Anche il lavoratore è legittimato a insinuare al passivo le quote del TFR Fondo di tesoreria non versate. Sarà d’accordo anche l’Inps?

Alessandro Corrado
25 Gennaio 2019

Qualche mese fa, la Cassazione, con la sentenza 16 maggio 2018, n. 12009, si è pronunciata in favore della legittimazione attiva del lavoratore all'ammissione al passivo del credito relativo agli importi non versati dal datore di lavoro al Fondo di tesoreria Inps.

Qualche mese fa, la Cassazione, con la sentenza 16 maggio 2018, n. 12009, si è pronunciata in favore della legittimazione attiva del lavoratore all'ammissione al passivo del credito relativo agli importi non versati dal datore di lavoro al Fondo di tesoreria Inps.

Al fine di ricostruirne in breve il funzionamento, è opportuno precisare che, secondo la legge 27 dicembre 2006, n. 296, istitutiva - dal 1° gennaio 2007 - del suddetto Fondo, i datori di lavoro privati con più di 50 dipendenti sono obbligati a versare ogni mese al Fondo di Tesoreria le quote maturate da ciascun lavoratore non destinate a forme pensionistiche complementari. Il versamento assume la natura di contribuzione previdenziale, alla quale trovano applicazione le disposizioni in materia di accertamento e riscossione dei contributi previdenziali obbligatori.

La liquidazione del TFR viene effettuata sulla base della domanda che il lavoratore presenta al proprio datore di lavoro da parte del Fondo nei limiti della quota dei versamenti ricevuti, mentre per la parte restante resta a carico del datore di lavoro.

In sostanza – secondo la corretta ricostruzione normativa effettuata dalla Suprema Corte –il sistema di intervento del Fondo dà luogo ad un rapporto trilaterale tra datore di lavoro, Fondo stesso e prestatore di lavoro, secondo cui: il primo è obbligato nei confronti del secondo a versare le quote di TFR; il secondo è tenuto ad erogare le prestazioni nei limiti della quota maturata a decorrere dal 1° gennaio 2007; la materiale erogazione del TFR è affidata al datore di lavoro anche per la parte dovuta dal Fondo, salvo il conguaglio sui contributi dovuti al Fondo stesso ed agli altri enti previdenziali.

Da tale ricostruzione emerge che il datore di lavoro non è un mero delegato del Fondo e che, ove non sia stata resa la prova dell'avvenuto versamento al Fondo di tutte o parte delle quote di TFR, il datore stesso non perde la titolarità passiva dell'obbligazione di corrispondere in tutto o in parte il TFR stesso.

Da qui la correlativa legittimazione attiva del lavoratore a far valere le proprie pretese.

È lecito domandarsi se tale pronuncia, ineccepibile dal punto di vista dell'analisi delle norme nonché della ricostruzione dell'arzigogolato meccanismo previsto dal legislatore del 2007, risolverà i problemi pratici legati alla rigida compartimentazione esistente tra il Fondo di garanzia (deputato ad erogare il TFR rimasto in azienda) e quello di tesoreria.

Sintomatica della complessità della questione è la vicenda approdata dinanzi al Tribunale di Monza e decisa il 3 maggio 2018 con la sentenza n. 232/2018, pochi giorni prima del deposito della citata sentenza della Cassazione: il lavoratore, pur dopo l'ammissione al passivo del TFR maturato presso il Fondo di tesoreria, chiedeva a quest'ultimo il pagamento del TFR, che veniva però negato dal Fondo con la seguente motivazione: “non ci sono versamenti su fondo di tesoreria”.

Il lavoratore si rivolgeva quindi al Fondo di Garanzia, che negava il pagamento affermando che si trattava di “TFR destinato al Fondo di tesoreria”.

Il lavoratore chiamava quindi in giudizio l'Inps per vederla condannata al pagamento del TFR in suo favore.

Il tribunale di Monza, con la citata sentenza, ha accolto la domanda condannando l'Inps a pagare il TFR Fondo di Tesoreria (FdT) che era stato ammesso al passivo sulla base di un ragionamento molto semplice: l'inadempimento del datore di lavoro non può risolversi in danno del lavoratore, che ha quindi diritto al pagamento del TFR da parte dell'Inps.

Morale: ove anche venisse ammesso al passivo per il credito del TFR maturato secondo il complesso meccanismo del Fondo di tesoreria, il lavoratore non avrebbe alcuna garanzia di pagamento con il rischio di intraprendere un contenzioso (e sostenere le relative spese) nei confronti dell'Istituto previdenziale.

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