Requisiti: Violazione del divieto di intestazione fiduciaria
21 Luglio 2016
Inquadramento
Ai sensi dell'art. 38, comma 1, d.lgs n.163 del 2006, tutt'oggi applicabile alle gare bandite prima dell'entrata in vigore del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, «sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: (…) d) che hanno violato il divieto di intestazione fiduciaria posto all'art. 17, l. 19 marzo 1990, n. 55 l'esclusione ha durata di un anno decorrente dall'accertamento definitivo della violazione e va comunque disposta se la violazione non è stata rimossa». Il divieto non ha derivazione comunitaria, traendo origine dall'intendimento del legislatore italiano dei primi anni novanta di prevenire la delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale, anche attraverso istituti che consentano alla stazione appaltante di conoscere l'effettivo beneficiario dei proventi derivanti dall'affidamento di un contratto pubblico. L'intestazione fiduciaria è il contratto in virtù del quale un soggetto (il fiduciante) trasferisce l'amministrazione di un bene o un diritto ad un altro soggetto (il fiduciario) che lo amministrerà in modo professionale o lo eserciterà nell'interesse e nel rispetto delle disposizioni impartite dal trasferente, il quale rimane il titolare sostanziale del bene o del diritto. Il fiduciario, quindi, diviene intestatario dei beni del fiduciante e, come tale, appare e agisce nei confronti dei terzi prestando attività che possono consistere (per quanto qui di interesse): nell'intestazione a proprio nome e per conto del fiduciante del diritto di proprietà o di altro diritto reale relativo ad obbligazioni, quote o azioni di società di capitali; partecipazione alla costituzione di società di capitali per conto del fiduciante; esecuzione di mandati di trasferimento di partecipazione societarie per conto del fiduciante; ecc. Con il negozio fiduciario si realizza un'interposizione “reale” di persona (diversa da quella “fittizia”, rappresentata dalla simulazione), con la quale l'interposto acquista la titolarità delle azioni (es. la partecipazione alle assemblee, la riscossione degli utili, la sottoscrizione di aumenti di capitale sociale, etc), pur essendo tenuto da un rapporto obbligatorio con l'interponente ad osservare il comportamento convenuto e a ritrasferirgli i titoli alla scadenza pattuita. L'intestazione è, dunque, necessaria al compimento degli atti che costituiscono l'oggetto del mandato, poiché, solo ove sia correttamente intervenuta, la società fiduciaria può compiere le attività dedotte nel contratto senza spendere il nome del fiduciante, garantendo in tal modo un'assoluta riservatezza nei rapporti con i terzi. Proprio a causa del naturale riserbo che contraddistingue l'istituto, l'intestazione fiduciaria è stata spesso considerata lo strumento mediante il quale tentare di celare operazioni per le quali fosse necessario uno “schermo” nei confronti dell'Amministrazione Finanziaria e dell'Autorità Giudiziaria. Per prevenirne un eventuale impiego illecito, il legislatore, già con la l. 23 novembre 1939, n. 1966 – tutt'oggi in vigore – aveva previsto che il trasferimento fiduciario potesse avvenire nei soli confronti di società di capitali che, sotto forma di impresa, avessero assunto «l'amministrazione dei beni per conto di terzi, l'organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni» (art. 1), previo ottenimento di una specifica autorizzazione da parte – oggi – del Ministero dello Sviluppo economico, che su di loro esercita poteri di vigilanza (art. 2). Tuttavia, gli stringenti requisiti previsti per l'ottenimento dell'autorizzazione da parte del Ministero competente (v. R.d. 22 aprile 1940, n. 531) e la disciplina dettata per le società fiduciarie che svolgano attività di custodia e amministrazione di valori mobiliari (v. d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), non avrebbero garantito, nell'ambito dell'affidamento degli appalti pubblici, la conoscenza dell'effettivo beneficiario dei proventi e delle quote della società affidataria dell'appalto se, nel 1990, il legislatore non fosse intervenuto con un'apposita norma di legge volta a prevenire la delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di pericolosità sociale. Il divieto di intestazione fiduciaria prima del d.lgs n.163 del 2006
Con l'art. 17, comma 3,l. 19 marzo 1990, n. 55 il Legislatore ha previsto che, con successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, non solo sarebbero state adottate le disposizioni per il controllo sulle composizioni azionarie e sui relativi mutamenti societari dei soggetti aggiudicatari di opere pubbliche, ivi compresi i concessionari, ma con lo stesso Decreto sarebbero state vietate le intestazioni fiduciarie, delle quali comunque sarebbe stata prevista la cessazione entro un termine predeterminato. La violazione del divieto avrebbe comportato la sospensione dall'albo nazionale dei costruttori o, nei casi di recidiva, la cancellazione dall'albo stesso. In applicazione del citato art.17, comma 3, l. 19 marzo 1990, n. 55, è stato adottato il d.p.c.m. 11 maggio 1991, n. 187 (“Regolamento per il controllo delle composizioni azionarie dei soggetti aggiudicatari di opere pubbliche e per il divieto di intestazione fiduciaria”) – tuttora in vigore – il cui art. 1, comma 1, ha imposto alle società per azioni (ed in accomandita), a responsabilità limitata, a quelle cooperative per azioni o a responsabilità limitata, nonché a quelle consortili per azioni o a responsabilità limitata aggiudicatarie di opere pubbliche, ivi comprese le concessionarie e le subappaltatrici, di «comunicare all'amministrazione committente o concedente prima della stipula del contratto o della convenzione, la propria composizione societaria, l'esistenza di diritti reali di godimento o di garanzia sulle azioni “con diritto di voto” sulla base delle risultanze del libro dei soci, delle comunicazioni ricevute e di qualsiasi altro dato a propria disposizione». Sino all'entrata in vigore della c.d. Legge “Merloni Ter”, dunque, l'intestazione fiduciaria in materia d'appalto è stata vietata in modo assoluto e, in quanto tale, indipendentemente dall'autorizzazione ai sensi della l. 23 novembre 1939, n. 1966 che la società avesse eventualmente ottenuto, ad essa non era consentito fare parte della compagine società di un'impresa concorrente ad una gara d'appalto o affidataria della sua esecuzione. Solo con l'entrata in vigore della l. 18 novembre 1998, n. 415 (con la quale è stato modificato l'art. 17, l. n. 55 del 1990), le società controllate e/o collegate ad una fiduciaria autorizzata hanno potuto tornare a partecipare alla procedura per l'affidamento di lavori pubblici, «a condizione che queste ultime provvedano, entro trenta giorni dalla richiesta effettuata dai soggetti aggiudicatari, a comunicare alle amministrazioni interessate l'identità dei fiducianti».
L'art. 38, comma 1, lett. d), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 non ha innovato la disciplina già dettata, limitandosi a ribadire che «sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, nè possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti» i soggetti che abbiano violato il divieto di intestazione fiduciaria come previsto dall'art. 17, l. n. 55 del 1990.
Le due ipotesi di violazione si diversificano, quindi, per la diversa modulazione temporale della verifica dei requisiti generali di partecipazione: preventiva (con riferimento all'autorizzazione Ministeriale) e successiva all'aggiudicazione (in relazione alla necessaria comunicazione dell'identità dei fiducianti). Il legislatore, tuttavia, non ha chiarito alcuni profili applicativi delle richiamate previsioni normative, la cui disciplina, pertanto, continua ad essere interamente demandata all'elaborazione giurisprudenziale, in cui si rinvengono talvolta alcuni contrasti.
Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici non ne dirime alcuno, dal momento che l'art.80 comma 5 si limita a disporre «le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6, qualora: (…) h) l'operatore economico abbia violato il divieto di intestazione fiduciaria di cui all'articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55. L'esclusione ha durata di un anno decorrente dall'accertamento definitivo della violazione e va comunque disposta se la violazione non e' stata rimossa».
La disposizione, pertanto, non modificando i contenuti del precetto, si limita ad estendere gli effetti dell'esclusione dell'impresa partecipante anche all'ipotesi in cui il divieto sia stato violato da uno dei subappaltatori della terna indicata ai sensi dell'art. 105, comma 6 del medesimo d.lgs 18 aprile 2016, n. 50. Ne consegue che se prima del Nuovo Codice la violazione del divieto di intestazione fiduciaria da parte del subappaltatore precludeva solo ad esso l'affidamento della lavorazioni previste dal contrato di subappalto, con l'entrata in vigore del d.lgs n. 50 del 2016, detta violazione comporterà l'esclusione dalla gara dell'impresa che lo ha indicato. Orientamenti a confronto
Casistica
La violazione del divieto
La modifica apportata alla lettera d), comma 1, art. 38 c.c.p. dall'art. 4, comma 2, lett. b), d.l. 13 maggio 2011, n. 70 ha sancito che, in caso di violazione del divieto di intestazione fiduciaria, «l'esclusione ha durata di un anno decorrente dall'accertamento definitivo della violazione e va comunque disposta se la violazione non è stata rimossa». Diversamente da quanto originariamente previsto, quindi, è stato delimitato e circoscritto temporalmente ad un anno (e non più sine die) il periodo di rilevanza dell'accertamento definitivo della violazione del divieto di intestazione fiduciaria, da ravvisarsi anche nel caso in cui la violazione del divieto in parola non è stata rimossa. A riguardo si osserva che l'espressione «accertamento definitivo della violazione» richiama l'ipotesi di accertamento definito con provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile. Come emerge dalla disciplina del Regolamento per il controllo delle composizioni azionarie dei soggetti aggiudicatari di opere pubbliche e per il divieto delle intestazioni fiduciarie, i soggetti legittimati ad esercitare detto controllo sono le stesse amministrazioni aggiudicatrici o concedenti, pertanto l'anno di interdizione dovrebbe decorrere dal momento in cui diviene inoppugnabile il provvedimento dell'amministrazione aggiudicatrice/committente con cui è stata accertata la violazione dell'intestazione fiduciaria (ANAC, determinazione n. 1 del 16 maggio 2012). |