Viaggi e trasferte
22 Dicembre 2016
Inquadramento
Le spese che i dipendenti di un'impresa sostengono per lo svolgimento dell'attività lavorativa e rimborsate dal datore di lavoro sono deducibili dal reddito d'impresa secondo specifiche modalità, distinguendo innanzitutto i rimborsi analitici da quelli forfettari.
Relativamente ai rimborsi analitici, le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore a 180,76 € (elevato a 258,23 € per le trasferte all'estero).
Inoltre, se il dipendente è stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel. Per i rimborsi forfettari non sono invece previsti limiti massimi di deducibilità in capo all'impresa. Le disposizioni in oggetto si applicano anche ai collaboratori coordinati e continuativi, ai tirocinanti e agli amministratori senza partita IVA, e non solo quindi ai lavoratori dipendenti. Definizioni
La trasferta è definibile come spostamento temporaneo del lavoratore o del collaboratore in una sede di lavoro diversa da quella in cui viene svolta abitualmente l'attività lavorativa. Il viaggio è in questa accezione considerabile come elemento fondamentale della trasferta. La trasferta deve rispettare requisiti spazio-temporali; infatti, per essere considerata tale, deve avere durata limitata altrimenti si parlerebbe di trasferimento del lavoratore ad un'altra unità produttiva.
Il luogo in cui il lavoratore è chiamato ad espletare la propria prestazione lavorativa è il secondo elemento cardine per definire il concetto di trasferta in luogo di trasfertista (Corte di Cassazione sentenza n. 12513 del 1991, C.M. 15 dicembre 1973, n. 1/RT e C.M. 20 novembre 1974, n. 13/RT).
L'espletazione di viaggi e trasferte comporta il pagamento di indennità in favore del soggetto che effettivamente le sostiene. Tali indennità sono state in passato oggetto di molti dibattiti e sentenze contrastanti, soprattutto in merito alla corretta identificazione della natura della stessa.
Su tutte, la sentenza della Corte di Cassazione del 1991 n. 10249 e quella della stessa Corte del 2007 n. 4346 le quali recitano, la prima, che tale indennità rappresenta un risarcimento del maggior disagio derivante dalla trasferta, la seconda si enfatizza il carattere retributivo di tale indennità contrastando le sentenze precedenti ed il dettato di molti Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro.
La questione non è solo meramente accademica ma ha riflessi di natura anche pratico-fiscale, in quanto, determinare l'indennità di trasferta con la sola caratteristica retributiva ne comporterebbe la tassabilità ai fini fiscali in capo al dipendente/collaboratore, caratterizzarla invece come elemento indennitario determinerebbe l'esenzione in capo allo stesso soggetto.
Sebbene sia chiaro come entrambe le caratteristiche siano presenti in tale concetto è altrettanto non di semplice risoluzione capire il limite fra carattere indennitario e quello retributivo e come/quando isolarle. La sentenza della Corte di Cassazione numero 12178 del 2008 fuga ogni dubbio affermando che è il Legislatore stesso, attraverso l'art. 51 del T.U.I.R., ad aver introdotto una minuziosa disciplina della materia, stabilendo diverse soglie di intassabilità.
A sostegno di tale affermazione l'Agenzia delle Entrate ha recentemente precisato (Risoluzione n. 92/E del 30 ottobre 2015), in risposta ad un interpello, che quando si percepiscono rimborsi chilometrici, chi sceglie la strada più lunga perde l'esenzione sul surplus.
In altri termini il lavoratore dipendente che parte da casa per raggiungere il luogo di missione, percorrendo, così, più chilometri rispetto a quelli che dividono tale luogo dalla sede di lavoro, dovrà pagare le imposte sulla differenza poiché la parte di rimborso chilometrico che copre il percorso in più non gode dell'esenzione ex comma 5, art. 51 T.U.I.R., ed è considerata reddito imponibile ai sensi del precedente comma 1.
Rimborsi analitici e forfettari
In alcune circostanze i dipendenti dell'impresa, così come i collaboratori e gli amministratori, possono sostenere delle spese per lo svolgimento dell'attività di lavoro; può pertanto accadere che:
Dal punto di vista fiscale i rimborsi corrisposti si possono reputare deducibili solo qualora le spese effettivamente sostenute dal dipendente siano inerenti l'attività lavorativa richiesta, e solo nel caso in cui vi sia un incarico di trasferta nel quale siano espressamente dettagliati i luoghi e i tempi di svolgimento dell'attività.
Rimborsi analitici L'art. 95 comma 3 TUIR disciplina la deducibilità dal reddito d'impresa del rimborso analitico (o a piè di lista), stabilendo che “Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore ad euro 180,76; il predetto limite è elevato ad euro 258,23 per le trasferte all'estero. Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel”.
In generale, le spese sostenute per il viaggio sono deducibili (es. biglietti aerei e del treno), ma nel caso in cui il dipendente utilizzi per la trasferta un suo veicolo, o un veicolo noleggiato, il costo di percorrenza relativo ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali o a 20 se diesel, così come stabilito dalle tabelle ACI, potrà essere dedotto dal reddito d'impresa.
Per ottenere il rimborso, quindi, il lavoratore dovrà presentare apposita nota spese, allegando alla stessa tutti i documenti giustificativi, come fatture, scontrini, ricevute, biglietti aerei, di taxi, di treno.
Rimborsi forfettari A differenza dei rimborsi analitici prima analizzati, nel caso dei rimborsi forfettari non è previsto in capo all'azienda alcun limite massimo di deducibilità.
Il trattamento in capo al lavoratore dipendente
Con riferimento ai redditi di lavoro dipendente i rimborsi spese rilevano secondo le modalità riportate nella tabella che segue.
L'articolo 51, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986 recita che “Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente lire 90.000 al giorno, elevate a lire 150.000 per le trasferte all'estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all'importo massimo giornaliero di lire 30.000, elevate a lire 50.000 per le trasferte all'estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell'ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito”.
Bilancio e scritture in partita doppia
I costi per viaggi e trasferte dei dipendenti e collaboratori vanno ricompresi in bilancio, nel conto economico alla voce B7 Costi della produzione - Per servizi.
Esempi di scritture: 1) Rimborso analitico nel cedolino a fronte di spese anticipate dal dipendente/collaboratore: xx.xx.20xx
xx.xx.20xx
2) Spese erogate al dipendente/collaboratore anticipatamente e rimborso analitico successivo: xx.xx.20xx
xx.xx.20xx
3) Rimborso forfettario spese di trasferta: xx.xx.20xx
Libro Unico del Lavoro
L'indennità di trasferta riconosciuta al dipendente va annotata sul Libro Unico del Lavoro (LUL) sia per quanto concerne la quota esente che per quella tassata; i rimborsi per vitto e alloggio sostenuti in sede di trasferta da parte dei dipendenti vanno anch'essi inseriti nel LUL purché riguardino fatture e ricevute non intestate all'azienda; vanno annotate sia le fatture pagate con denaro anticipato dal datore di lavoro che quelle rimborsate al dipendente oppure pagate con carte di credito aziendale. (si veda in riferimento il vademecum del 5 dicembre 2008 del Ministero del Lavoro e la risposta del Ministero del Lavoro all'Interpello num. 27 del 6 luglio 2010).
Le nozioni sopraesposte sono applicabili anche ai collaboratori coordinati e continuativi ora collaborazioni "a progetto" i quali percepiscono redditi assimilati a lavoro dipendente (si veda in riferimento le Circolari numero 207/E/2000, par. 1.5.5, numero 105/E/2001, e la numero 1/E/2007, par. 17 e le Risoluzioni num. 56/E del 2001, num. 95/E del 2002 e numero 284/E del 2008).
Il reddito del collaboratore occasionale ha natura di lavoro autonomo e le spese per la produzione di tale reddito sono detratte in base all'art. 71, comma 2 del T.U.I.R. "differenza tra l'ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione".
Per quanto concerne i lavoratori autonomi (esercenti arti e professioni) occorre evidenziare che non beneficiano di rimborsi da parte del cliente e detraggono le spese di vitto e alloggio al 75% e nel limite del 2% dei ricavi; tale limitazione di deducibilità non si applica se le spese sono sostenute direttamente dal cliente per conto del professionista, che le riaddebita in fattura ex art. 54, comma 5, del Tuir:
Nel raro caso in cui gli imprenditori individuali o le società rifatturino al cliente le spese di vitto e alloggio sostenute direttamente dall'imprenditore (o da soggetti non dipendenti/collaboratori) la deducibilità della spesa in capo al cliente sarebbe ammissibile secondo il principio dettato dalla Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 320/E del 2008 per cui quando, relativamente ad un determinato costo, non sussiste la possibilità di utilizzo differente da quello imprenditoriale, dovrebbe prevalere il principio generale di inerenza. Nella realtà tali spese sono normalmente inglobate nel prezzo di vendita senza separata indicazione.
Le sentenze in materia
Comm. Trib. Reg. Toscana, sentenza del 29 maggio 2015 n. 997
L'indennità di aeronavigazione ha, tra l'altro, anche una funzione risarcitoria per il disagio dovuto alle continue trasferte ed il rischio conseguente per il personale che effettua il servizio. L'agevolazione tributaria prevista dall'art. 51, comma 6, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, consistente nella tassabilità sul 50% dell'ammontare dell'indennità di aeronavigazione riguarda quella erogata al personale che presta il lavoro a bordo di un aereo e non può essere estesa, oltre la previsione della norma, anche alla parte del trattamento pensionistico costituita dall'indennità di volo per il personale che godeva di tale indennità in costanza di servizio.
Comm. Trib. Reg. Valle d'Aosta, sentenza del 31 marzo 2015 n. 7
L'art. 5 D.P.R. 695/96 ha abrogato il com. 6 dell'art. 75 D.P.R. 917/86, il quale escludeva la deducibilità delle spese od altri componenti negativi in caso di omessa od irregolare registrazione nelle apposite scritture contabili ai fini dell'imposte sui redditi. La dimostrazione in ordine alla sussistenza dei componenti negativi del reddito può essere fornita anche con mezzi diversi dalle scritture contabili, purché dotati dei requisiti della certezza e della precisione. Riferimenti
Normativi
Giurisprudenza
Prassi
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