni, prorogabili di non oltre 60), rispetto a quelli più ampi di cui all'art. 161, comma 6, l. fall. (tra 60 e 120 giorni, prorogabili di non oltre 60), riservati, questi ultimi, alle società che non hanno in corso procedimenti per la dichiarazione di fallimento. Purtuttavia, il Tribunale di Bologna, concedeva alla Spa termine di 120 giorni per il deposito della proposta concordataria; sicché la Srl, ovvero la società che aveva radicato il procedimento per la dichiarazione di fallimento della Spa, a fronte di tale presunta incongruenza nell'assegnazione del termine, proponeva reclamo alla Corte di Appello di Bologna ai sensi dell'art. 26 L. fall., ottenendo, però, un rigetto, con decreto del 7/12 agosto 2019. La Srl ricorreva per cassazione avverso tale decreto, ottenendo, tuttavia, sentenza di inammissibilità. Seguono, in sintesi, le ragioni.
Spiegazioni e conclusioni - La sentenza in esame cattura l'attenzione per due motivi principali. Il primo riguarda sostanzialmente il contenuto del decreto della Corte appello Bologna 12 agosto 2019 (che, di per sé, pare inedito, ma richiamato, appunto, in questa sentenza di legittimità), avente ad oggetto la possibilità, in un determinato contesto, di concedere i termini più ampi per il deposito della proposta concordataria, ancorché pendente un procedimento per la dichiarazione di fallimento contro la società che intende accedere al concordato preventivo. E difatti, la società Srl, proponente reclamo alla Corte di Appello di Bologna, aveva eccepito il fatto che il provvedimento del Tribunale, che aveva concesso alla società Spa termine di 120 giorni per il deposito della proposta concordataria, fosse stato emesso in dispregio dell'art. 161, ultimo comma, L. fall., in base al quale il termine avrebbe dovuto essere, invece, di soli 60 giorni, stante la pendenza della declaratoria di fallimento della Spa su iniziativa della stessa Srl; e ciò indipendentemente dal fatto che la società Spa fosse collegata ad altre società di gruppo, anch'esse interessate da procedura concorsuale. Sicchè il provvedimento del Tribunale avrebbe erroneamente contemplato, in via anticipata, l'art. 284 CCI allo stato non ancora entrato in vigore, che istituisce per la prima volta le procedure concorsuali di gruppo (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e piano attestato di gruppo). La Corte di Appello di Bologna, rigettando il reclamo ex art. 26 L. fall. da parte della Srl, poneva l'accento sulla differenza tra l'applicazione di una norma non ancora entrata in vigore e l'utilizzo della stessa norma quale “valido parametro interpretativo di riferimento”, citando espressamente Cass. civ. n. 8980/2019, in base alla quale “la nuova regolamentazione della crisi di impresa, nonostante la vacatio legis, fa ormai parte dell'ordinamento vigente”. La presentazione contestuale, o a distanza di pochi giorni, della domanda di concordato con riserva di successivo deposito della proposta, del piano e della documentazione ai sensi dell'art. 161, comma 6, L. fall.,da parte di società appartenenti al medesimo gruppo, è un'ipotesi non prevista dall'attuale legge fallimentare, ma che ben rientra nella disciplina degli artt. 284 ss. CCI. Nel caso di specie, a fronte del deposito di “gruppo” della domanda di concordato preventivo con riserva, solamente la società Spa era stata già raggiunta da istanza di fallimento. E pertanto, il Tribunale si è ritrovato in qualche modo a dover disciplinare fattispecie non omogenee tra loro (con riferimento all'applicabilità dei termini da concedere per il deposito della proposta concordataria). In tale ottica, le esigenze della società Spa – ritenute prevalenti rispetto a quelle del creditore Srl – di una trattazione unitaria delle procedure mediante la nomina dei medesimi commissari giudiziali, all'evidente fine di evitare asimmetrie informative che avrebbero potuto nuocere all'ordinato svolgimento delle medesime procedure, ben consentono l'assegnazione, anche alla società Spa, del più ampio termine di 120 giorni, già concesso alle altre società del gruppo per il deposito della proposta, del piano e della documentazione ai sensi dell'art. 161, comma 6, L. fall., non ostante la pendenza del procedimento per la dichiarazione di fallimento della stessa Spa. L'esigenza di trattare in maniera unitaria le procedure concorsuali di società appartenenti al medesimo gruppo è da tempo riconosciuta dalle fonti internazionali e, già prima dell'emanazione del nuovo Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, la giurisprudenza di merito aveva rilevato la necessità di procedere ad una valutazione unitaria dei rispettivi piani, dei rapporti infragruppo e delle relative interferenze tra gli stessi, nell'ottica della complessiva ristrutturazione delle singole società e dell'intero gruppo. Il secondo motivo per cui la sentenza in esame cattura l'attenzione è quella riguardante l'inammissibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. del provvedimento, in tema di concordato con riserva, riguardante la fissazione del termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione ai sensi dell'art. 161, comma 6, L. fall. e dall'art. 161, ultimo comma, Lfall., sulla quale pare che i giudici di legittimità siano ad esprimersi per la prima volta. La giurisprudenza è conforme nel ritenere che possano essere oggetto di ricorso ai sensi dell'art. 111 Cost. solo quei provvedimenti che abbiano carattere di decisorietà (incidenza sui diritti soggettivi delle parti con efficacia di giudicato) e definitività (non altrimenti modificabile mediante altro rimedio impugnatorio), (ex multis, Cass. civ., sez. I, 29 marzo 2019, n. 8980; Cass. civ., sez. I, 12 marzo 2020, n. 7120; Cass. civ., sez. I, 8 gennaio 2019, n. 212; Cass. s.u. 28 dicembre 2016, n. 27073; Cass., S.U., 2 febbraio 2016, n. 1914; Cass., S.U., 15 luglio 2003, n. 11026; Cass., S.U., 3 marzo 2003, n. 3073). Ciò premesso, con particolare riguardo alla domanda di concordato preventivo – pur potendo essere corredata dalla proposta, dal piano e dalla documentazione oppure prevederne il deposito successivo – rimane comunque una domanda unica e funge da riferimento dell'inizio della procedura, allorquando avviene la pubblicazione nel registro delle imprese. La richiesta, dunque, della concessione di termine per il deposito successivo della proposta concordataria è un fatto “neutro”, inidoneo a dimostrare la volontà del debitore di evitare il fallimento, in quanto trattasi di un'opzione di carattere processuale, insita nella domanda di accesso al concordato preventivo (Cass. civ., sez. I, 12 marzo 2020, n. 7117). Con la conseguenza che il relativo provvedimento di assegnazione del termine non ha natura decisoria (a differenza del giudizio vero e proprio di omologazione, che incide sui diritti delle parti). Le stesse considerazioni valgono per il decreto della Corte di Appello che si pronuncia sul reclamo contro il decreto del Tribunale in tema di fissazione del termine. In guisa che – conclude la Cassazione – eventuali vizi non possono che essere fatti valere mediante l'impugnazione del provvedimento conclusivo della procedura concordataria, ove quest'ultima non sia seguita da dichiarazione di fallimento, oppure tramite l'impugnazione di quest'ultima, proponendo, in quella sede, anche eventuali censure attinenti la procedura concordataria.
Normativa e giurisprudenza
Per approfondire
|