Ritardata richiesta di fallimento: per la bancarotta va provata la colpa grave
29 Ottobre 2013
La condotta di ritardata richiesta di fallimento è punibile, ai sensi dell'art. 217 l. fall., solo quando connotata da colpa grave: l'elemento soggettivo non si può presumere, ma va accertato in concreto, non essendo sufficiente il dato oggettivo del ritardo nella richiesta di dichiarazione di fallimento che abbia accentuato il dissesto societario. E' questo il principio espresso dalla V Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza n. 43414 del 24 ottobre.
La fattispecie. Gli amministratori di una società venivano condannati, in primo e secondo grado, per il reato di bancarotta semplice ex art. 217 l. fall., per aver omesso di richiedere il fallimento della società, aggravandone il dissesto. Gli imputati proponevano ricorso per cassazione.
Aggravamento del dissesto ed elemento soggettivo. La sentenza della Corte d'Appello viene censurata nella parte in cui ha omesso di accertare la sussistenza dell'elemento soggettivo: motivo di impugnazione che si rivela fondato per i giudici di legittimità.
Anche il ritardato fallimento deve essere connotato da colpa grave, da accertarsi in concreto. Per la Cassazione la risposta è negativa: il dato oggettivo del ritardo nella dichiarazione di fallimento non è sufficiente perché da esso possa farsi derivare una presunzione assoluta di colpa. Assumono rilevanza, in proposito, le scelte imprenditoriali che hanno portato a tale ritardo. L'art. 217 l. fall., in altre parole, va letto nel senso che il ritardo nella dichiarazione di fallimento è punibile solo in quanto in concreto connotato da colpa grave, al pari delle altre condotte non tipizzate dalla norma.
Ritardo nella richiesta di fallimento e aggravamento nel dissesto: per la bancarotta non servono comportamenti ulteriori, ma occorre la prova della colpa grave. Nell'affermare questo principio, peraltro, la Cassazione “evita” possibili contrasti giurisprudenziali, svolgendo un'opera di coordinamento con l'orientamento, espresso anche di recente (Cass. Pen. n. 13318/2013), in base al quale l'art. 217 “non richiede altri comportamenti ulteriori che concorrano con la mancata richiesta di fallimento ed il conseguente aggravamento del dissesto, anche per effetto del mero proseguimento dell'attività di impresa”. |