La prededuzione delle spese nel procedimento di opposizione al fallimento

La Redazione
13 Settembre 2019

Le spese sostenute dal creditore istante nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento non sono ammesse in prededuzione, senza che assuma rilievo la sua qualità di litisconsorte necessario, non potendosi desumere da essa l'inerenza delle spese sostenute all'amministrazione del fallimento o alla sua conservazione.

Le spese sostenute dal creditore istante nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento non sono ammesse in prededuzione, senza che assuma rilievo la sua qualità di litisconsorte necessario, non potendosi desumere da essa l'inerenza delle spese sostenute all'amministrazione del fallimento o alla sua conservazione.

Il caso. Una S.p.a. chiedeva l'ammissione al passivo di un Fallimento in prededuzione per il credito relativo alle spese legali sostenute nel giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento nella qualità di parte opposta, procedimento definito con sentenza di rigetto e condanna del fallito al rimborso delle suddette spese. Il giudice delegato rigettava l'istanza precisando che lo strumento procedimentale a cui ricorrere era il ricorso ex art. 101 l. fall.. Il Tribunale rigettava però anche tale istanza. La Corte d'Appello confermava la decisione. La società creditrice proponeva dunque ricorso in Cassazione.

Prededucibilità. Non sono ammesse in prededuzione le spese sostenute dal creditore istante nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, senza che assuma rilievo la sua qualità di litisconsorte necessario, non potendosi desumere da essa l'inerenza delle spese sostenute all'amministrazione del fallimento o alla sua conservazione. In altre parole, le spese sostenute dal creditore istante per il fallimento non hanno natura prededucibile perché non strettamente inerenti alle esigenze di amministrazione del fallimento. Il creditore ha infatti un interesse specifico a resistere nella causa di opposizione al fallimento posto che l'eventuale revoca del fallimento potrebbe integrare fonte di responsabilità laddove risulti che l'istanza di fallimento abbia cagionato un danno ingiusto. Il creditore ricorrente non è investito di alcun potere di rappresentanza della massa dei creditori i cui interessi sono curati in via esclusiva dal curatore e dal giudice delegato.

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