“Significato economico” della stabile organizzazione: convergenze ed assonanze tra BEPS e giurisprudenza italiana
26 Febbraio 2019
Premessa
L'istituto della stabile organizzazione ha subito, nell'ultimo anno, una profonda metamorfosi sia nei contenuti definitori sia nei relativi corollari applicativi. Il centro propulsore del cambiamento è stato, ça va sans dire, il progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS), patrocinato dall'organismo parigino OCSE che, nel ridisegnare il perimetro ed i contenuti essenziali del sistema della fiscalità internazionale, ha riverberato i propri effetti anche sull'attuale formulazione domestica dell'istituto in parola, contenuta nell'art. 162 del TUIR (i.e. d.P.R. n. 917/1986).
Tra i connotati normativi maggiormente innovati nella definizione di stabile organizzazione (in avanti anche SO) tratteggiata dall'art. 5 del Modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, figurano la riedizione della cd. negative list del quarto paragrafo e - complementariamente - l'inserimento ex novo di una regola di anti-frammentazione nella valutazione sulla sussistenza di un permanent establishment status del contribuente estero che opti per una strategia di insediamento pulviscolare nel market country.
Come vedremo, tali interventi, non solo si collocano all'esito di una profonda riflessione – che innesta le proprie radici concettuali su un terreno anche di tipo giurisprudenziale – sulle più perniciose strategie di elusione fiscale internazionale attuate da un numero crescente di gruppi multinazionali, in particolare se operanti nel mondo proteiforme della digital economy, dove il coefficiente di presenza fisica sul mercato è naturaliter diluito e confinato alla presenza di sparuti uffici preposti all'erogazione di (apparentemente marginali) servizi di marketing o di post-vendita alla clientela.
Infine, valuteremo la vis innovativadel progetto BEPS sul tema della SO, alla luce bifocale della legge di bilancio 2018, che ha metamorfosato i contorni positivi del mentovato art. 162 TUIR e (soprattutto) dei consolidati orientamenti in materia sviluppati dal giudice di Nomofilachia italiano.
Come noto, nell'ambito della più vasta architettura definitoria del permanent establishment status, il paragrafo quarto dell'art. 5 del Modello di Convenzione OCSE, contempla la cd. negative list, ovvero una lista di attività al ricorrere delle quali un fixed place of business non è ritenuto integrare una stabile organizzazione nello Stato di insediamento della società estera. Si tratta delle attività preparatorie ed ausiliarie al business dell'impresa non residente (tra le attività ivi considerate, assumono un deciso rilievo nella prassi internazionale le “installazioni utilizzate ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all'impresa” (lett. a) del quarto paragrafo dell'art. 5 del Modello OCSE) che, pur contribuendo alla produttività dell'impresa estera, non si considerano in grado di generare, in ragione della loro marginalità e residualità rispetto al core business della società non residente, un utile autonomo rispetto a quello della parent company. La loro esclusione evita – tra l'altro – criticità computazionali, altrimenti necessarie, connesse alla determinazione della quota di utili attribuibili a tali insediamenti a “basso contenuto economico”, neutralizzandone la rilevanza fiscale ai fini della quantificazione del reddito imponibile (Si veda Commentario all'art. 5 del Modello OCSE, paragrafo 23 (versione 2010)).
In merito alla verifica dei requisiti in parola, il nuovo paragrafo 60 del Commentario prevede che, come indirizzo generale, debbano considerarsi aventi un carattere (Cfr. par. 60 del Commentario all'art. 5 del Modello di Convenzione, versione 2017):
È inoltre precisato che le attività preparatorie o ausiliarie debbano essere svolte per conto dell'impresa stessa (“carried on for the enterprise itself”) mentre non hanno tale carattere quelle svolte per conto di altre imprese (“performed on behalf of other enterprise”) (Cfr. par. 60 del Commentario all'art. 5 OECD MC).
Ebbene, sulla base di tali considerazioni, la previgente formulazione del quarto paragrafo dell'art. 5 del Modello di Convenzione OCSE, induceva a degli automatismi circa la non-configurazione della SO: al ricorrere, cioè, delle attività ivi elencate era esclusa tout court la configurazione di una presenza tassabile nello Stato della fonte. Tra le attività escluse (perché ritenute ope legis ausilierie o preparatorie) compaiono, tra l'altro, quelle di deposito, immagazzinaggio, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all'impresa nel territorio di insediamento. Una caratteristica, quest'ultima, che – come appalesato sia dalla recente prassi accertativa sia dall'evoluzione conclamata di noti modelli di business legati al mondo dell'e-commerce, costituisce in realtà un fattore-chiave del successo imprenditoriale dell'azienda non residente, non potendosi a ragione considerare un elemento succedaneo ed accessorio della formula imprenditoriale di famosi digital giants d'oltreoceano. Analogamente, tra le attività ricomprese nella excepted clause del quarto paragrafo dell'art. 5 del Modello, rientra(va)no quelle espletate tramite sedi fisse d'affari “utilizzate ai soli fini di acquistare merci o raccogliere informazioni per l'impresa”, una funzione di cui l'evoluzione del mercato ne ha svelato la centralità: la raccolta massiva e capillare di dati ed informazioni della clientela (cd. data collecting) è, difatti, la linfa vitale del nuovo commercio digitale, tanto da parlare ormai di una data economy da affrontare con regole anti-trust poderose ed efficaci (Si veda, al riguardo, un illumnante articolo pubblicato sul sito www.economist.com del 6 maggio 2017, dal titolo “The world's most valuable resource is no longer oil, but data”).
Tali automatismi sono stati eliminati dal progetto BEPS intervenendo direttamente sul wording del paragrafo in commento, in un duplice modo:
Nel prosieguo, quindi, il baricentro argomentativo sarà incentrato sugli elementi di novità presenti nella negative list dopo le modifiche apportate dal progetto BEPS.
Il risultato dell'azione 7 del BEPS project, per quanto riguarda in particolare la formulazione della negative list del par. 4 dell'art. 5 del Modello di Convenzione, può essere letto – come suggerito dalla prima dottrina formatasi sul tema – come un (ri)bilanciamento del principio della certezza e semplicità a favore dell'equità fra le nazioni contraenti (inter-nation equity). In particolare, “(…) ad una riduzione della certezza (derivante dal maggior ricorso ad analisi caso per caso […] si accompagna il rafforzamento (restore) della potestà impositiva dello Stato della fonte grazie all'ampliamento della nozione di stabile organizzazione”.
In limine, come rilevato nei lavori del Final Report (ed ancor prima, in quelli dei due Discussion Draft dell'ottobre 2011 e del 2012), preme evidenziare come l'inclusione di una cd. specific activity exemption nella definizione dell'istituto della SO, abbia comportato – nel tempo – una serie di distorsioni fiscali nella pianificazione internazionale di gruppi di imprese. Tali manovre di base erosion and profit shifting, perpetrati da numerosi gruppi societari internazionali, si sostanziano nella artificiosa segregazione dei propri processi di value creation nello Stato della fonte su più presidi aziendali, al fine di far assumere un formale carattere preparatorio ed ausiliario alle società del gruppo residenti nel market Country, diluendone artatamente il significato economico e, quindi, la presenza tassabile. Sul punto, apertis verbis, il citato Report recita “Some States, however, consider BEPS concerns related to Art. 5 (4) essentially arise where there is fragmentation of activities between closely related parties (…). These States therefore consider that there is no need to modify Art. 5(4) […] and that the list of exceptions in subparagraphs a) to d) of paragraph 4 should not be subject to the condition that the activities referred to in these subparagraphs be of a preparatory or auxiliary character […]”.
Sulla scorta di tali considerazioni, come parzialmente anticipato, il progetto BEPS è intervenuto – strategicamente – su due punti dell'elenco previsto al paragrafo quarto, ovvero:
In entrambi i casi, l'eliminazione del riferimento al carattere ausiliario e preparatorio delle attività è stato sostituto con una chiosa finale, posta alla fine del paragrafo quarto, che recita: “provided that such activity or, in the case of subparagraph f), the overall activity of the fixed place of business, is of a preparatory or auxiliary character”, generalizzando quindi il giudizio sul carattere preparatorio ed ausiliario delle attività a tutta l'exception list. Sintatticamente, infatti, riferire l'attributo “ausiliare” e/o “preparatorio” non solo a specifiche alinea ma all'intero elenco del paragrafo in analisi, significa estendere il giudizio sulla natura del fixed place of business a tutte le attività elencate nel paragrafo quarto dell'articolo in commento, suggerendo un giudizio casistico su ogni fattispecie. L'effetto netto della riformulazione proposta dal Final Report è, quindi, quello di restringere il campo di applicazione della basic rule del primo paragrafo dell'art. 5 del Modello, imponendo un test più selettivo per determinare l'esistenza o meno dei requisiti di una SO, come apertamente depone il nuovo paragrafo 58 del Commentario: “[…] the provisions of the paragraph actually amount to a general restriction of the scope of the definition of permanent establishment contained in paragraph 1 and, when read with that paragraph, provide a more selective test by which to determine what constitutes a permanent establishment. Le modifiche implementare in sede OCSE sono state de plano trasfuse nella normativa nazionale italiana mediante la legge di bilancio 2018 che – in materia – ha ridisegnato la fisionomia dell'art. 162 TUIR. Anche dalla prospettiva della novellata normativa domestica, dunque, si registra un cambio di paradigma: da una disapplicazione “automatica” si passa ad una valutazione di tipo casistico, assumendo, l'elencazione del comma 4 dell'art. 162 TUIR, una finalità meramente esemplificativa[6]. Così, ad esempio, sulla base della nuova formulazione, l'occupazione di uno spazio ai fini di stoccaggio non potrà essere considerata “automaticamente” attività “preparatoria” o “ausiliaria” in quei settori come l'e-commerce per i quali i tempi di consegna (e, quindi, di “vicinanza” ai clienti) costituiscono un fattore dirimente della catena distributiva
Il cambio di paradigma ottenuto con la riformulazione dell'elencazione del quarto paragrafo dell'art. 5 del Modello (id est il passaggio dall'automatica disapplicazione della SO ad una valutazione in casibus dei requisiti per l'esenzione), si affianca ad un altro accorgimento strategico, operato in chiave anti-avoidance, sulla fisionomia della definizione: l'inserimento di una regola di anti-frammentazione(cd. anti-fragmentation rule), valevole per i gruppi di impresa, in riferimento alle attività elencate al quarto paragrafo del corpus dell'art. 5. Tale regola, incardinata nel nuovo paragrafo 4.1, assurge a logico corollario della riformulazione della negative list,or ora analizzata, del quarto paragrafo della disposizione convenzionale. Non estendere, difatti, l'obbligo di una valutazione casistica delle attività concretamente realizzate nello Stato della fonte anche alle società estere che ivi vi operano nella forma di un gruppo di imprese (o meglio: parti strettamente correlate), avrebbe offerto un potente strumento di pianificazione fiscale aggressiva, vanificando ab imis fundamentis le ragioni dell'intervento OCSE.
La regola, tuttavia, è complessa e merita di essere analizzata partitamente. Tra gli elementi di sicuro interesse si evidenzia, in particolare, l'introduzione di un'analisi funzionale del cohesive business operation, ovvero del complesso unitario di operazioni svolto da un gruppo di imprese strettamente correlato tra loro e che presentano la peculiare caratteristica di svolgere un insieme eterogeneo di attività che –valutate singolarmente – risultano meramente preparatorie ed ausiliarie al core business aziendale ma che, alla luce di una valutazione olistica dell'intero assetto imprenditoriale, originano una presenza economicamente sensibile nello Stato di ubicazione e – propter hoc – fiscalmente rilevante. In casi del genere, il nuovo paragrafo 4.1 dell'art. 5 del Modello OCSE, legittima le Amministrazioni finanziarie dei Paesi contraenti a ritenere configurata una SO nello Stato di insediamento, con gli effetti tributari che a questa legittimazione conseguono.
La normativa convenzionale di nuovo conio, inoltre, distingue tra due ipotesi fenomeniche in cui opera la regola di anti-segregazione delle funzioni aziendali: quella della lettera a) in cui rileva la preesistenza di una SO dell'impresa o di altre imprese del gruppo; e quella della lettera b) in cui, pur in assenza di una preesistente SO, rileva la combinazione di attività dell'impresa e/o di altre imprese del gruppo. In ogni caso, val la pena sottolineare, l'ipotesi comune è quella di una sede fissa d'affari che sia mantenuta e/o utilizzata da altra impresa o da imprese strettamente correlate localizzate in un solo Stato contraente (non rilevando, quindi, fixed place of business ubicati in altri Stati). A tale accertamento, si affianca la verifica della natura delle funzioni aziendali svolte dalle società di insediamento alla luce di un cohesive business operation, utilizzato come parametro di riferimento per valutare il carattere complementare delle funzioni esercitate dalle società del gruppo nello Stato della fonte. La precisazione, posta a margine del par. 4.1, si pone, in realtà, come condizione di attivazione della regola anti-fragmentation: solo una valutazione delle funzioni svolte dalle due imprese nello stesso luogo o dalle imprese strettamente correlate nei due luoghi, che ne riveli una stretta interdipendenza, può consentire infatti l'estensione delle regole del quarto paragrafo dell'art. 5 ai gruppi di imprese avvinte da un medesimo progetto imprenditoriale (meglio: da un cohesive business operation). L'obiettivo è stato, dunque, quello di raggiungere – anche a livello convenzionale – una totale equiparazione tra due modelli di pianificazione fiscale aggressiva: quello della società estera che frammenta le proprie attività tra più sedi d'affari sparse nel medesimo Paese d'investimento e quella del soggetto estero che, al medesimo fine di disgregare il valore delle attività poste in essere, ricorra ad una rete di più società fra loro strettamente correlate operanti nel medesimo Paese d'investimento. Ciò, come evidente, rappresenta un logico corollario della restrizione del campo di applicazione del par. 4 dell'art. 5 del Modello di Convenzione (o meglio: è la conseguenza di un più oneroso onere probatorio dell'inesistenza di una SO), in materia di attività preparatorie ed ausiliarie.
In particolare, in merito alla neo-definizione di closely related parties invocata dal nuovo paragrafo 4.1 dell'art. 5 del Modello OCSE e (mutatis mutandis) dal nuovo comma 7-bis dell'art. 162 TUIR, il nuovo paragrafo 8 dell'art. 5 del Modello di Convenzione, espressamente distingue due ipotesi di stretta correlazione tra soggetti economici, scilicet:
Le medesime condizioni si applicano, infine, qualora le due società siano controllate (o strettamente correlate) da (o ad) una terza società. La legge di bilancio 2018 e vecchie assonanze giurisprudenziali
La clausola di anti-frammentazione dispiega un significato profondo anche in considerazione della legge di bilancio 2018 che, al comma 1010 dell'art. 1, ha apportato significative modifiche all'istituto della SO di diritto domestico inserendo inter alia il quinto comma dell'art. 162 TUIR, contenutisticamente sovrapponibile tel quel a quello di matrice OCSE.
Merita, sul punto, una più attenta riflessione critica la nozione di un complesso unitario di operazioni d'impresa, richiamato dall'ultima parte del nuovo quinto comma dell'art. 162 TUIR, riferito al paradigma di valutazione del complesso di funzioni esercitate dalle imprese o dalle imprese strettamente correlate nello Stato della fonte. Ebbene, in proposito occorre rilevare che è questa una delle poche occasioni in cui l'OCSE accetta di discostarsi dal tradizionale principio dell'independent person per adottare l'approccio alternativo (c.d. del formulary approach) che guarda all'unitarietà dell'impresa economica. Non solo: traguardando la normativa tributaria di nuovo conio nel più ampio orizzonte giurisprudenziale e della prassi accertativa italiana, la nozione di business coesivo ai fini dell'individuazione di una SO cd. occulta non solo è antecedente alla legge di bilancio 2018, ma lo è anche rispetto al progetto BEPS da cui la novella normativa attinge la sua genesi.
In proposito, difatti, rilevava ASSONIME (già nel 2016), in riferimento alla possibile implementazione della antifragmentation rule nell'ordinamento fiscale nazionale: “A ben guardare, queste innovazioni concettuali costituiscono anch'esse, in un certo senso, strumenti per “scovare” ipotesi di stabile organizzazione occulta (…). Osserviamo però che questi concetti sono molto simili a quelli già applicati in Italia. (…) Al riguardo, infatti, l'Amministrazione finanziaria e la giurisprudenza di legittimità hanno fatto da “apripista” (…)”.
Che la valutazione unitaria del business aziendale fosse il canone interpretativo nell'individuazione di una SO occulta in Italia, lo dimostrano inter alia diverse pronunce del giudice di legittimità, fra cui oltre alle celebri sentenze Phillips Morris la cd. Sentenza SMI, San Marino Investimenti (Cass. Civ., n. 1118/2013), in cui la Cassazione ha annullato la sentenza della Commissione Tributaria regionale che avrebbe omesso “una attenta valutazione unitaria e globale” di tutti gli elementi rilevanti della strategia aziendale di insediamento in Italia* e, soprattutto, la pronuncia cd. CEPU (Cass. Civ., n. 20597/2011), afferente l'organizzazione imprenditoriale del noto marchio della didattica.
Proprio nell'ultima sentenza citata, la Cassazione, per la prima volta, accertava infatti l'esistenza di una SO materiale facendo riferimento esplicito ad una antifragmentation rule. Nel caso di specie, difatti, le singole società italiane (CID) cui si rivolgevano gli studenti, erano formalmente distinte dalla società sanmarinese (CEPU) ma economicamente integrate in una struttura unitaria strumentale allo svolgimento dello scopo commerciale in Italia della casa madre, configurando complessivamente – a giudizio della Cassazione – una stabile organizzazione di CEPU. La particolarità della pronuncia, come evidenziato da acuta dottrina, è di non aver considerato preclusivo, ai fini dell'accertamento della sussistenza di una SO, il fatto che la presenza sul territorio fosse articolata attraverso una molteplicità di ditte formalmente distinte e non attraverso un unico soggetto. L'elemento dirimente – a prescindere dalla soggettività giuridica – è rappresentato dall'integrazione economica delle varie sedi dislocate sul territorio e la loro soggezione alle direttive della società estera che, per il loro tramite, realizzava una struttura unitaria strumentale al raggiungimento del proprio (peculiare) scopo commerciale.
Non solo: la medesima sentenza CEPU, racchiude altresì in nuce l'endiadi concettuale tra la regola di anti segregazione del modello imprenditoriale e della valutazione casistica delle attività incluse nella negative list. Con riferimento, in particolare, alla frammentazione delle attività, la sentenza esprime un concetto affine a quello delle sedi multiple di cui al paragrafo 27.1 del Commentario all'art. 5 del Modello OCSE., dove viene ribadita la irrelvanza – ai fini dell'integrazione di una SO, della circostanza in cui una società estera svolga attività cd. ancillari o preparatorie in più luoghi all'interno di un medesimo Paese. Parimenti, si pone in evidenza il fatto che, in funzione della peculiarità e del modo di articolarsi del business model della singola multinazionale, la verifica della natura ancillare e meramente preparatoria delle attività deve essere effettuata caso per caso, tenendo conto delle circostanze concrete, soprattutto quando l'impresa estera abbia avviato una riorganizzazione del business sul territorio, passando da uno schema di full fledged operation ad uno cd. di converted o stripped operation con contestuale alleggerimento di funzioni e rischi delle attività svolte in un determinato territorio e conseguente riduzione di materia imponibile tassabile.
Riferimenti bibliografici
D. AVOLIO – D. SENCAR, Stabile Organizzazione e Action 7 del progetto BEPS dell'Ocse, in AA.VV. (a cura di S. MAYR – B. SANTACROCE), La Stabile Organizzazione delle Imprese Industriali e Commerciali, Milano, 2016, p. 101 e segg. Come rilevato dai due AA. testé citati, difatti: “È interessante notare che il derivable BEPS 2014 relativo alla Digital economy (“Addressing the Tax Challenges Of The Digital Economy”) aggiunge ai principi di Ottawa il tema dell'equità (‘Equity is also important consideration within a tax policy framework', pag. 31) declinato anche come ‘inter-nation equity' (‘inter-nation equity is concerned with the allocation of national gain and loss in the international context and aims to ensure thaht each contry receives an equitable shares of tax revenues from cross-border transactions', p. 31)”. OECD, BEPS Project – Action 7: “Preventing the Artificial Avoidance of Permanent Establishment Status - Final Report”, 2015, pag. 28. D. AVOLIO – D. SENCAR, op. cit., p. 105, in cui affermano che: “L'Azione 7, quindi, modificando il paragrafo 4, restringe l'ampiezza dell'esenzione relativa alle attività ‘preparatorie o ausliarie' ed amplia la potestà impositiva dello stato della fonte”. D. AVOLIO, La nuova definizione di stabile organizzazione, in Corriere tributario, n. 4/2018, p. 265. D. AVOLIO – D. SENCAR, op. cit., p. 121 e D. AVOLIO, op. cit., p. 265; M. OLBERT – C. SPENGEL, International Taxation in The Digital Economy: Challenge Accepted?, University of Mannheim Business School, 2016, p. 14 e segg.; D. CAMPO, Beps: stop ad abusi e tasse ad hoc per commissionario e web economy, pubblicato su www.fiscooggi.it del 5 settembre 2016. Testualmente: “Paragraph 4 shall not apply to a fixed place of business that is used or maintained by an enterprise if the same enterprise or a closely related enterprise carries on business activities at the same place or at another place in the same Contracting State and a) that place or other place constitutes a permanent establishment for the enterprise or the closely related enterprise under the provisions of this Article, or b) the overall activity resulting from the combination of the activities carried on by the two enterprises at the same place, or by the same enterprise or closely related enterprises at the two places, is not of a preparatory or auxiliary character, provided that the business activities carried on by the two enterprises at the same place, or by the same enterprise or closely related enterprises at the two places, constitute complementary functions that are part of a cohesive business operation”. D. AVOLIO – D. SENCAR, op. cit., p. 121. Sostengono, difatti, i due AA.: “Tale regola anti-frammentazione è inquadrata dal Report quale logica conseguenza della decisione di restringere l'ambito di applicazione del paragrafo 4 in quanto, in assenza di tale nuovo paragrafo 4.1, sarebbe stato relativamente semplice, nell'ambito di un gruppo, separare attività che, complessivamente considerate, non potrebbero godere dell'esenzione da attività ‘preparatorie o ausiliarie'”. La formulazione e la struttura del nuovo testo dell'art. 5 fanno dedurre per una presunzione assoluta, come – tra l'altro – pare confermare lo stesso Commentario che, al nuovo par. 121, recita: “121. The second part of paragraph 8 provides that the requirements of the definition of a person or enterprise closely related to an enterprise are automatically met in certain circumstances (…)”. Art. 1, comma 1010, Legge n. 205/2017, in vigore dal 1° gennaio 2018. Lo stesso approccio unitario è utilizzato anche per il CbCReporting (i cui dati, tuttavia, non possono essere utilizzati – come si chiarisce esplicitamente – per applicare formule di ripartizione dei profitti globali) oltre che, in parte, per la disciplina degli interessi passivi. Nota Assonime nr. 17/2016 “Imprese multinazionali: aspetti societari e fiscali”, Note e Studi, 2016, p. 60 e segg. Sentenze nn. 3367, 3368 e 3369 del 7 marzo 2002; n. 4319 del 26 marzo 2002, n. 7682 e 7689 del 25 maggio 2002; n. 10925 del 25 luglio 2002 e n. 17373 del 6 dicembre 2002.Sul punto, la Cassazione placidamente osservò che “(…) l'espediente di separare la materiale attività di conclusione di contratti da quella di formale stipulazione degli stessi può essere considerato come elusione fiscale dovendosi ritenere prevalente, per l'applicazione del paragrafo 5, la sostanza sulla forma” (Cass. n. 20597/2011). M. PENNESI, Stabile organizzazione – aspetti critici ed evolutivi, Milano, 2012, p. 164 e segg. |