Consorzi: esenzione IVA applicabile anche per i consorziati costituiti da meno di tre anni

Fabio Gallio
13 Settembre 2021

Anche i soggetti consorziati costituiti da meno di tre anni possono beneficiare del regime di esenzione dall'Iva previsto dal secondo comma dell'art. 10, D.P.R. n. 633/1972, per le prestazioni rese dal Consorzio nei loro confronti. Lo ha precisato l'Agenzia delle Entrate con le risposte a interpello n. 956-2591/2020 e n. 956-2592/2020. L'esenzione trova applicazione anche per le prestazioni di servizi, rese dal Consorzio, strettamente connesse con l'assistenza e la previdenza sociale fornite dalle case di riposo in essere nelle singole fondazioni consorziate.
Premessa

Anche i soggetti consorziati costituiti da meno di tre anni possono beneficiare del regime di esenzione dall'Iva previsto dal secondo comma dell'art. 10, d.P.R. n. 633/1972, per le prestazioni rese dal Consorzio nei loro confronti. Lo ha precisato l'Agenzia delle Entrate con le risposte a interpello n. 956-2591/2020 e n. 956-2592/2020. L'esenzione trova applicazione anche per le prestazioni di servizi, rese dal Consorzio, strettamente connesse con l'assistenza e la previdenza sociale fornite dalle case di riposo in essere nelle singole fondazioni consorziate.

Finalità

Alcune fondazioni, nate su iniziative di parrocchie appartenenti alla medesima Diocesi offrono servizi socio-assistenziali, socio-sanitari e sanitari nei confronti di persone anziane e/o adulte, disabili, fragili, non autosufficienti parzialmente o totalmente, sofferenti di limitazioni nell'esercizio delle comuni funzioni fisiche o psichiche, perseguendo finalità di interesse generale, civiche, di solidarietà, di utilità sociale e di promozione umana. Le fondazioni sono state costituite da meno di tre anni e continueranno di fatto l'attività svolata dalle parrocchie.

Le finalità suindicate vengono perseguite tramite lo svolgimento delle seguenti attività:

  • gestione di case di accoglienza, centri diurni e residenze socio-assistenziali, anche in convenzione con gli Enti Pubblici preposti;
  • attivazione e gestione di servizi socio–sanitari e sanitari;
  • attivazione e gestione di servizi di qualsiasi genere a favore delle persone che consentano il miglioramento delle loro qualità di vita;
  • educative e di istruzione;
  • promozione della cultura del volontariato.

Con l'obiettivo di ottenere economie di scala e di accentrare in un soggetto di secondo livello alcune attività, le fondazioni sono intenzionate a costituire un Consorzio con lo scopo di svolgere servizi comuni a vantaggio delle consorziate (le fondazioni in esame), quali, ad esempio, quelli per la ristorazione, quelli di assistenza ed infermieristici, di formazione, quelli informatici, quelli amministrativi/contabili e quelli di amministrazione del personale e altri, trasferendo il personale e conferendo incarichi di servizio a tale soggetto che ribalterà i costi e fatturerà alle Fondazioni le prestazioni fornite. In capo alle fondazioni rimarrebbero sia la titolarità autorizzativa e l'accreditamento, sia la responsabilità della gestione delle attività nei confronti della Regione, che dovrà riaccreditare le fondazioni per l'esercizio delle attività socio-sanitarie, sia i rapporti e le relazioni con i territori di riferimento.

Ciò premesso, nel caso in cui le fondazioni che intendono costituire il consorzio siano costituite da meno di tre anni (e abbiano comunque detratto l'Iva in misura non superiore al 10%), per le prestazioni che il consorzio rende a favore delle consorziate fondazioni è possibile comunque beneficiare dell'esenzione dall'Iva di cui al secondo comma dell'art. 10, d.P.R. n. 633/1972?

La citata norma dispone infatti che sono esenti dall'Iva le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei consorziati per i quali, nel triennio solare precedente, la percentuale di detrazione ex. art. 19–bis non sia stata superiore al 10%, a condizione che i corrispettivi dovuti dai consorziati non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse.

Prima, però, di procedere, si ritiene opportuno soffermarsi sulla definizione di consorzio.

Il contratto di consorzio

Il contratto di consorzio viene definito dall'art. 2602 c.c. come un contratto con cui “più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese”.

Si tratta quindi di un contratto che nasce dalla volontà di una pluralità di soggetti imprenditori intenzionati a coordinare e organizzare in comune lo svolgimento delle proprie attività produttive.

Esistono diverse classificazioni di consorzio, in ragione della tipologia di organizzazione che deriva dal contratto in esame:

  • consorzi con attività interna;
  • consorzi con attività esterna.

I consorzi con attività interna essenzialmente disciplinano i rapporti fra i consorziati (solo per operazioni collegate al loro ordinario funzionamento entrano in contatto con soggetti terzi). Ha rilevanza solamente per i soggetti che vi aderiscono aderenti.

I consorzi con attività esterna si distinguono dai precedenti in ragione della sussistenza di rapporti intrapresi con soggetti terzi (assume obbligazioni per conto delle imprese consorziate), nonché per la presenza di un proprio fondo comune.

Tale tipologia di consorzi è dunque dotata di una struttura più complessa ed articolata rispetto alla prima tipologia.

Il requisito della qualità di imprenditore (che deve permanere durante lo svolgimento del contratto) costituisce il presupposto essenziale per la partecipazione ad un consorzio. La cessazione comporterebbe il venir meno della partecipazione al contratto associativo (L'importanza della qualifica di imprenditore del soggetto consorziato è stata sottolineata in Cian M., “Manuale di diritto commerciale”, Torino, 2018, 139).

Per la nozione di imprenditore è necessario far riferimento a quanto stabilito in merito dall'art. 2082 del codice civile, il quale definisce tale soggetto come colui che “esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. Se ne desume pertanto che ai fini della qualifica non assuma alcuna rilevanza la dimensione del soggetto (grande o piccolo), il fatto che esso sia un soggetto privato o pubblico, se l'attività svolta sia commerciale oppure agricola.

Ciò detto, va verificato se le fondazioni intenzionate a costituire un consorzio possano essere qualificate come soggetti imprenditori e rientrate quindi nell'ambito dell'art. 2082 del codice civile.

In primis va rilevato che le fondazioni, seppur aventi natura non lucrativa, hanno la possibilità di svolgere attività imprenditoriale (come poc'anzi definita).

Va inoltre evidenziato che l'attività socio-assistenziale espletata all'interno delle strutture sanitarie di proprietà delle fondazioni può consentire a tali enti di assumere la qualifica di “imprenditori”, a condizione che siano soddisfatte le condizioni necessarie per lo svolgimento di un'attività d'impresa ai sensi dell'art. 2082 c.c.:

  • professionalità (la professionalità non è affatto sinonimo di esclusività, in ragione del fatto che l'attività produttiva può anche non essere l'unica attività svolta da chi la pone in essere. Non è nemmeno sinonimo di continuità, nel senso che può anche essere caratterizzata da interruzioni in un intervallo temporale, interruzioni che devono essere collegate alle esigenze naturali del ciclo produttivo sottostante (è il caso delle attività stagionali). L'attività può anche esser finalizzata alla realizzazione di un unico affare, non è pertanto necessario il conseguimento di una pluralità di risultati. Ciò è stato opportunamente evidenziato in Cian M., “Manuale di diritto commerciale”, Torino, 2018, 14);
  • economicità. L'attività è condotta con metodo economico quando è finalizzata a procacciare entrate in grado di coprire i costi relativi ai fattori produttivi utilizzati. L'attività deve pertanto essere condotta con modalità che consentono almeno la copertura dei costi, così da assicurare l'autosufficienza della stessa impresa;
  • organizzazione. Per la sussistenza del requisito dell'organizzazione non è strettamente necessario che la funzione organizzativa dell'imprenditore abbia ad oggetto anche prestazioni lavorative di altri soggetti. Anche chi opera utilizzando il solo fattore capitale e il proprio lavoro può avere la qualifica di imprenditore. [Come opportunamente evidenziato in Cian M., “Manuale di diritto commerciale”, Torino, 2018, 15, “I fattori produttivi impiegabili nel processo produttivo possono essere i più vari. Essi sono sostanzialmente riconducibili alle due categorie fondamentali, individuate dalla scienza economica: il lavoro e il capitale … Peraltro non è necessario che le due tipologie di fattori produttivi ricorrano congiuntamente … non è da escludere che determinati processi produttivi possano richiedere esclusivamente il fattore lavoro (processi produttivi c.d. labour intensive) o il fattore capitale (processi produttivi c.d. capital intensive)”. Ciò che qualifica l'impresa è l'utilizzazione di mezzi e risorse. L'imprenditore si occupa del coordinamento degli stessi al fine di conseguire un risultato produttivo];
  • produzione e scambio di beni e servizi. È necessario che l'attività economica sia finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. È possibile qualificare come impresa anche la produzione di servizi di tipo assistenziale, ricreativo o culturale (è il caso ad esempio delle case di riposo o di cura).

Qualora sia svolta da soggetti qualificabili come imprenditori, è classificabile come attività produttiva di servizi anche l'erogazione di prestazioni socio-sanitarie.

Le fondazioni in esame si occupano per l'appunto della fornitura di un servizio di assistenza ai pazienti ricoverati all'interno delle strutture sanitarie, e si tratta di un servizio svolto in modo stabile e continuativo, svolto con metodo economico (finalizzato a recuperare entrate almeno idonee alla copertura dei costi sostenuti per lo svolgimento dell'attività).

L'utilizzo di fattori produttivi quali il personale e gli immobili (per il servizio di assistenza ai pazienti nelle case di cura) garantisce anche il soddisfacimento del requisito dell'organizzazione.

Non è tutto.

La possibilità di qualificare le fondazioni come soggetti imprenditoriali è stata confermata anche recentemente dall'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 63/E/2019 e con la risposta a interpello n. 187 del 12 giugno 2019.

In entrambi i documenti di prassi l'Amministrazione finanziaria ha avuto modo di affermare un importante principio, ossia che il concetto di non lucratività non necessariamente coincide con quello di non commercialità, posto che:

  • il carattere non commerciale dell'ente dipende dallo svolgimento in via esclusiva o prevalente di attività d'impresa;
  • mentre l'assenza del fine di lucro implica semplicemente un'espressa previsione statutaria che vincola la destinazione del patrimonio e degli utili a quelle che sono le finalità sociali dell'ente, escludendone la ripartizione.

Afferma esplicitamente l'Agenzia nella suindicata risposta a interpello (Risposta a interpello n. 187 del 12 giugno 2019): “La natura non lucrativa della fondazione non preclude, tuttavia, che questa svolga attività imprenditoriale se questa risulta essere strumentale allo scopo istituzionale per il quale è stata costituita. In tale ipotesi, anche alla fondazione si applicano, in linea generale, le disposizioni che regolano l'attività dell'imprenditore commerciale”.

Si può pertanto essere in presenza di soggetti che svolgono la propria attività senza fine di lucro e al contempo qualificabili come imprenditori.

E con specifico riferimento alle fondazioni che hanno ad oggetto lo svolgimento di servizi socio-assistenziali, socio-sanitari e sanitari nei confronti di persone anziane e/o adulte, disabili, fragili, non autosufficienti, la possibilità di essere qualificate come soggetti imprenditoriali e la conseguente possibilità di costituire un consorzio è stata confermata dall'Agenzia delle Entrate con la recente risposta a interpello n. 92 dell'8 febbraio 2021.

Sulla base di quanto sopra evidenziato le fondazioni (anche quelle in esame) possono essere qualificate come imprenditori e hanno conseguentemente la possibilità di costituire un consorzio.

Nell'ipotesi in cui le fondazioni costituiscano un Consorzio con attività interna, il Consorzio dovrà limitarsi a regolare i rapporti fra i consorziati, nonché a controllare il rispetto di quanto convenuto.

Al contrario, nell'ipotesi in cui il consorzio fornisca il servizio socio-assistenziale completo agli ospiti delle strutture di proprietà delle fondazioni con l'assegnazione e gestione del personale di queste ultime, assicurando servizi generali che possono richiedere un rapporto con i terzi, il Consorzio sarebbe qualificabile come consorzio con attività esterna e dovrebbe porre in essere i relativi adempimenti pubblicitari di cui all'art. 2612 c.c..

In particolare, gli amministratori dovrebbero procedere (entro trenta giorni dalla stipula del contratto di consorzio) con il deposito di un estratto del contratto per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese del luogo in cui si trova la sede dell'ufficio.

All'interno dell'estratto del contratto devono essere indicati:

  • la denominazione, l'oggetto del consorzio, nonché la sede dell'ufficio;
  • il cognome e il nome dei consorziati;
  • la durata del consorzio;
  • le persone a cui sono attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio nonché i rispettivi poteri;
  • il modo con cui il fondo consortile è formato e le norme inerenti alla liquidazione.

Per quanto attiene la forma e il contenuto del contratto di consorzio, è necessario far riferimento a quanto previsto a tal proposito dal codice civile, in particolare dall'art. 2603.

A pena di nullità, è necessario che il contratto sia stipulato con la forma scritta.

Alcune specifiche indicazioni devono essere contenute all'interno del contratto:

  • l'oggetto del consorzio e la durata del medesimo;
  • gli obblighi che assumono i consorziati, nonché i contributi dovuti dai medesimi;
  • la sede dell'ufficio che è eventualmente costituito;
  • per quanto attiene gli organi consortili, quali sono le loro attribuzioni e i loro poteri (anche per quanto attiene la rappresentanza in giudizio);
  • quali sono i casi di recesso ed esclusione;
  • quali sono le condizioni per ammettere nuovi consorziati;
  • in caso di inadempimento agli obblighi da parte dei consorziati, quali sono le sanzioni applicabili;
  • la definizione delle quote dei singoli consorziati (ovvero i criteri per la determinazione delle stesse) nell'ipotesi in cui il consorzio abbia ad oggetto il contingentamento della produzione o degli scambi.

Le deliberazioni che riguardano l'attuazione dell'oggetto del consorzio vengono prese con il voto favorevole della maggioranza dei consorziati, salvo il caso in cui non sia diversamente stabilito all'interno del contratto del consorzio, così come espressamente stabilito dall'art. 2606 c.c..

Inoltre, in ragione di quanto disposto dall'art. 2605 del codice civile, l'adempimento delle obbligazioni assunte viene accertato dagli organi che sono previsti dal contratto in questione.

Come già poc'anzi evidenziato, nell'ipotesi del consorzio con attività esterna scattano alcuni adempimenti di carattere pubblicitario.

In ragione di quanto stabilito dall'art. 2614 c.c. il consorzio con attività esterna è dotato di un patrimonio autonomo rispetto al patrimonio dei singoli consorziati: si tratta del fondo consortile.

Il fondo consortile è costituito:

  • dai contributi dei consorziati;
  • dai beni che sono stati acquistati con i suddetti contributi.

Per l'intera durata del fondo non è possibile richiedere la divisione del fondo da parte dei soggetti consorziati, inoltre sul fondo stesso non possono essere fatti valere i propri diritti da parte dei creditori particolari dei consorziati.

Non va infine sottaciuto che, in ragione di quanto disposto dall'art. 2615 c.c.:

  • per le obbligazioni che sono assunte in nome del consorzio dalle persone che ne hanno la rappresentanza, i terzi potranno far valere i loro diritti solamente sul fondo consortile;
  • per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati, risponderanno questi ultimi in solido con il fondo consortile;
  • nell'ipotesi di insolvenza nei rapporti tra i consorziati, il debito dell'insolvente sarà ripartito fra tutti in proporzione delle quote.

Le persone che hanno la direzione del consorzio, entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale, devono inoltre redigere la situazione patrimoniale, osservando le norme inerenti al bilancio di esercizio delle società per azioni e a depositarla presso l'ufficio del registro delle imprese (così come stabilito dall'art. 2615-bis del codice civile).

Fatte queste necessarie considerazioni, è a questo punto possibile esaminare il trattamento IVA delle prestazioni effettuate dal consorzio a favore dei consorziati.

L'esenzione dall'Iva delle prestazioni rese dal Consorzio

Il secondo comma dell'art. 10, d.P.R. n. 633/1972, contiene una disposizione di favore nei confronti dei consorziati (ovvero dei soci di consorzi).

Dispone infatti l'esenzione dall'applicazione dell'Iva per le prestazioni rese dal Consorzio a favore dei suindicati soggetti.

Il Legislatore prevede tuttavia il soddisfacimento di talune condizioni ai fini dell'applicazione di tale misura agevolativa:

  • nel triennio solare antecedente a tali prestazioni l'Iva detratta non deve essere stata superiore al 10%;
  • i corrispettivi dovuti non devono eccedere i costi che sono imputabili alle prestazioni medesime.

La finalità della norma è chiara: non arrecare un pregiudizio ai soggetti che, in ragione della tipologia di attività svolta, detraggono l'Iva in misura assai ridotta.

Si tratta peraltro di requisiti la cui importanza è stata ribadita dall'Agenzia delle Entrate anche nelle circolari n. 23/E/2009 e n. 5/E/2011, nonché nella risposta a interpello n. 92 dell'8 febbraio 2021, in cui l'Amministrazione finanziaria ha rilevato che i consorziati o soci partecipanti al consorzio ovvero alla società consortile devono aver avuto diritto alla detraibilità dell'Iva in misura non superiore al 10% (quindi pro-rata minore o uguale al 10%), a prescindere dal settore di attività in cui gli stessi operano.

Detto in altri termini il regime di esenzione è riservato alle prestazioni di servizi rese a favore di consorziati che:

  • sono privi del diritto a detrazione;
  • ovvero che svolgono marginalmente attività imponibile (in misura tale da determinare un pro-rata non superiore al 10%).

L'esenzione in esame, in ragione di quanto stabilito dall'art. 132, par. 1, lettera g), della Direttiva Iva (Direttiva n. 112/2006), trova applicazione anche con riferimento alle prestazioni di servizi e alle cessioni di beni strettamente connesse con l'assistenza e la previdenza sociale, comprese quelle fornite da case di riposo. Non va peraltro sottaciuto, a conferma dell'applicabilità del regime di esenzione con riferimento alle attività di assistenza socio-sanitaria agli ospiti di case di riposo, quanto precisato dall'Agenzia delle Entrate tramite la risposta a interpello n. 240 del 3 agosto 2020. Relativamente a tale tipologia di prestazioni, infatti, l'Agenzia ha rilevato che, nell'ipotesi in cui vengano rese separatamente rispetto alla gestione globale della casa di riposo, debbano essere fatturate in regime di esenzione dall'Iva qualora rientrino all'interno di una delle fattispecie di cui al citato art. 10. Si legge per l'appunto nel suddetto documento di prassi “… le … prestazioni rese distintamente dalla gestione globale della casa di riposo prestazioni infermieristiche e riabilitative saranno fatturate secondo il regime proprio delle stesse, e dunque in regime di esenzione da IVA ove rientrino in una delle fattispecie di cui all'articolo 10 del Decreto IVA … le "singole prestazioni" previste dall'attuale contratto possano essere fatturate in regime di esenzione IVA ove abbiano le caratteristiche per rientrare in una delle fattispecie previste dal citato articolo 10”. E nella circostanza de qua si rientrerebbe in toto nella casistica di cui al secondo comma dell'art. 10, d.P.R. n. 633/1972. Pertanto, nel caso in esame, l'attività svolta dal Consorzio sarà riconducibile a quelle di interesse pubblico, considerato che la stessa consisterà in prestazioni di servizi strettamente connesse con l'assistenza e la previdenza sociale fornite dalle case di riposo in essere nelle singole fondazioni, permettendo a quest'ultime il miglioramento del servizio, una più efficace relazione con le Istituzioni sanitarie e Regionali e notevoli risparmi di costi, dati dalle evidenti economie di scala.

Ciò detto, relativamente alla disciplina in esame, taluni dubbi potrebbero sorgere nel caso in cui i soggetti consorziati (o quantomeno alcuni di essi) siano costituiti da meno di tre anni rispetto all'anno in cui vengono rese le prestazioni da parte del Consorzio, e ai consorziati siano state precedentemente conferite aziende.

Ci si chiede come debba essere verificato il rispetto del limite del 10% del pro-rata Iva in presenza di aziende conferite.

Inoltre ci si chiede se sussistano ancora le condizioni per applicare l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto in presenza di soggetti consorziati costituiti da meno di tre anni.

Aziende conferite – verifica del pro rata

In presenza di aziende conferite risulta utile far riferimento a quanto precisato dall'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 414/E/2018, con cui l'Amministrazione finanziaria ha rilevato che nel caso in cui a uno dei soggetti che costituiscono il consorzio sia stata conferita un'azienda, per la verifica del rispetto del limite del 10% del pro-rata Iva in capo al consorziato (conferitario) va considerato anche il volume d'affari complessivo dell'azienda conferita (il volume d'affari deve essere considerato con riferimento all'intero anno d'imposta in cui è avvenuto il conferimento). Conseguentemente, il consorziato, per verificare il rispetto del limite del 10% del pro-rata Iva, dovrà tener conto anche dell'ammontare delle operazioni imponibili riconducibili all'azienda acquisita (tramite conferimento).

Soggetto consorziato costituito da meno di tre anni

Per quanto attiene invece alla costituzione del soggetto consorziato da meno di tre anni si ritiene utile innanzitutto far riferimento a quanto stabilito in merito dall'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 23/E dell'8 maggio 2009, la quale ha precisato che: “Per quanto concerne i consorziati che abbiano iniziato l'attività nell'anno stesso in cui aderiscono al consorzio o, comunque, da meno di tre anni, si deve ritenere che, al fine di garantire l'applicazione della normativa di esenzione anche nei loro confronti, il requisito soggettivo, ancorato al rispetto della percentuale di detraibilità, debba essere valutato sulla base di un criterio revisionale, basato essenzialmente sulle caratteristiche oggettive dell'attività intrapresa, e sicuramente riconosciuto per i soggetti che abbiano optato per la dispensa dagli adempimenti ai sensi dell'art. 36-bis, i quali, restando vincolati a tale regime, che preclude l'esercizio della detrazione per un triennio (o per un periodo maggiore in caso di acquisto di beni ammortizzabili), automaticamente soddisfano il requisito per tutto l'arco temporale previsto dalla norma di esenzione”.

Se eventuali dubbi potevano ancora sussistere in ordine alla possibilità di beneficiare dell'esenzione per i soggetti consorziati costituiti di almeno di tre anni, tali dubbi sono stati definitivamente fugati dall'Agenzia delle Entrate con le recenti risposte a interpello n. 956-2591/2020 e n. 956-2592/2020, inedite.

L'Amministrazione finanziaria ha infatti nuovamente precisato che per garantire l'applicazione della normativa di esenzione anche nei confronti dei soggetti in questione (costituiti da meno di tre anni), la valutazione va effettuata basandosi su un criterio revisionale: va fatto riferimento alle caratteristiche oggettive dell'attività che viene intrapresa.

E la possibilità di beneficiare dell'esenzione deve essere senz'altro riconosciuta ai soggetti che hanno peraltro optato per la dispensa dagli adempimenti ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 633/1972.

Ragion per la quale, al ricorrere delle altre condizioni previste dalla disciplina in esame (tra le quali è compreso il fatto che il corrispettivo non superi il costo imputabile alle prestazioni stesse) anche i soggetti consorziati costituiti da meno di tre anni possono beneficiare del regime di esenzione dall'Iva previsto dall'art. 10, secondo comma, del d.P.R. n. 633/1972.

In conclusione

In sede di interpello le fondazioni sostenevano di poter procedere con la costituzione del consorzio e ritenevano che, in presenza dei requisiti previsti dall'art. 10, secondo comma, d.P.R. n. 633/1972 (ossia che nel triennio solare antecedente alle prestazioni rese dal consorzio a favore dei consorziati l'Iva detratta dai consorziati non sia stata superiore al 10%, e che i corrispettivi dovuti non debbano eccedere i costi che sono imputabili alle prestazioni medesime) l'esenzione dall'Iva potesse trovare applicazione anche nell'ipotesi in cui le fondazioni (soggetti consorziati) fossero costituite da meno di tre anni.

L'Agenzia delle Entrate ha confermato quanto sostenuto dai soggetti istanti, posto che con le risposte a interpello n. 92 dell'8 febbraio 2021, e n. 956-2591/2020, n. 956-2592/2020 (le ultime due inedite), l'Agenzia delle Entrate ha rilevato che le fondazioni che offrono servizi socio-assistenziali, socio-sanitari e sanitari possono essere qualificate come soggetti imprenditoriali e hanno conseguentemente la possibilità di costituire un consorzio.

Inoltre l'Amministrazione finanziaria con le risposte a interpello n. 956-2591/2020, n. 956-2592/2020 (inedite), ha confermato che, nell'ipotesi in cui il corrispettivo delle prestazioni rese dal consorzio non ecceda i costi imputabili alle prestazioni medesime e qualora sia altresì soddisfatto il requisito del non superamento del 10% della percentuale di detrazione dell'Iva, l'esenzione prevista dall'art. 10, secondo comma, d.P.R. n. 633/1972, trova applicazione anche nel caso in cui le fondazioni consorziate siano state costituite da meno di tre anni.

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