In un fallimento l'unico dipendente ancora in forza è una signora in maternità. Il curatore, in base alla documentazione in suo possesso, non è in grado di verificare se si tratti della maternità obbligatoria o di quella facoltativa. In entrambi i casi, richiede una conferma circa la possibilità di licenziare la lavoratrice facendo subentrare direttamente l'INPS nella gestione della posizione economica.
Nel nostro ordinamento vige il divieto di licenziamento della donna lavoratrice durante la gravidanza, il congedo di maternità per astensione obbligatoria e fino al compimento del primo anno del bambino.
La stessa richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro.
Per quanto riguarda le risoluzioni dei contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato il licenziamento del prestatore di lavoro può essere intimato per giusta causa o per giustificato motivo.
La disciplina del licenziamento per giustificato motivo è contenuta nella l. n. 604 del 15 luglio 1966 la quale all'art. 3 prevede che “Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
Il fallimento del datore di lavoro non comporta di per sé la risoluzione del rapporto di lavoro.
In particolare, ai sensi dell'art. 2119 c.c., il fallimento dell'imprenditore non costituisce giusta causa di licenziamento.
Tuttavia, l'eventuale e frequente cessazione dell'attività produttiva della fallita comporta una impossibilità di fatto della prosecuzione del rapporto di lavoro, che pertanto può costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento.
A proposito della posizione contrattuale della lavoratrice madre, l'art. 54 del D.lgs n. 151/2001, Testo Unico in materia di tutela a sostegno della maternità e della paternità, individua nella cessazione dell'attività aziendale in cui la lavoratrice è addetta una causa di risoluzione del rapporto di lavoro.
Pertanto, in risposta al quesito proposto, si ritiene che il licenziamento possa essere intimato per giustificato motivo oggettivo, esplicitando doverosamente nella comunicazione trasmessa alla lavoratrice che la risoluzione del contratto di lavoro è determinata dalla cessazione dell'attività aziendale.
Per quanto riguarda i diritti della lavoratrice, alla stessa dovrà essere riconosciuta da parte del fallimento l'indennità sostitutiva del preavviso, mentre la prevista tutela economica costituita dall'indennità di maternità verrà corrisposta direttamente dall'INPS esclusivamente per il residuo periodo di sospensione obbligatoria.
Infatti, qualora il licenziamento venisse intimato durante il periodo di sospensione per maternità facoltativa, l'indennità che maturerebbe successivamente alla risoluzione contrattuale non verrebbe pagata dall'INPS.
Le medesime condizioni sotto il profilo delle tutele economiche e contrattuali sono previste anche in caso di adozione ed affidamento e si applicano fino ad un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.