La vexata quaestio degli avvocati in libero foro che assistono l'Agente della riscossione nelle controversie tributarie

17 Dicembre 2018

La capacità di stare in giudizio direttamente, o mediante la struttura territoriale sovraordinata, con l'eventuale rappresentanza, patrocinio ed assistenza in giudizio dell'Avvocatura dello Stato, anziché dei diversi difensori abilitati, alla luce dell'arresto della Suprema Corte di Cassazione, sezione tributaria, n. 28684 del 10 ottobre 2018, depositato il 9 novembre 2018, e dei principi di diritto enunciati con ordinanza n. 28741/2018.
Inquadramento normativo

Per l'Agente della Riscossione, la vexata quaestio sulla capacità di stare in giudizio direttamente, o mediante la struttura territoriale sovraordinata, con l'eventuale rappresentanza, patrocinio ed assistenza in giudizio dell'Avvocatura dello Stato – anziché dei diversi difensori abilitati, come indicati ai commi 3, 5 e 6 dell'art. 12, D.Lgs. n. 546/1992 – è sorta con l'art. 9 D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 (per quanto qui ci riguarda entrato in vigore il 1° gennaio 2016) segnatamente con le modifiche apportate agli art. 11, comma 2, e 12, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546/1992.

Infatti, già in data 1° gennaio 2016, il discrimine tra la vecchia e la nuova disciplina è stato creato con l'omologazione – riguardo la capacità di stare in giudizio – dell'Agente della riscossione alle Agenzie fiscali, i cui uffici stanno in giudizio direttamente –come le cancellerie/segreterie giudiziarie (civili, amministrative e tributarie) – o mediante la struttura territorialmente sovraordinata (art. 11, c. 2) e con l'inserimento dell'Agente della riscossione (insieme alle Agenzie fiscali, agli altri enti impositori ed ai soggetti c.d. gestori) tra le parti (tutte quelle diverse dal ricorrente per il quale non si versi nell'ipotesi di cui all'art. 12, c. 2) per le quali non sussiste l'obbligo di essere assistiti in giudizio da un difensore abilitato (art. 12, c. 1).

“L'art. 11, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, concernente la costituzione in giudizio 'diretta' avanti alle commissioni tributarie… ha esteso… l'inammissibilità della rappresentanza processuale volontaria, oltre che espressamente agli uffici dell'Agenzia delle Entrate ed a quelli dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (come già si riteneva) ed alle cancellerie o segreterie dell'ufficio giudiziario (come già previsto dal comma 3-bis), anche all'ufficio dell'agente della riscossione, il quale quindi deve stare in giudizio in particolare, solo nel giudizio di merito direttamente (o mediante la struttura territoriale sovraordinata), cioè in persona dell'organo che ne ha la rappresentanza verso l'esterno o di uno o più suoi dipendenti dallo stesso organo all'uopo delegati, e non può farsi rappresentare in giudizio da un soggetto esterno alla sua organizzazione, tranne che nelle ipotesi in cui può avvalersi della difesa dell'avvocatura dello Stato, come espressamente previsto dall'art. 1 comma 8° del citato decreto legge, sebbene detto ente non appartenga propriamente all'ambito delle Amministrazioni dello Stato trattandosi di ente pubblico economico - alle quali normalmente si riferisce la previsione circa la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio per il tramite dell'Avvocatura dello Stato (art. 1 del R.D. n. 1611/1933)” (Cass. Civ., n. 28684/2018).

Istituzione e successione dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione ad Equitalia spa: effetti processuali

Si delineava quindi, anche per evidenti ragioni di contenimento dei costi pubblici, una successione a titolo universale tra la s.p.a. concessionaria, titolare di munus pubblicum, ed il nuovo ente pubblico economico, destinatario del correlato officium, omologando la funzione riscossiva tributaria - nei medesimi criteri di efficienza, efficacia ed economicità - alle preesistenti Agenzie fiscali, nonché, la relativa posizione processuale, a quella di tutte le altre parti pubbliche, attrici sostanziali del processo tributario.

Infatti, già la sostituzione nel precedente articolo 10, comma 1, della locuzione “concessionario del servizio di riscossione” con la locuzione “agente della riscossione” anticipava in qualche modo l'art. 1, D.L. n. 193/2016, conv. con modif. dalla L. 225/2016 (entrato in vigore il 1° luglio 2017 **) che ha disposto* l'estinzione della s.p.a. concessionaria e l'attribuzione delle funzioni di riscossione nazionale -di cui all'art. 3, c. 1, D.L. n. 203/2005, conv. con modif. con L. n. 248/2005 - all'Agenzia delle Entrate di cui all'art. 62, D.Lgs. n. 300/1999, per essere svolte dall'ente pubblico, strumentale*** della stessa Agenzia delle Entrate, denominato: «Agenzia delle entrate-Riscossione», sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze.

* In evidenza
La locuzione AE-Riscossione “subentra, a titolo universale” alle societa' del Gruppo Equitalia (partecipate al 51% dall'Agenzia delle Entrate e al 49% dall'INPS) vale sia a sollevare i predetti soci (quali litisconsorti necessari) da ogni responsabilità per tutti i rapporti ancora non esauriti, sia a dare adeguata continuità all'esercizio della funzione riscossiva (il fatto estintivo ed il contemporaneo regolamento successorio sono disposti rispettivamente al comma 1 ed al comma 3 del medesimo art.1, D.L. n. 193/2016). (Vds. A. Lucarelli, “Interruzione del processo e costituzione in giudizio” Iltributario.it - 12 giugno 2018 - Giuffrè Francis Lefebvre).

** In evidenza

Pende davanti al TAR Lazio, un ricorso che ha sollevato anche questioni di legittimità costituzionale in relazione all'art. 97 Cost. e che andrà in udienza il 9 maggio 2019. Il Consiglio di Stato, con decreto 2677 del 26 giugno 2017 era intervenuto sulla vicenda, ritenendo prevalente “l'esigenza pubblica di continuità del servizio nazionale di riscossione”; successivamente all'entrata in vigore della “riforma”, il Consiglio di Stato, con ordinanza 3213 del 28 luglio 2017, ne ha evidenziato la necessità di una urgente trattazione, atteso “l'evidente rilievo pubblico della controversia”.

*** in evidenza

Statuto dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione (approvato con D.p.c.m. del 5 giugno 2017). Art. 17. Rapporti con l'Agenzia delle Entrate:

  • comma 2. Ai fini di assicurare la massima trasparenza e pubblicità, l'attività di riscossione svolta dall'Agenzia è soggetta a monitoraggio da parte dell'Agenzia delle entrate.
  • comma 3. A tal fine, l'Agenzia delle entrate-Riscossione trasmette rendicontazioni periodiche sullo stato e andamento della riscossione.

Secondo Cass. Civ., n. 28684/2018, il trasferimento di funzioni ed attribuzioni all'Agenzia delle Entrate-Riscossione, che è subentrata, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle cessate società per azioni del Gruppo Equitalia, come “Agente della Riscossione”, non ha determinato una successione processuale, di tipo sostitutivo ex art. 110 c.p.c. (che disciplina il venir meno della parte (****) per morte o per altra causa), ma una legittimazione processuale concorrente, e non sostitutiva, ex art. 111 c.p.c., (Cass. nn. 7318 e 21773 del 2014), atteso che trattasi di una vicenda traslativa di posizioni attive e passive specificamente determinate (Cass. nn. 15869 e 12310 del 2018), analogamente a quelle relative al trasferimento di funzioni ed attribuzioni sia dal Ministero delle finanze alle Agenzie fiscali ex art. 57 D.Lgs. n. 300/1999 (Cass. Civ., ss. uu. n. 3116/2006 e Cass. Civ., n. 1925/2008) sia dalle preesistenti Concessionarie per la riscossione alla stessa Equitalia spa ex art. 3 D.L. n. 203/2005, conv. in L. n. 248/2005 (Cass. Civ., n. 7318/2014).

**** In evidenza
Secondo Cass. Civ., n. 28684/2018, nel giudizio di Cassazione, essendo ininfluente la sopravvenuta morte della parte, coloro che intendano prendervi parte, in proprio nome e nella qualità di successori, possono farlo con atto di intervento o con ricorso, previo rilascio di apposita procura notarile, stante la perdurante valenza del mandato rilasciato dall'originario ricorrente. Fermo che la disciplina della prosecuzione del giudizio da parte del successore a titolo universale o particolare non può essere ritenuta incompatibile con il giudizio di legittimità, in mancanza di norme che espressamente la escludano e di una incompatibilità con le forme del processo di cassazione, si deve rilevare che le modalità della prosecuzione e, quindi, dell'ingresso del successore a titolo universale o particolare debbono adeguarsi alle forme stabilite per il ricorso considerate in relazione al profilo funzionale della prosecuzione, che è quello di apportate un elemento di novità sul piano soggettivo. Sotto il primo profilo, va considerato che il giudizio di cassazione, carente sostanzialmente di una fase di istruzione, si svolge, salva la possibilità di interloquire nella discussione in pubblica udienza, attraverso atti tipizzati, quali il ricorso, il controricorso e, quindi, le memorie. Solo i primi due atti introducono gli elementi sui quali si deve svolgere il giudizio, mentre le memorie hanno valore soltanto illustrativo (anche se possono essere utilizzate per dedurre fatti sopravvenuti). Del ricorso e del controricorso è prevista poi la notificazione in funzione dell'assicurazione del contraddittorio, mentre delle memorie solo il deposito. Sulla base di questi dati, si deve osservare che l'entrata nel processo di cassazione del successore, concretandosi in un apporto innovativo sotto il profilo soggettivo consistente nella sostituzione della legittimazione della parte originaria, allorquando riguardi una parte già costituitasi con il deposito del ricorso o del controricorso, deve avvenire, per l'ovvia esigenza di assicurare una forma simile a quella del ricorso e del controricorso, cioè degli atti che introducono gli elementi sui quali si deve svolgere il giudizio, mediante un atto che, assumendo la natura sostanziale di atto di intervento, dev'essere anche partecipato alla controparte mediante notificazione. Ciò, in vista dell'assicurazione del contraddittorio della controparte sulla nuova manifesta legittimazione. Di qui la necessità che la costituzione avvenga con ricorso ed allegata procura speciale (Cass. Civ., n. 11375/2010; n. 7441/2011; n. 7441/2011; n. 3471/2016)”.

Pertanto, poichè il rapporto processuale permane con l'originario titolare del diritto, ex art. 111 c.p.c., questi mantiene la propria legittimazione attiva (ad causam) anche nel caso di intervento del successore a titolo particolare (Cass. SS.UU. 22727/2011; Cass. nn. 1552/2011 e 21773/2014).

L'eventuale invalidità della procura al subentrante fa si che la lite deve essere decisa tra le parti originarie del giudizio. La sentenza pronunciata nei confronti della parte originaria ha comunque effetto nei confronti del successore a titolo particolare, il quale può intervenire o essere chiamato nel giudizio, divenendone parte a tutti gli effetti (Cass. Civ., n. 8477/2015). Nel processo tributario di merito è consentita la costituzione tardiva del resistente: La Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità dell'art. 23, D.Lgs. n. 546/1992, con ordinanza 7 aprile 2006 n. 144, ha stabilito che la costituzione tardiva del resistente nel processo tributario, può “dare luogo, se così prevede la legge e nei limiti in cui lo preveda, a decadenze sia di tipo assertivo che probatorio, ma mai a una irreversibile dichiarazione di contumacia, del tutto sconosciuta all'ordinamento”. Per la Consulta, la costituzione tardiva non configura un ingiustificato privilegio per la parte resistente; ciò perchè nel processo tributario - che è giudizio d'impugnazione-merito nel quale il resistente – ancorché non costituito – si è già pronunciato motivando l'atto impugnato – non è prevista la contumacia e la relativa valutazione di compatibilità in virtù del rinvio dinamico di cui agli artt. 1, c. 2, e 49, D.Lgs. n. 546/1992, (vds. procedimento in contumacia, c.p.c. libro II, titolo I, capo VI, artt. 290 e ss.) non ne consente l'applicazione per la specialità di ogni norma processuale tributaria, che relega quelle processuali civili ad un ruolo di mera chiusura dell'ordinamento giuridico. Mentre per il ricorrente non costituito la sanzione processuale è solo quella dell'inammissibilità del ricorso, ex art. 22 (o dell'appello ex art. 53, c.2, e 61) D.Lgs. n. 546/1992, il successivo art. 23 (o, per l'appello gli artt. 54 e 61) non prevede una dichiarazione formale di contumacia per la parte resistente non costituita -come ai sensi degli artt. 171 e 291, c.p.c.- ma si limita ad escluderla dall'avviso (ex art. 31, c.1, D.Lgs. cit.) di trattazione della controversia, dalla comunicazione (ex art. 28, c.1, stesso D.Lgs.) dei provvedimenti presidenziali di cui all'art.27, e dalla comunicazione (ex art. 37, c.2, stesso d.lgs.) del dispositivo recato dalla sentenza, pubblicata dal segretario dopo il deposito del presidente in segreteria. La giurisprudenza di legittimità (Cass. nn. 21059/2007 e 20952/2008) ha chiarito che “la costituzione tardiva comporta la «decadenza dalla facoltà di chiedere o svolgere attività processuali eventualmente precluse, dovendo in tal caso il convenuto o appellato accettare il processo nello stato in cui si trova»”.

Cass. Civ., nn. 7329/2003, 5191/2008, 13079/2008 e 12363/2010 ha puntualizzato che la costituzione tardiva comporta la preclusione a poter sollevare eccezioni - processuali e di merito - non rilevabili d'ufficio.

Cass. nn. 5191 e 13079/2008 (argomentando ex art. 167 c.p.c.) stabilisce che l'onere di contestazione deve essere assolto nella prima difesa utile. Cass. Civ. n. 12363/2010 muove, invece, dal rilievo che la contestazione sarebbe un'eccezione in senso proprio e quindi soggetta a preclusioni.

Rappresentanza, patrocinio ed assistenza in giudizio dell'Agente della Riscossione

A conferma ed in prosecuzione di quanto già anticipato con il su citato art. 9, D.Lgs. n. 156/2015 (con decorrenza 1° gennaio 2016), il comma 8 dell'art. 1, D.L. n. 193/2016, conv. con modif. dalla L. n. 225/2016 (con decorrenza 1° luglio 2017) integra in via extratestuale l'art. 12, c. 8, D.Lgs. n. 546/1992, così disponendo: “L'ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato competente per territorio, ai sensi dell'art. 43 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611”.

La formulazione dell'art. 1, c. 8, D.L. n. 193/2016, conv. con modif. dalla L. n. 225/2016 è più articolata di quella dell'art. 72, D.Lgs. n. 300/1999: “Le agenzie fiscali possono avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'art. 43 del testo unico approvato con R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni” (che duplica l'art. 12, c. 8, D.Lgs. n. 546/1992, ed è complementare all'art. 11, c. 2, stesso decreto) perché l'Agenzia delle Entrate-Riscossione, a differenza dell'Agenzia delle Entrate, cura anche controversie diverse da quelle tributarie (vds. art. 2, c.1, 2° al D.Lgs. n. 546/1992) ed è normalmente parte anche nei processi civili di esecuzione forzata tributaria successiva alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 d.P.R. n. 602/1973, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo d.P.R., escluse dalla giurisdizione tributaria.

Inoltre, mentre l'ente “può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente”, salvo che -ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici- l'Avvocatura dello Stato competente per territorio, sentito l'ente, assuma direttamente la trattazione della causa; invece, “per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi l'art. 11 comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546(quest'ultimo alinea è stato introdotto solo in sede di conversione dalla L. n. 225/2016). Secondo il successivo art. 12, c. 8, “Le Agenzie delle entrate, delle dogane e dei monopoli di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, possono essere assistite dall'Avvocatura dello Stato”; per l'Agente della Riscossione, come richiamato dal su citato art. 1, c. 8, D.L. n. 193/2016, e disposto dall'art. 43, R.D. n. 1611/1933: “l'Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti all'autorità giudiziaria, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela o anche alla sola vigilanza dello Stato, sempre che sia stata autorizzata da disposizione di legge [i.e. il citato comma 8, dell'art. 1, D.L. n. 193/2016], di regolamento o di altro provvedimento con regio decreto”. Il 4° comma dell'art. 43, R.D. 1611/1933 - introdotto dall'art. 11, L. n. 103/1979 - precisa altresì che: ”… ove tali amministrazioni ed enti intendano in casi speciali non avvalersi della Avvocatura dello Stato, debbono adottare apposita motivata delibera* da sottoporre agli organi di vigilanza; pertanto, in consonanza, il comma 8, dell'art. 1, D.L. n. 193/2016, così dispone: “Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5** del presente articolo, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni [e secondo i parametri selettivi di affidamento] di cui agli artt. 4 e 17 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 [codice dei contratti pubblici]”.

*In evidenza:
Secondo Cass. 28684/2018, “la carenza di una valida delibera di tal fatta comporta invero il difetto dello ius postulandi del difensore, rilevabile anche d'ufficio (Vds. Cass 21296/2011; Cass. SS.UU. 19 maggio 2009 n. 11531, Cass. Civ., 4 agosto 2010 n. 18062).

**In evidenza:
Stralcio comma 8, dell'art. 1, D.L. n. 193/2016, conv. con modif. dalla L. n. 225/2016: “Il comitato di gestione, su proposta del presidente, delibera … gli atti di carattere generale che disciplinano l'organizzazione e il funzionamento dell'ente … e le spese che impegnano il bilancio dell'ente per importi superiori al limite fissato dallo statuto”.

Orbene, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. civ., SS.UU. n. 24876/2017): “Ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, (Approvazione del T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato): l'Avvocatura dello Stato, in aggiunta al patrocinio obbligatorio in favore delle Amministrazioni dello Stato, può essere autorizzata ad assumere la rappresentanza e difesa anche di Amministrazioni pubbliche non statali e di enti pubblici sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato (c.d. patrocinio autorizzato). Condizione necessaria per l'esercizio di questo patrocinio è l'esistenza di un provvedimento di autorizzazione che, in virtù di quanto disposto dall'art. 43 cit., può essere costituito da una “disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto”, i quali, per effetto delle modifiche introdotte dalla L. 12 gennaio 1991, n. 13, art. 11, devono essere “promossi di concerto” con i Ministri della Giustizia e dell'Economia e delle Finanze. Quando sia intervenuto il detto provvedimento, la rappresentanza e la difesa in giudizio sono assunte dall'Avvocatura “in via organica ed esclusiva” (art. 43 del TU cit. come modificato dalla L. n. 103 del 1979, art. 11), sicchè si applicano le stesse regole del patrocinio obbligatorio, … le Amministrazioni e gli enti suindicati (anche regionali) possono decidere di non avvalersi della Avvocatura dello Stato soltanto “in casi speciali” e previa adozione di “apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza”.

Si tratta, quindi, di una facoltà esercitabile in casi di carattere eccezionale, come è stato espressamente confermato nel parere del Consiglio di Stato, sez. II, 29 ottobre 1986, n. 2025 e nella deliberazione della Corte dei Conti 6 aprile 1984, n. 1432, proprio con riguardo al patrocinio delle Università statali e degli altri istituti statali di istruzione superiore. Ne deriva che gli enti ai quali è applicabile il c.d. patrocinio autorizzato di cui all'art. 43 cit. sono numerosissimi tanto più che, nel corso del tempo, si è registrato un progressivo ampliamento dell'ambito di applicazione di tale tipo di patrocinio, sia per i rilevanti vantaggi sul piano economico che conseguono all'affidamento del patrocinio all'Avvocatura dello Stato sia per l'omogeneità e l'uniformità degli indirizzi defensionali che l'Avvocatura dello Stato è in grado di assicurare”.

L'assistenza processuale, che postula le competenze tecniche dei soggetti terzi abilitati di cui all'art. 12, cc. 3, 5 e 6, D.Lgs. 546/1992, è necessaria solamente alla parte privata - per le controversie di valore superiore ad € 3.000/00, ex art. 12, c. 2, D.Lgs. n. 546/1992 - al fine di un ordinato svolgimento del processo (come anche previsto dal titolo III, capo II, c.p.c., cui rinvia l'art. 1, comma 2, stesso decreto); trattasi dell'intermediazione di un difensore tecnico abilitato (che sta in giudizio in luogo della parte (ministero) o accanto alla parte (assistenza). Il c.d. ministero di difensore (già funzione di procuratore) si esercita assumendo la rappresentanza della parte processuale per sostituirla nello svolgimento degli atti processuali (nel processo tributario di merito non esiste il «ministero» di cui all'art. 82, comma 3, c.p.c.). La c.d. assistenza di difensore (già funzione di avvocato) si esercita in nome proprio a favore della parte processuale, impostando e seguendo la difesa con argomentazioni scritte ed orali, fatte poi valere negli atti processuali posti in essere dal procuratore in udienza; non agendo in nome della parte assistita (al contrario del procuratore) non è considerato un suo mandatario e, pertanto, per la sua designazione basta una nomina rilasciata con le modalità indicate nell'art. 12, c. 7, D.Lgs. n. 546/1992). Per le parti pubbliche, attrici sostanziali della controversia, l'assistenza processuale tributaria è facoltativa, nelle forme previste dalla legge. Anche per questo, secondo un'esegesi rigorosa, l'art. 182 c.p.c., sarebbe applicabile nel processo tributario di merito solamente nei confronti delle parti che devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato”. Non si applicherebbe, pertanto, alle parti di cui all'art. 10, diverse dal ricorrente (che non versi nell'ipotesi di cui all'art. 12, c. 2), indicate all'art. 11, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 546/1992: all'Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione), come alle Agenzie fiscali, agli altri enti impositori ed ai soggetti c.d. gestori (albo art. 53, D.Lgs. n. 446/1997).

N.B. Nella previgente stesura dell'articolato, l'Agente della riscossione (Equitalia s.p.a.) era assistito da un difensore abilitato (avvocato in libero foro) e, pertanto, poteva fruire del termine perentorio per sanare “un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore”.

“La decisione di avvalersi di avvocati del libero foro per la difesa in giudizio per essere valida presuppone, in linea generale:

a) che si sia in presenza di un "caso speciale";

b) che intervenga una preventiva, apposita e motivata delibera dell'organo deliberante;

c) che tale delibera sia sottoposta agli organi di vigilanza (per casi analoghi, v: Cass. civ., sez. un., 20 ottobre 2017, n. 24876; Cass. 9 maggio 2011, n. 10103; Cass. 23 marzo 2011, n. 6672; Cass. 13 maggio 2016, n. 9880);

d) che sia prodotta in giudizio idonea documentazione in merito alla sussistenza dei due suddetti elementi (vedi: Cass. 14 ottobre 2011, n. 21296; Cass. Civ., 10 giugno 2010, n. 13968; Cass. 17 maggio 2007, n. 11516; Cass. 2 maggio 2007, n. 10099; Cass. SU 16 giugno 2005, n. 12868).
Giurisprudenza di legittimità sull'assistenza prestata da avvocati del libero foro nelle controversie tributarie di merito e di legittimità

Ebbene, il 'Regolamento di amministrazione' di Agenzia delle Entrate-Riscossione deliberato dal Comitato di Gestione il 26 marzo 2018, ed approvato dal Ministero dell'economia e delle finanze il 19 maggio 2018, nel disciplinare l'aspetto relativo al patrocinio legale, richiama la disposizione concernente la sottoposizione dell'ente al controllo della Corte dei conti e, dopo aver ribadito che esso "si avvale" (regola) del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ex art. 43 R.D. n. 1611/1933, stabilisce che l'ente stesso possa "continuare ad avvalersi di avvocati del libero foro", ma soltanto "in via residuale" e "nei casi in cui si accerti l'impossibilità dell'Avvocatura di Stato di assumere il patrocinio" (eccezione), secondo le modalità operative concordate con apposita convenzione; in tal caso solo potendo delegare avvocati del libero foro iscritti nell'elenco avvocati dell'Ente e dallo stesso indicati. Sennonchè, il regolamento - nel recepire le disposizioni normative sopra citate - individua, in via generale, le fattispecie di accesso al libero foro, subordinandole alla dichiarata impossibilità dell'avvocatura di assumere l'incarico, ma non assolve alla funzione della delibera motivata di cui al 4° comma dell'art. 43 del R.D. n. 1611/33, il quale prevede che "Salve le ipotesi di conflitto, ove tali amministrazioni ed enti intendano in casi speciali non avvalersi della Avvocatura dello Stato, debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza"; delibera o atto amministrativo ritenuto necessario dal testo novellato dell'ottava comma dell'art. 1 del D.L. n. 193/2016, come convertito, il quale, a sua volta, implica la fissazione di criteri specifici contenuti in atti generali deliberati dal comitato di gestione. Ebbene, l'adozione di un atto generale ed astratto che dispone la possibilità di ricorrere al difensore del libero foro subordinatamente alla dichiarata impossibilità dell'avvocatura di assumere l'incarico, non integra né la fattispecie normativa che esige l'adozione della delibera per "i casi speciali in cui tali enti non intendano avvalersi dell'Avvocatura dello stato" né quella che prescrive la fissazione di criteri specifici con apposito atto generale: solo una deliberazione determinata e concreta, che si riferisce a giudizi individuati e che disciplina casi concreti e reali, può effettivamente soddisfare - individuando la sussistenza in concreto delle condizioni che sottendono la scelta alternativa, specificamente approvata dagli organi competenti - la volontà legislativa di vincolare la scelta del modello legale di difesa a precise e specifiche condizioni individuate dall'organo deliberante” (Cass. Civ., n. 28684/2018).

“In sintesi”, continua Cass. 28684/2018, “laddove, il mandato all'avvocato del libero foro sia stato rilasciato senza il vaglio dell'organo di vigilanza e non ricorra un caso di urgenza oppure non si sia in presenza di un documentato conflitto di interessi reale, tale atto è nullo ed è suscettibile di sanatoria soltanto nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c. e a certe condizioni ma esclusivamente per i giudizi di merito e non per il giudizio di cassazione, a meno che si sia formato giudicato interno sul punto (arg. ex Cass. SU 13 giugno 2014, n. 13431; Cass. 11 giugno 2012, n. 9464; Cass. 4 aprile 2017, n. 8741). Infatti, la delibera dell'organo deliberante si configura come un requisito indispensabile per la validità del mandato difensivo conferito all'avvocato del libero foro imposto dalla richiamata normativa speciale sul patrocinio autorizzato e per tale ragione la sua mancanza determina la nullità del mandato al suddetto avvocato il quale rimane sfornito dello jus postulandi in nome e per conto dell'ente pubblico (Cass. Ss.Uu. 5 luglio 1983, n. 4512; Cass. 4 febbraio 1987, n. 1057; Cass. 14 febbraio 1997, n. 1353; Cass. 14 ottobre 2011, n. 21296). Ciò vale a maggior ragione per il giudizio di cassazione per il quale, secondo un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte assurto al rango di "diritto vivente", tale vizio non solo è rilevabile anche d'ufficio, come accade per tutti i giudizi (vedi, per tutte: Cass. Civ., 8 agosto 1997, n. 7649; Cass. 4 febbraio 1987, n. 1057; Cass. SS.UU. 5 luglio 1983, n. 4512; Cass. 20 gennaio 1982, n. 347; Cass. 26 gennaio 2007, n. 1759; Cass. 19 novembre 2007, n. 23953; Cass. SU 19 maggio 2009, n. 11531; Cass. 4 agosto 2010, n. 18062; Cass. Civ., 28 aprile 2011, n. 9451) ma determina, in considerazione della nullità del mandato per agire o resistere in sede di legittimità, la nullità assoluta del ricorso (o del controricorso), incidendo sulla relativa ammissibilità (Cass. 18 luglio 2002, n. 10434). Conclusivamente, il regolamento non è atto idoneo a legittimare il ricorso al patrocinio dell'avvocato del libero foro, stabilendo solo i presupposti che ne determinano la possibilità di derogare, nel caso concreto, alla regola generale.” (Cass. Civ., n. 28684/2018).

Ai sensi dell'art. 182 c.p.c., cui l'art. 12, c.10, D.lgs. 546/1992 rinvia, il giudice deve verificare d'ufficio la regolarità della costituzione delle parti e qualora rilevi “un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore” e la parte non provveda entro il termine perentorio fissatole a sanare il vizio, ai sensi dell'art. 18, cc. 3 e 4, dichiara l'inammissibilità* (recte: improcedibilità per inammissibilità ** sopravvenuta) del ricorso (anche in appello ex artt. 55 e 61, D.Lgs. n. 546/1992). Secondo Cass. 28684/2018, la nullità della procura, rilasciata dall'”Agenzia delle Entrate-Riscossione”, nuovo ente pubblico economico successore universale di Equitalia s.p.a., ex art.1, c. 3, D.L. n. 193/2016, conv. in L. n. 225/2016, determina l'invalidità dell'atto di costituzione in giudizio dell'AE-R, “con la conseguente inutilizzabilità delle istanze e delle deduzioni” ivi contenute, anche ai fini della liquidazione delle spese di lite.

*D.P.R. 115/2002, art. 130-bis (L) - (Esclusione dalla liquidazione dei compensi al difensore e al consulente tecnico di parte nei processi civili)(*)

  1. Nel processo civile, quando l'impugnazione, anche incidentale, è dichiarata inammissibile, al difensore non è liquidato alcun compenso.

(*) Articolo inserito dall' art. 15, comma 1, D.L. 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132.

N.B. La riduzione del 20% sulle spese di lite liquidate a favore delle Agenzie fiscali, dell'Agente della riscossione, degli altri enti impositori, dei soggetti gestori e delle cancellerie/segreterie giudiziarie (civili, amministrative e tributarie) prevista dall'art. 15, c. 2-sexies, D.Lgs. n. 546/1992, si applica solo nei casi di assistenza tecnica prestata da propri funzionari e non nei casi di assistenza tecnica prestata da difensori abilitati ex art. 12, D.Lgs. n. 546/1992 o dall'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 43, R.D. n. 1611/1933.)

In evidenza **
L'ipotesi del ricorso non sottoscritto da difensore abilitato, con riferimento all'art. 12, c.10, d.lgs. 546/1992, è stata risolta in passato dalla Corte di Cassazione nel senso dell'inammissibilità del ricorso solo come conseguenza ad inottemperanza all'ordinanza del giudice di munirsi di adeguata assistenza tecnica nel termine perentorio assegnato ai sensi dell'art. 182 c.p.c.. Nel processo tributario è previsto un obbligo generale di assistenza della parte privata al fine di garantire i principi di un'adeguata difesa (art. 24 cost) e tutela contro gli atti dell'Amministrazione (art. 113 cost), la cui applicazione deve essere effettiva (Cass. 29587/2011), come confermato da Corte Cost. sent. nn. 520/2002 e 158/2003, nonché riaffermato in sede di superamento di contrasto da Cass. ss.uu. sent. n. 22601/2004. La necessità di ammonire la parte sull'obbligo di assistenza tecnica anche nel grado di appello, traeva fondamento dal combinato disposto di cui agli artt. 53, 55 e 61, D.Lgs. n. 546/1992 (Cass. nn. 21459/2009 e 110/2002); tuttavia, valorizzando il principio di ragionevole durata del processo, la Cass. Ss.Uu., sent. 29919/2017, ha recentemente stabilito che, nella medesima ipotesi, il ricorso in appello è inammissibile, senza che sia necessario procedere nuovamente ai sensi dell'art. 182 c.p.c.; infatti, "l'ordine impartito dal giudice al contribuente, nel giudizio di primo grado, di munirsi di assistenza tecnica -nel caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell'assistenza di un difensore abilitato per proporre l'impugnazione dell'atto impositivo- ancorché astrattamente ammissibile anche in grado di appello, non deve essere reiterata, con conseguente inammissibilità dell'appello per la mancanza di "ius postulandi". L'impugnazione è parimenti inammissibile se la parte, sfornita in grado di appello della necessaria assistenza tecnica, sia stata comunque resa edotta dall'eccezione di controparte, nel giudizio davanti alla Commissione Tributaria provinciale, della necessità dell'assistenza tecnica necessaria, non dovendo tale invito essere reiterato dalla Commissione Tributaria regionale". Recentemente, la Sezione Tributaria (Cass. Ordinanza di rimessione n. 10080/2017) ha evidenziato che l'art. 9 c.1, lett. e), d.lgs. 156/2015, ha interamente riscritto l'art. 12, d.lgs. 546/1992, e, dopo aver ribadito la regola generale dell'obbligatorietà dell'assistenza tecnica nelle controversie tributarie - con l'eccezione per quelle di modico valore indicate al comma 2- con il comma 10 ha disciplinato le ipotesi di “difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore” rinviando alle disposizioni contenute nell'art. 182 c.p.c., alle cui attività possa provvedere il Presidente della Commissione ovvero della Sezione e il Collegio, “al fine di evitare l'inutile prolungamento dei tempi del giudizio”, come da relazione governativa che altresì specifica che “la declaratoria d'inammissibilità del ricorso potrà essere pronunciata dal giudice tributario soltanto all'esito dell'inottemperanza dell'invito formulato alla parte a provvedere”.

Per agevolare il controllo del giudice sulla corretta costituzione in giudizio, il difensore abilitato è tenuto ad indicare nel ricorso che deve sottoscrivere, a quale, tra le categorie di cui all'art. 12, egli appartenga (art. 18, c.3, lett.a), D.Lgs. n. 546/1992), atteso che l'abilitazione alla difesa è differenziata per materia ed il difetto di abilitazione si riflette sulla regolarità della costituzione.

“L'inammissibilità (Vds sentenze in calce) del ricorso [anche in appello ex artt. 55 e 61, D.Lgs. n. 546/1992] è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio…” (art. 22, c. 2, D.Lgs. n. 546/1992).

Tuttavia, sempre secondo Cass. Civ., n. 28684/2018:“vale osservare, poi, come l'invalidità della procura non potrebbe essere sanata attraverso l'ordine di rinnovazione della stessa ai sensi del novellato (dalla L. n. 69/2009) art. 182 c.p.c., atteso che l'applicazione di detta norma - già ritenuta incompatibile con il processo di cassazione a proposito di una questione di carenza di potere rappresentativo di un minore: Cass. n. 20016/2016 - non è conciliabile con la disciplina del conferimento della procura per il giudizio di cassazione, che con il disposto dell'art. 365 c.p.c. considera l'esistenza della procura speciale e, dunque, di una procura speciale valida, come un requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione, siccome conferma anche il n. 5 dell'art. 366 c.p.c., il quale, esigendo che il ricorso indichi la procura, palesa che essa deve esistere prima del ricorso, così contraddicendo l'idea che possa formarsi dopo (salvo il caso di una sostituzione del difensore originario). La previsione a pena di inammissibilità ricollegata alla proposizione del ricorso, d'altro canto, comportando che il relativo requisito debba sussistere al momento di detta proposizione, impedisce la configurabilità del potere di rinnovazione, che in generale concerne la categoria della nullità e non riguarda quella speciale della inammissibilità (Cass. Civ., n. 15073/2018; n. 1255 del 2018; n. 19100 del 2017)”.

Del medesimo tenore Cass. Civ., sez. trib., n. 28741/2018, che ha enunciato i seguenti principi di diritto:

  • "l'estinzione ope legis delle società del gruppo Equitalia ai sensi dell'art.1 d.l. 193/16, conv. in L. n. 225/2016 non determina interruzione dei processi pendenti né necessità di costituzione in giudizio del nuovo ente Agenzia delle Entrate Riscossione;
  • qualora il nuovo ente Agenzia delle entrate Riscossione si limiti a subentrare ex lege negli effetti del rapporto processuale pendente al momento della sua istituzione, senza formale costituzione in giudizio, esso può validamente avvalersi dell'attività difensiva espletata da avvocato del libero foro già designato da Equitalia secondo la disciplina previgente;
  • qualora invece il nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione si costituisca, in nuovo giudizio ovvero anche in giudizio pendente, con il patrocinio di avvocato del libero foro, sussiste per esso l'onere, pena la nullità del mandato difensivo e dell'atto di costituzione su di esso basato, di indicare ed allegare le fonti del potere di rappresentanza ed assistenza di quest'ultimo in alternativa al patrocinio per regola generale esercitato, salvo conflitto di interessi, dall'avvocatura dello Stato;
  • tali fonti vanno congiuntamente individuate sia in atto organizzativo generale contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro (art. 1, co. 5 ed 8 d.l. 193/16, conv. in L. n. 225/2016), sia in apposita motivata deliberazione, da sottoporre agli organi di vigilanza, che indichi le ragioni che, nella concretezza del caso, giustificano tale ricorso alternativo (art. 43 r.d. n. 1611/1933, come modificato dall'art. 11 Legge n. 103/79)".

In conclusione

Già il D.Lgs. n. 156/2015 - con le modifiche apportate agli artt. 11 e 12 del D.Lgs. n. 546/1992 - ha concentrato (in house providing) nel medesimo Ente pubblico (Agenzie fiscali: già Enti pubblici non economici, ed Agente della riscossione: da S.p.a. poi divenuto Ente pubblico economico): legitimatio ad causam (art. 10), ad processum (art. 11) ed assistenza tecnica (art. 12), non consentendo più la previgente rappresentanza processuale volontaria, la cui eventuale procura alle liti resterebbe nunc insanabilmente nulla, anche con il teorico raggiungimento dello scopo ex art. 156, c.p.c., perché non trattasi di atto processuale.

Vale ancora osservare, da ultimo, come la conclusione della invalidità della costituzione in giudizio così operata, nel presente processo, da Agenzia delle entrate-Riscossione non potrebbe essere evitata con l'assegnazione di un termine di regolarizzazione ex art. 182 c.p.c., dal momento che quest'ultima disposizione opera esclusivamente nell'ambito della fase istruttoria dei gradi di merito, non anche nel giudizio di cassazione. Il che è stato di recente riaffermato (anche con riguardo alle implicazioni CEDU del problema) dalle SS.UU. con sentenza n. 10266/18, secondo cui: "va esclusa l'operatività, nel giudizio di legittimità, del rimedio della sanatoria postuma del difetto di procura, introdotta con la novella del 2009 dell'art. 182 c.p.c.. La disposizione trova applicazione circoscritta al giudizio di merito, in difetto nel giudizio di legittimità di previsione analoga all'art. 359 c.p.c. per il giudizio di appello e in presenza, invece, di una disciplina peculiare che presidia in modo esaustivo e rigoroso (artt. 365, 366 n. 5, 369 n. 3 c.p.c.) l'attribuzione e l'anteriorità del potere di rappresentanza processuale davanti alla Corte di cassazione. Il che è coerente coi fondamentali principi di officiosità, celerità e massima concentrazione del giudizio di ultima istanza (Cass., 28/11/2017, n. 28449; 26/06/2017, n. 15895; 06/10/2016, n. 20016; 26/11/2017, n. 27519)".

CTR Liguria sent. n. 1745-03-2017, CTR Piemonte sent. n. 728-01-2018, CTR Lombardia ord. n. 442-01-2018, CTR Lombardia sent. n. 4870-01-2018, CTR Campania ord. n. 443-27-2018, CTR Calabria sent. n. 2284-1-2018, CTP Napoli sent. n. 11055-01-2017, CTP Roma sent. n. 13474-27-2018, CTP Varese sent. n. 310-17-2017, CTP Campobasso sent. n. 32-1-2018, CTP Torino sent. n. 727-2-2018 etc.

Concludendo, al di fuori degli stretti e rigorosi ambiti sopra illustrati, l'Agente della riscossione non può affidare le proprie difese ad avvocati del libero foro; diversamente opinando, infatti, alla nullità dell'incarico segue l'inammissibilità della costituzione in giudizio, con le sfavorevoli conseguenze previste dalla legge.

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