Conflitto di interessi (nella difesa tecnica)Fonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 83
24 Settembre 2018
Inquadramento
Con riguardo all'ipotesi che il medesimo difensore che eserciti il patrocinio in favore di più parti, desta interesse il problema del conflitto di interessi che può venirsi a creare tra i diversi patrocinati e delle ricadute di esso sul processo in corso. In linea generale, pur con sfumature diverse a seconda della peculiarità dei casi, la Suprema Corte ripete che, nel caso in cui tra due o più parti sussista conflitto di interessi — attuale ovvero anche virtuale, nel senso che appaia potenzialmente insito nel rapporto tra le medesime, i cui interessi risultino, in astratto, suscettibili di contrapposizione — è inammissibile la loro costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso difensore, al quale sia stato conferito mandato con unico atto, e ciò anche in ipotesi di simultaneus processus, giacché egli non può svolgere contemporaneamente attività difensiva in favore di parti portatrici di istanze contrastanti. Fondamento ed effetti del principio
Tale principio (ribadito p. es. da Cass. civ., 4 novembre 2005, n. 21350; Cass. civ., 19 luglio 2005, n. 15183; Cass. civ., 28 giugno 2005, n. 13893; Cass. civ., 14 giugno 2005, n. 12741; Cass. civ., 10 maggio 2004, n. 8842), la cui violazione può dar luogo ad illecito disciplinare e perfino penale (Cass. civ., Sez. Un., 15 ottobre 2002, n. 14619, in relazione all'art. 380 c.p.), è stato in passato fatto discendere dall'applicazione analogica della disciplina processualpenalistica (art. 133 c.p.p. previgente; art. 106 c.p.p. vigente: v. Cass. civ., 8 aprile 1983, n. 2493, e già, in epoca remota, Corte cost., 1° dicembre 1959, n. 59). Oggi, la fonte del menzionato principio è direttamente individuata negli artt. 24 e 111 Cost. in cui sono consacrati il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio. In tal senso si è di recente ineccepibilmente ripetuto che:
Di qui la rilevabilità officiosa del vizio della procura anche in sede di impugnazione (Cass. civ., 19 luglio 2005, n. 15183). Conseguenza del conflitto di interessi è, secondo l'opinione prevalente, la nullità della procura rilasciata per seconda. Così, nel caso di conferimento al medesimo procuratore della procura alle liti da parte di madre e figlio nel giudizio di disconoscimento della paternità, la parte che abbia conferito per seconda la procura al procuratore nominato dall'altra deve ritenersi non costituita in giudizio (Cass. civ., 19 marzo 1984, n. 1860). Anche di recente è stato riaffermato che, qualora la difesa di due parti, tra loro in conflitto anche solo potenziale di interessi, sia stata affidata allo stesso avvocato, la parte che abbia conferito per seconda la procura a quest'ultimo deve ritenersi non costituita in giudizio, perché un difensore non può assumere il patrocinio di due parti che si trovino o possono trovarsi in posizione di contrasto (Cass. civ., 14 luglio 2015, n. 14634). Talora, tuttavia, si discorre anche di nullità di tutte le procure conferite (Cass. civ., 2 agosto 1968, n. 2779). Ed infatti, l'invalidità della sola seconda procura non può essere affermata quando esse accedano ad un medesimo atto e non risulti la priorità dell'una rispetto all'altra. Così, ad esempio, la citata Cass. civ., 23 marzo 2018, n.7363, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto da due società a mezzo del medesimo difensore, l'una delle quali aveva originariamente agito contro l'altra, oltre che nei confronti di un terzo soggetto, per il pagamento di una somma. In sede di impugnazione, peraltro, il conflitto di interessi in capo al difensore degli impugnanti non necessariamente travolge l'intero atto di impugnazione. Ed invero, in ipotesi di costituzione in giudizio di più parti eventualmente in conflitto di interessi tra loro, per mezzo di uno stesso procuratore cui sia stato conferito il mandato con unico atto da tutte sottoscritto, costituisce limite intrinseco al conferimento della procura l'impossibilità per il difensore di svolgere allegazioni, richieste e deduzioni nei reciproci rapporti, a favore di taluno e contro altri. Tuttavia, la violazione di tale limite, nel giudizio d'impugnazione, non necessariamente comporta la nullità dell'intero atto di gravame, ma solo di quei motivi che contengano censure svolte in maniera tale che il loro accoglimento comporterebbe il vantaggio per uno degli impugnanti a danno dell'altro (cfr. nella motivazione Cass. civ., 10 maggio 2004, n. 8842, la quale è, appunto, pervenuta alla dichiarazione di inammissibilità di quelle sole censure sviluppate in maniera configgente per i ricorrenti difesi dal medesimo avvocato). Sostenere la diversa tesi della nullità dell'atto d'impugnazione nel suo complesso e, quindi, anche di quei motivi che tendono a far conseguire un risultato utile a tutte le parti difese dal medesimo avvocato, è contrario al principio insito nell'ordinamento secondo cui utile per inutile non vitiatur e porterebbe in definitiva all'assurdo risultato di danneggiare tutte le parti e non di tutelare il diritto di difesa di alcuna di esse (Cass. civ., 19 luglio 2005, n.15183, in un caso in cui, a parte taluni aspetti tali da integrare il conflitto di interesse tra i rappresentati dal medesimo avvocato, l'appello conteneva un primo motivo censurante la sentenza in relazione alla carenza dei presupposti stessi della domanda proposta, in relazione al quale era da escludere qualsiasi conflitto di interessi e che, al contrario, vedeva tali rappresentati accomunati dall'interesse di vedere risolta in radice la problematica relativa all'esistenza di del diritto azionato nei loro confronti). Conflitto attuale o potenziale e conflitto eventuale
Non sempre agevole, in dipendenza delle implicazioni del caso concreto, è l'individuazione della linea di demarcazione tra il conflitto di interessi non soltanto attuale, ma anche potenziale (o virtuale), giuridicamente rilevante, ed il conflitto di interessi, del tutto astratto, meramente eventuale, irrilevante. Si immagini, a titolo di esempio, la domanda giudiziale del debitore principale e del fideiussore — soggetti tra i quali senz'altro può in astratto insorgere controversia, giacché il secondo ha interesse alla negazione dell'esistenza del rapporto fideiussorio — nei confronti della banca creditrice, al fine di conseguire la rideterminazione dell'entità del credito depurato di interessi ed altri oneri non dovuti: sembra chiaro, in un simile caso, che il conflitto di interessi tra debitore principale e fideiussore non è né attuale, né potenziale (e cioè, portato già in nuce dalla controversia instaurata), ma soltanto ipotetico, eventuale. È stato così affermato che nel rapporto fideiussorio, non sussiste conflitto d'interessi tra debitore principale e fideiussore, assistiti dal medesimo difensore, quando in concreto emerga il comune interesse a contestare l'esistenza della pretesa del creditore, non essendo sufficiente la mera eventualità di una contrapposizione processuale dovuta alla contestazione dell'esistenza del rapporto di garanzia ma, al contrario, dovendosi richiedere, l'esistenza di un conflitto attuale o quanto meno virtuale (Cass. civ., 5 novembre 2007, n. 23056). Beninteso, nel caso considerato — a dispetto di quanto potrebbe desumersi dalla lettura della non ineccepibile massima — la contestazione dell'esistenza del rapporto di garanzia non vi era stata affatto. La potenzialità del conflitto, cioè, va riconosciuta non come mera eventualità, bensì in stretta correlazione con il concreto rapporto esistente fra le parti i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione (Cass. civ., 28 gennaio 1997, n. 835), in guisa tale che la tutela degli interessi dell'una parte — questo il punto discriminante — non possa attuarsi compiutamente senza nocumento per l'interesse o gli interessi dell'altra parte (Cass. civ., 14 giugno 2005, n. 12741; Cass. civ., 1° ottobre 1999, n. 10863; Cass. civ., 28 gennaio 1997, n. 835).
Con particolare riguardo alla posizione dell'assicuratore e dell'assicurato convenuti nel giudizio risarcitorio per r.c.a., la Suprema Corte ha escluso ogni conflitto di interessi, reale o potenziale, tra l'uno e l'altro ove essi concordino nella richiesta di rigetto totale o parziale della domanda attrice (Cass. civ., 27 novembre 1993, n. 11780; Cass. civ., 7 giugno 1995, n. 6367). È facile comprendere, tuttavia, come le posizioni delle parti — assicuratore ed assicurato — possano in tal caso sovente divaricarsi, quando il danno lamentato ecceda il massimale di polizza: in questo caso, difatti, la somma eccedente il massimale, eventualmente riconosciuta a titolo di risarcimento al danneggiato, andrà a gravare sul patrimonio del danneggiante-assicurato ovvero dell'assicuratore secondo che quest'ultimo invochi il contenimento della propria responsabilità nei limiti di polizza ovvero che l'assicurato formuli domanda — e quest'ultima si riveli fondata — di responsabilità ultramassimale per mala gestio. Ebbene, parte della giurisprudenza ha escluso la sussistenza del conflitto di interessi non soltanto nell'ipotesi in cui assicuratore ed assicurato si limitino a chiedere entrambi il rigetto totale o parziale dell'avversa domanda, ma anche nel caso che il solo assicuratore, con riferimento alla sua specifica obbligazione, chieda che la stessa sia contenuta nei limiti del massimale di polizza (Cass. civ., 27 novembre 1993, n. 11780; Cass. civ., 7 giugno 1995, n. 6367). Questa affermazione — nella più approfondita decisione resa in argomento — si appoggia sulla distinzione tra cause vertenti su diritti disponibili ovvero su diritti indisponibili: secondo la Suprema Corte, nel caso di controversie su diritti disponibili, ciascuna delle parti, così come è libera di transigere o di rinunciare alla pretesa, può egualmente affidare la propria difesa ad un avvocato che già abbia assunto quella di un'altra parte, senza che il giudice possa interferire con la scelta. Il conferimento congiunto della procura al medesimo legale — tale la conseguenza tratta dalla distinzione posta — manifesta allora la scelta dell'assicurato di non far valere nel processo, cui la materia è estranea in relazione al contenuto della domanda proposta dal danneggiato, il suo diritto di essere tenuto indenne anche oltre i limiti di massimale, il che troverebbe origine: a) nella rinuncia al diritto; b) nel riconoscimento che esso non compete; c) in un accordo che abbia regolato il rapporto tra le parti (ancora Cass. civ., 27 novembre 1993, n. 11780). Successivamente la Suprema Corte sì è posta in consapevole contrasto con il precedente indirizzo, ma è pervenuto al medesimo risultato pratico di «salvare» la procura alle liti conferita ad un unico legale dall'assicuratore e dall'assicurato, quantunque l'assicuratore abbia eccepito il contenimento della propria responsabilità nei limiti del massimale (Cass. civ., 21 febbraio 2006, n. 3663). È stato riconosciuto, anzitutto, che il conflitto di interessi è effettivamente sussistente nel caso in cui le richieste risarcitorie di parte danneggiante esorbitino dal limite massimo previsto dalla polizza e l'assicuratore non abbia tempestivamente messo a disposizione del danneggiato il massimale: difatti il legale dell'assicuratore e dell'assicurato — ovviamente scelto, tuttavia, dall'assicuratore — potrebbe trascurare di rivolgere al primo l'invito a mettere a disposizione il massimale e potrebbe altresì non curare di introdurre per il secondo la domanda di mala gestio propria. In tale frangente — secondo l'indirizzo in esame — non potrebbe essere condiviso l'assunto secondo cui l'accettazione di un unico difensore da parte dell'assicurato importerebbe rinuncia a far valere la domanda di mala gestio nei confronti dell'assicuratore, dal momento che una simile volontà non sarebbe desumibile dalla sottoscrizione della clausola del contratto di assicurazione concernente il patto di gestione della lite. Parimenti mancherebbe la volontà di riconoscere l'insussistenza del diritto. Ed infine, l'esistenza di un accordo tra le parti non potrebbe essere soltanto ipotizzata, ma dovrebbe sussistere effettivamente. Tuttavia, il conflitto di interessi così delineato, se virtuale, non produrrebbe effetti sulla validità della procura, secondo la Suprema Corte, poiché circoscritto ad una parte soltanto della lite e non ad essa nel suo complesso: non potrebbe, cioè, ritenersi sufficiente ad integrare un conflitto rilevante ai fini della nullità della procura l'eventualità che il contrasto tra le parti abbia ad oggetto soltanto uno degli aspetti della vicenda giudiziaria. La pronuncia, in definitiva, ruota sulla distinzione tra conflitto di interessi riferibile all'intera lite, tale da pregiudicare la validità della procura, e conflitto di interessi soltanto parziale, ininfluente su di essa. Non risulta che la decisione del 2006 abbia avuto successive conferme. Parti in conflitto in processi diversi
Particolari caratteri assume, sul piano probatorio, il problema del conflitto di interessi qualora il medesimo difensore difenda sì più parti, ma in processi diversi, come nell'ipotesi in cui il difensore agisca in giudizio prima per il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale e poi dal figlio del conducente stesso. In tale ipotesi, benché il conflitto d'interessi possa essere non solo attuale ma anche potenziale, tale potenzialità va nuovamente intesa non come astratta eventualità bensì in stretta correlazione con il rapporto esistente in concreto tra le parti i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione: pertanto, ove non si versi in caso di simultaneus processus, nella quale l'esistenza di siffatta contrapposizione è immediatamente percepibile dal giudice, la denuncia del conflitto non può prescindere dall'allegazione delle deduzioni svolte nei due giudizi, allegazione il cui onere grava interamente sulla parte che l'ha eccepita (Cass. civ., 24 gennaio 2011, n. 1550). La sanatoria della procura invalida
Con riguardo al tema del conflitto di interessi, occorre ancora richiamare gli effetti determinati dalla novella dell'art. 182 c.p.c. ad opera della legge 18 giugno 2009, n. 69. L'attuale formulazione della disposizione consente la sanatoria del «vizio che determina la nullità della procura al difensore», sicché è da credere che la norma ben possa essere applicata alla nullità derivante da conflitto di interessi, consentendo alla parte che abbia conferito per seconda la procura di procedere al rilascio di una nuova procura ad un diverso difensore. Profili disciplinari
Si è già accennato che il patrocinio di parti in conflitto di interessi può comportare responsabilità disciplinare per l'avvocato destinatario del mandato alle liti. Tuttavia, anche in questo caso, l'assunzione, da parte dello stesso procuratore legale, del patrocinio, in procedimenti connessi, di due soggetti in conflitto di interessi meramente potenziale non integra di per sé responsabilità suscettibile di sanzione disciplinare per violazione dei principi di correttezza, lealtà e deontologia professionale, occorrendo, a tal fine, l'accertamento, adeguatamente motivato, dell'avvenuta realizzazione in concreto del suindicato conflitto (Cass. civ.,Sez. Un.,20 gennaio 1993, n.645). Conviene infine ricordare, quantunque la fattispecie non concerna un ipotesi di difesa in giudizio, che la regola del codice deontologico professionale che vieta all'avvocato di assumere il patrocinio di soggetti portatori di interessi contrastanti si applica tutte le volte in cui sia stata accertata (ed adeguatamente motivata) l'esistenza e la verificazione, in concreto, di un conflitto tra le parti, che deve, pertanto, risultare effettivo e non soltanto potenziale (Cass. civ., Sez. Un., 15 ottobre 2002, n. 14619, che ha ritenuto legittimamente configurabile il conflitto — confermando, conseguentemente, la sanzione disciplinare irrogata dal Consiglio dell'ordine forense — con riferimento ad una vicenda societaria, iniziata con una trattativa per la cessione delle quote di una S.r.l. da un socio all'altro, di talché quest'ultimo era destinato a divenire socio unico dell'ente, nella quale un avvocato aveva assistito il socio alienante nella trattativa pur essendosi sempre continuamente occupato anche dell'assistenza della società: la Corte ha ritenuto tale, preesistente e tuttora perdurante attività professionale atta a generare un conflitto effettivo di interessi tra il socio alienante e la società stessa, la cui coincidenza di interessi con quelli del socio acquirente era evidente, per essere quest'ultimo destinato a divenirne unico socio per effetto dell'alienazione delle quote).
Riferimenti
Di Marzio, La procura alle liti. Poteri, obblighi e responsabilità dell'avvocato, Milano, 2011. |