I “tardivi motivi aggiunti” dell’AGCM

Guglielmo Aldo Giuffrè
13 Luglio 2016

La sentenza esclude, nel silenzio dell'art. 21-bis della l. 287 del 1990, la legittimità di un nuovo esperimento, da parte dell'AGCM, della cd. “fase precontenziosa” prevista da detto articolo, propedeutica all'impugnazione mediante motivi aggiunti di un atto modificativo di altro atto già impugnato dall'Autorità, in quanto ciò comporterebbe un inutile, oltre che illegittimo, differimento del termine per la proposizione dei motivi aggiunti. Si afferma infatti che, qualora il successivo provvedimento adottato dall'Amministrazione si ponga all'interno della medesima sequenza procedimentale dell'atto già oggetto delle censure dell'Autorità, la formulazione di un secondo parere contrasta sia con le finalità dell'istituto dei motivi aggiunti (economicità, celerità e non aggravamento, simultaneus processus) che con le esigenze di “celerità e buon funzionamento” dei riti speciali.

Con ricorso proposto ai sensi dell'art. 21-bis, comma 2, della l. n. 287 del 1990, preceduto dal necessario parere precontenzioso, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatoimpugnava una delibera comunale avente ad oggetto l'acquisizione e la riqualificazione di impianti di illuminazione pubblica, censurando che l'affidamento fosse avvenuto in violazione della disciplina della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (art. 57 del d.lgs. n. 163 del 2006). A fronte dell'emissione, da parte del Comune, di una nuova delibera, modificativa della precedente, ma confermativa dell'affidamento dei lavori in questione alla società già designata con la precedente delibera, l'AGCM non impugnava immediatamente tale atto mediante motivi aggiunti ma decideva di formulare preventivamente un nuovo parere ai sensi del richiamato art. 21-bis, facendo così decorrere il termine di trenta giorniper la proposizione dei motivi aggiunti.

Il Collegio ha ritenuto irricevibili i motivi aggiunti proposti successivamente all'emissione del parere, sulla base della considerazione che, nel silenzio della norma, «non vi è motivo di ritenere che anche la proposizione dei motivi aggiunti debba essere preceduta dalla reiterazione del procedimento interlocutorio di cui al secondo comma dell'art. 21-bis». Ciò in quanto la finalità del procedimento di precontenzioso è quella di consentire «una previa interlocuzione sulle possibili lesioni dei principi concorrenziali implicati dall'azione amministrativa esaminata, con fissazione nel parere dell'Autorità degli specifici profili delle violazioni contestate». Afferma infatti il TAR (condividendo le argomentazioni di TAR Lazio, Roma, Sez. III, 15 marzo 2013, n. 2720) che la reiterazione della richiesta di parere – preliminare all'impugnazione di un nuovo atto che «si ponga in linea di continuità con quello originariamente gravato, inserendosi nella medesima sequenza procedimentale, ed evidenziando analoghi profili di lesività rispetto all'interesse tutelato dall'AGCM» – «potrebbe risultare inutile ed antieconomica” e, di conseguenza, tale reiterazione non può comportare il differimento del termine ordinario di proposizione dei motivi aggiunti, mancandone le idonee ragioni giustificative. Per il TAR, del resto, tale assunto trova sostegno nella stessa funzione dei motivi aggiunti nel processo amministrativo, che mirano a garantire «finalità di economicità, celerità e non aggravamento» oltre che la «prioritaria esigenza di garantire un simultaneus processus per la definizione di fattispecie o vicende sostanzialmente unitarie o strettamente connesse». D'altra parte, il rinvio posto dal terzo comma dal suddetto art. 21-bis alla disciplina dei riti speciali induce l'interprete a risolvere gli eventuali dubbi ermeneutici dando «priorità, anche nel procedimento de quo, [alle] esigenze di celerità e buon funzionamento».

Infine, per l'effetto dell'irricevibilità dei motivi aggiunti, il Collegio ha deciso di non esaminare il ricorso introduttivo del giudizio dichiarandolo improcedibile.

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