L'aumento dell'importo contrattuale nei limiti del cd. quinto d'obbligo comporta anche la necessità di adeguare la garanzia definitiva al predetto aumento?
17 Settembre 2018
L'aumento dell'importo contrattuale nei limiti del cd. quinto d'obbligo, espressione dello jus variandi della stazione Appaltante, comporta anche la necessità di adeguare la garanzia definitiva al predetto aumento?
Come noto, l'art. 106 del D. Lgs. n. 50 del 2016 disciplina le modifiche (oggettive e soggettive)del contratto in corso di esecuzione. In particolare, nel corso dell'esecuzione del contratto, la stazione appaltante può disporre, ove necessario, un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto (c.d. quinto d'obbligo o sesto quinto), che l'appaltatore ha l'obbligo di eseguire alle stesse condizioni previste nel contratto originario, senza potersi sottrarre all'esecuzione, facendo valere la risoluzione del contratto oppure pretendendo particolari indennità. La regola del quinto d'obbligo, originariamente prevista dall'art. 11 del R.D. n. 2440 del 18 novembre 1923 (la c.d. Legge sulla contabilità generale dello Stato; Di seguito la previsione, abrogata dal Codice dei contratti pubblici: «Qualora, nel corso di esecuzione di un contratto, occorra un aumento od una diminuzione nelle opere, lavori o forniture, l'appaltatore è obbligato ad assoggettarvisi, alle stesse condizioni, fino a concorrenza del quinto del prezzo di appalto. Al di là di questo limite egli ha diritto alla risoluzione del contratto. In questo caso sarà all'appaltatore pagato il prezzo delle opere, dei lavori o delle forniture eseguite, a termini di contratto. L'aumento entro il limite del quinto della somma preventivata non rende, in verun caso, necessario il parere del Consiglio di Stato»), è disposta dall'art. 106, comma 12 del Codice dei contratti pubblici, ai sensi del quale «La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario una aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l'appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto». Tanto premesso, e passando alla risposta al quesito, si precisa che la citata norma del Codice dei contratti pubblici non chiarisce se la cauzione definitiva debba essere adeguata nel caso in cui si verifichi l'estensione del contratto di cui al cd. quinto d'obbligo. Va tuttavia sottolineato che, ai sensi dell'art. 35, comma 4 del Codice, il calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture «tiene conto dell'importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara». Ciò vuol dire che la stazione appaltante deve prevedere già in fase di predisposizione delle regole di gara l'eventualità di estendere l'esecuzione del contratto a prestazioni ulteriori e, nel determinare il valore complessivo del contratto da affidare, deve includere la possibile opzione relativa all'aumento del quinto della prestazione da aggiudicare. Pertanto, l'importo base del contratto da affidare risulta sin dall'inizio incrementato di un quinto, quale limite massimo di estensione disponibile nella futura fase di esecuzione delle prestazioni contrattuali. Ai sensi dell'art. 103 del Codice, la garanzia definitiva è pari al 10 per cento dell'importo contrattuale, come calcolato e definito dalla stazione appaltante nelle regole di gara. Atteso che quest'ultimo tiene conto, come visto, anche della possibile estensione del cd. quinto, è pertanto ragionevole ritenere che la cauzione, nell'ipotesi in cui la stazione appaltante decida di avvalersi della facoltà di cui all'art. 106, comma 12, non debba essere adeguata, essendo tale ipotesi già ricompresa ab origine nel calcolo della cauzione stessa. |