L'art. 111, comma 2, l. fall. stabilisce che sono prededucibili i crediti sorti in occasione “o” in funzione delle “procedure concorsuali di cui alla presente legge”.
Secondo un'interpretazione più liberale, la prededuzione prevista per i crediti “funzionali” riguarderebbe quelli sorti prima delle procedure concorsuali (e appunto “in funzione” delle stesse), non potendo coincidere, dato l'uso della disgiuntiva “o”, con quelli sorti “in occasione”, ossia durante le procedure.
La tesi si presta anche ad argomenti di contrasto, dato il tenore letterale ambiguo della norma, non solo quanto al concetto di “funzionalità”, ma anche in relazione al riferimento alla individuazione delle procedure concorsuali cui dovrebbe applicarsi (lo è la procedura di omologa degli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall.?).
Tuttavia certamente la tesi non è di per sé eccentrica. Semmai si pone il problema della sua tenuta sistematica al cospetto di norme che introducono in modo espresso speciali prededuzioni per crediti a loro volta “funzionali”, per di più sottomettendo il beneficio a speciali autorizzazioni (v. ad esempio i crediti per i finanziamenti-ponte anteriori al concordato ex art. 182-quater l. fall. e, secondo il testo originario di tale norma, poi però abrogato, i crediti del professionista attestatore), lasciando intendere, per implicito, che in caso di crediti anteriori, ancorché funzionali, solo norme specifiche possano attivare la tutela della prededuzione.
Interessa però in questa sede testare non tanto la tenuta in generale di tale opinione, quanto valutare se, ammessa e non concessa la sua attendibilità, il beneficio della prededuzione cui l'art. 111 si riferisce sia da ritenere fruibile :
a) solo nel fallimento (sia per i crediti funzionali al fallimento stesso, che per quelli funzionali a procedure anteriori, come il concordato preventivo, non andate a buon fine);
b) o solo in ogni singola procedura concorsuale autonomamente considerata;
c) o sia in ciascuna procedura anteriore al fallimento che nel fallimento medesimo.
La prima soluzione implicherebbe di attribuire la prededuzione, ad esempio, al credito sorto prima di un concordato, che sia in ipotesi funzionale a tale procedura (si faccia per ipotesi il caso del credito per l'attività svolta dall'esperto attestatore), solo nell'eventuale successivo fallimento, ma non all'interno del concordato preventivo.
La seconda soluzione implicherebbe di attribuire la prededuzione, invece, nel caso considerato, solo all'interno del concordato preventivo e non invece nel successivo eventuale fallimento.
La terza, infine, implicherebbe di attribuire la prededuzione, sia all'interno del concordato che nel successivo eventuale fallimento.
Trattandosi di tre soluzioni diverse e tra loro almeno in parte incompatibili, si tratta di scegliere quella più accettabile sul piano logico-sistematico.
Più attendibile sembra la seconda, con l'unica eccezione di cui ora si dirà.
Infatti:
1) la prededuzione - va subito chiarito - può certamente spiegare effetti ed utilità all'interno di ciascuna procedura per il creditore cui è attribuita, poiché consente non solo un pagamento immediato (a differenza di quello ordinario che deve seguire modalità e tempi dei riparti), ma anche integrale e al di fuori del concorso, senza soggiacere – se si tratti di crediti in origine privilegiati - ai limiti della capienza dei beni oggetto della prelazione (art. 160, comma 2, l. fall.); si tratta quindi in concreto di stabilire non se la prededuzione debba o possa valere “solo” fuori di un concordato preventivo, ma semmai se debba valere “solo” all'interno di esso o “anche” fuori di esso: ciò esclude dunque l'attendibilità della prima tesi, che vorrebbe esercitabile la prededuzione solo nel fallimento;
2) affermare la terza tesi, peraltro, vorrebbe dire assegnare sempre e comunque alla prededuzione anche un effetto ultrattivo, che si proietterebbe dal concordato al fallimento; tale effetto ultrattivo, però, non ha ragion d'essere, anzitutto, per i crediti sorti “nel corso” di una procedura diversa dal fallimento quando poi segua il fallimento, perché l'occasionalità della nascita del credito, ad esempio, durante un concordato, può al limite spiegare perché nel concordato tale credito possa essere prededucibile, ma non perché possa esserlo nel fallimento, ossia con riguardo ad una procedura del tutto diversa; altrettale conseguenza deve trarsi quanto ai crediti funzionali sorti prima di un concordato, atteso che il nesso di funzionalità che vale rispetto a tale procedura non ha rilievo rispetto ad una procedura diversa, che anzi dimostra come quella funzionalità fosse solo apparente, visto che poi è intervenuto, appunto, il fallimento. Unica eccezione immaginabile è quella in cui ad un concordato segua senza soluzione di continuità il fallimento (consecutio di procedure) potendo allora riproporsi l'interpretazione estensiva dell'art. 111 l. fall. ancor oggi in via generale affermata dalla S. Corte, visto che tale consecutio rende configurabile, nella successione di una procedura all'altra, una sola super-procedura unitaria e quindi riferibile anche alla fase fallimentare la funzionalità riguardante i crediti relativi alla precorsa fase concordataria;
3) di conseguenza, al di fuori della speciale ipotesi di consecutio testé detta, l'unica tesi accettabile è la seconda, che attribuisce la prededuzione, invece, nel caso considerato, solo all'interno del concordato preventivo e non invece nel successivo eventuale fallimento, che non segua immediatamente o comunque in via di “consecutio” logico-funzionale.
Peraltro, siccome il beneficio della prededuzione per definizione deroga alla par condicio ed esige quindi un'interpretazione restrittiva delle norme che lo prevedono, non può ammettersi alcun automatismo nel riconoscimento della prededuzione, spettando anzi al G.D. valutare caso per caso se il credito anteriore alla procedura sia ad essa funzionale.
A questo fine deve osservarsi che il criterio della funzionalità non può risolversi nella mera attinenza di un credito rispetto ad una procedura concorsuale, ma va ancorato al requisito della utilità per la stessa, da intendersi come necessaria strumentalità rispetto alla procedura e come rispondenza al suo scopo ed all'interesse della massa dei creditori, giustificandosi solo in tal caso il particolare beneficio in oggetto.
Pertanto, un'accettabile nozione di “funzionalità” può essere solo quella che inserisca come essenziale il requisito dell'“utilità” effettiva: se si accetta la tesi liberale che attribuisce la prededuzione anche ai crediti anteriori, godrà quindi di prededuzione all'interno (solo) del concordato preventivo (solo) il credito anteriore funzionale che sia tale in quanto rivelatosi utile all'incardinamento della procedura e alla sua omologa, restando privo di tale carattere in ogni diverso caso, e dunque ove si registri l'insuccesso della procedura.
Tale nozione risponde inoltre ad una visione sistematica, poiché coincide anche con il criterio proposto dalla stessa S. Corte con riferimento ai crediti per prestazioni rese durante il concordato e che possono dar luogo a crediti prededucibili. La S. Corte sembra infatti orientata a ritenere possibile tale effetto solo se si ravvisi il carattere dell'utilità rispetto alle finalità della procedura (ed evidentemente non a quelle del debitore ricorrente: v. Cass. 10 maggio 2012, n. 7166).