In caso di accesso alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale ex art. 186-bis l. fall., al momento della redazione del piano come dev'essere trattato il credito da TFR dei lavoratori dipendenti?
E' ipotizzabile non menzionarlo nel passivo concordatario? Oppure, in applicazione dell'art. 55 l. fall., va considerato un debito scaduto il TFR maturato sino alla presentazione del ricorso e, dunque, va corrisposto?
PREMESSA - Il tema proposto coinvolge più aspetti di carattere generale, legati alla natura sia del concordato preventivo con continuità aziendale, sia del Trattamento di Fine Rapporto (o TFR).
IL QUADRO GIURIDICO - Con la riforma introdotta dal D.L. 83/2012 il concordato preventivo in continuità, che pure conosceva già crescente applicazione pratica, ha ottenuto uno specifico riconoscimento normativo con l'introduzione dell'art. 186-bis l.fall., il quale ha fissato alcuni principi specifici di questa forma di definizione concordataria della crisi d'impresa.
In particolare, il secondo comma, lett. c), dell'art. 186-bis dispone che “il piano può prevedere ... una moratoria fino ad un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali assiste la causa di prelazione”.
Il disposto si incardina nella corrente di pensiero secondo la quale in sede concordataria i creditori assistiti da prelazione devono essere pagati immediatamente dopo il decreto di omologazione, fatti salvi i tempi tecnici della liquidazione laddove sia prevista la cessione dei beni su cui grava il privilegio (così, Lamanna, La pretesa indistinta ammissibilità nel concordato preventivo del pagamento dilazionato dei crediti muniti di prelazione, in IlFallimentarista.it, 04 giugno 2014; Trib. Padova, 30 maggio 2013, in Il fallimento, 2014, pag. 445 e ss., con nota critica di D'Orazio; cfr., anche, Casa, Controversie tecniche e discussioni pratiche sull'art. 186-bis l. fall., in Il fallimento, 2013, 1379 e ss.).
La prospettiva si coordina anche con l'art. 55 l.fall., richiamato per il concordato preventivo dall'art. 169 l.fall., in base al quale i debiti pecuniari si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di presentazione della domanda di concordato.
Dunque, in tale direzione, nel concordato in continuità i creditori prelatizi debbono essere pagati al passaggio in giudicato del decreto di omologa ovvero entro l'anno successivo, in virtù della disposizione di favore di cui all'art. 186-bis l.fall., fatta salva l'ipotesi di specifico accordo intervenuto tra il debitore e il creditore, ancorchè in sede concordataria e quale elemento specifico del piano di risanamento (cfr. Di Marzio, Il pagamento concordatario dei creditori garantiti può essere dilazionato solo per consenso o nei casi previsti dalla legge, in IlFallimentarista.it, 22 luglio 2014).
A fronte di questo quadro, va considerato che il trattamento di fine rapporto, come regolamentato dall'art. 2120 c.c., è un diritto che sorge a favore del prestatore di lavoro subordinato “in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro”. Da qui, la dottrina prevalente (per tutti Tagliamento, Disciplina del trattamento di fine rapporto, Ariccia (RM), 2011, pag. 12) ha desunto che il diritto del lavoratore nasce solo al momento della cessazione del rapporto, cessazione che assume dunque i connotati di un elemento costitutivo della fattispecie, sebbene, correttamente, venga contabilmente accantonato di anno in anno dalle imprese (il Principio Contabile 19, relativamente al TFR, parla di “indennità spettanti al personale dipendente in forza di legge o di contratto (art. 2120 c.c.) al momento di cessazione del rapporto di lavoro subordinato costituenti onere retributivo certo da iscrivere in ciascun esercizio con il criterio della competenza economica”). Il principio trova conferma nella posizione della Suprema Corte (Cassazione n. 12548/98), secondo cui la cessazione del rapporto di lavoro deve intendersi come momento di maturazione del diritto, momento che diviene elemento della fattispecie costitutiva e non termine dell'adempimento, sussistendo in precedenza meri accantonamenti contabili.
Significativo, al riguardo, che sia stato istituito il “fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto”, finalizzato a “sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto….” (così l'art. 2, L. 297/82).
LA POSSIBILE SOLUZIONE - I richiami sopra sviluppati portano ad un apparente conflitto tra i principi del concordato, volti (secondo la corrente di pensiero più aderente al dettato letterale delle norme) al pagamento immediato post omologa (o con una dilazione massima di un anno) dei creditori con prelazione e quindi anche del TFR, e la circostanza per cui il TFR diviene esigibile solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Tenuto conto che, nel concordato in continuità, le forze lavorative in linea di principio restano in essere nell'arco di durata del piano, fatti salvi programmi di riduzione di organico, dimissioni volontarie, raggiungimento dell'età pensionabile, richieste di anticipo, solo per queste ipotesi nel periodo investito dal piano potrebbe determinarsi insorgenza del diritto e la conseguente esigibilità del TFR.
Al fine di trovare una possibile conciliazione tra le due fattispecie, ad avviso di chi scrive bisogna rifarsi ulteriormente ai principi generali del concordato preventivo, il quale a fronte della crisi, o più facilmente della vera e propria insolvenza dell'imprenditore, costituisce, ai sensi dell'art. 160 l.fall., un percorso di ristrutturazione dei debiti, caratterizzato da riscadenziamenti e riduzioni delle spettanze dei creditori tramite un piano che illustri le modalità di risanamento del passivo (in altri termini, come verrà reperita la liquidità per pagare il passivo risultante dalla ristrutturazione proposta).
Elemento portante del concordato in continuità è che l'impresa prosegue la propria attività e, per tale via, forma (in tutto o in parte) la liquidità per pagare i creditori ante concordato, alle scadenze previste dal piano.
Peraltro, grazie alla continuità i rapporti di lavoro subordinato generalmente proseguono nell'ambito del periodo del piano; ne consegue che il diritto al TFR per il dipendente non viene ad esistenza.
La chiave di lettura consente di affermare che il piano di un concordato preventivo in continuità può prevedere che, nell'arco di durata del piano stesso, le quote di TFR vengano pagate dall'impresa solo in relazione a quei rapporti di lavoro di cui si prevede la cessazione nel periodo medesimo, ed al momento di cessazione stessa. Si tratterà all'evidenza di un importo oggetto di stima, in base ai piani di riduzione di organico (es., procedure di mobilità), ai dipendenti il cui raggiungimento della pensione cadrà all'interno dell'arco temporale di riferimento, alle prospettive di turn-over e di richieste di anticipazioni sulla base anche dell'esperienza pregressa.
La fattispecie è equiparabile a quella di accordo privatistico con alcuni creditori in deroga alle regole concordatarie (ritenute correttamente possibili, come si è già evidenziato), in questo caso anche in assenza di pattuizioni specifiche in ragione dell'assenza di un elemento costitutivo del debito (ossia la cessazione del rapporto).
LA TUTELA DEI LAVORATORI - E' ragionevolmente fuori dubbio che i dipendenti non subiscano da tale linea di condotta alcun danneggiamento o diminuzione di garanzie in quanto, in ipotesi di prosecuzione dell'attività profittevole (o comunque con risultati non negativi) la situazione patrimoniale dell'impresa è destinata a rafforzarsi durante l'esecuzione del piano, rispetto a quella di partenza.
Si propone un esempio numerico, volutamente schematico, ricordando che nel concordato in continuità la formazione di liquidità data dalla prosecuzione della gestione viene determinata in termini di variazioni di capitale circolante netto operativo e di flussi di capitale circolante netto operativo della gestione caratteristica, e quindi è positivamente influenzata, ad esempio:
- dalla riduzione di crediti e dall'aumento di debiti (come può avvenire ove si accorcino i tempi di incasso dei crediti e si ottengano maggiori dilazioni nei tempi di pagamento delle forniture ordinarie);
- dagli ammortamenti;
- dal risultato reddituale positivo.
Situazione patrimoniale ante omologa
Si ipotizza scolasticamente che tutti i debiti esposti siano riferiti al periodo precedente la domanda di concordato preventivo
ATTIVO
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PASSIVO
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Immobili
1000
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TRF ante concordato
250
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Crediti
800
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Altri debiti con prelazione ante concordato
500
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Patrimonio netto negativo
950
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Debiti chirografari ante concordato
2000
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La proposta concordataria prevede il pagamento del 30% ai creditori chirografari, cosicché all'omologa la posta di debiti chirografari si ridurrà da euro 2.000 ad euro 600 (con il manifestarsi di una sopravvenienza passiva non imponibile di 1.400) e la situazione patrimoniale sarà la seguente:
Situazione patrimoniale post omologa
ATTIVO
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PASSIVO
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Immobilizzazioni
1000
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TRF ante concordato
250
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Crediti
800
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Altri debiti con prelazione ante concordato
500
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Debiti chirografari ante concordato
600
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Patrimonio netto positivo
450
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Si ipotizzi in seguito un anno di attività senza pagamento di debiti concorsuali, con un risultato reddituale positivo per 10 (al netto di ammortamenti per 100 e accantonamenti per TFR per 25), una diminuzione di crediti di 200 ed un aumento dei debiti di 300 (per effetto di un miglioramento nei tempi di incasso e pagamento), con corrispondente formazione di liquidità. Al termine di tale periodo, si avrà
Situazione patrimoniale a un anno dall'omologa
ATTIVO
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PASSIVO
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Immobilizzazioni
900
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TRF
275 (di cui 250 ante concordato)
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Crediti
600
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Altri debiti con prelazione ante concordato
500
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Liquidità
635
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Debiti chirografari ante concordato
600
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Debiti formatisi in concordato
300
|
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Patrimonio netto positivo
450
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Utile del periodo
10
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dove la liquidità di 635 è data dalla sommatoria di 10 di utile, 125 di ammortamenti e accantonamenti a TFR (costi senza uscita finanziaria), 200 di incasso crediti, 300 di dilazioni fornitori.
Come si può osservare, la situazione patrimoniale è migliorata, sia (soprattutto) rispetto alla situazione ante omologa, sia con riferimento allo stato patrimoniale scaturente dall'omologa.