Inefficacia ex art. 64 L.Fall. delle prestazioni in assenza di corrispettivo

07 Gennaio 2021

La valutazione di gratuità od onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello astratto utilizzato?

La valutazione di gratuità od onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello astratto utilizzato?

Caso pratico - Una Curatela fallimentare si rivolgeva al tribunale al fine di sentir dichiarata l'inefficacia, ex art. 64 L.Fall., di un pagamento eseguito dalla società in bonis in favore del convenuto, con conseguente condanna di quest'ultimo alla restituzione dell'importo ricevuto.

Deduceva, in particolare, che il convenuto non avrebbe svolto alcuna attività in favore della società poi fallita, riconducibile al pagamento, riscontrato nella contabilità sociale, del predetto importo a titolo di consulenza.

La parte convenuta, seppur ritualmente evocata in giudizio, non si costituiva e la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.

Il Tribunale di Latina, con sentenza n. 1978 del 28 ottobre 2020, accoglieva la domanda formulata dalla Curatela fallimentare e condannava, conseguentemente, il convenuto contumace alla restituzione dell'importo ricevuto per effetto del pagamento inefficace, oltre interessi dal giorno della domanda giudiziale.

Spiegazioni e conclusioni - Ai sensi dell'art. 64 L.Fall., “sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito”, volendosi in tal modo perseguire la finalità di non consentire il pregiudizio che un simile atto arrecherebbe alle risorse patrimoniali del disponente, traducendosi, in fase fallimentare, nella menomazione delle capacità satisfattive della massa dei creditori concorrenti.

Dunque, sostengono le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, “è proprio il pregiudizio provocato dall'atto di disposizione del proprio patrimonio a divenire elemento essenziale per giustificare la sanzione dell'inefficacia delle disposizioni, proprio in funzione della tutela di interessi i cui titolari sono chiaramente individuati subito nella parte iniziale della L. Fall., art. 64, con riferimento al destinatario del beneficio dell'inefficacia relativa (i creditori del disponente)" (Cass., Sez. Un., 18 marzo 2010, n. 6538).

Pertanto, ai fini dell'azione di inefficacia di cui all'art. 64L.Fall., per atti a titolo gratuito devono intendersi non solo (e non tanto) quelli posti in essere per spirito di liberalità, che è requisito necessario della donazione, ma anche gli atti caratterizzati semplicemente da una prestazione in assenza di corrispettivo (così Cass.,24 giugno 2015, n.13087).

Il che significa che rimane irrilevante il profilo soggettivo della condotta (e dei motivi che l'hanno ispirata) e deve, invece, essere valorizzata l'assenza di corrispettivo o controprestazione, da indagarsi prestando attenzione alla causa del negozio.

L'atto solutorio, dunque, può dirsi gratuito soltanto quando il soggetto poi dichiarato fallito non tragga nessun concreto vantaggio patrimoniale dall'operazione, avendo egli inteso così recare un vantaggio a terzi, mentre deve considerarsi oneroso ogni qual volta il medesimo soggetto riceva un vantaggio per questa sua prestazione, così da recuperare anche indirettamente la prestazione adempiuta ed elidere quel pregiudizio, cui l'ordinamento pone rimedio con l'inefficacia ex lege (cfr. ancora Cass., Sez. Un., 18 marzo 2010, n. 6538).

Nel caso in esame, correttamente il Tribunale di Latina ha rilevato, in linea con quanto stabilito dalla costante giurisprudenza di legittimità, che la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello astratto utilizzato, e non può quindi fondarsi sull'esistenza, o meno, di un rapporto sinallagmatico e corrispettivo tra le prestazioni sul piano tipico ed astratto, ma dipende necessariamente dall'apprezzamento dell'interesse sotteso all'intera operazione da parte del solvens, quale emerge dall'entità dell'attribuzione, dalla durata del rapporto, dalla qualità dei soggetti e soprattutto dalla prospettiva di subire un depauperamento, collegato o meno ad un sia pur indiretto guadagno ovvero ad un risparmio di spesa (sul punto, cfr., da ultimo, Cass., 22ottobre 2020, n.23140; Trib.Latina, sez. II, 3marzo2020, n. 521).

Pertanto, sostiene il Tribunale, gli atti a titolo gratuito non sono solo quelli posti in essere per spirito di liberalità, ma anche quelli caratterizzati da una prestazione in assenza di controprestazione, appunto come avvenuto nel caso in esame.

In merito alla prova della gratuità, viene osservato che incombe sul curatore la prova della gratuità dell'atto e del compimento dello stesso nel periodo sospetto, mentre grava sulla controparte l'onere di dimostrare i presupposti per l'applicazione dell'esimente della proporzionalità degli atti rispetto al patrimonio e che, ad ogni modo, la prova della gratuità della prestazione può essere data anche per presunzioni (nello stesso senso si esprime Cass.,29 marzo 2019, n. 8978).

Nel caso di specie, la curatela ha dedotto che nella contabilità aziendale risultava un pagamento effettuato per la complessiva somma di euro 7.127,00, a fronte dell'assenza di prova della controprestazione resa, non risultando, nella documentazione societaria, perizie, consulenze o altri atti redatti a firma della controparte.

Sicché, a parere del Tribunale di Latina, la dicitura di cui alla fattura e la causale del bonifico, “consulenza presso vs punto vendita”, erano da considerare del tutto generiche e affatto idonee ad individuare le prestazioni asseritamente svolte.

Oltretutto, risultava agli atti che la parte convenuta non era titolare di partita IVA, né risultava essere iscritta ad alcun ordine professionale.

Di conseguenza, il tribunale ha concluso per l'inefficacia del pagamento ai sensi dell'art. 64 L.Fall., in assenza di qualsivoglia connessione tra il pagamento ricevuto e una prestazione d'opera professionale svolta in favore della società, condannando il convenuto a restituire alla curatela fallimentare la somma ricevuta a titolo gratuito.

La curatela fallimentare, infine, aveva richiesto la condanna del convenuto al pagamento anche degli interessi e della rivalutazione monetaria sulla sorte capitale.

A parere del tribunale, l'obbligazione restitutoria conseguente alla dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell'art. 64 della L.Fall., di un pagamento eseguito dal fallito nel cd. periodo sospetto, ha natura di debito di valuta e non di valore, atteso che l'atto posto in essere dal fallito è originariamente lecito.

Di conseguenza, in linea con quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, è stato affermato che gli interessi sulla somma da restituirsi, da parte del soccombente, decorrono dalla data della domanda giudiziale e possono essere attribuiti soltanto su espressa domanda di parte, mentre il risarcimento del maggior danno, conseguente al ritardo con cui sia stata restituita la somma di denaro oggetto della domanda, spetta soltanto ove l'attore alleghi specificamente tale danno e dimostri di averlo subito (sul punto, cfr. ancora Cass., Sez. Un., 18 marzo 2010, n. 6538).

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 64 L. Fall.
  • Trib.Latina, sez. II, 28 ottobre 2020, n. 1978
  • Trib.Latina, sez. II, 3 marzo 2020, n. 521
  • Cass., Sez. Un., 18 marzo 2010, n. 6538
  • Cass.,24 giugno 2015, n.13087
  • Cass.,29 marzo 2019, n. 8978
  • Cass., 22 ottobre 2020, n.23140

Per approfondire

  • P. Bosticco, Azione revocatoria fallimentare (bussola), in ilfallimentarista.it, 21 maggio 2020;
  • G. Limitone, La revocatoria fallimentare in Cassazione tra debito di valuta e debito di valore: è nomofilachia?,in ilfallimentarista.it, 17 dicembre 2012;
  • L. Benedetti, La revocatoria fallimentare del pagamento del debito altrui: l'intervento delle Sezioni Unite, in Giur. comm., 3, 2011, 585

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