Responsabilità del direttore dei lavori e del direttore di cantiere

23 Aprile 2025

La Bussola inquadra la responsabilità in capo al direttore dei lavori e al direttore di cantiere. Nel presente contributo, l'Autrice illustra le peculiarità della responsabilità di queste tipologie di professionisti sia nei confronti del committente/appaltatore sia verso i terzi, esaminando la casistica e gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che concorrono all'individuazione di entrambe le fattispecie

Inquadramento

Le responsabilità del direttore dei lavori e del direttore di cantiere costituiscono due fattispecie connotate da un unico elemento caratterizzante: il cantiere.

Le due figure professionali operano nell'ambito di esso e i loro obblighi e responsabilità sono strettamente a esso connessi. Tuttavia, mentre la designazione del direttore di cantiere è obbligatoria sia negli appalti pubblici che negli appalti privati, l'individuazione del direttore dei lavori costituisce la regola nel solo settore pubblico, diventando facoltativa nel settore privato.

Entrambi rispondono a titolo contrattuale nei confronti del committente il primo e dell'appaltatore il secondo e a titolo extracontrattuale verso i terzi.

Per ricoprire i predetti incarichi devono possedere requisiti e competenze tecniche peculiari. Essi, infatti, nello svolgimento della prestazione devono utilizzare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare il risultato con un determinato grado di diligenza. Dunque, nella nozione di diligenza rileva quella di perizia, quale conoscenza e attuazione delle regole tecniche proprie di una determinata professione, comprensiva di un complesso di attività strumentali rispetto all'obiettivo finale della realizzazione dell'opera a regola d'arte in conformità al progetto.

La direzione tecnica dell'appaltatore riguarda tutte le iniziative e decisioni necessarie per eseguire i lavori. La direzione dei lavori del committente riguarda le funzioni di controllo sull'operato dell'impresa esecutrice.

Fonte della responsabilità contrattuale è l'obbligazione che nasce dal contratto d'opera e/o di collaborazione o di servizio che viene stipulato tra il committente e il direttore dei lavori, così come tra l'appaltatore e il direttore di cantiere. La responsabilità ex art. 2043 c.c. per i danni arrecati a terzi non ha carattere meramente sanzionatorio, bensì essenzialmente riparatorio, poiché si rileva, nel caso di specie, la centralità del danno risarcibile, qualora ingiusto. Accanto alla responsabilità civile, in capo ai due professionisti possono ricorrere ipotesi di responsabilità penale oltre che, con riferimento al direttore dei lavori, di responsabilità amministrativa nell'ambito degli appalti pubblici.

ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Breve titolo riassuntivo della massima

Massima – estremo

Obbligo di vigilanza del direttore dei lavori

Nelle obbligazioni del direttore dei lavori rientrano l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto che delle modalità esecutive al capitolato e alle regole della tecnica, nonché l'adozione di tutti gli accorgimenti per evitare difetti costruttivi, cosicché incorre in responsabilità il professionista che ometta di vigilare e impartire le opportune disposizioni al riguardo, di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore e, in mancanza, di riferire al committente (Cass. civ., sez. II, 18 ottobre 2024, n. 27045).

Diligenza del direttore dei lavori

In tema di appalto, il direttore dei lavori deve assicurare al committente il risultato che lo stesso si aspetta di conseguire, per cui il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto”. Pertanto, rientrano nelle obbligazioni del direttore dei lavori l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire un'opera priva di difetti costruttivi (Corte app. Venezia sez. IV, 1° febbraio 2024, n. 232).

Responsabilità del direttore dei lavori per vizi costruttivi

In tema di appalto, la responsabilità del direttore dei lavori per vizi costruttivi può configurarsi anche in corso d'opera, non presupponendo che la prestazione professionale sia stata resa, pur a fronte di revoca dall'incarico, fino all'ultimazione dei lavori e al relativo collaudo (Cass. civ. sez. I, 1° agosto 2022, n. 23858).

Obblighi di vigilanza e controllo del direttore dei lavori

Tra i compiti affidati al direttore dei lavori rientra l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità di esecuzione della stessa, nonché la verifica dell'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici vòlti a garantire la realizzazione senza difetti. Pertanto, il professionista è responsabile sia nel caso in cui ometta di vigilare sull'esecuzione e di impartire le opportune disposizioni sia se non controlla il rispetto delle predette indicazioni da parte dell'appaltatore (Corte app. Milano, sez. IV, 3 marzo 2023, n. 732).

Direttore dei lavori nominato dal committente. Conferimento obblighi di prevenzione degli infortuni

Se è vero che il direttore dei lavori nominato dal committente svolge normalmente un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse del committente e che non ha funzioni in materia di salute e di sicurezza del lavoro, ciò si verifica a condizione che allo stesso non sia affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori con la possibilità di impartire ordini alle maestranze e ciò, sia per convenzione, cioè per una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto, sia quando risulti che egli si sia in concreto ingerito nell'organizzazione del lavoro. Non è esclusa, pertanto, una diversa e più ampia estensione dei compiti del direttore dei lavori, comprensiva anche degli obblighi di prevenzione degli infortuni, che risulti provata anche attraverso l'individuazione di comportamenti che possano testimoniare in modo inequivoco l'ingerenza nell'organizzazione del cantiere o l'esercizio di tali funzioni (Cass. civ., sez. III, 4 maggio 2023, n. 11684).

Sorveglianza, controlli, verifiche e istruzioni del direttore dei lavori

L'attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell'alta sorveglianza delle opere che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta comunque il controllo della realizzazione dell'opera nelle sua varie fasi e pertanto l'obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell'impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell'arte e la corrispondenza dei materiali impiegati (Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2019, n. 7336).

Responsabilità per vizi progettuali del direttore lavori nell'appalto privato

Il direttore dei lavori esercita, per conto del committente, i medesimi poteri di controllo sull'attuazione dell'appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona, sicché ha il dovere, attesa la connotazione tecnica della sua obbligazione, di vigilare affinché l'opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, senza che ne derivi la sua corresponsabilità con l'appaltatore per i difetti dell'opera derivanti da vizi progettuali, salvo che egli sia stato espressamente incaricato di svolgere anche l'attività aggiuntiva di verificare la fattibilità e l'esattezza tecnica del progetto (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2024, n. 29331).

Responsabilità solidale del direttore dei lavori con l'appaltatore e il progettista

In materia di contratto di appalto, la responsabilità solidale fra l'appaltatore, direttore dei lavori ed il progettista i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in maniera efficiente a causare il danno risentito dal committente, si fonda nel principio sancito all'art. 2055 c.c., dettato in materia di responsabilità aquiliana, ma che si estende al caso in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale (Trib. Bari, sez. II, 26 settembre 2024, n. 3956).

Responsabilità solidale tra l'appaltatore e il direttore lavori

In tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilità solidale fra l'appaltatore e il direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all'art. 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. civ. sez. II, 15 marzo 2024, n. 7057).

Ruolo di garante del direttore tecnico di cantiere

Nell'ambito di un cantiere il direttore tecnico risulta garante non soltanto della sicurezza dei lavoratori e di coloro che possono entrare fisiologicamente in contatto con loro nella fase dinamica della costruzione, ma anche della sicurezza dei terzi fruitori, a qualunque titolo, dell'opera, una volta essa sia realizzata, ove non siano stati rispettati i corretti canoni di costruzione (Cass. pen., sez. IV, 16 settembre 2020, n. 27574).

Culpa in eligendo del committente per la scelta del direttore dei lavori negligente

In un appalto privato, pur non potendosi escludere in termini generali che l'appaltante possa invocare l'istituto di cui all'art. 1227, comma 1, c.c. nei confronti del committente per condotte tenute dal direttore dei lavori, è tuttavia di rilievo evidenziare che occorre dimostrare una colpa del committente, con la precisazione che quest'ultima non si identifica con la colpa del direttore dei lavori. In altri termini, il committente risponderà non in quanto il direttore dei lavori ha tenuto una condotta negligente o imprudente ovvero in violazione di quale norma o prescrizione tecnica bensì per avere scelto un professionista che appariva inadeguato ex ante (c.d. culpa in eligendo) ovvero per essersi disinteressato dell'andamento del cantiere, senza esercitare quel minimo di controllo sull'operato del professionista che si ritiene pur sempre dovuto (c.d. culpa in vigilando) (Corte app. Venezia, sez. I, 10 maggio 2019, n. 1931).

Differenza tra la figura di direttore dei lavori e di direttore di cantiere

In tema di appalto, le figure di direttore dei lavori e di direttore di cantiere divergono profondamente tra loro, sia in relazione ai titoli professionali richiesti sia alle competenze, alla preparazione, alla responsabilità e alla provenienza dell'incarico (dal committente per il primo e dall'appaltatore per il secondo). Ne deriva che al direttore di cantiere - che può essere anche un tecnico diplomato geometra - non spetta la stessa remunerazione del direttore dei lavori, il quale ricopre un ruolo più impegnativo, ampio e responsabilizzante, dovendo il compenso dell'uno essere circoscritto entro il limite del 50% di quello dell'altro (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2018, n. 27917).

Il direttore dei lavori

Il direttore dei lavori è un rappresentante tecnico del committente con il precipuo compito di sorvegliare l'esatta esecuzione delle opere.

Egli deve accertare la conformità e la progressiva realizzazione dell'opera al progetto, le modalità di esecuzione della stessa in conformità al capitolato e alle regole della tecnica; nonché deve verificare che siano stati adottati tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantirne la realizzazione senza difetti costruttivi. L'attività di alta sorveglianza comprende le visite periodiche nel numero necessario a esclusivo giudizio del professionista, per la verifica dell'esecuzione regolare e della buona riuscita dell'opera, nonché la segnalazione all'appaltatore di tutte le situazioni anomale e degli inconvenienti che si verificano durante i lavori, affinché vi ponga rimedio.

Egli presta un'opera professionale e svolge la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche «per assicurare al committente il risultato cui questi anela» (Corte app. Venezia, sez. I, 14 luglio 2022, n. 1613; Cass. civ., sez. II, 24 luglio 2023, n. 22037).

L'attività svolta, che riveste un prevalente carattere intellettuale, è sempre compiuta in piena autonomia e discrezionalità, nonostante il carattere di continuità dell'opera prestata (Santoro-Passarelli). L'orientamento giurisprudenziale prevalente afferma che egli deve possedere le competenze necessarie a controllare la corretta esecuzione delle opere da parte dell'appaltatore e dei suoi ausiliari, essendo tenuto altrimenti ad astenersi dall'accettare l'incarico e a delimitare sin dall'origine le prestazioni promesse (Cass., sez. II, 10 luglio 2024, n. 18929; Cass., sez. III, ord., 4 luglio 2023, n. 18839; Cass., sez. III, 13 aprile 2015 n. 7370).

Orbene, la condotta del direttore dei lavori deve essere valutata non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma secondo la diligentia quam in concreto (Trib. Milano, sez. I, 22 novembre 2016, n. 12836; Corte app. Venezia sez. IV, 1° febbraio 2024, n. 232), rilevando nel caso di specie la diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2, c.c..

Infatti, nell'ambito delle obbligazioni di facere professionale rileva una maggiore incidenza del canone di diligenza. Secondo la dottrina più moderna, accanto alle obbligazioni connotate da un criterio di imputazione oggettivo o semi-oggettivo, si ravvisano altre «obbligazioni imperniate sul diligente perseguimento del risultato positivo per il cliente, senza che il professionista sia tenuto a garantirne il raggiungimento» (A. Plaisant, Dal diritto civile al diritto amministrativo, Forumlibri 2024).  

Nell'appalto pubblico tale figura professionale è obbligatoria e, in caso di interventi complessi, può essere istituito un ufficio di direzione dei lavori costituito da uno o più direttori operativi e da ispettori di cantiere ed eventualmente da figure professionali competenti in materia informatica (art. 2, All. II.4, d.lgs. n. 36/2023). Essi collaborano con il direttore dei lavori nel verificare che le lavorazioni di singole parti dei lavori da realizzare siano eseguite regolarmente e nell'osservanza delle clausole contrattuali, rispondendo della loro attività direttamente al direttore dei lavori. Gli ispettori di cantiere collaborano con il direttore dei lavori nella sorveglianza dei lavori in conformità alle prescrizioni stabilite nel capitolato speciale di appalto e rispondono della loro attività direttamente allo stesso. 

Nell'ipotesi in cui si utilizzino i metodi e gli strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni ex art. 43, d.lgs. n. 36/2023 (All. I.9 d.lgs. n. 36/2023), nell'ambito dell'ufficio di direzione dei lavori è nominato un coordinatore dei flussi informativi. Tale ruolo può essere svolto dal direttore dei lavori stesso o da un direttore operativo già incaricato se in possesso di adeguate competenze. Ove possieda i requisiti richiesti dalla normativa vigente sulla sicurezza, svolge anche le funzioni di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione nel caso in cui il contratto abbia un importo non superiore a un milione di euro, in assenza di lavori complessi e di rischi di interferenze.

Dunque, il direttore dei lavori costituisce una figura chiave della fase esecutiva degli appalti pubblici:

  • interagisce in via esclusiva con l'esecutore sugli aspetti tecnici ed economici dell'esecuzione del contratto;
  • effettua l'accettazione dei materiali e il controllo quantitativo e qualitativo degli stessi con riferimento alle norme nazionali ed europee;
  • opera in piena autonomia e secondo le disposizioni di servizio del Responsabile unico del procedimento (RUP);
  • valuta e cura i profili tecnici, contabili e amministrativi ai fini dell'efficiente e sollecita esecuzione dell'intervento.

Nell'appalto privato, è facoltativo il ricorso a tale figura professionale, fatto salvo che si debbano eseguire opere strutturali e interventi per migliorare l'efficienza energetica dell'immobile.

Di regola, nell'ambito di un rapporto di appalto privatistico, non è possibile far ricadere sul direttore lavori le errate scelte progettuali o il difetto di vigilanza nel cantiere, poiché egli rappresenta il committente solamente sul piano tecnico (Corte app. Venezia, sez. I, 10 maggio 2019, n. 1931), a differenza dell'appalto pubblico, nell'ambito del quale egli assume la qualifica della qualifica di organo tecnico straordinario e agente dell'amministrazione pubblica, alla quale spettano più penetranti poteri di controllo (Cass. civ., sez. I, 2 luglio 2010, n. 15784).

Il direttore dei lavori può svolgere anche funzioni in materia di salute e di sicurezza del lavoro, qualora sovrintenda all'esecuzione dei lavori con la possibilità di impartire ordini alle maestranze per convenzione, ovvero in attuazione di una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto o qualora, per fatti concludenti, risulti la sua concreta ingerenza nell'organizzazione del cantiere (ex multis: Cass. civ., sez. III, 4 maggio 2023, n. 11684; Cass. civ., sez. lav., 10 gennaio 2023, n. 375; Cass. pen., sez. III, 8 gennaio 2019, n. 19646).

Egli presta un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultato che implica lo svolgimento dell'attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche. Tale attività, che si svolge in un momento successivo all'approvazione del progetto, riguarda la fase esecutiva dell'opera: ordini di servizio indirizzati all'impresa costruttrice, vigilanza sui materiali impiegati e sulle modalità operative adottate, controlli nelle varie fasi di avanzamento del lavoro (G. Musolino, Il direttore dei lavori. L'incarico e la relativa responsabilità, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 2, 1° febbraio 2020).

Il direttore di cantiere

L'incarico di direttore dei lavori deve essere distinto da quello di direttore del cantiere. L'art. 6, D.M. n. 145/2000 prevede che l'appaltatore tramite il direttore di cantiere assicura l'organizzazione, la gestione tecnica e la conduzione del cantiere.

L'art. 119, comma 15, d.lgs. n. 36/2023 sancisce che il direttore tecnico di cantiere è responsabile del rispetto del piano di sicurezza da parte di tutte le imprese impegnate nell'esecuzione dei lavori.

Il d.lgs. n. 81/2008 non ritiene obbligatoria tale figura, che nei fatti può considerarsi tale. Infatti, l'Allegato XV, all'art. 3.2.1 della predetta disposizione legislativa, stabilisce che il Piano Operativo di Sicurezza (POS) debba riportare i dati identificativi del direttore tecnico di cantiere e del capo cantiere, rendendone necessaria la presenza. Tale incarico può essere svolto dal legale rappresentante oppure dal titolare dell'impresa, dall'amministratore, dal socio, da un dipendente, da un professionista esterno titolare di un contratto d'opera professionale regolarmente registrato.

Il direttore tecnico di cantiere deve possedere adeguate conoscenze tecniche consolidate.

L'art. 2, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 81/2008 lo equipara a una figura dirigenziale, poiché si tratta di persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa.

I compiti che svolge sono sia tecnici che pratici, rilevato che deve assicurarsi il rispetto delle norme antinfortunistiche.

Appare evidente la differenza con il direttore dei lavori, che può, previa motivata comunicazione all'appaltatore, esigerne il cambiamento per indisciplina, incapacità o grave negligenza.

Infatti, nel corso dell'esecuzione del contratto di appalto pubblico, l'ufficio di direzione dei lavori adotta ordini di servizio, ai quali l'esecutore deve uniformarsi non potendo ritardare o sospendere i lavori, fatto salvo che essi siano manifestamenti infondati dal punto di vista tecnico. Allorquando l'attuazione di una disposizione di servizio possa arrecare danno alla pubblica e privata incolumità o all'esecuzione a regola d'arte dell'opera pubblica, l'esecutore può iscrivere riserve, accettando in maniera condizionata l'operato della stazione appaltante.

Egli attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa, attua le indicazioni del direttore dei lavori, organizza l'attività lavorativa, vigila sull'esecuzione dei lavori, sovrintende all'applicazione e all'osservanza dei piani di sicurezza, verifica l'aggiornamento della contabilità degli stati di avanzamento dei lavori (SAL). Può definirsi il garante per la sicurezza in cantiere.

Le due figure professionali a confronto

Gli obblighi che la legislazione assegna alle due figure professionali discendono dalla loro diversa collocazione nella gestione del contratto e nell'assetto organizzativo del rapporto tra stazione appaltante e soggetti esecutori e contraddistinguono la responsabilità configurabile in capo agli stessi.

Il direttore dei lavori controlla lo svolgimento dei lavori e ne verifica lo stato sotto l'aspetto tecnico, contabile e amministrativo. Costituiscono obblighi precipui:

  • la verifica della corretta esecuzione dei lavori;
  • la redazione dello Stato di avanzamento lavori (SAL) e, ove redatti dall'impresa, il controllo degli stessi;
  • l'autenticazione di eventuali modifiche tecniche apportate ai progetti;
  • il rilascio di certificati;
  • la stesura di verbali di riunione e di ordini di servizio;
  • l'osservanza delle prescrizioni;
  • il controllo della qualità dei materiali;
  • la verifica periodica del possesso e della regolarità da parte dell'esecutore e del subappaltatore della documentazione prevista dalle leggi vigenti in materia di obblighi nei confronti dei dipendenti;
  • la segnalazione al responsabile di procedimento delle inosservanze dell'esecutore, degli inconvenienti e delle situazioni anomale verificatisi in corso d'opera;
  • la verifica di validità del programma di manutenzione e dei relativi manuali e il loro aggiornamento;
  • la conformità delle opere con il progetto.

L'attività di monitoraggio, espletata per conto del committente, del buon andamento dei lavori si effettua essenzialmente attraverso sopralluoghi periodici nel cantiere. Non è richiesta, infatti, la presenza giornaliera.

Il direttore di cantiere rappresenta un organo qualificato di carattere tecnico-organizzativo per la realizzazione delle opere commissionate, poiché per rivestire tale incarico deve possedere requisiti di idoneità tecnico-professionale e morale predeterminati dalla norma. Si è visto che è responsabile del rispetto del piano di sicurezza e coordinamento da parte di tutte le imprese impegnate nell'esecuzione dei lavori collabora alla predisposizione del piano operativo di sicurezza anche alla luce del piano di sicurezza del cantiere redatto dal committente, vigila per conto dell'appaltatore sulla sicurezza dei lavori, organizza gli interventi di sicurezza generali, in caso di cantieri complessi, ossia nelle ipotesi di subappalti, verifica la congruenza dei piani operativi di sicurezza delle imprese esecutrici. Inoltre, svolge precisi compiti in materia di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro previsti dal d.lgs. n. 81/2008 quali, ad esempio, la predisposizione dell'accesso e della recinzione del cantiere con modalità visibili e individuabili. Organizza, gestisce la mano d'opera, conduce il cantiere con poteri decisionali e di spesa, segue l'adempimento delle prestazioni in contratto con confronto diretto con il direttore dei lavori e gli esecutori.

Rientrano tra i suoi obblighi la presenza sul luogo dei lavori, anche in tale circostanza intesa nell'accezione giuridico-formale del controllo e della direzione continuativa del cantiere e il rilascio della dichiarazione di unicità di incarico.

Il direttore dei lavori, che opera per conto del committente, esegue i suoi compiti attraverso disposizioni e ordini all'appaltatore e il controllo della loro esecuzione.

Il direttore di cantiere dipende dall'appaltatore e sorveglia le ordinarie operazioni di cantiere.

La giurisprudenza ravvisa una profonda differenza trai due incarichi, muovendo dai titoli professionali richiesti per il rispettivo espletamento, alle competenze, alla preparazione professionale. Difatti, si rammenta che può ricoprire l'incarico di direttore di cantiere anche un tecnico diplomato (geometra). Tale differenza si riflette nella misura delle spettanze, rilevato il più impegnativo, ampio e responsabilizzante compito di direttore dei lavori (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2018, n. 27917) che richiede l'applicazione di specifiche tariffe.

La responsabilità del direttore dei lavori e del direttore di cantiere

La dottrina per lungo periodo ha fatto rientrare la responsabilità del direttore dei lavori nell'ampio genus della responsabilità contrattuale, così come la giurisprudenza dominante, che non ravvisava nel caso di specie responsabilità solidale in capo al predetto e all'appaltatore, bensì le riteneva alternative senza possibilità di regresso.

La colpa - sia in senso soggettivo, ove si fossero considerate le capacità dell'obbligato nella determinazione del comportamento che avrebbe dovuto tenere, sia in senso oggettivo, ove la commisurazione del grado fosse avvenuta non in concreto, bensì rispetto ad un modello astratto - assurgeva a criterio di siffatta responsabilità.

In atto, l'orientamento giurisprudenziale e dottrinale prevalente attribuisce alla responsabilità del direttore dei lavori e del direttore di cantiere anche natura extracontrattuale (Cass. civ., sez. III, 11 dicembre 2012, n. 22643). Le due fattispecie ricorrono qualora vi sia l'inadempimento dell'obbligazione di fonte contrattuale e nell'ipotesi di violazione di un dovere assoluto ex art. 2043 c.c. Il primo risponde nei confronti del committente e dei terzi, fatto salvo l'appaltatore, verso il quale non ha responsabilità diretta; il secondo nei confronti dell'appaltatore, che può esperire l'azione di regresso nei suoi confronti e dei terzi. Occorre rilevare che l'appaltatore è direttamente responsabile verso la stazione appaltante degli atti illegittimi del direttore tecnico ex art. 1228 c.c., secondo il quale chi nell'adempimento delle obbligazioni si avvale dell'opera di un terzo risponde anche del fatto colposo o doloso dello stesso. Ne consegue che per i danni arrecati a terzi a causa di atti del direttore tecnico di cantiere risponde l'appaltatore a titolo di responsabilità extracontrattuale, per il principio di cui all'art. 2049 c.c., secondo il quale i committenti sono responsabili dei danni arrecati dai fatti illeciti dei loro commessi.

Con la responsabilità dell'appaltatore può concorrere quella dell'amministrazione qualora il primo dimostri di essere stato indotto nel comportamento colposo del proprio direttore tecnico da direttive o altri fatti (es. errore progettuale) riconducibili alla seconda. Essi prestano un'opera professionale nell'ambito di un rapporto di lavoro professionale o subordinato, nell'ambito del quale gli atti da compiere e le modalità di realizzazione della prestazione si determinano in base al criterio della diligenza, avuto riguardo alla natura dell'attività esercitata. La dottrina e la giurisprudenza tradizionalmente hanno affermato che entrambi adempiono un'obbligazione di mezzi e non di risultato, poiché utilizzano per lo svolgimento della loro attività le proprie risorse intellettive e operative per assicurare il risultato che, segnatamente, il committente e l'appaltatore, intendono conseguire, senza prometterne il raggiungimento. La diligenza richiesta è definita diligentia quam in concreto (Cass. civ., sez. II, 28 novembre 2001, n. 15124). Rileva, quindi, il criterio di colpa in senso soggettivo, poiché i due professionisti devono agire «secondo scienza e coscienza». La giurisprudenza reputa la distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato meramente descrittiva (Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577). Essa non ha alcuna incidenza sul regime di responsabilità dei professionisti poiché la responsabilità per inadempimento è disciplinata in modo unitario dall'art. 1218 c.c. (Cass. civ., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15781). Dunque, essi rispondono in base ai medesimi criteri valevoli per le altre obbligazioni. I criteri ordinativi delle responsabilità nelle «attività di cantiere» attengono ad un modello di responsabilizzazione riconducibile allo svolgimento della prestazione sul piano tecnico e operativo secondo una mappatura soggettiva delle posizioni di controllo di fonti di pericolo, ossia di lesione del bene giuridico. Ciascuna posizione di garanzia verrà individuata dall'identificazione del rischio che si concretizza, del settore e del livello in cui si colloca il soggetto deputato al governo del rischio stesso, in relazione al ruolo rivestito (Cass. pen., sez. IV, 23 novembre 2012, n. 49821; Cass. pen., sez. IV, 27 giugno 2013, n. 35837).

Si è visto che l'appaltatore assicura l'organizzazione, la gestione tecnica e la conduzione del cantiere attraverso il direttore tecnico di cantiere. Pertanto, le responsabilità del costruttore disciplinate dall'art. 29, D.P.R. n. 380/2001 si estendono anche al predetto, cui l'appaltatore attribuisce compiti di gestione del cantiere, nonché di esecuzione delle opere in conformità alla normativa vigente. Dunque, egli, quale diretta emanazione nel cantiere dell'imprenditore-costruttore è obbligato a tutelare i lavoratori in corso d'opera e gli utenti del manufatto ove ultimato, al pari del committente e dell'appaltatore-costruttore (Cass. pen., sez. IV, 16 settembre 2020, n. 27574).

Invece, il direttore dei lavori svolge essenzialmente il controllo sull'attuazione dell'appalto, che il committente-appaltante non può svolgere di persona. Pertanto, egli ha il dovere di vigilare affinché l'opera sia eseguita in maniera conforme al regolamento contrattuale, al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica durante tutto il corso delle opere medesime, non soltanto successivamente all'ultimazione dei lavori (Cass. civ., sez. II, 8 gennaio 2024, n. 421; Cass. civ., sez. III, ord., 24 maggio 2023, n. 14456; Cass. civ., sez. II, ord., 14 marzo 2019, n. 7336; Cass. civ., sez. II, 19 settembre 2016, n. 18285). Dunque, la responsabilità del professionista si concretizzerà ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni, non ne verifichi l'ottemperanza da parte dell'appaltatore e non ne riferisca al committente (Cass. civ., sez. VI, ord., 4 giugno 2021, n. 15718; Cass. civ., sez. II, ord., 7 febbraio 2020, n. 2913; Cass. civ., sez. II, 24 aprile 2008, n. 10728).

Il direttore lavori che abbia svolto anche l'incarico di progettista è responsabile per l'attività espletata sia nella fase antecedente all'esecuzione delle opere in relazione alla scelta del titolo autorizzativo occorrente per il tipo di intervento edilizio progettato sia in quella successiva di controllo e verifica della difformità dell'opera progettata rispetto a quella eseguita (Cass. civ., sez. III, 9 luglio 2019, n. 18342).

Il dovere di vigilanza affinché l'opera sia eseguita in maniera conforme al regolamento contrattuale, al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, che grava sul direttore dei lavori, comporta la corresponsabilità dello stesso con l'appaltatore in caso di vizi e difformità dell'opera, fatto salvo che i difetti rilevati siano ascrivibili a vizi progettuali in ordine ai quali egli non abbia avuto uno specifico compito di controllo (Cass. civ., sez. III, ord., 9 aprile 2024 n. 9572; Cass. civ., sez. III, ord., 24 maggio 2023, n. 14456; Cass. civ., sez. I, ord., 1° agosto 2022, n. 23858; Cass. civ., sez. II, 19 settembre 2016, n. 18285; Cass. civ., sez. II, 3 maggio 2016, n. 8700; Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2014 n. 20557).

La Suprema Corte nell'ipotesi di danni causati dallo svolgimento di attività edilizia «pericolosa in quanto comportante rilevanti opere di trasformazione, rivolgimento o spostamento di masse terrose e scavi profondi su vaste aree» non ritiene applicabile l'art. 2050 c.c. con riguardo alla posizione del progettista e del direttore dei lavori, poiché non esercitano un'attività che incide sulla «pericolosità» dell'opera appaltata, richiamando l'orientamento giurisprudenziale e di parte della dottrina, secondo il quale la disciplina dell'art. 2050 c.c. «non si estende alle attività intellettuali, anche per non assoggettare a forme di responsabilità oggettiva attività non imprenditoriali in senso stretto». (P. Trimarchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano 1961, A. Amidei, Le responsabilità da attività pericolosa e «da cosa» nell'appalto: gli incerti confini della responsabilità oggettiva, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 6, 2024;  Cass. civ., sez. III, 31 luglio 2024, n. 21603).

Presupposti e limiti delle fattispecie di responsabilità

Il direttore dei lavori e il direttore di cantiere sono ritenuti responsabili nel caso di violazione del dovere di diligenza, purché vi sia un nesso di causalità tra quanto da loro effettuato in esecuzione dell'incarico e il danno cagionato. L'art. 2236 c.c. prevede che, se la prestazione implica problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera risponda nell'ipotesi di dolo o colpa grave. Tali professionisti, però, devono adempiere all'incarico con la diligenza del buon padre di famiglia e rispondono anche per colpa lieve, poiché la responsabilità è rapportata all'esistenza di errori determinati da ignoranza di cognizioni tecniche o da inesperienza professionale o da errate scelte tecniche, sia in fase di progettazione che in quella esecutiva, evitabili mediante accorgimenti e soluzioni tecniche adeguate.

L'illecito ex art. 2043 c.c. obbliga a risarcire ogni danno, purché ricorra causalità giuridica. La responsabilità solidale nei confronti del danneggiato si presume in parti uguali, salva la facoltà in giudizio di fornire la prova della esclusiva o maggioritaria responsabilità di uno solo ex art. 1299 c.c.

La Cassazione ha elaborato il seguente principio di diritto, secondo il quale «In tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilità solidale fra l'appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all'art. 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale (ex multis: Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2017, n. 29218; Cass. civ., sez. un.,  27 aprile 2022, n. 13143; Cass. civ., sez. II, 11 aprile 2023, n. 9620; Trib. Bari, sez. II, 26 settembre 2024, n. 3956)».

L'inadempimento contrattuale obbliga a risarcire soltanto il danno che poteva prevedersi al momento in cui è sorta l'obbligazione ex art. 1225 c.c. Ove siano contestati gravi difetti di costruzione, il committente gode di una presunzione di responsabilità in danno dell'appaltatore. Nel caso di specie è l'appaltatore che deve provare di non essere responsabile, affermando l'esclusiva responsabilità del committente, del direttore dei lavori o del progettista nella cattiva costruzione e dimostrando di avere agito come mero esecutore, sotto la direttiva del committente e a suo rischio. Non ricorre una responsabilità diretta del direttore dei lavori nei confronti dell'appaltatore. Risponde sempre l'amministrazione che lo ha nominato, che può esperire azione di regresso nei suoi confronti.

Nell'ambito dell'appalto pubblico, la disciplina speciale in materia di contratti pubblici limita l'autonomia dell'appaltatore (Corte App. Brescia, 7 giugno 2021, n. 690) rispetto alla disciplina dell'appalto privato, che definisce facoltativa la nomina del direttore dei lavori da parte del committente. Infatti, anche se l'orientamento dottrinale prevalente afferma che la presenza del direttore dei lavori non comporti la snaturalizzazione del contratto di appalto, è evidente che l'autonomia dell'appaltatore, pur non divenendo un nudus minister, incontra limiti significativi, dati i compiti svolti dallo stesso.

Ordunque, la presenza del direttore dei lavori incide sul rapporto tra committente e appaltatore, comprimendo l'autonomia di quest'ultimo durante la fase di esecuzione e una parallela «espansione» della responsabilità del committente verso i terzi nel caso di un'errata esecuzione dei lavori (S. Macrì, La responsabilità del committente d'opera: tra colpa e custodia, in Responsabilità Civile e Previdenza, 2022; Cass. civ., sez. lav., 17 marzo 2021, n.7553). I vizi riscontrati nell'opera sono presumibilmente imputabili all'appaltatore, fatto salvo che questi dimostri il contrario (Cass. civ., sez. II, 1° marzo 2024, n. 5525).

Secondo i principi elaborati dalla Cassazione, il professionista nell'espletamento dell'attività professionale è debitore di un risultato. Se l'opera non è realizzabile per erroneità o per inadeguatezze di natura tecnica e/o giuridica del progetto si concretizzerà intanto l'inadempimento del contratto, che potrà comportare la mancata erogazione del compenso da parte del committente, mediante l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. (Cass. civ., sez. II, 21 marzo 2023, n. 8058; Cass. civ., sez. II, 18 gennaio 2017 n. 1214; Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2016, n. 14759) e, ove il compenso sia già stato elargito, la risoluzione ex art. 1453 c.c. con restituzione del dovuto da parte del direttore dei lavori. Nell'ipotesi di obbligo del committente di riduzione in pristino, egli potrà esercitare il diritto di rivalsa nei confronti del progettista-direttore dei lavori, quando il fatto illecito, è legato da un nesso causale con il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori (Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2003, n. 1513).

L'orientamento risalente e costante della Suprema Corte afferma l'applicabilità della responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 c.c. al direttore dei lavori nelle ipotesi di rovina o difetti dell'opera. «La chiamata in causa del progettista e/o direttore dei lavori da parte dell'appaltatore, convenuto in giudizio per rispondere, ai sensi dell'art. 1669 c.c., dell'esistenza di gravi difetti dell'opera, e la successiva chiamata in causa di chi ha effettuato i calcoli relativi alla struttura e statica dell'immobile da parte del progettista e/o direttore dei lavori, effettuata non solo a fini di garanzia ma anche per rispondere della pretesa dell'attore, comporta, in virtù di quest'ultimo aspetto, che la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, trattandosi di individuare il responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unico (Cass. civ., sez. II, 21 marzo 1989, n. 1406; Cass. civ., sez. II, 26 aprile 1993, n. 4900; Cass. civ., sez. II, 28 aprile 1984, n. 2676;  Cass civ., sez. II, 30 maggio 2003, n. 8811; Cass. civ., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15781; Cass. civ., sez. II, 20 dicembre 2013, n. 28575Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2015, n. 12871; Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2022, n. 35781)». Pertanto, nel caso di specie, l'art. 2226 c.c., relativo alla decadenza e prescrizione dell'azione di garanzia per vizi sulla prestazione d'opera intellettuale, non troverà applicazione con riguardo alla posizione del progettista e direttore dei lavori (Cass. civ., sez. II, 18 marzo 2025, n. 7176).

Invero, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che la responsabilità contrattuale dell'appaltatore è disciplinata dagli artt. 1667 ss. c.c. e che siffatta disciplina non si estende al progettista e direttore dei lavori. Di conseguenza, la responsabilità contrattuale di tale figura professionale sarà regolata dalle norme generali sull'inadempimento dei contratti e dalle norme sulla prestazione d'opera e sulle professioni intellettuali (artt. 2222 - 2238 c.c) per quanto applicabili (Cass. civ., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15781).

Responsabilità del committente

Con riguardo alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, l'orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità afferma che, per configurare la responsabilità del committente, «occorre verificare, in concreto, quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità, da parte del committente medesimo, di situazioni di pericolo, fermo restando che il committente ha comunque l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati (Cass. pen., sez. III, 26 aprile 2016, n. 35185; Cass. pen., sez. III, 18 novembre 2022, n. 21464). Dunque, deve ricorrere il requisito dell'immediata percepibilità, da parte del committente, delle situazioni di pericolo, fatto salvo che non vi sia stata una pregressa violazione dei propri obblighi di verifica dell'idoneità tecnico professionale dell'appaltatore. Si rammenta che il «committente potrà rispondere non in quanto il direttore dei lavori ha tenuto una condotta negligente o imprudente ovvero in violazione di quale norma o prescrizione tecnica, bensì per avere scelto un professionista che appariva inadeguato ex ante (c.d. culpa in eligendo) ovvero per essersi disinteressato dell'andamento del cantiere, senza esercitare quel minimo di controllo sull'operato del professionista che si ritiene pur sempre dovuto (c.d. culpa in vigilando) (Corte app. Venezia, sez. I, 10 maggio 2019, n. 1931».

Onere della prova

In materia di illecito ex art. 2043 c.c., di rito, l'onere della prova incombe sul danneggiato. In via generale, quindi, è possibile affermare che, poiché l'oggetto dell'obbligazione consiste nella prestazione di un'attività diligente, è sul committente/appaltatore che grava l'onere di provare la colpa del professionista, poiché essa costituisce il criterio per giudicare la qualità della prestazione e l'esistenza stessa dell'inadempimento (P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Giuffrè, 2014, 370). Tuttavia, la giurisprudenza ritiene che operi una forma di presunzione legale della causalità capace di invertire l'onere della prova nell'ipotesi in cui il direttore dei lavori e il direttore di cantiere, affinché non debbano rispondere di colpa lieve, debbano provare la sussistenza dei problemi tecnici di speciale difficoltà. Il professionista debitore, per andare esente da responsabilità, dovrà però provare che la sua condotta è immune da colpa, nonché conforme a quelle regole dell'arte che devono essere seguite nel caso concreto. Nella specie, il direttore dei lavori dovrebbe dimostrare di avere manifestato il proprio dissenso in ordine al progetto e alle istruzioni del committente e di essere stato indotto ad eseguire le opere con manifeste carenze progettuali, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo (Cass. civ., sez. II, 10 luglio 2024, n. 1892; Trib. Arezzo, sez. I, 24 settembre 2024, n. 770).

In caso di azione a titolo di responsabilità contrattuale, il danneggiato dovrà provare il titolo che costituisce la fonte del diritto vantato, ovvero l'esistenza del danno lamentato (Cass. civ., sez. II, 17 agosto 1990, n. 8336), ponendo a carico del debitore una presunzione semplice di colpa. L'onere della prova grava sulla parte che agisce per accertare l'esistenza del danno (Cass. civ., sez. I, 10 ottobre 2007, n. 21140). Ai sensi dell'art. 1218 c.c. e dell'art. 1256 c.c., il debitore dovrà provare lo specifico impedimento che ha reso impossibile la prestazione e di non aver potuto adempiere l'obbligazione o di non aver potuto eseguire nel tempo previsto la prestazione dovuta per causa non imputabile (Cass. civ., sez. I, 18 novembre 1991, n. 12346; Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 1997, n. 9810; Cass. civ., sez. I, 19 agosto 1996, n. 7604; Cass. civ., sez. II, 3 luglio 1993, n. 7299). Perché si concretizzi la prova liberatoria del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione devono concorrere l'elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la prestazione medesima, in sé considerata, e quello soggettivo dell'assenza di colpa da parte dello stesso in relazione all'evento che ha reso impossibile la prestazione.

Aspetti medico – legali

Se è stato cagionato un danno alla persona, nel relativo giudizio sarà necessario l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio mirata all'accertamento del danno non patrimoniale. Tale fattispecie è riconducibile alla nozione di danno biologico, così come definita dal comma 2 degli artt. 138 e 139, d.lgs. n. 209/2005, ossia «la lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico – legale che esplica una incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico – relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente dalla sua capacità di produrre reddito»; l'art. 139 citato aggiunge: «In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo,  con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente».

Criteri di liquidazione

La condanna può prevedere per i danni alle cose l'equivalente monetario del costo da sostenersi per la ricostruzione dei beni danneggiati o distrutti. Il risarcimento può anche essere in forma specifica, con l'imposizione a carico dell'appaltatore del ripristino delle opere a propria cura e spese, ovvero delle opere necessarie all'eliminazione dei vizi ed all'esecuzione dell'opus a regola d'arte.

In applicazione del principio della regolarità causale, rientrano tra i danni risarcibili le sole conseguenze normali e ordinarie causate dall'evento dannoso (Cass. civ., sez. III, 22 dicembre 2017, n. 30921). La determinazione delle conseguenze patrimoniali negative si deve limitare alla perdita subita e al mancato guadagno. Dunque, la compensazione del pregiudizio arrecato e la restaurazione della situazione patrimoniale del soggetto leso non possono costituire un vantaggio né dare luogo a un arricchimento del danneggiato rispetto alla situazione patrimoniale in cui versava precedentemente al fatto illecito (Cass. civ., sez. II,  6 dicembre 1995, n. 12578; Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2015, n. 4161; Cass. civ., sez. III, 5 giugno 2012, n. 8992; Cass. civ., sez. II, ord., 7 gennaio 2025, n. 258).

La liquidazione del danno patrimoniale da mancato guadagno presuppone la prova, anche indiziaria, dell'utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta, con l'esclusione dei mancati guadagni meramente ipotetici, perché connessi a condizioni incerte. Il giudice attraverso un rigoroso giudizio di probabilità - e non di mera possibilità - in via equitativa sulla base di elementi certi indicati dalla parte non inadempiente, può sillogisticamente desumere l'entità del danno subito (Cass. civ., sez. VI, ord., 8 marzo 2018, n. 5613; Cass. civ., sez. III, 15 novembre 2024, n. 29486). Dunque, il danno patrimoniale da lucro cessante, che costituisce un danno-conseguenza dell'inadempimento contrattuale, può essere quantificato con criteri di equità giudiziale correttiva o integrativa ex art. 1226 c.c. con l'allegazione degli elementi che lo compongono, anche solo in via presuntiva, posto che non può essere implicitamente dedotto dalla responsabilità contrattuale del professionista - direttore dei lavori e/o direttore tecnico di cantiere - nei confronti del committente-appaltatore, non essendo in re ipsa. L'attore dovrà fornire la prova del pregiudizio subito mediante circostanze di fatto allegate, in grado dimostrare il nesso di causalità giuridica fra il danno evento ed il pregiudizio derivatone.

Nell'ipotesi di responsabilità solidale dell'appaltatore e del progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso a determinare il danno subito dal committente ai sensi del combinato disposto degli artt. 2055, comma 1, c.c. e 1292 c.c., il giudice, per accertare e ripartire le rispettive quote di responsabilità a fronte di specifica domanda in tal senso, ricorre al criterio sussidiario della parità delle colpe ex art. 2055, comma 3, c.c., ove residui una situazione di dubbio oggettivo e reale per l'impossibilità di provare le diverse entità degli apporti causali (Cass. civ., sez. III, 24 maggio 2023, n. 14378).

In caso di mancanza di prove, il giudice non potrà effettuare alcuna valutazione equitativa del danno, «poiché l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l'esistenza di danni risarcibili, ma che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo preciso ammontare, fermo restando dunque l'onere della parte di dimostrare l'an debeatur del diritto al risarcimento (Cass. civ., sez. lav., 30 ottobre 2020, n. 24146)».

Orbene, nel caso di concorso di colpa, la gravità della stessa dovrà essere valutata con riguardo alla misura della diligenza violata. La Suprema Corte afferma che il concorso di colpa della vittima nella causazione del danno da essa sofferto debba essere determinato «né a senso, né a sensazione, né attraverso un procedimento matematico, ma va accertato in via logica sulla base dei criteri stabiliti dall'art. 1227, comma 1, c.c., e cioè valutando, non in via ipotetica e con giudizio controfattuale, quale tra le due colpe sia stata più grave in riferimento all'altra e quale tra le due condotte colpose abbia apportato il contributo causale prevalente rispetto all'avverarsi del danno, e, dunque, ipotizzando dapprima quale danno si sarebbe verosimilmente verificato, se solo uno dei due soggetti coinvolti avesse tenuto la condotta alternativa corretta, e quindi ripetendo l'operazione a parti invertite (Cass. civ., sez. III, 4 settembre 2024, n. 23804; Cass. civ., sez. III, 9 maggio 2024, n. 12676), senza che possa ricorrersi, nella ripartizione del grado di colpa, al criterio equitativo (rectius: dell'entità dell'apporto causale) previsto dall'art. 1226 c.c. e richiamato dall'art. 2056 c.c., il quale può essere adottato solo in sede di liquidazione del danno, ma non per la determinazione delle singole colpe (Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2010, n. 1002)». Nell'ipotesi in cui non sia possibile dimostrare le diverse entità degli apporti causali tra danneggiante e danneggiato nella realizzazione dell'evento dannoso, secondo la presunzione di pari concorso di colpa ex art. 2055, ult. comma, c.c., il giudice dovrà ridurre il risarcimento, avendo cura di indicare nella motivazione i due requisiti: entità della colpa del danneggiato e relativa quantificazione percentuale, nonché l'efficienza causale della negligenza rispetto alla produzione del danno (Cass. civ., sez. II, ord. 7 gennaio 2025 n. 258; Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2010, n. 1002; Cass. civ., sez. III,  29 settembre 2005, n. 19166; Cass. civ., sez. III, 8 aprile 2003, n. 5511; Cass. civ., sez. III, 8 luglio 1998, n. 6640; Cass. civ., sez. III, 7 aprile 1988, n. 2737).

Profili amministrativi e penalistici

L'attività svolta dal direttore dei lavori può comportare nell'appalto pubblico responsabilità amministrativa.

La Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che il direttore dei lavori per la realizzazione di un'opera pubblica, in considerazione dei compiti che gli sono devoluti, che comportano l'esercizio di poteri autoritativi nei confronti dell'appaltatore e l'assunzione della veste di agente, deve ritenersi funzionalmente e temporaneamente inserito nell'apparato organizzativo della P. A. che gli ha conferito l'incarico, quale organo tecnico e straordinario della stessa. Di conseguenza per la responsabilità dei danni cagionati nell'esecuzione dell'incarico è sottoposto alla giurisdizione della Corte dei Conti, rilevata la sussistenza di un rapporto di servizio nei confronti del predetto (Cass. civ., sez. un., 20 marzo 2008, n. 7446; Cass. civ., sez. un., 25 marzo 2016, n. 6022).

Pertanto, la P.A. che ha risarcito ad un terzo un danno provocato da un comportamento doloso o gravemente colposo commesso dal professionista deve promuovere nei confronti del predetto un giudizio di responsabilità davanti alla Corte dei conti, al fine di ottenere una pronuncia di condanna alla restituzione di quanto corrisposto ingiustamente. La giurisprudenza contabile stabilisce la responsabilità del direttore dei lavori per l'impossibilità di fruizione di un'opera per la quale sono stati riscontrati dei vizi, poiché rientra tra i compiti della direzione lavori, la vigilanza sulla corretta esecuzione dei lavori e sulla conformità qualitativa e quantitativa dei materiali utilizzati (Corte conti, III, sez. centr. app., 3 gennaio 2014, n. 3). 

In tema di responsabilità per danno erariale, l'esistenza di una relazione funzionale tra l'autore dell'illecito causativo di danno patrimoniale e l'ente pubblico che il danno subisce, quale presupposto per la formulazione di un addebito di responsabilità amministrativa, è individuabile non solo quando tra i due soggetti intercorra un rapporto di impiego in senso proprio e ristretto, ma anche quando sia comunque individuabile un rapporto di servizio in senso lato, tale - cioè - da collocare il soggetto preposto in posizione di attivo compartecipe dell'attività amministrativa dell'ente pubblico preponente. Pertanto, qualora la P.A. abbia affidato in appalto l'esecuzione di una opera pubblica il suindicato rapporto di servizio sussiste nei confronti tanto del direttore dei lavori quanto del collaudatore, senza che rilevi in contrario la circostanza che le relative funzioni siano state affidate a privati estranei agli uffici tecnici dell'ente stesso. Costoro, infatti, in considerazione dei compiti e delle funzioni loro devoluti - comportanti l'esercizio di poteri autoritativi nei confronti dell'appaltatore e l'assunzione della veste di agente dell'amministrazione -, devono ritenersi funzionalmente e temporaneamente inseriti nell'apparato organizzativo della P.A. che ha conferito loro l'incarico, quali organi tecnici e straordinari della stessa.

Il direttore dei lavori e il direttore di cantiere possono incorrere in responsabilità penale nello svolgimento della loro prestazione.

L'orientamento risalente e costante della Cassazione in materia di infortuni sul lavoro, ai fini dell'addebitabilità della responsabilità dell'evento lesivo o mortale a titolo di concorso, si sofferma sulla necessità di valutare le posizioni di garanzia di tutti coloro sui quali incombe l'obbligo di assicurare la sicurezza dei lavoratori, tenendo presente le singole fasi di realizzazione dell'opera, dalla progettazione alla esecuzione finale (Cass. pen. sez. IV, 27 giugno 2013, n. 35837; Cass. pen., sez. IV, 31 marzo 2023, n. 13495; C. Costanzi, La posizione di garanzia del direttore dei lavori in relazione agli infortuni occorsi in danno dei lavoratori dell'appaltatore tra obblighi ex lege e obblighi ex contractu, in Foro italiano, 2023).

Infatti, si è visto che il direttore dei lavori risponde degli infortuni subìti dai lavori dell'appaltatore o dei suoi subappaltatori esclusivamente quando si sia ingerito, per una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto o per fatti concludenti, nell'esecuzione dei lavori e nell'organizzazione del cantiere (Cass. pen., sez. III, 8 gennaio 2019, n. 19646; Cass. pen., sez. IV, 14 settembre 2018, n. 46428).

L'art. 29, D.P.R. n. 380/2001 ha sancito a carico del direttore dei lavori una posizione di garanzia per il rispetto della normativa urbanistica e edilizia (Cass. pen., sez. III, 8 giugno 2018, n. 33387), indicando le conseguenze penali dell'omissione del controllo sull'esecuzione delle opere rispetto al permesso di costruire e obbligandolo per non incorrere in responsabilità alla contestazione della violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, nonché alla contestuale rinuncia dell'incarico (causa personale di non punibilità). Tale posizione di garanzia fonda la responsabilità penale del direttore dei lavori nel caso di condotta da altri commessa. Non si ravvisa nel caso di specie una responsabilità oggettiva, poiché è sempre necessario che il tecnico «sia cosciente della esecuzione illecita e, volutamente o per negligenza, non ponga in essere quanto gli si impone» (Cass. pen., sez. III, 4 febbraio 1994, Cass. pen., sez. III, 8 giugno 2018, n. 33387, in Diritto & Giustizia, 2018, con nota di Galasso, Il direttore dei lavori non è responsabile, se..., 19 luglio 2018).

Forme di tutela

Per ottenere il risarcimento del danno il committente, ovvero colui che ha stipulato l'appalto con l'esecutore dell'opera, potrà esperire l'azione di responsabilità. Principio fermo della Cassazione è che «tale azione si aggiunge, nel caso di colpa dell'appaltatore, a quella diretta all'eliminazione, a spese dello stesso, delle difformità e dei vizi o della riduzione di prezzo prevista espressamente dall'art. 1668 c.c., senza identificarsi con questa, né è surrogabile con gli effetti della relativa pronuncia (Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 2013, n. 2829)».

La responsabilità civile consiste nel risarcimento del danno, che comprende i danni alle cose e alle persone, che siano conseguenza diretta dell'inadempimento e/o fatto ingiusto. Hanno titolo a esperire l'azione di regresso, come abbiamo visto, il committente nei riguardi del direttore dei lavori e l'appaltatore nei riguardi del direttore di cantiere.

Nell'ipotesi in cui l'inadempimento si sia verificato prima del recesso del committente, questi potrà esperire l'azione ex art. 1453 c.c. per ottenere il risarcimento del danno da parte dell'appaltatore e del direttore dei lavori, ove si accerti anche la responsabilità professionale di quest'ultimo. Nel caso di specie non si applicherà la disciplina speciale della garanzia per i vizi, che richiede necessariamente il totale compimento dell'opera (Cass. civ., sez. II, 2 aprile 2024, n. 8647).

Casistica

Massima – Estremo

Valutazione e liquidazione del danno inadempimento contrattuale

Il danno patrimoniale da mancato guadagno, concretandosi nell'accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall'inadempimento dell'obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell'utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta, esclusi i mancati guadagni meramente ipotetici perché dipendenti da condizioni incerte, sicché la sua liquidazione richiede un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità), che può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l'entità del danno subito. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, affermata la responsabilità professionale per negligente svolgimento dell'incarico di progettista e direttore dei lavori in relazione alla costruzione di 11 autorimesse, delle quali era stata ordinata la demolizione in quanto non conformi alla normativa edilizia e non sanabili, aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno da mancata vendita delle autorimesse in carenza di una specifica allegazione degli elementi e circostanze di cui si componeva detto danno (Cass. civ., sez. III, 15 novembre 2024, n. 29486)

Responsabilità nei confronti della pubblica amministrazione per abusi in violazione della normativa edilizia

In relazione alle condotte illecite poste in essere in violazione della normativa edilizia, mentre sul piano amministrativo, cioè nei rapporti con la pubblica amministrazione, la responsabilità per gli abusi incombe sia sul committente, sia sul direttore dei lavori, sia sull'appaltatore, ai fini della responsabilità nei rapporti interni rilevano il rapporto contrattuale e le obbligazioni da esso derivanti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che ha affermato la responsabilità per inadempimento del progettista-direttore dei lavori che, omettendo di segnalare alla committente la necessità di richiedere ed ottenere l'assenso alle varianti alle opere già autorizzate, ne aveva determinato la responsabilità sul piano amministrativo) (Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2024, n. 13157).

Il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nel caso di assenza dal cantiere

Il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nel caso di assenza dal cantiere, dovendo esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie e adottare, ove necessario, le dovute precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'esecutore dei lavori, mediante la rinunzia all'incarico ricevuto. (Fattispecie in tema di disastro colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la penale responsabilità del direttore dei lavori per aver consentito che la demolizione di un edificio fosse eseguita in assenza di un programma e con modalità divergenti dalle leges artis e dalle regole della buona tecnica nella subiecta materia) (Cass. pen., sez. IV, 14 marzo 2024, n. 17106).

Valutazione delle prove per la determinazione del credito nei contratti di appalto

In tema di contratto di appalto privato o subappalto, l'appaltatore o subappaltatore che richiede il pagamento del proprio compenso deve dimostrare la congruità della somma pretesa in base alla natura, entità e consistenza delle opere realizzate. Le fatture emesse dalla stessa parte non costituiscono prove sufficienti dell'ammontare del credito, così come la contabilità redatta dal direttore dei lavori o dall'appaltatore, a meno che non sia stata portata a conoscenza del committente e accettata senza riserve (Cass. civ., sez. II, 18 gennaio 2025, n. 1253).

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