Le Sezioni Unite – sent. n. 7299/2025 - sulle eterogenee ipotesi di legittimo/abusivo frazionamento del credito
02 Settembre 2025
Massima In tema di abusivo frazionamento del credito, i diritti di credito che, oltre a fare capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche in proiezione iscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato oppure fondati sul medesimo o su analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell'attività processuale, non possono essere azionati in separati giudizi, a meno che non si accerti la titolarità, in capo al creditore, di un apprezzabile interesse alla tutela processuale frazionata, in mancanza del quale la domanda abusivamente frazionata deve essere dichiarata improponibile, impregiudicato il diritto alla sua riproposizione unitaria. Qualora non sia possibile l'introduzione di un giudizio unitario sulla pretesa arbitrariamente frazionata, per l'intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta, il giudice è tenuto a decidere nel merito sulla domanda anche se arbitrariamente frazionata, e terrà conto del comportamento del creditore in sede di liquidazione delle spese di lite, escludendo la condanna in suo favore o anche ponendo in tutto o in parte a suo carico le spese di lite, ex artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., integrando l'abusivo frazionamento della domanda giudiziale un comportamento contrario ai doveri di lealtà e probità processuale. Il caso Una struttura sanitaria privata, provvisoriamente accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale per l'erogazione di prestazioni di riabilitazione, richiedeva contestualmente l'emissione di due decreti ingiuntivi nei confronti della ASL, il primo per il pagamento delle prestazioni riabilitative rese in riferimento al mese di novembre 2008, l'altro per il pagamento delle prestazioni relative ad ottobre 2008. Il decreto relativo al mese di ottobre 2008 non era opposto. Il secondo sì. Il creditore ingiungente giustificava la scelta, evidenziando che, mentre i crediti relativi al mese di ottobre 2008 erano di pronta realizzabilità sul piano processuale, per i crediti di novembre, il cui pagamento è stato ingiunto con separato decreto monitorio contestualmente richiesto, sussisteva il rischio dell'intervenuto superamento dei tetti di spesa ovvero della capacità operativa massima. Per questa ragione, potendo rendersi necessari accertamenti diversi e di differente complessità e durata, erano stati chiesti due distinti decreti ingiuntivi Il Tribunale accoglieva l'opposizione dichiarando improponibile la domanda perché avente ad oggetto una frazione di un unico credito. La decisione era confermata dalla Corte d'Appello, in assenza di ragioni giustificative della proposizione di plurime domande giudiziali o di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, per contrarietà ai principi di correttezza e buona fede ed al principio costituzionale del giusto processo. Proposto giudizio di legittimità, con ordinanza interlocutoria della Prima Sezione civile, n. 3643/2024 la questione veniva rimessa alle Sezioni Unite in esame. La questione Come noto, le Sezioni Unite si sono pronunziate già tre volte nell'arco di un quarto di secolo sul tema della frazionabilità della domanda giudiziale volta a soddisfare un credito. L'odierna pronunzia sorge dal "cambio di passo" tra la sentenza a S.U. n. 23726/2007 e le due sentenze gemelle del 2017, essendo stato interpretato in modo non univoco dalla successiva giurisprudenza di legittimità. Dunque, le questioni che richiedono una nuova riflessione sono:
La soluzione giuridica Il quadro giurisprudenziale Sul tema del frazionamento del credito, l'ordinanza interlocutoria segnalava l'opportunità di chiarire se l'acclarato abuso del processo correlato all'indebito frazionamento di pretese creditorie afferenti ad un medesimo rapporto, per il quale il creditore non abbia fornito elementi idonei a giustificare la tutela frazionata, debba produrre la rigorosa conseguenza della improponibilità della pretesa. Infatti, l'improponibilità determinerebbe la perdita del diritto sostanziale quando non sia più validamente azionabile - come nel caso in cui sia impossibile agire senza frazionamento per essersi formato il giudicato sulla parte residua della pretesa creditoria (situazione che sarebbe destinata a verificarsi nel caso di specie, ove si mantenesse ferma l'esclusione di un interesse oggettivo alla tutela frazionata, in ragione della definitività dell'accertamento del credito relativo all'altra mensilità oggetto di separato e coevo decreto ingiuntivo non opposto, impeditiva della riunione fra i diversi procedimenti). Questo finirebbe per modificare gli effetti stessi della decisione di improponibilità fino al punto da trasformarla in vera e propria decisione di merito e sul merito, vulnerando in via definitiva il diritto creditorio. In passato le Sez. Un. si erano pronunziate:
Le decisioni del 2017 hanno spostato il focus dal richiamo alla correttezza e buona fede del creditore alla verifica della sussistenza dell'interesse ad agire (inteso come esercizio responsabile del diritto di azione) frazionatamente a fronte di una pluralità di diritti inscrivibili in un unico rapporto, verifica il cui esito condiziona non solo l'an ma anche il quomodo della pretesa. L'espressione "interesse oggettivamente valutabile" introduce una nozione elastica ed indeterminata.
Dunque, dal 2017 si è aperto ad un significativo ampliamento della portata applicativa del principio volto a favorire la concentrazione della decisione in unico giudizio, a pena di ricadere nell'abusivo frazionamento. La giurisprudenza della Cassazione si è diversificata, affrontando sostanzialmente tre casistiche:
Ma quali conseguenze derivanti dalla proposizione di una domanda ingiustificatamente frazionata? Sul punto gli esiti interpretativi sono vari:
Risulta evidente che il tema dell'abusivo frazionamento del credito interseca profili sostanziali (abuso del diritto) e processuali (abuso del processo) ed è richiamato in una pluralità di ipotesi non del tutto omogenee. A fronte di situazioni diverse, che si fondano su principi almeno in parte non sovrapponibili, ci possono essere soluzioni differenziate, espressione della variegata molteplicità di situazioni lambite dalla tematica del frazionamento del credito:
Mentre la problematica del frazionamento del credito vera e propria evoca contestualmente la problematica dell'abuso del diritto e quella dell'abuso del processo, in questi casi è solo dello strumento processuale che si abusa, impegnando inutilmente le risorse dell'amministrazione della giustizia - e coinvolgendo la propria controparte- in una serie di liti ingiustificatamente moltiplicate. In queste ipotesi, la reazione dell'ordinamento si concentra a sanzionare la violazione del principio di probità processuale azionando la leva delle spese. Ove ci sia stata una inutile proliferazione delle domande giudiziali volte alla riscossione del credito già accertato, il giudice dell'esecuzione sarà tenuto a liquidare al creditore procedente le sole spese e compensi professionali corrispondenti a quelli strettamente necessari per la notifica d'un solo precetto in relazione ad un valore pari alla somma dei titoli esecutivi separatamente azionati, il cui numero può assumere rilievo esclusivamente nella determinazione del compenso tra i valori minimi e massimi della forbice tariffaria prevista, escluso ogni automatismo (da ultimo, Cassazione civile sez. III, 16/05/2024, n.13606; Cassazione civile sez. III, 03/03/2023, n.6513), potendo giungere ad una condanna ex art. 96 terzo comma c.p.c.
Oggetto specifico della decisione delle Sezioni Unite in esame è la problematica dell'abusivo frazionamento del credito, intesa come frazionamento di una pretesa unitaria o di molteplici pretese che si iscrivono in un rapporto unitario e di durata mediante la moltiplicazione delle azioni giudiziali. Sono questi i casi nei quali residuano le maggiori incertezze, sia di interpretazione dei principi fissati nel 2017, sia di indicazione delle loro reali conseguenze e ricadute applicative. Le Sezioni Unite in esame sono chiamate a pronunziarsi su una più chiara individuazione delle conseguenze dell'abuso. Innanzitutto, la decisione in esame ribadisce che quello che si deve contrastare non è il frazionamento del credito in sé considerato non esiste alcuna diretta preclusione normativa di fonte primaria) ma il suo abuso, nella veste bifronte del frazionamento ingiustificato della pretesa creditoria e della proliferazione delle azioni volte all'accertamento di uno stesso credito, o di crediti del tutto analoghi che si inseriscono in una relazione di durata tra debitore e creditore, impegnando in tal senso l'organizzazione giudiziaria ed anche la propria controparte senza che ve ne sia un reale interesse meritevole di tutela. Il contrasto all'abuso trova un fondamento normativo a livello costituzionale nel principio costituzionalizzato del giusto processo, che diviene il fine a cui deve tendere l'organizzazione giudiziaria, nonché la lente valoriale alla stregua della quale rileggere e attualizzare nella loro interpretazione le norme primarie sul processo, ed in particolare, per quanto in questa sede rileva, i doveri di lealtà e probità delle parti all'interno del processo. Pertanto, le Sez. Un. condividono l'affermazione che, a fronte di una domanda abusivamente frazionata, indica come conseguenza l'improponibilità della domanda stessa, che non ne preclude al creditore la riproposizione unitaria. Questo però non vale in modo generalizzato e assoluto. Infatti, tale affermazione va ulteriormente articolata e specificata, allo scopo di superare alcune obiettive criticità. Non sempre, infatti, è vero che l'improponibilità della domanda non ne impedisce la riproposizione unitaria sempre e in ogni caso. In particolare, ciò non sarebbe possibile proprio in casi come quello sottoposto all'attenzione della Corte. Infatti, nel caso di specie, in cui l'attore ha chiesto contestualmente l'emissione di due distinti decreti ingiuntivi, in riferimento ai crediti maturati per prestazioni sanitarie erogate in due mesi diversi, la domanda stessa non sarebbe ulteriormente riproponibile in maniera unitaria e, ove riproposta, dovrebbe essere dichiarata radicalmente inammissibile. Ci sono casi (limitati) in cui alla declaratoria di improponibilità della domanda frazionata non potrebbe in effetti far seguito l'introduzione di un altro giudizio in cui azionare unitariamente la pretesa: l'affermazione assoluta in termini di improponibilità della domanda (rectius, vera e propria inammissibilità) determinerebbe la perdita del diritto stesso. Si pone così il problema della congruità della conseguenza della statuizione di improponibilità della domanda, nei casi nei quali si realizzerebbe la perdita definitiva di quella parte del diritto di credito o di quel credito. Una soluzione assoluta violerebbe il principio di proporzionalità ed il necessario bilanciamento tra il diritto all'azione e il diritto al giusto processo. Soccorre il principio di strumentalità delle forme - sotteso alla regola del giusto processo, ex articolo 111 Cost. ed articolo 6 della CEDU – per cui le regole di rito vanno intese ed applicate non come valore assoluto, ma in funzione dello scopo di conseguire una decisione di merito in tempi ragionevoli: l'imposizione di condizioni, forme e termini processuali deve rispondere ad obiettive esigenze di buona amministrazione della giustizia; deve trattarsi, peraltro, di regole prevedibili, la cui violazione può essere evitata con l'ordinaria diligenza. Le formalità processuali, in sostanza, devono essere sorrette da uno scopo legittimo e deve esistere un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi utilizzati e lo scopo perseguito. Le Sez. Un. in esame escludono l'improponibilità anche quanto la domanda stessa non possa essere effettivamente riproposta, perché questo non appare conforme al principio del giusto processo e obiettivamente sproporzionata, determinando la perdita del diritto di azione. Dunque, a fronte di una domanda non effettivamente riproponibile, il giudice deve comunque, anche qualora accerti l'inesistenza di un interesse oggettivo (ovvero meritevole di tutela) ad agire frazionatamente, pronunciarsi nel merito della domanda, ovvero sull'esistenza e la consistenza del credito, dando atto che la domanda non sarebbe altrimenti riproponibile. Ma quale potrà essere reazione dell'ordinamento, escludendo che l'abuso rimanga senza sanzione? In questi casi, la sanzione verso l'abuso opera esclusivamente sul piano delle spese giudiziali, secondo diverse calibrature:
Questo ultimo strumento è rimesso alla prudente e motivata valutazione del giudice e consente di sanzionare in maniera efficace il comportamento processuale del creditore a fronte di un abuso del processo senza pregiudicare irrimediabilmente le sue pur legittime pretese. L'uso di tale strumento deve essere debitamente circoscritto ad ipotesi di grave violazione dei canoni di lealtà e probità processuale, in conclamate ipotesi di abuso del processo In questi casi, dunque, il giudice adito non si potrà spogliare della causa con una pronuncia di improponibilità in rito cui corrisponderebbe il diniego di esame nel merito, ma la domanda dovrà essere esaminata dal giudice di merito che, qualora accerti l'esistenza del credito potrà condannare la controparte al pagamento e al contempo far ricadere l'onere delle spese legali sull'attore, se ritenga che la domanda sia stata abusivamente frazionata. Le Sez. Un. non mancano di considerare che le riforme processuali hanno modificato l'impostazione di base, oltre che con la possibilità accresciuta di ampliare e modificare l'originario oggetto del giudizio, anche con l'introduzione di una pluralità di strumenti endoprocessuali finalizzati a garantire l'anticipata soddisfazione dei crediti non contestati o dei crediti facilmente accertabili (vanno ricordati in tal senso i provvedimenti sommari anticipatori di cui agli artt. 186 bis, ter e quater c.p.c., introdotti fin dalla riforma del 1990, ed anche le cosiddette ordinanze definitorie, di accoglimento e di rigetto, ex artt. 183 ter e quater c.p.c., recentemente introdotte dalla riforma del 2022 e delle quali si deve quindi ancora verificare la funzionalità). È comunque individuabile una linea evolutiva non solo della interpretazione giurisprudenziale ma anche della disciplina processuale nel senso di consentire e privilegiare il perseguimento dell'obiettivo della ragionevole durata del processo attraverso un accertamento unitario, nell'ambito del quale, a seconda del grado di complessità istruttoria, la parte può trovare in tutto o in parte soddisfazione della propria pretesa in maniera anticipata: le riforme processuali stesse conducono verso l'eliminazione del frazionamento e l'unicità dell'accertamento perché attuative dell'aspirazione al giusto processo, non discosta dall'attenzione alla concretizzazione tempestiva degli interessi del creditore che ha ragione. Osservazioni La sentenza è senza dubbio complessa, ma governa, condivisibilmente, una casistica non unitaria. Da notare la combinazione tra gli orientamenti maggioritari e minoritari: se, come visto, era minoritario l'orientamento giurisprudenziale che comminava la sola sanzione delle spese processuali, tale mezzo diviene fulcro del sistema. Il rischio è vedere un abusivo frazionamento del credito in ogni azione creditoria. Così non è. È la stessa decisione annotata che ci ricorda che è bene possibile. Il frazionamento del credito in sé non è vietato, se risponde ad un interesse oggettivo all'accertamento separato, da intendersi come un interesse non di mero fatto ma ritenuto meritevole di tutela dall'ordinamento: non si può arrivare all'eccesso di affermare che gli strumenti alternativi di più rapida soddisfazione dei crediti predisposti dall'ordinamento siano in ogni caso preclusi quando i crediti si iscrivano in un unico rapporto. Si pensi all'ipotesi pratica che solo per alcuni crediti si disponga di uno strumento processuale più celere. Opinare diversamente significherebbe configurare un altrettanto “diritto tiranno”. Peraltro, nel caso di specie ha cassato la decisione, riconoscendo che la sentenza impugnata abbia effettivamente omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con cui il ricorrente ha dedotto l'esistenza di ragioni specifiche, giustificative della proposizione di diverse domande giudiziali. Vi è un error in procedendo omettendo di valutare il motivo di appello inerente alla esistenza o meno, nel caso di specie, dei presupposti in presenza dei quali si giustifica la proposizione frazionata delle domande giudiziali, atti ad escludere che essa costituisca, nel caso di specie, un utilizzo abusivo del mezzo processuale contrastante con il principio di correttezza e buona fede. La valutazione manca in quanto essa si deve necessariamente tradurre nella esplicitazione delle ragioni del convincimento del giudice sul punto, non potendo limitarsi ad una affermazione meramente assertiva e di conseguenza non calata nell'esame delle circostanze del caso concreto. Indubbiamente le ragioni creditorie sulla scelta di frazionare le pretese deve essere adeguatamente valutata e motivata. Questo consente di osservare come le Sez. Un. forniscano al giudice un vero e proprio vademecum. Sembra interessante sottolineare le due facce della argomentazione:
Infatti, le Sez. Un. fanno emergere anche il ruolo attivo del giudice:
Questo significa che, prima di giungere ad una condanna alle spese, il giudice deve farsi parte attiva nel verificare ed indirizzare il processo, proprio alla luce dei principi del giusto processo, ma anche di trasparenza, nonché di motivazione. |