Geolocalizzazione e tutela dei lavoratori in smart-working

05 Settembre 2025

Può il datore svolgere dei controlli - mediante uno specifico applicativo che richiede il consenso dei dipendenti che lo utilizzano - per verificare la compatibilità della posizione geografica dalla quale gli stessi svolgono la propria prestazione in modalità agile rispetto a quanto indicato nell’accordo individuale di lavoro agile?

Innanzitutto, è necessario rammentare che la prestazione lavorativa in modalità agile, differentemente dallo svolgimento dell'attività lavorativa presso la sede datoriale, è tipicamente caratterizzata da una flessibilità che, fatta salva l'eventuale operatività di fasce di reperibilità, attiene sia al luogo che al tempo del relativo svolgimento (art. 18, comma 1, l. n. 81/2017). Al datore non sono, tuttavia, precluse eventuali verifiche sull'adempimento della prestazione lavorativa svolta in modalità agile, ad esempio mediante la richiesta di report periodici sull'attività svolta. Nel caso in cui vengano impiegati strumenti tecnologici dai quali derivi anche solo la possibilità di controllare a distanza l'attività dei lavoratori in modalità agile, è necessario sempre fare riferimento all'art. 4 St. Lav., dal momento che la Legge sul lavoro agile richiama espressamente i limiti, le condizioni e le procedure di garanzia di tale ultimo articolo (art. 21 l. n. 81/2017), dovendosi escludere la rilevanza del fatto che l'applicativo utilizzato richieda il consenso al dipendente per procedere alla geolocalizzazione. A ciò deve aggiungersi, sotto il profilo del trattamento dei dati personali, che nel lavoro in modalità agile la linea di confine tra l'ambito lavorativo e professionale e quello strettamente privato non può sempre essere tracciata in modo netto, sicché non potrebbe essere prefigurato l'annullamento di ogni aspettativa di riservatezza del lavoratore. L'esigenza di assicurare che la prestazione lavorativa dei dipendenti in modalità agile venga effettivamente resa presso le sedi indicate nell'accordo di riferimento non può, quindi, giustificare ogni forma di interferenza nella vita privata (i.e. raccolta e trattamento dell'informazione relativa alla specifica località in cui il lavoratore si trova), ciò ponendosi in contrasto, oltre che con l'art. 4 St. Lav., anche con la normativa in materia di privacy. (Cfr.: Garante della privacy, provv.13 marzo 2025, n. 135).

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