Responsabilità amministrativa erariale del curatore fallimentare
23 Settembre 2021
Se il curatore fallimentare provoca un danno all'amministrazione dello Stato è assoggettabile alla giurisdizione della Corte dei Conti?
Il curatore fallimentare che, nell'esercizio delle sue funzioni, provoca un danno all'amministrazione dello Stato è assoggettabile alla giurisdizione della Corte dei Conti. La soluzione trova l'avallo di consolidati principi giurisprudenziali sia della magistratura ordinaria che di quella contabile. Riferimenti normativi - I principali riferimenti normativi sull'argomento sono: l'art. 52 R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, il quale dà un'ampia nozione di dipendente pubblico sottoposto alla giurisdizione contabile; l'art. 2 l. 8 ottobre 1984, n. 658 che estende la giurisdizione contabile per “amministratori e funzionari, impiegati e agenti di uffici e organi dello Stato e di enti pubblici”, l'art. 1 l. 14 gennaio 1994, n. 19 di conversione, con modificazioni, del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, l'art. 30 l.fall. Le motivazioni della giurisprudenza - Con la sentenza della Corte dei conti Lombardia, sez. Giurisdizionale, 12 dicembre 2005 n. 733 si è ormai da tempo cristallizzato il principio secondo cui il curatore fallimentare, in quanto pubblico ufficiale, è soggetto alla responsabilità amministrativa erariale, se nell'esercizio delle sue funzioni provoca un danno allo Stato o a un'altra Pubblica Amministrazione. In questa nota sentenza i giudici contabili sottolineano come ormai da vari lustri la Corte dei conti abbia rivendicato la propria giurisdizione anche nei confronti di soggetti estranei all'Amministrazione danneggiata ma legati alla stessa da un rapporto di servizio, che si configura quando una persona fisica od anche giuridica (es. banca tesoriere di un Ente pubblico, società concessionaria per la riscossione), venga inserita a qualsiasi titolo (volontario, coattivo, onorario od impiegatizio) nell'apparato organizzativo pubblico ed investita, sia autoritativamente che convenzionalmente, dello svolgimento in modo continuativo di una attività retta da regole proprie dell'azione amministrativa, così da esserne partecipe. Ad integrare il predetto rapporto è sufficiente, secondo la Cassazione a Sezioni Unite, l'esistenza di una relazione funzionale che implichi la partecipazione del soggetto alla gestione di risorse pubbliche e il suo conseguente assoggettamento ai vincoli ed agli obblighi volti ad assicurare la corretta gestione di tali beni. Orbene - proseguono i giudici contabili - nell'ottica del rapporto di servizio si colloca la figura del curatore fallimentare cui l'Ordinamento, oltre ad attribuire la qualifica di pubblico ufficiale ed a pretendere il possesso di peculiari qualità individuali, conferisce un ruolo essenziale nel dipanarsi della procedura affidandogli l'amministrazione del patrimonio fallimentare. L'ampiezza dei poteri attribuitigli lo rende il cardine della gestione sì da consentire la definizione di cooperatore della Giustizia quale organo ausiliare del Giudice. Se a tale soggetto fa difetto l'appartenenza organica alla struttura della Pubblica Istituzione ricorre certamente per l'investito la qualità di compartecipe fattivo dell'attività pubblica (v. Cassazione Civile SS.UU. 5 aprile 1993, n. 4060) e quindi un vero e proprio inserimento funzionale, ancorché temporaneo, nell'apparato gestionale dell'Istituzione, quale organo tecnico e straordinario della stessa con il conseguente assoggettamento alla responsabilità patrimoniale ed alla correlata competenza giurisdizionale della Corte dei conti (Cassazione Civile SS.UU. 11 aprile 1994, n. 3358). Dunque, secondo tali principi la responsabilità amministrativa erariale non implica necessariamente nè la qualifica di dipendente pubblico nè la configurazione di un rapporto di pubblico impiego, ma è sufficiente il semplice inserimento nell'organizzazione della P.A. E' il caso, appunto, del curatore fallimentare il quale è pacificamente inteso come organo ausiliare del Giudice e quindi cooperatore della Giustizia. Pertanto la sua assoggettabilità alla giurisdizione della Corte dei conti è pacificamente riconosciuta.
L'orientamento della dottrina - La dottrina ha da tempo cristallizzato alcuni concetti. Il curatore fallimentare è l'organo attivo del fallimento (ufficio esecutivo concorsuale): egli amministra il fallimento e lo instrada verso la sua chiusura, con le autorizzazioni del giudice delegato o del tribunale (F. Messineo). Egli, sotto la guida del giudice delegato, esercita funzioni molteplici promuovendo o partecipando alle operazioni [attribuitegli dalla legge] (Messineo). Il curatore, inoltre, essendo pubblico ufficiale e potendo promuovere le ragioni sia del fallimento in quanto tale, sia dei creditori e sia del fallito non può essere ricondotto alla figura del rappresentante (Satta, Provinciali, Messineo). Alcuni autori definiscono l'attività del curatore come amministrazione sostitutiva del debitore (Satta): ciò non toglie che essa sia finalizzata ad assicurare il rispetto di interessi generali (F. Messineo). Quella del curatore fallimentare si appalesa, quindi, come un'attività ausiliaria del giudice ed il curatore è da considerarsi a tutti gli effetti come un cooperatore della giustizia. Pertanto, anche sulla base tali premesse, risulta pienamente condivisibile l'orientamento pressoché unanime della giurisprudenza che sottopone il curatore fallimentare alla giurisdizione della Corte dei conti. |