Durante il colloquio con il cliente detenuto il legale può portare con sé il computer?

Redazione scientifica
29 Ottobre 2019

La Corte di Cassazione ha affermato che, posto che non esistono norme giuridiche che escludono espressamente l'accesso in carcere dell'avvocato con strumenti informatici (computer e/o pen-drive), per esigenze di sicurezza è comunque necessario, per autorizzarne l'utilizzo durante i colloqui con il proprio assistito detenuto, verificare nel caso concreto la stretta necessità del ricorso a tale mezzo per la tutela del diritto di difesa.

Negato l'accesso con il pc. Il GIP rigettava l'istanza con cui l'avvocato aveva chiesto l'autorizzazione ad entrare in carcere munito del pc per utilizzarlo durante un colloquio con il suo assistito. Avverso tale decisione l'avvocato propone ricorso per cassazione.

Motivi per cui occorre l'ausilio del computer. La Suprema Corte ha chiarito che gli artt. 104 c.p.p., 18, comma 2, l. n. 354/1975 e 37, comma 3, d.P.R. n. 230/2000 sanciscono sia il diritto dell'imputato a conferire con il difensore sin dall'inizio dell'esecuzione della misura o della pena, sia il diritto del difensore ad accedere ai luoghi in cui la persona si trova in custodia. Per garantire che non sia introdotti strumenti pericolosi o vietati, le persone ammesse al colloquio con i detenuti devono essere sottoposte a rigidi processi di identificazione e controllo.

Seppur nessuna di queste norme vieta espressamente al difensore di introdurre supporti informatici all'interno dell'istituto, tale modalità di esecuzione del colloquio deve essere sottoposta ad una verifica di compatibilità con le esigenze di sicurezza della restrizione custodiale.
La Corte Costituzionale ha affermato che tutti i detenuti, anche in forza di condanna definitiva, possono conferire con i difensori senza bisogno di autorizzazioni o limiti di ordine quantitativo, e ciò anche in ordine a qualsiasi procedimento contenzioso suscettibile di essere instaurato, restando affidata all'Autorità penitenziaria, in correlazione con le esigenze organizzative e di sicurezza, solo la determinazione delle modalità pratiche di svolgimento di colloqui, senza alcun possibile sindacato in ordine all'effettiva necessità e ai motivi dei colloqui stessi.
Per ciò che interessa nel caso di specie, la preventiva valutazione delle esigenze di sicurezza con quelle del diritto di difesa avrebbe imposto, innanzitutto, che l'avvocato illustrasse adeguatamente le ragioni che rendevano realmente indispensabile l'ausilio di strumentazione informatica durante il colloquio.

Nel caso in esame, invece, la richiesta è risultata del tutto generica. Il difensore, in particolare, non ha specificato le ragioni per cui non aveva potuto stampare gli atti processuali necessari allo svolgimento del colloquio, salvo un vago richiamo al fatto che si trattava di un corposo fascicolo penale, senza specificare la quantità delle cartelle e il numero effettivo di pagine. Inoltre, secondo la Corte il diritto di difesa poteva essere salvaguardato utilizzando uno dei computer presenti nella struttura penitenziaria, mediante l'utilizzo di una chiavetta (previo controllo del personale preposto alle verifiche).

Per tutti questi motivi, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.

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