Esclusa dalla base imponibile IVA la compensazione forfettaria a copertura delle perdite di esercizio

05 Settembre 2025

La Corte UE, con sentenza resa in C-615/23, ha interpretato gli artt. 2, par. 1, lett. c) e 73 della Direttiva IVA 2006/112, nel senso di escludere dalla base imponibile IVA una compensazione a posteriori di perdite finanziarie, il cui importo è limitato da un regolamento unionale e determinata non in funzione del numero di utenti, bensì in modo forfettario in funzione dei veicoli-km offerti, effettuata da un ente locale in favore di un soggetto passivo IVA, non costituendo tale sovvenzione il corrispettivo di una prestazione resa all'ente locale che effettua il pagamento, non avendo questo alcuna incidenza diretta sul prezzo del servizio reso al consumatore finale.

Il caso

Nella causa in commento, la Corte è stata investita della questione relativa al trattamento, ai fini IVA, della sovvenzione corrisposta da un ente pubblico ad un soggetto passivo IVA nell'interesse pubblico (si tratta della fornitura di un servizio di trasporto pubblico collettivo), ed a titolo di compensazione a copertura delle perdite derivanti dalla fornitura dei servizi di trasporto.

La Corte ha dovuto accertare se la sovvenzione costituisse parte del corrispettivo per la prestazione del soggetto passivo all'ente erogatore o ai suoi clienti, da cui l'obbligo di versare l'IVA sulla sovvenzione, o se invece ne restasse fuori, escludendo quindi l'imponibilità dell'operazione ai fini IVA.

Al riguardo, già l'Avv. gen. J. Kokott, nelle proprie conclusioni a C-615/23, evidenziava come il confine tra le due situazioni non è sempre facilmente individuabile, soprattutto laddove, come nel caso odierno, il pagamento (la compensazione) non è calcolato in funzione del numero di utenti del servizio, bensì in modo forfettario, sulla base dei veicoli-km offerti all'utenza. In tale sentenza la Corte ha avuto modo di analizzare ed esporre ulteriormente i criteri giuridici per distinguere una sovvenzione per una prestazione, da una sovvenzione generale, indipendente da una prestazione, come tale fuori dal campo applicativo dell'IVA.

La società, ricorrente dinnanzi al giudice polacco del rinvio, esercitava principalmente attività di trasporto di passeggeri, e aveva presentato all'Erario polacco un'istanza di interpello ai fini IVA, in relazione alla volontà di concludere con alcuni enti locali, con i quali non aveva alcun legame né a mezzo partecipazioni né attraverso persone, dei contratti di servizio di trasporto pubblico terrestre ai sensi dei quali a quest'ultima verrebbe versata una compensazione prevista della legge interna sul trasporto pubblico collettivo.

La società intendeva concludere, in qualità di operatore, contratti di prestazione di servizi di trasporto pubblico collettivo di passeggeri, mentre l'altra parte del contratto, ossia l'ente locale, avrebbe avuto la qualità di organizzatore del trasporto pubblico collettivo, e la prima sarebbe stata remunerata con la vendita di titoli di trasporto il cui prezzo sarebbe stato determinato dall'organizzatore. A fronte dell'insufficienza di tale modalità a coprire i costi di tale attività, la società avrebbe ottenuto dall'ente organizzatore una compensazione, ai sensi della legge sul trasporto pubblico collettivo.

La società, quindi, avrebbe percepito i proventi dalle seguenti fonti:

1. i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti e da altre tariffe soggette all'IVA (di norma, all'aliquota dell'8%);

2. la compensazione, che è di carattere oggettivo ed è soggetta all'IVA (8%), per i proventi non percepiti a causa dell'applicazione delle tariffe di trasporto ridotte previste dalla legge;

3. la compensazione per i proventi non percepiti a causa dell'applicazione delle tariffe di trasporto ridotte stabilite nell'ambito di competenza dell'organizzatore;

4. altri proventi (ad es. la messa a disposizione di spazi pubblicitari), fermo restando che i proventi di cui ai punti da 2 a 4 potevano sussistere simultaneamente, parzialmente, o non sussistere affatto, a seconda del contenuto di un determinato contratto o delle disposizioni di legge pertinenti.

L'importo della compensazione ricevuta dalla società non avrebbe potuto superare l'importo corrispondente all'effetto finanziario netto della fornitura di servizi di trasporto urbano calcolato conformemente al regolamento n. 1370/2007, rappresentando un effetto finanziario negativo la base per la compensazione, la quale non avrebbe inciso sul prezzo del biglietto, ossia sul prezzo del servizio prestato, avendo essa carattere generale e costituendo un sostegno finanziario ai costi complessivi dell'attività di trasporto prestata conformemente al contratto.

La società, quindi, chiedeva al proprio Erario se tale compensazione costituisse il fatturato soggetto all'IVA, nonostante la sovvenzione non andasse ad aumentare la base imponibile IVA, rimanendo impermeabile ad un'incidenza diretta sul prezzo del servizio di trasporto pubblico collettivo prestato, ma al contrario costituendo un mero contributo all'insieme dei costi dell'attività prevista.

Nella risposta l'Erario concludeva nel senso che la sovvenzione costituiva un pagamento supplementare, avente incidenza diretta sul prezzo dei servizi forniti, nonostante le tariffe fossero fissate dall'organizzatore.

La Corte suprema polacca, investita della causa, ha deciso di rivolgere alla Corte UE la questione pregiudiziale se l'art. 73 della Direttiva IVA 2006/112 vada interpretato nel senso di ritenere assoggettata ad IVA una compensazione corrisposta da un ente locale ad un soggetto distinto (operatore) per la fornitura di servizi di trasporto pubblico collettivo.

Ai sensi dell'art. 73 della direttiva IVA, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni.

Circa la finalità di tale connessione, in relazione all'assoggettamento ad IVA, la Corte osserva in sentenza (p. 23 in C-615/23) che, stabilendo che la base imponibile dell'IVA comprende, nelle ipotesi da esso previste, determinate sovvenzioni versate ai soggetti passivi, tale articolo 73 mira ad assoggettare all'IVA l'intero valore dei beni o delle prestazioni di servizi e dunque ad evitare che il versamento di una sovvenzione provochi un gettito d'imposta inferiore (v. C‑573/18, p. 30).

Ciò al netto, come si vedrà, delle ipotesi in cui la Corte non ha riscontrato l'esistenza di tale connessione, come nel caso odierno in cui ha concluso che il servizio di trasporto pubblico collettivo è nell'interesse generale e non nell'interesse (concreto e particolare) dell'ente pubblico erogatore della sovvenzione (per l'assenza di una controprestazione valida ai fini IVA).

Come ben evidenziato dalla Corte UE in C-353/00, p. 23, in relazione all'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della Sesta direttiva IVA 77/388/CEE (il cui contenuto è stato poi trasfuso nell'attuale art. 73 della direttiva IVA) tale norma riguarda, tra l'altro, situazioni in cui sono interessate tre parti, vale a dire l'ente pubblico che concede la sovvenzione, l'operatore economico che ne beneficia e l'acquirente del bene o il destinatario del servizio rispettivamente ceduto o fornito dall'operatore sovvenzionato (v. anche C-184/00, p. 10).

Dall'ordinanza di rimessione del giudice polacco emergeva che i beneficiari diretti dei servizi di trasporto pubblico collettivo, che l'operatore di tali servizi intendeva fornire, erano gli utenti finali di tali servizi che avrebbero acquistato un titolo di trasporto come corrispettivo, mentre l'ente pubblico che doveva versare la compensazione all'operatore non era considerato destinatario di tale servizio, quindi poteva rivestire la qualità di terzo, ai sensi dell'art. 73 su richiamato.

Il giudice del rinvio, inoltre, richiamando alcuni precedenti della Corte UE (C‑184/00 e C‑463/02), osservava, condivisibilmente, che affinché l'importo di un finanziamento ottenuto da un soggetto passivo sia considerato un elemento della base imponibile di una operazione IVA, occorrerebbe che tale importo sia chiaramente destinato ad un'operazione specifica, a differenza del caso odierno sottoposto alla Corte UE in cui la compensazione non avrebbe alcuna incidenza diretta sul prezzo dei servizi forniti, poiché il suo scopo sarebbe anzitutto quello di coprire le perdite subite in un determinato periodo.

Il giudice comune osservava, altresì, che dalla lettura del precedente della Corte UE reso in C‑151/13, occorresse indagare se, per determinare se una data compensazione potesse far parte della base imponibile IVA, fosse necessaria l'evidenza di un nesso diretto (sinallagma) tra il prezzo dei titoli di trasporto e la compensazione ricevuta, da intendersi quindi quale finanziamento diretto dei titoli di trasporto che riduce proporzionalmente il loro prezzo, o se fosse sufficienteconstatare che, senza detta compensazione, il prezzo di tali titoli dovrebbe essere più elevato.

O ancora, se l'elemento fondativo della natura dell'IVA, ossia l'evidenza di una controprestazione onerosa per entrambe le parti contrattuali, potesse essere altresì dedotta dal fatto che i servizi forniti dal prestatore sono caratterizzati dalla loro continuità e dalla disponibilità permanente di tale prestatore a fornirli.

Le caratteristiche della sovvenzione ai fini dell'imponibilità IVA

La soluzione della questione affrontata dalla Corte in sentenza richiede l'analisi dell'incidenza, da valutare caso per caso, della sovvenzione erogata dall'ente pubblico al prestatore del servizio, ai sensi dell'art. 73 della direttiva IVA.

La Corte UE ha dovuto analizzare la connessione ontologica sovvenzione/prezzo, alla luce delle diffuse e ricorrenti concessioni di compensazioni a soggetti privati IVA da parte degli enti locali (enti erogatori) nel territorio unionale, effettuate a copertura dei costi nell'interesse pubblico (nel caso odierno, l'interesse al mantenimento di un servizio di trasporto pubblico collettivo), avendo di norma i soggetti eroganti un diretto interesse (pubblico) in tal senso (v. concl. avv. gen. Kokott, p. 21).

È stato condivisibilmente osservato al riguardo (v. concl., p. 22) che l'inclusione generale di tutte le sovvenzioni pubbliche nella base imponibile IVA avrebbe come conseguenza che ogni sovvenzione sarebbe ridotta dell'importo dell'IVA da versare, poiché il destinatario non potrebbe più utilizzare tale parte per l'obiettivo del finanziamento, oppure , l'importo della sovvenzione dovrebbe essere aumentato dell'importo dell'IVA, cosa non sempre possibile in tempi di ristrettezze di bilancio pubblico.

Di qui la conseguente e coerente conseguenza per la quale non tutti i pagamenti effettuati nell'interesse pubblico da una pubblica autorità ad un'impresa vanno considerati alla stregua di un corrispettivo rilevante ai fini dell'IVA, ma solo quelle sovvenzioni che possano ritenersi, in maniera oggettiva, direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni, ai sensi dell'art. 73 della Direttiva IVA 2006/112 (v. ad es. i casi affrontati in C‑21/20, C‑144/02, C‑384/95, C‑215/94, C-102/86), ciò anche al netto di convergenze degli interessi economici tra l'ente pubblico “erogatore” ed il soggetto IVA privato percipiente, il quale presta il servizio.

Di qui, quindi, la necessità, in osservanza dell'art. 73 citato, di distinguere tra sovvenzioni irrilevanti ai fini dell'IVA e sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo delle operazioni, rappresentando solo le ultime un corrispettivo di una prestazione imponibile soggetta ad imposta in capo al percipiente, quale controprestazione per il servizio (qui di trasporto pubblico) effettivamente reso.

Dalla definizione di operazione imponibile espressa nell'art. 2, par. 1, lett. a) e c), della direttiva IVA, si può dedurre che, per l'assoggettabilità ad IVA, un fornitore/prestatore sia tenuto a conferire ad un determinato destinatario un beneficio concreto e consumabile, ciò a fronte della caratteristica precipua di tale imposta che ha il fine unico di tassare la capacità di spesa del consumatore, la quale si manifesta appunto nell'impiego di patrimonio per ottenere un beneficio consumabile.

L'assoggettabilità ad IVA di una qualsiasi operazione economica deve presupporre la sua intrinseca “onerosità”, che si palesa solo se il soggetto passivo conferisce un vantaggio concreto a un consumatore determinato, essendo di contro irrilevante qualora, come nel caso odierno, il beneficiario della sovvenzione si limiti a conferire un vantaggio generale (al trasporto pubblico) alla collettività, non configurandosi in tal caso un fatturato imponibile.

Si condivide, quindi, l'argomentazione espressa al p. 30 delle conclusioni alla causa C-615/23, laddove si sostiene che è inerente alle sovvenzioni che l'ente erogatore le conceda sempre anche nel proprio interesse o, nel caso di sovvenzioni effettuate da una pubblica autorità, nell'ambito della propria sfera di competenza. Tuttavia, il mero fatto che il beneficiario della sovvenzione (nella fattispecie la società) persegua un obiettivo che si sovrappone o addirittura coincide con gli obiettivi dell'ente erogatore (nella fattispecie l'interesse a un trasporto di persone efficace nel proprio territorio) non consente di concludere per l'esistenza di un beneficio consumabile ai sensi della legge sull'IVA. In caso contrario , la formulazione dell'art. 73 della direttiva IVA, secondo cui la sovvenzione deve essere direttamente connessa con il prezzo di tali operazioni, sarebbe obsoleta e qualsiasi sovvenzione costituirebbe corrispettivo di un beneficio consumabile.

Emblematico il leading case Tolsma, (causa C-16/93) in cui si verteva dell'imponibilità IVA dell'attività di suonatore ambulante di strada del Sig. Tolsma, il quale intratteneva i passanti mediante la riproduzione, con il proprio strumento musicale, di alcune composizioni sonore, a fronte delle quali percepiva (a volte) un compenso da parte dei viandanti.

A fronte dell'argomentazione di parte pubblica che sosteneva l'esistenza incontrovertibile di un sinallagma tra il gesto artistico ed il “versamento diretto” della “sovvenzione” da parte dei viandanti, la Corte UE, condivisibilmente, procedeva ad una coerente decostruzione della tesi erariale, a fronte dell'evidente aleatorietà del versamento degli oboli da parte dei passanti.

In sintesi, l'assenza di un pagamento direttamente connesso al fine della riproduzione musicale dal vivo, non consentiva in alcun modo la genesi del sinallagma (controprestazione), quindi dell'onerosità della prestazione, e di conseguenza dell'imponibilità IVA dell'intera “prestazione di servizio” resa dal Sig. Tolsma (l'assenza di un nesso diretto di causalità si potrebbe rendere in formula in tal modo: “pago, per cui ho diritto ad ascoltare un brano musicale, quindi suono perché mi stanno pagando per farlo”; in argomento, tra i tanti, v. anche C-154/80, C-126/88, C-33/93, C-330/95, C-260/98, C-442/01, C-434/05, C-267/08, C-53/09, C-283/12, C-520/14, C-295/17).

Sulla specificità di determinate sovvenzioni ai fini dell'imponibilità o meno ad IVA, la Corte UE è in passato intervenuta su determinati casi cercando di elaborare alcuni criteri per l'interpretazione di tale rapporto.

Ad esempio nell'ipotesi di pagamenti dei membri ad un'associazione a fini di promozione (C-102/86), così come per la sovvenzione ad una rete televisiva pubblica per il mantenimento della sua programmazione (C‑21/20), o ancora nei casi di sovvenzioni ad agricoltori per l'abbandono della produzione lattiera (C‑215/94) o per il mancato raccolto (C‑384/95), la Corte Ue non ha considerato tali erogazioni finanziarie statali effettuate alla stregua di un corrispettivo per la cessione di beni o per la prestazione di un servizio.

Viceversa, ha riscontrato l'esistenza di un corrispettivo, quindi del sinallagma tra il sussidio ed il prezzo di una prestazione fornita a un terzo, sia nel caso di una sovvenzione di 10 sterline versata da un ente pubblico ad un operatore economico in relazione ad un servizio di consulenza in materia energetica fornito da quest'ultimo a determinate categorie di occupanti di alloggi (C‑353/00), sia di contributi di un fondo di esercizio per cessioni concrete effettuate da un'organizzazione di produttori ai propri membri (C‑573/18), ma non anche nel caso di una sovvenzione resa nei confronti di produttori di foraggi essiccati al fine di poter produrre ai prezzi del mercato mondiale (C-144/02).

In C‑215/94, ad esempio, l'impegno di abbandonare la produzione lattiera assunto da un imprenditore agricolo veniva interpretato da parte pubblica quale prestazione di servizi, così che l'indennità a tal fine percepita era soggetta ad IVA, in quanto il versamento dell'indennità e l'impegno all'abbandono della produzione sono reciprocamente dipendenti, sussistendo un nesso diretto tra il servizio prestato ed il controvalore ricevuto, consistendo la prestazione in un obbligo di non fare, ossia astenersi dal proseguire la produzione di latte.

La Corte UE, al contrario, osservava che in un caso del genere non sussiste consumo nell'accezione del sistema comunitario dell'IVA (p. 20), dal momento che assegnando un'indennità ai produttori agricoli che si impegnano a cessare la produzione lattiera, la Comunità non acquista beni né servizi a proprio uso , ma agisce nell'interesse generale , che è quello di promuovere il corretto funzionamento del mercato comunitario del latte (p. 21).

Di conseguenza, quindi, l'impegno del produttore agricolo di abbandonare la produzione lattiera non apporta né all'UE né alle autorità nazionali, singolarmente intese, dei vantaggi tali da poter qualificare questi soggetti destinatari di un servizio che possa rilevare ai fini IVA.

Ancora, nel più recente caso C‑616/21, si discuteva dell'assoggettamento o meno ad IVA dell'attività di un Comune consistente nella bonifica e smaltimento di rifiuti d'amianto, resa a favore dei proprietari di immobili residenziali nell'ambito territoriale del comune, previa raccolta delle richieste dei residenti interessati alla rimozione dell'amianto, per poi affidare il servizio all'appaltatore terzo incaricato.

Dopo l'esecuzione di tali prestazioni, l'appaltatore emetteva verso il Comune una fattura con IVA, pagata dal Comune con proprie risorse, a seguito della quale l'ente pubblico chiedeva il rimborso integrale o parziale delle spese sostenute, sotto forma di sovvenzione proveniente dal Fondo ministeriale per la tutela dell'ambiente, che poteva essere pari ad un importo variabile dal 40% al 100% delle spese, senza che i residenti sostenessero alcuna spesa e senza che il Comune stipulasse con questi ultimi alcun contratto avente ad oggetto la rimozione dell'amianto dagli immobili di loro proprietà.

La Corte osservava in sentenza che il beneficio arrecato al Comune in contropartita del pagamento consisteva, nei confronti dei residenti, nell'eliminazione del pericolo per la salute e, più in generale, nel miglioramento della qualità della vita nel territorio comunale.

Tuttavia, ai fini della bonifica degli immobili dall'amianto, i residenti non avevano conferito alcun mandato al Comune per agire quale loro commissionario ai sensi dell'art. 28 della Direttiva IVA 2006/112, per il quale qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale. In caso contrario, il Comune avrebbe dovuto incaricare, in quanto commissionario, l'impresa di bonifica, in nome proprio ma per conto dei residenti interessati (per la necessità di un mandato v. C‑734/19, p. 51 e 52).

Accettando di partecipare all'iniziativa comunale di rimozione dell'amianto dagli immobili, i proprietari si limitavano a presentare una richiesta al Comune, senza altresì incaricarlo di bonificare per loro conto, bensì sperando di essere beneficiari del programma di bonifica dall'amianto.

Quanto poi all'eventuale svolgimento di un'attività economica da parte del Comune, ai sensi dell'art. 9 della direttiva IVA (v. C‑520/14, p. 29), la Corte UE osservava che, mentre un imprenditore intende ricavare dalla propria attività introiti aventi carattere di stabilità (v. C‑655/19, p. da 27 a 29), in tale precedente il Comune non impiegava personale per la bonifica dall'amianto né ricercava clienti, ma si limitava a realizzare, nell'ambito di un programma definito a livello nazionale, operazioni di bonifica dall'amianto, vieppiù a titolo gratuito, recuperando soltanto una minima parte dei costi sostenuti, mentre il saldo è finanziato con fondi pubblici, in tal modo escludendo l'esistenza di una remunerazione (v. C‑520/14, p. 33), a fronte altresì dell'assenza di alcun corrispettivo a carico dei beneficiari della prestazione di servizi.

L'assenza di un vantaggio concreto per l'ente erogatore

Per giurisprudenza costante della Corte UE, un'operazione viene effettuata a titolo oneroso, in base all'interpretazione della direttiva IVA, soltanto allorché tra il cedente/prestatore ed il destinatario (anche nella veste di cessionario/committente) intercorra un particolare rapporto giuridico nell'ambito del quale avviene uno scambio di reciproche prestazioni e, in tale contesto, il compenso ricevuto costituisce il controvalore effettivo di un bene/servizio individualizzabile fornito al destinatario (onerosità dell'operazione), che rileva, quindi, solo qualora sia rilevabile un nesso diretto tra i due elementi dell'operazione (v. tra i tanti C‑21/20 p. 31, C‑295/17 p. 39, C‑11/15 p. 22, C-102/86 p. 11, 12 e 16).

Ciò posto, non sussiste un'operazione a titolo oneroso ai fini IVA quando il pagamento della sovvenzione è effettuato principalmente nell'interesse generale al beneficiario della sovvenzione, mancando in tal caso un destinatario concreto, figura che non può, del resto, essere ricoperta dall'ente erogatore per il solo fatto di avere indirettamente un interesse proprio nell'attività sovvenzionata (v. concl., p. 34).

Solo qualora il destinatario della sovvenzione conferisca all'ente erogatore un vantaggio concreto che corrisponda alla sovvenzione medesima, da escludersi in C-615/23 dato che questa era destinata esclusivamente a compensare perdite a posteriori (non vi era alcuna attività concreta da svolgere a titolo di contropartita), si potrà sostenere l'onerosità della prestazione ai sensi dell'art. 2, par. 1, lett. c), della direttiva IVA.

Dal momento, inoltre, che tale compensazione non incide direttamente sul prezzo dei servizi di trasporto forniti, il quale è fissato direttamente dall'ente erogatore (organizzatore di tali servizi) al fine esclusivo di coprire le perdite connesse a tale attività, anche per tale motivo non è applicabile l'art. 73 della direttiva IVA, dovendosi escludere la sovvenzione dalla base imponibile IVA, dato che il solo fatto che un finanziamento possa influire sul prezzo dei beni ceduti o dei servizi forniti dall'organismo che riceve tale finanziamento non è sufficiente a rendere quest'ultimo imponibile in quanto sovvenzione direttamente connessa al prezzo, (v. C-615/23, p. 32 e C‑184/00, p. 12).

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