Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14811/20, depositata il 10 luglio, chiamata ad intervenire in una causa iniziata da un lavoratore per l'impugnazione della decisione che respingeva il reclamo avverso la sentenza di rigetto della sua opposizione contro l'ordinanza con cui il Tribunale aveva respinto il ricorso di impugnazione del licenziamento intimatogli dal Comune con apposita lettera.
In particolare con il motivo di ricorso l'attuale ricorrente denuncia violazione degli artt. 22, comma 1, lett. g) d.P.R. n. 445/2000 e dell'art. 1399 c.c., in riferimento all'art. 2697 c.c., sostenendosi che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d'Appello, manca la prova della data certa opponibile al ricorrente della Convenzione stipulata dal Comune con il Presidente dei Comuni della Bassa Romagna, avente ad oggetto la delega della funzione disciplinare comunale all'Ufficio associato interprovinciale per la prevenzione e risoluzione delle patologie dei dipendenti. Infatti, anche se i due enti avevano deliberato di concludere la convenzione, l'atto del giorno successivo con cui l'accordo è stato posto per iscritto pur avendo le firme digitali del sindaco e dell'anzidetto Presidente e l'indicazione della data, manca della firma digitale che attribuisce ai documenti informatici una data e un orario opponibili a terzi.
Secondo un consolidato principio, gli atti e i certificati della PA sono assistiti da una presunzione di legittimità che può essere inficiata solo da contestazioni precise e puntuali che individuino il vizio da cui l'atto sarebbe affetto e offrano di provarne il fondamento.
Nel caso di specie il ricorrente non dimostra che le firme digitali poste in calce all'accordo de quo non fossero conformi all'originale o che la data indicata non corrispondesse al vero, ma lamenta solo la mancanza della “marca digitale”, che non è elemento essenziale degli atti della PA.
Infatti dal Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD) e dalle linee guida emanate dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AGID) risulta che:
- «il sistema di firma qualificata o digitale garantisce all'autore del documento informatico, di rendere manifesta l'autenticità», di verificarne la provenienza e l'integrità;
- «per garantire e mantenere nel tempo l'efficacia probatoria del documento informatico sottoscritto digitalmente è necessario avvalersi di un riferimento temporale opponibile a terzi, tramite il quale è possibile associare – quando necessario – ad un documento informatico una sorta di “etichetta elettronica, contenente data e ora certa”, allo scopo di dimostrare che il documento aveva quella specifica forma in quel preciso momento temporale»;
- tra le varie tipologie di riferimenti temporali opponibili a terzi, quello più conosciuto è la cosiddetta “marca temporale” definita come «il riferimento temporale che consente la validazione temporale e che dimostra l'esistenza di un'evidenza informatica in un tempo certo»;
- infine, l'art. 40 CAD dispone che «le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le disposizioni di cui al presente codice e le regole tecniche di cui all'articolo 71».
A ciò consegue che per le PA, la segnatura di protocollo e la PEC rappresentano due tipi di validazione temporale fondamentali e utilizzati nella gestione e trasmissione dei documenti informatici. L'unica accortezza richiesta all'utente è quella di verificare che la firma apposta al documento informatico sia valida al momento dell'invio/ricezione della PEC o al momento della segnatura del protocollo. Diversamente, «la validazione temporale risulterebbe intempestiva e quindi non determinante per il prolungamento dell'efficacia giuridica della firma e del documento».
Da tutto ciò deriva che per i documenti informatici delle PA, restando salva la responsabilità dei soggetti che formano l'atto informatico, sono previsti sistemi diversi rispetto alla “marca temporale” per individuare con certezza il momento di formazione del documento.
Dunque, la prospettata violazione di legge derivante dall'assenza della “marca temporale” nel documento informatico è inammissibile perché le norme su di essa non sono obbligatoriamente applicabili ai documenti informatici delle PA.
(Fonte: www.dirittoegiustizia.it)