È sottoposto alla giurisdizione del giudice amministrativo il procedimento di sostituzione di una SGR di un fondo immobiliare da parte di un ente previdenziale
27 Febbraio 2019
Massima
Sono soggetti alle procedure di evidenza pubblica ed alla giurisdizione del giudice amministrativo non solo gli affidamenti di servizi finanziari consistenti nella costituzione e gestione di un fondo immobiliare ad una società di gestione e risparmio (SGR) ma anche la procedura per l'individuazione di una nuova SGR, nel caso di fondi già costituiti, a seguito dell'esercizio del diritto di sostituzione del precedente gestore da parte dell'assemblea dei quotisti del fondo. Anche in tale ipotesi, infatti, sebbene il fondo immobiliare costituisca un centro di imputazione giuridica dotato di una soggettività autonoma, non vengono in rilievo i poteri e le attività del fondo ma l'individuazione di una nuova SGR, da sottoporre all'assemblea dei quotisti, ad opera di un organismo di diritto pubblico, che detiene la maggioranza delle quote del fondo ed è quindi soggetto all'applicazione della disciplina del codice dei contratti.
Una volta che sia stata deliberata dall'assemblea dei titolari di quote del fondo immobiliare la sostituzione per giusta causa del precedente gestore, questi, non coinvolto nella nuova procedura di selezione, non ha interesse a contestare gli atti della procedura di individuazione del nuovo gestore trovando applicazione l'art. 80, c. 5 lett. c) del D.Lgs. 50/2016 che comporta l'esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici degli operatori economici incorsi in ipotesi gravi illeciti professionali. Il caso
La vicenda ha ad oggetto il procedimento di sostituzione di una SGR incaricata della gestione di un fondo immobiliare da parte di un ente previdenziale titolare della maggioranza delle quote del fondo i cui esiti sono stati contestati innanzi al giudice amministrativo da parte della medesima SGR sostituita che, quale operatore economico pretermesso interessato a partecipare, ha contestato gli atti della nuova procedura. La questione
La sentenza in commento si segnala per aver risolto, in una peculiare fattispecie connotata da un articolato intreccio di elementi privatistici e pubblicistici, due questioni di carattere processuale affermando principi di importante rilievo sul piano sostanziale in materia di contratti pubblici: la prima, in merito alla giurisdizione del giudice amministrativo sugli atti impugnati, la seconda in ordine all'interesse ad agire della SGR uscente. A seguito di una prima delibera dell'assemblea dei quotisti del fondo che ha disposto la sostituzione della prima SGR, l'Ente ha, dapprima, individuato il nuovo gestore a seguito di apposita procedura e, quindi, ne ha sottoposto la nomina all'assemblea del fondo immobiliare. Gli atti dell'intero processo di sostituzione sono stati contestati dalla SGR uscente sia innanzi al giudice ordinario (contestando che la delibera di sostituzione sia stata disposta “per giusta causa”) sia innanzi al giudice amministrativo (sostenendo l'illegittimità degli atti di designazione da parte dell'Ente nonché delle delibere di nomina del nuovo gestore adottate dell'assemblea dei quotisti del fondo, in ragione del mancato rispetto delle regole di evidenza pubblica). Le soluzioni giuridiche
Il Collegio ha anzitutto delimitato il thema decidendum alla luce delle domande di parte ricorrente precisando che esse attenevano alla mancata indizione della gara per la individuazione del nuovo gestore e chiarendo che restano, invece, pacificamente devolute alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le questioni attinenti specificatamente alle ragioni dell'avvenuta sostituzione “per giusta causa” del gestore, motivata dall'assemblea dei quotisti del fondo in ragione di presunte irregolarità nella gestione.
Così delimitato l'oggetto del giudizio il TAR ha quindi affrontato i presupposti per affermare la propria giurisdizione: quello soggettivo, attinente cioè alla natura giuridica dell'Ente previdenziale; quello oggettivo, relativo alla natura del servizio oggetto di affidamento nel caso di specie. Con riferimento alla natura giuridica del soggetto agente il TAR ha aderito all'orientamento giurisprudenziale che afferma la natura di organismo di diritto pubblico degli enti previdenziali, ancorché aventi forma privatistica (nella specie di fondazione), richiamandosi ai precedenti del Consiglio di Stato (Cons. St. Sez. IV, 27 luglio 2011, n. 4486 e Cons. St., sez. VI, 23 dicembre 2013, n.6185). Sul piano oggettivo, invece, il TAR ha affrontato la questione relativa alla riconducibilità della tipologia contrattuale in rilievo tra quelle ricomprese nell'ambito del D.Lgs. 50/2016. Si tratta, in particolare di verificare, se le disposizioni in materia di evidenza pubblica siano applicabili alle procedure di selezione dei gestori e dei depositari nell'ambito della c.d. gestione indiretta delle risorse finanziarie degli enti previdenziali. Anche su questo punto il TAR si è richiamato ad un precedente del Consiglio di Stato, il parere del 22 ottobre 2015 n. 2871 sullo «Schema di decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la COVIP, ex articolo 14, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, recante disposizioni in materia di investimento delle risorse finanziarie degli enti previdenziali, dei conflitti di interesse e di banca depositaria» in cui si afferma che tale attività non debba essere esentata dal ricorso a procedure di evidenza pubblica dal momento che “il servizio” affidato al gestore di un fondo non possa ritenersi rientrante tra quelli c.d. ‘esclusi' dall'ambito applicativo del codice dei contratti (di cui all'art. 19, comma 1, del previgente D.Lgs 163/06 tra i contratti) non potendosi far rientrare tra i c.d. “servizi finanziari” in senso stretto (in quanto tali ‘esclusi' dalla predetta disposizione). Il tratto caratterizzante del servizio affidato nel caso di specie, infatti, è costituito dal fatto che è il gestore che amministra le risorse in piena autonomia e, a titolo di corrispettivo, percepisce apposite commissioni. Secondo il TAR, dunque, il rapporto che intercorre con l'ente previdenziale forma oggetto di un contratto ad hoc nell'ambito del quale l'ente detta esclusivamente le linee di indirizzo, mentre il gestore amministra in piena autonomia le risorse da investire. Sulla base di tali premesse, rilevato che fra gli obiettivi dell'intera materia vi è quello della gestione previdenziale degli investimenti e di riduzione del rischio, nonché quello che, nel corso della gestione indiretta, l'esternalizzazione dell'attività di investimento non pregiudichi l'attività di controllo, riservando comunque la responsabilità finale di tale attività all'ente previdenziale, il Collegio ha concluso nel senso che la sola procedura di evidenza pubblica sia in grado di assicurare una adeguata tutela degli interessi dell'ente previdenziale e degli aderenti e il perseguimento di dette finalità. La questione centrale della controversa è l'applicabilità delle regole di evidenza pubblica nel peculiare caso in cui l'individuazione di un nuovo gestore di un fondo già costituito ed al cui interno sono presenti altri quotisti (oltre l'Ente previdenziale) e se tale individuazione debba essere svolta secondo la disciplina del codice dei contratti. A tale interrogativo il TAR fornisce risposta positiva, con conseguente sottoposizione della vicenda alla propria giurisdizione. In tali casi infatti, ad avviso del TAR; non può dirsi che l'Ente abbia agito da quotista nel presupposto che questa operazione abbia carattere intrasocietario. Il procedimento di sostituzione, nell'ambito di un fondo già costituito, in altre parole, non può dirsi differente da quello consistente nella costituzione ex novo di fondi immobiliari cui conferire il proprio patrimonio. Il fondamento della posizione assunta dal TAR è che il fondo immobiliare – a prescindere dalle diverse tesi in merito alla esatta individuazione della sua natura giuridica – costituisce comunque un centro di imputazione giuridica dotato di una soggettività autonoma ma, nel caso in esame, non si controverte dei poteri e alle attività del fondo bensì, più propriamente, dell'individuazione del gestore, da sottoporre all'assemblea dei quotisti, ad opera di un organismo di diritto pubblico (cioè l'Ente previdenziale), che detiene la maggioranza delle quote del fondo e che, come si è detto, è soggetto all'applicazione della disciplina del codice deicontratti. Tale conclusione, secondo il TAR, discende inoltre dal fatto che l'individuazione di un nuovo gestore è funzionale al compito istituzionale, quello previdenziale, di trasformazione delle risorse finanziarie in patrimonio immobiliare. La disciplina pubblicistica risulta quindi applicabile in ragione della funzionalizzazione dell'attività posta in essere dal soggetto procedente, non potendosi escludere la ricorrenza del c.d. elemento teleologico. Per questo non si tratta di sindacare l'attività svolta dall'Ente quale quotista del fondo, riconducibile all'area del diritto privato, ma un'attività preliminare, la scelta del gestore da proporre all'assemblea dei quotisti, che rientra nell'ambito dell'attività pubblicistica. Ricostruita la vicenda nei termini suddetti, cioè alla stregua di una procedura di aggiudicazione, il TAR ha quindi affrontato la seconda questione di carattere processuale, vale a dire la sussistenza dell'interesse ad agire della SGR oggetto di sostituzione da parte dell'Ente-quotista e pretermessa dalla procedura di individuazione del nuovo gestore. Il Collegio ha ribadito come l'interesse ad agire, che deve sussistere in termini di concretezza, va inteso nel senso che l'annullamento degli atti impugnati deve risultare idoneo ad arrecare un'effettiva utilità. Tale principio, con particolare riferimento alle procedure di aggiudicazione, conduce a ritenere che, in linea generale, il soggetto legittimamente escluso da una gara non è titolare di alcun interesse strumentale alla rinnovazione della stessa, in quanto si trova nella identica posizione di un qualunque altro soggetto che non abbia partecipato alla gara. Sulla scorta di tale principio il Collegio ha ritenuto che la SGR oggetto del procedimento di sostituzione non avesse interesse a impugnare gli atti con cui è stata indetta la procedura per la scelta del nuovo gestore, posto che la stessa non avrebbe comunque potuto partecipare alla procedura, vista l'avvenuta sostituzione per giusta causa in relazione ai medesimi servizi. Il TAR ha quindi qualificato le contestazioni, mosse dall'Ente alla SGR e che hanno poi portato alla delibera di sua sostituzione quale gestore del fondo, alla stregua di una fattispecie rilevante ai sensi dell'art. 80, comma 5, d.lgs.50/2016, con la conseguente esclusione da una procedura indetta per l'aggiudicazione della gestione di questi fondi. Il TAR ha quindi aderito all'interpretazione estensiva dell'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs.50/2016, richiamandosi al Consiglio di Stato (Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299) nella parte in cui fa rientrare tra i “gravi illeciti professionali” anche le “significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata”. Il TAR, in particolare, ha precisato che un pregresso inadempimento contrattuale rileva a fini escludenti, qualora assurga al rango di “grave illecito professionale”, tale da rendere dubbia l'integrità e l'affidabilità dell'operatore economico, anche se non abbia prodotto gli effetti risolutivi, risarcitori o sanzionatori tipizzati. Pertanto, è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione della portata di pregressi inadempimenti che non abbiano (o non abbiano ancora) prodotto questi effetti specifici; in tale eventualità, però, i correlati oneri di prova e di motivazione sono ben più rigorosi ed impegnativi rispetto alle ipotesi esemplificate nel testo di legge e nelle Linee Guida ANAC n. 6. Osservazioni
Il TAR Lazio nell'analizzare il procedimento di sostituzione della SGR di un fondo da parte dell'ente previdenziale – a sua volta qualificabile quale organismo di diritto pubblico - titolare della maggioranza delle quote del fondo, ha valorizzato massimamente il rilievo pubblicistico di tale procedimento ritenendolo sottoposto alle regole di evidenza pubblica. Così statuendo il TAR ha dunque esteso l'orientamento espresso in passato anche dall'AVCP (oggi ANAC) per un'ipotesi, invero, differente da quella in esame e relativa alla costituzione (e contestuale affidamento della gestione) di fondi immobiliari ad apportopubblico. La fattispecie decisa tuttavia, quantomeno sul piano fattuale si distingue nettamente dai casi analizzati nella determinazione AVCP 81 del 7 ottobre 2009 e nel parere ANAC AG 90/15/AP del 10 dicembre 2015 (richiamati da controparte). Il primo parere riguarda infatti la diversa ipotesi di selezione di una SGR da incaricare ex novo del compito di istituire (e successivamente gestire) un fondo immobiliare c.d. “ad apporto pubblico” al quale trasferire la proprietà di parte del patrimonio immobiliare del soggetto procedente/apportante e con la finalità di giungere alla dismissione dello stesso. Si trattava quindi di un rapporto contrattuale complesso la cui causa principale era quella dell'affidamento del servizio di costituzione del fondo e di presa in carico di parte del patrimonio immobiliare già di proprietà del soggetto apportante, nelle more del completamento della dismissione dello stesso. In ultima analisi, la gestione immobiliare diretta di parte del patrimonio immobiliare dell'ente, tramite l'apporto al fondo immobiliare, veniva affidata ad un soggetto terzo, che aveva altresì il compito di dismetterlo. Allo stesso modo, anche parere del Consiglio di Stato n. 2871/2015, fatto proprio dal TAR, attiene alle delle modalità di selezione del soggetto/dei soggetti da incaricare, mediante stipula di una convenzione, della gestione delle risorse finanziarie disponibili (c.d. “gestione indiretta”), anche in questo caso la causa principale del contratto è quella dell'affidamento di un servizio (di gestione delle risorse finanziarie disponibili). Nel caso di specie la sostituzione della SGR e il relativo procedimento costituisce attuazione di un atto formalmente privatistico, quale la delibera assembleare, esercizio di un ben preciso diritto conferito alla maggioranza dei quotisti del fondo dalla normativa di settore. In tale diversa prospettiva l'esercizio diritto di sostituzione potrebbe essere ricostruito anche secondo i tratti una vicenda esclusivamente privatistica, con conseguente carenza della giurisdizione del giudice amministrativo. Il diritto di sostituzione della SGR, in particolare, costituisce il rimedio minimo e insopprimibile che un partecipante-quotista ha a disposizione durante la vita di un fondo nel caso in cui sia venuto meno il vincolo fiduciario con la SGR, inizialmente gestore e ciò, ovviamente, in disparte la, ed a prescindere dalla, natura pubblica o privata del quotista. Si tratta, cioè, del diritto di concorrere in seno all'assemblea del fondo per deliberare sostituzione della SGR stessa in base all'art. 37, comma 3, primo periodo, del D.Lgs.24 febbraio 1998, n. 58 (recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52). Tale disposizione, nel disciplinare il regolamento dei fondi immobiliari (di tipo chiuso) prevede che “i partecipanti possono riunirsi in assemblea esclusivamente per deliberare sulla sostituzione del gestore” richiedendo che “le deliberazioni [siano] approvate con il voto favorevole della maggioranza assoluta delle quote degli intervenuti all'assemblea”. Tale diversa ricostruzione si basa sulla possibile assimilazione della sostituzione di una SGR alla sostituzione di un amministratore di società per azioni (cfr. Trib. Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, n. 7232 del 10 giugno 2016) sulla scorta della quale può trovare in via analogica applicazione l'orientamento che, atteso il rilievo primario che il legislatore assegna alla garanzia del vincolo fiduciario, afferma l'amministratore non può invocare una tutela reale volta alla conservazione della carica, soggiacendo al diritto dell'assemblea di sostituirlo (cfr. ex multis: Cass. Civ., Sez. I, 26 gennaio 2017, n. 2037; Cass. Civ., Sez. I, 15 aprile 2016, n. 7587; Cass. Civ., SS.UU., 29 ottobre 2004, n. 20957). Sulla scorta dell'applicazione della disciplina societaria in tema di sostituzione dell'amministratore, dunque, la SGR non avrebbe alcuna tutela che le permetta di opporsi alla volontà dei quotisti di sostituirla e che le consenta così di mantenere la propria “carica”. Sempre in ottica privatistica, la delibera di sostituzione potrebbe essere ricostruita in termini di mero esercizio di un diritto inerente uno strumento finanziario. Le quote del fondo sono infatti qualificabili come “strumenti finanziari ai sensi dell'art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 58 del 1998 il quale stabilisce che debba intendersi come tale qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell'Allegato I del medesimo, che ricomprende, nella Sezione C, numero 3), le «quote di un organismo di investimento collettivo». Tali partecipazioni, dunque, ove siano acquisite dall'organismo di diritto pubblico, perseguendo una finalità d'investimento di liquidità disponibili andrebbero considerate estranee all'ambito di applicazione del D.lgs. 50/2016 avvenendo, la selezione/individuazione di tali opportunità d'investimento nei fondi, e i relativi contratti di sottoscrizione/acquisto supportate dall'attività di advisor finanziari, secondo schemi esclusivamente privatistici. Venendo alla seconda questione, una volta che il TAR ha fatto propria la ricostruzione dell'iter di sostituzione della SGR in termini pubblicistici, meno problematiche, si ritiene, appaiono le conclusioni in ordine alla sussistenza dell'interesse ad agire della SGR uscente a contestare il procedimento seguito per l'individuazione del nuovo iter. Il Collegio, infatti, in coerenza con detta ricostruzione, non può che fornire anche del segmento ‘privatistico' della vicenda, e cioè l'esercizio del diritto di sostituzione ai sensi dell'art. 37 del D.Lgs. 58/1998, secondo il paradigma di un contratto pubblico qualificandolo alla stregua dell'ipotesi espulsiva di cui all'art. 80, c. 5, lett. c) del D.Lgs. 50/2016 e, segnatamente, quale grave illecito professionale. Al contempo, deve dedursi che la circostanza che la SGR uscente avesse, parimenti, contestato innanzi al giudice ordinario “i giusti motivi” di revoca del mandato di gestione del fondo è stata ritenuta dal TAR ininfluente ai fini dell'integrazione degli estremi dell'ipotesi espulsiva in questione. Il Collegio infatti ha aderito al, più rigido, orientamento formatosi nel contesto degli appalti pubblici, secondo il quale la contestazione giudiziale di una pregressa risoluzione contrattuale non priva quest'ultima di rilevanza ai sensi della predetta previsione Il TAR, quindi, si pone nel solco della giurisprudenza secondo la quale l'opposta tesi, in base alla quale, rispetto a fatti ugualmente costituenti grave illecito professionale, ritenere che per alcuni sarebbe sufficiente neutralizzare gli effetti ostativi della partecipazione mediante la semplice proposizione di una domanda giudiziale ed avvalersi della mera pendenza del relativo giudizio, renderebbe la norma, di fatto, di difficile applicazione concreta, poiché la stessa resterebbe soggetta ad una sorta di condizione potestativa in favore di chi dovrebbe invece subirla, vanificando, nel contempo, la funzione di tutela dell'interesse pubblico di estromettere concorrenti che la disposizione codicistica in scrutinio consente alla stazione appaltante, come ipotesi generale, di qualificare non affidabili, a prescindere da una presupposta verifica giudiziale (così TAR Campania, Napoli, I, 2390/18, conf. ord. Cons. St., 3220/18, nonché Cons. St., 1299/18 citata dal TAR nella sentenza in commento). È questa, del resto, l'impostazione che sembra essere stata fatta propria dal Legislatore che, nel riformare le ipotesi di cui alla lettera c), di cui all'art. 80, c. 5, - il quale contemplava la “risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio” - non ha riproposto, nella nuova lett. c-ter) introdotta dall'art. 5 del decreto-legge n. 135 del 2018 decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135, alcun riferimento all'eventuale non contestazione o conferma in giudizio dell'eventuale risoluzione del contratto. In dottrina: A.D. Mazzilli, G. Mari e R. Chieppa, I contratti esclusi dall'applicazione del codice dei contratti pubblici, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. Sandulli, R. De Nictolis e R. Garofoli, I, Milano, Giuffrè, 2008, 424 ss.; G. Taccogna, I mutui degli enti pubblici tra affidamento mediante gara e ricorso diretto alla Cassa Depositi e Prestiti, in Urb. app., 2009, 5 ss.; F. Zaccone, Commento all'art. 19, in Codice degli appalti pubblici, a cura di A. Cancrini, C. Franchini e S. Vinti, Torino, Utet, 2014, 151 ss.; C. Catarisano, Commento all'art. 18, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di L.R. Perfetti, II ed., Milano, Ipsoa, 2017, 126 ss.; R. De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Bologna, Zanichelli, 2017, 316 ss.; C. Fabrizi e L. Ponzone, , in La nuova disciplina degli appalti pubblici, a cura di R. Garofoli e G. Ferrari, Roma, Neldiritto, 2017, 78 ss.; L. Ferrara, Commento all'art. 16, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di L.R. Perfetti, II ed., op. cit., 101 ss.; B. Giliberti, Appalti di servizi esclusi nel nuovo codice dei contratti pubblici. Spunti di riflessione in materia di servizi finanziari relativi all'emissione, acquisto, vendita, e trasferimento di titoli o altri strumenti finanziari, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2017, 107 ss.; L.R. Perfetti, Commento agli artt. 17 e17-bis, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di L.R. Perfetti, II ed., op. cit., 106 ss.; A. Rosi, Commento all'art. 15, ivi, 98 ss.; L. Sticchi, I contratti esclusi (artt. 4-18), in I nuovi appalti pubblici, a cura di M. Corradino e S. Sticchi Damiani, Milano, Giuffrè, 2017, 24 ss..
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