L’attestazione di conformità da parte dell’avvocato in presenza di documento non informatico

05 Settembre 2016

La questione giuridica affrontata dalla Corte d'Appello di Milano concerne una problematica forse di non frequente utilizzo ma che spesso desta dubbi tra gli operatori del diritto e negli uffici giudiziari: in caso di sentenza redatta in forma analogica, il difensore può utilizzare copia autentica rilasciata dalla Cancelleria da costui scannerizzata e attestata conforme, ai fini della notifica a mezzo PEC?
Massima

Laddove l'avvocato notifichi a mezzo PEC una copia informatica per immagine di atto processuale che necessita di attestazione di conformità, l'utilizzo a tal fine di copia estratta dal cancelliere, cioè da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attestare la conformità della copia all'originale, può considerarsi equipollente all'estrazione della copia fotoriprodotta dall'originale.

Il caso

La pronuncia in questione si inserisce nell'ambito di un contenzioso insorto a seguito di una vendita immobiliare e affronta tematiche relative al processo telematico solo per dirimere un'eccezione di tardività dell'appello incidentale, proposto da una delle società appellate dopo oltre cinque mesi dalla notificazione della copia autentica della sentenza effettuata a mezzo PEC.

Al fine di fronteggiare la suddetta eccezione la difesa della parte proponente l'appello incidentale tenta di sostenere che la notificazione della sentenza non sarebbe stata idonea a far decorrere il termine di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. in quanto effettuata in violazione delle norme relative all'attestazione di conformità da parte dell'avvocato.

Nel caso di specie, infatti, l'avvocato aveva utilizzato una copia autentica rilasciata dalla cancelleria, l'aveva scansionata e quindi aveva attestato la conformità della copia per immagine così ottenuta non all'originale della sentenza ma alla copia autentica rilasciatagli.

La questione

La questione in esame è dunque la seguente: in caso di sentenza redatta in forma analogica (e dunque non sottoscritta con firma digitale) è consentito al difensore l'utilizzo, per la notifica a mezzo del PEC al fine di far decorrere il termine di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c., di copia autentica rilasciata dalla cancelleria, che venga da costui scannerizzata e quindi attestata conforme?

Le soluzioni giuridiche

La questione giuridica affrontata dalla Corte d'Appello di Milano concerne una problematica forse di non frequente utilizzo ma che spesso desta dubbi tra gli operatori del diritto e negli uffici giudiziari.

La pronuncia in esame va dunque salutata con favore in quanto è certamente in grado di far luce su un tema controverso, ricorrendo peraltro non solo ad un approccio esclusivamente formalistico.

L'eccezione di invalidità dell'attestazione di conformità viene infatti rigettata sulla base di un triplice ordine di considerazioni:

  • innanzitutto si rileva che l'avvocato che compie l'attestazione di conformità è pubblico ufficiale, sicché la contestazione dell'attività da questi compiuta avrebbe richiesto la proposizione della querela di falso, che nel caso di specie non era stata proposta;
  • in secondo luogo si rileva, in accordo con la giurisprudenza ormai dominante, che la nullità dell'atto processuale non può esplicitarsi solo in un'ipotetica difformità dell'atto dallo schema legislativo tipico ma deve essere in grado di portare ad una lesione del diritto di difesa, nel caso di specie assente dal momento che non era stata contestata alcuna difformità tra l'originale della sentenza e la copia estratta dal cancelliere e poi utilizzata ai fini della notifica;
  • in ultimo luogo (ed è ad avviso di chi scrive l'aspetto più interessante della pronuncia) si chiarisce senza ombra di dubbio che l'avvocato può compiere l'attestazione di conformità sia utilizzando l'originale del provvedimento sia utilizzando la copia autentica precedentemente estratta dal cancelliere, essendo costui comunque un pubblico ufficiale autorizzato ad attestare la conformità della copia all'originale.
Osservazioni

Va premesso che il ragionamento della Corte d'Appello, certamente corretto e condivisibile, omette di inquadrare la fattispecie da un punto di vista normativo. A tal proposito giova pertanto ricordare quanto prevede l'art. 3-bis, comma 2, l. n. 53/1994, e cioè che

«quando l'atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l'avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell'atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità con le modalità previste dall'art. 16-undecies d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, 221. La notifica si esegue mediante allegazione dell'atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata».

La legge già prevede (e consente) l'ipotesi in cui l'avvocato debba provvedere alla notificazione di un atto che non sia nativo informatico e rimanda alle disposizioni del d.l. n. 179/2012 per quanto concerne le modalità della redazione dell'attestazione di conformità.

L'ipotesi sottoposta al vaglio dei giudici milanesi ha dunque un preciso background normativo, sicché occorre valutare se la fattispecie oggetto di vaglio giurisdizionale possa essere sussunta nel campo di applicazione delle disposizioni in analisi.

È noto come l'ipotesi di maggior utilizzo della facoltà di notificare per via telematica anche atti non creati in forma di documento informatico sia quella della trasmissione via PEC dei titoli esecutivi, e segnatamente dei decreti ingiuntivi immediatamente esecutivi; in tal caso, infatti, non esistendo tecniche informatiche ad hoc, è ancora necessario il ricorso alla forma cartacea e all'opposizione della formula esecutiva in calce alla copia stampata del ricorso e del decreto ingiuntivo telematici.

L'originale è analogico proprio come nella fattispecie oggetto di causa, dove è rappresentato dalla sentenza di primo grado (per inciso, si ricorda che per la redazione delle sentenze non vige “l'obbligo del digitale”, che è previsto per i soli decreti ingiuntivi).

Bene, per tali ipotesi la Corte d'Appello di Milano offre una lettura molto interessante ed in grado di sopire ogni possibile dibattito sul punto, affermando chiaramente che l'avvocato non ha bisogno di accedere all'originale per compiere l'attestazione di conformità ma può anche utilizzare a tal fine la copia autentica rilasciata dal cancelliere, trattandosi invero di pubblico ufficiale «autorizzato ad attestare la conformità della copia all'originale».

In sostanza, secondo la Corte d'Appello di Milano, non vi sono ostacoli a compiere un'attestazione di conformità che potremmo definire “di secondo grado” anche perché in ogni caso viene assicurato al destinatario del documento di ottenere un contenuto uguale a quello del documento originale. Come giustamente rilevano i giudici milanesi tutti i soggetti coinvolti sono pubblici ufficiali abilitati al rilascio di una copia autentica, sicché dalla doppia attestazione non può scaturire un documento con contenuto difforme all'originale (a meno, ovviamente di alterazioni volontarie, che sarebbero però sanzionate).

Non a caso, poi, la Corte fa precedere tale passo motivazionale dalla ormai pacifica considerazione secondo cui il rilievo della nullità dell'atto processuale deve risolversi non solo in considerazioni di stampo formalistico ma in vere e proprie lesioni del diritto di difesa, che nel caso di specie non erano neppure prospettate, non essendo lamentata alcuna difformità tra l'originale della sentenza e la copia allegata alla sentenza notificata a mezzo PEC.

In conclusione, va dunque ribadito il giudizio positivo sulla decisione in commento anche e soprattutto perché sancisce, laddove ve ne fosse bisogno, la possibilità di notificare per via telematica tutta una serie di atti che altrimenti non avrebbero possibilità di essere trasmessi a mezzo PEC.

Si ricorda, infatti, che l'avvocato non ha il potere di estrarre copie autentiche da provvedimenti giurisdizionali esistenti solo in forma analogica (trattandosi di potere riservato al solo cancelliere), sicché, laddove non fosse possibile effettuare un'attestazione di conformità di “secondo grado” dell'atto analogico reso digitale, semplicemente non si potrebbe procedere alla notifica telematica.

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