L'esercizio provvisorio dell'attività di impresa nella liquidazione del patrimonio

Daniele Portinaro
11 Dicembre 2020

È applicabile l'istituto dell'esercizio provvisorio nelle procedure da sovraindebitamento?

È applicabile l'istituto dell'esercizio provvisorio nelle procedure da sovraindebitamento?

Caso pratico - Una persona fisica, che esercitava un'attività di impresa di carattere artigiano, in ragione della propria situazione patrimoniale, domanda al Tribunale di Rimini l'apertura di una procedura di liquidazione del patrimonio ex artt. 14 ter ss. l. 27 gennaio 2012, n. 3.

Tale impresa non era fallibile, non avendo superato nel corso degli ultimi tre esercizi i limiti dimensionali stabiliti dall'art. 1 L.F.

Al momento del deposito dell'istanza presso il Tribunale territorialmente competente, pendevano diverse azioni esecutive mobiliari sui beni funzionali all'esercizio dell'attività nonché una procedura esecutiva sull'immobile di proprietà (nel quale la debitrice stessa risiedeva).

Nell'ambito della domanda di apertura della procedura da sovraindebitamento la ricorrente chiedeva altresì al Tribunale di autorizzare l'esercizio provvisorio dell'attività di impresa, quantomeno sino al momento in cui sarebbero stati alienati i beni mobili attraverso i quali veniva esercitata la medesima.

A detta dell'istante, infatti, l'esercizio provvisorio avrebbe permesso di trarre ulteriore utilità e, di conseguenza, massimizzare anche la soddisfazione dei creditori concorsuali.

Il Tribunale di Rimini, in composizione monocratica, con decreto pubblicato in data 29 luglio 2020, apriva la liquidazione del patrimonio, senza tuttavia autorizzare l'esercizio provvisorio dell'attività di impresa.

Spiegazioni e conclusioni - Il caso in esame risulta di grande interesse poiché affronta il tema dell'esercizio provvisorio nell'ambito della procedura di liquidazione del patrimonio, in assenza di una regolamentazione specifica nella l. n. 3 del 2012.

Argomentando le ragioni concrete che lo hanno indotto a non autorizzare l'esercizio provvisorio nel caso in esame, il giudice svolge alcune riflessioni di più ampio respiro sulla compatibilità dello stesso con le procedure da sovraindebitamento.

In particolare, l'istituto in parola, a parere del Tribunale, risulta di dubbia applicabilità alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, poiché, anche volendo ammettere che si possa applicare in via analogica l'art. 104 L.F. alla liquidazione del patrimonio, si pone il quesito di chi, in concreto, sia tenuto a gestire l'attività di impresa.

A rigor di logica, spettando nella procedura fallimentare tale incombenza al curatore (e non all'imprenditore fallito), a parere del giudice adito si dovrebbe riconoscere che, nel sovraindebitamento, il compito sia di esclusivo appannaggio dell'O.C.C. (più probabilmente, però, la funzione in parola sarebbe da attribuire al liquidatore, unico organo della procedura dopo la pronuncia del decreto di apertura).

Tuttavia, come correttamente fa notare il Tribunale, l'Organismo di composizione della crisi – ma la stessa considerazione varrebbe, mutatis mutandis, anche per il liquidatore – dovrebbe assumere le responsabilità dell'esercizio di un'impresa senza che la legge gli attribuisca i relativi poteri. Dunque, tale circostanza parrebbe far propendere per una risposta negativa al quesito formulato.

Occorre precisare, peraltro, che, dopo aver dato atto di questa incertezza applicativa, il giudice ha rigettato la richiesta non per le ragioni di carattere sistematico appena esposte bensì per la non convenienza sotto il profilo economico di una eventuale autorizzazione all'esercizio provvisorio nel caso concreto.

Ed infatti, nella fattispecie in esame i costi prededucibili che sarebbero sorti con la continuazione dell'impresa avrebbero assorbito pressoché tutti i ricavi astrattamente conseguibili e l'avviamento, in ragione dell'intuitu personae che caratterizza l'attività, non avrebbe comunque potuto essere valorizzato.

Sull'ammissibilità dell'esercizio provvisorio dell'impresa si era espresso in precedenza anche il Tribunale di Mantova, il quale, rinvenendo un indice normativo “favorevole” nell'art. 14 quinquies l. n. 3/2012 nella parte in cui prescrive che il giudice possa autorizzare il debitore ad utilizzare parte dei «beni» in presenza di «gravi e specifiche ragioni», ha concesso al ricorrente la continuazione dell'attività (Tribunale di Mantova 17 settembre 2019).

In altre parole, questa tesi (contrapposta a quella sostenuta dal Tribunale di Rimini) si àncora alla lettera della disposizione appena menzionata e sulla riconducibilità del concetto di impresa nel termine «beni», ammettendo che lo stesso sovraindebitato (e non l'O.C.C. ovvero il liquidatore) possa essere autorizzato ad esercitare l'impresa anche in pendenza di procedura.

Si segnala, in conclusione, che il tema oggetto del presente commento, non affrontato nemmeno nel CCI, parrebbe meritevole di un intervento legislativo, anche in considerazione del fatto che l'esercizio dell'impresa potrebbe anche costituire la fonte di sostentamento del soggetto sovraindebitato.

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 1 L.F.
  • Art. 104 L.F.
  • Art. 14 ter L. 27 gennaio 2012, n. 3
  • Art. 14 quinquies L. 27 gennaio 2012, n. 3
  • Trib. Rimini29luglio2020
  • Trib. Mantova 17 settembre 2019

Per approfondire

  • F. Cesare, Sovraindebitamento: liquidazione del patrimonio, in ilfallimentarista.it, 19 maggio 2020
  • D. Burroni-M. Rizzuto, Sovraindebitamento. La liquidazione del patrimonio, in ilfallimentarista.it (Flussi e scenari), 15 ottobre 2020

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