Cumulo dei mezzi di espropriazioneFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 483
07 Novembre 2016
Inquadramento
L'art.483 c.p.c. consente che al creditore, per la soddisfazione in sede esecutiva della propria pretesa, di avvalersi cumulativamente di diversi mezzi di espropriazione. In particolare, il creditore potrà così procedere esecutivamente in tempi successivi sia su beni di natura eterogenea, che su beni omogenei(Cass., sez. III, 9 aprile 1992, n. 4375). Il cumulo dei mezzi espropriativi, pur legittimo in linea di principio (Saletti, 506), può essere considerato eccessivo se l'entità dei beni complessivamente pignorati eccede in misura incongrua la somma dei crediti appartenenti a tutti i creditori presenti al momento della proposizione della opposizione al cumulo (Castoro, 130). Laddove il debitore ravvisi un eccesso nel cumulo dei mezzi di espropriazione rispetto alla pretesa del creditore può proporre opposizione al giudice dell'esecuzione, come previsto dall'art. 483 c.p.c.: tuttavia, si tratta di un'istanza, non venendo in rilievo né l'insussistenza del diritto del creditore a procedere ad esecuzione ex art. 615 c.p.c. (cfr. Cass., sez. III, 29 aprile 1977, n. 1639), né un vizio della procedura ai sensi dell'art. 617 c.p.c. (Borrè, 284). L'art. 483, secondo comma, c.p.c., pone un criterio “preferenziale” di attribuzione della competenza a decidere sull'istanza in opposizione del debitore in capo, ove la stessa sia iniziata, al giudice dell'espropriazione immobiliare. Possibilità per il creditore di cumulare i mezzi di espropriazione nei confronti dell'unico debitore
L'art.483 c.p.c. stabilisce che al creditore è consentito, ai fini della soddisfazione in sede esecutiva della propria pretesa, di avvalersi cumulativamente di diversi mezzi di espropriazione. In giurisprudenza è stato chiarito che ciò comporta che il creditore possa procedere esecutivamente in tempi successivi, oltre che su beni di natura eterogenea (ovvero mobili, crediti ed immobili), anche su beni omogenei (Cass., sez. III, 9 aprile 1992, n. 4375), con l'unico limite, sottoposto al controllo del giudice, della congruità dei mezzi di esecuzione e della loro idoneità a determinare con immediatezza l'effettiva soddisfazione del credito fatto valere in executivis (Cass., sez. III, 16 maggio 2006, n. 11360; Cass., n. 3427/2003, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, 528, con nota di Fratini). In sostanza, il creditore, in forza del medesimo titolo esecutivo, può procedere a più pignoramenti dello stesso bene in tempi successivi, senza dover attendere che il processo di espropriazione aperto dal primo pignoramento si concluda, atteso che il diritto di agire in esecuzione forzata non si esaurisce che con la piena soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo. Tuttavia, è stato chiarito che in tal caso non si ha una situazione di litispendenza nel senso previsto dall'art. 39 c.p.c. - la cui applicazione postula la pendenza di più cause, aventi in comune le parti, la "causa petendi" ed il "petitum", incardinate dinanzi a distinte autorità giudiziarie e non davanti allo stesso giudice - ed alla pluralità di procedure così instaurate può ovviarsi con la loro riunione (Cass., sez. III, 18 settembre 2008, n. 23847).
Invero, come evidenziato anche in dottrina, il cumulo dei mezzi espropriativi, legittimo in linea di principio (Saletti, 506), può essere considerato eccessivo se l'entità dei beni complessivamente pignorati ecceda in misura incongrua la somma dei crediti appartenenti a tutti i creditori presenti al momento della proposizione della opposizione al cumulo (Castoro, 130). A quest'ultimo riguardo, occorre tener presente che il rapporto tra ammontare dei beni pignorati e necessità del processo esecutivo non può essere aprioristicamente determinato, dal momento che, nel corso del processo, sono consentiti gli interventi dei creditori i quali, se privilegiati, concorrono sul ricavato conservando la loro prelazione e, se chirografari, concorrono a parità degli altri, ove spieghino rituale e tempestivo intervento, sicché il creditore pignorante è legittimato ad espropriare più di quanto sarebbe necessario per soddisfare il suo credito (cfr. Cass., sez. III, 22 febbraio 2006, n. 3952).
Qualora il debitore ravvisi un eccesso nel cumulo dei mezzi di espropriazione rispetto alla pretesa del creditore può proporre opposizione al giudice dell'esecuzione. Proprio tale previsione fa collocare l'istituto in esame, alla medesima stregua dell'istanza di riduzione del pignoramento, tra le tutele del debitore contro l'abuso dell'espropriazione forzata (Saletti, 507). Sebbene la lettera della norma faccia riferimento all'”opposizione”, in realtà si tratta di un'istanza, non venendo in rilievo né l'insussistenza del diritto del creditore a procedere ad esecuzione ex art. 615 c.p.c. (cfr. Cass., sez. III, 29 aprile 1977, n. 1639), né un vizio della procedura ai sensi dell'art. 617c.p.c. (Borrè, 284). Non è previsto alcun limite temporale iniziale per la proposizione di tale istanza: peraltro, per consentire una valutazione della stessa al giudice dell'esecuzione, alla medesima stregua di quanto accade per la presentazione dell'istanza di riduzione del pignoramento, sembra opportuno che la stessa venga depositata dopo che nelle diverse procedure è stata espletata la perizia di stima e quindi fissato il valore del bene nell'ordinanza di vendita (Borrè, 284; Saletti, 507). Laddove sussistano i presupposti per l'accoglimento dell'istanza in questione, il Giudice dell'esecuzione lascerà innanzitutto al creditore la scelta del mezzo di espropriazione da conservare ed, in difetto, deciderà autonomamente. L'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione provvede sull'istanza del debitore di limitazione dei mezzi di espropriazione ai sensi dell'art. 483 c.p.c., , non è impugnabile davanti allo stesso giudice, ne' ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., ma come ogni atto esecutivo è suscettibile di opposizione agli atti esecutivi (Cass., sez. III, ord. 19 febbraio 2003, n. 2487). Competenza
Il secondo comma della norma pone un criterio “preferenziale” di attribuzione della competenza a decidere sull'istanza in opposizione del debitore in capo, ove la stessa sia iniziata, al giudice dell'espropriazione immobiliare. Qualora non sia stata incardinata anche un'espropriazione immobiliare, deve ritenersi che l'istanza in opposizione del debitore possa essere, in caso di giudici diversi, proposta a ciascuno di essi ove appartengano al medesimo ufficio giudiziario (Saletti, 545). Varietà di opinioni è stata espressa in dottrina con riguardo alla più complessa questione della competenza a provvedere sull'istanza in esame quando, sempre nell'ipotesi in cui non sia stata promossa un'espropriazione immobiliare, le procedure pendano di fronte ad uffici giudiziari diversi. In particolare, se appare dominante la posizione per la quale, in mancanza di indicazioni da parte del legislatore, ciascun giudice sarà competente (Martinetto, 222; Saletti 544), sono state prospettate anche le soluzioni seguenti:
Riferimenti
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