Niente aggravante di più fatti di bancarotta in caso di pagamenti plurimi verso un unico creditore

Ciro Santoriello
01 Settembre 2025

La Cassazione si pronuncia in tema di bancarotta preferenziale, con particolare riferimento ad una fattispecie in cui la condotta consiste in una pluralità di pagamenti.

Massima

In tema di bancarotta fraudolenta preferenziale, non è configurabile l'aggravante dei più fatti di bancarotta ex art. 325 comma 2, c.c.i., nel caso di una pluralità di pagamenti che non siano autonomi, bensì temporalmente contigui, abbiano la medesima causa contrattuale, siano lesivi del medesimo bene giuridico della par condicio creditorum.

Il caso

In sede di merito, l'amministratore unico di una società fallita era condannato per il delitto di bancarotta preferenziale.

In sede di ricorso per cassazione si lamentava l'insussistenza dello stato di dissesto al momento dei pagamenti ritenuti preferenziali, la mancata violazione della par condicio creditorum non essendo stata provata l'esistenza di altri creditori rimasti insoddisfatti, la mancanza dell'elemento soggettivo perché il pagamento contestato risultava funzionale alla salvaguardia della attività, essendo il creditore in questione il fornitore primario della fallita, in quanto agente per il procacciamento di clientela. Infine, si lamentava la riconosciuta sussistenza dell'aggravante della pluralità di fatti di bancarotta, essendo stata l'aggravante riconosciuta in relazione all'unica contestazione di bancarotta preferenziale, che non configura la pluralità dei fatti pur in presenza di due versamenti in relazione a due annualità. In sostanza, la condotta sarebbe unica il che escluderebbe l'aggravante ritenuta.

Le questioni

Il delitto di bancarotta preferenziale è diretto a sanzionare o comunque a disciplinare una situazione che frequentemente si verifica nella fase di decozione dell'impresa che precede la dichiarazione di fallimento. In tali convulsi momenti, in cui l'orizzonte temporale delle scelte dell'amministratore è assai limitato, l'imprenditore procede al pagamento dei singoli creditori a seconda delle richieste di costoro, senza porsi il problema delle modalità con cui potrebbe avvenire il riparto fallimentare, e senza rispettare l'esistenza di eventuali cause di prelazione o di privilegio. In questo modo, tuttavia, entrano in conflitto due interessi ugualmente degni di tutela, quello dei creditori pagati dal fallito e quello dei creditori non ancora soddisfatti: indubbiamente, il contrasto fra queste due categorie di soggetti costituisce una conseguenza fisiologica dell'operare dell'imprese commerciali ma sempre che l'alterazione dei rapporti fra i creditori dell'impresa non discenda da una condotta intenzionale e volontaria del debitore e la tensione fra i componenti del ceto creditorio non sia il risultato di una sua consapevole scelta.

La norma - art. 322, comma 3, d.lgs. n. 14/2019 - prevede due modalità di condotta per la lesione della par condicio creditorum. La prima ipotesi è l'effettuazione di pagamenti, espressione interpretata, per assicurare un maggior ambito di prensione della previsione punitiva, in senso molto ampio, escludendosi ogni rilevanza ai caratteri del credito soddisfatto (che può essere o meno liquido, esigibile e scaduto, così come è ritenuto irrilevante il momento in cui lo stesso è venuto in essere, potendo risalire anche a prima che si sia manifestato lo stato d'insolvenza, né avendo importanza la normalità o anormalità dei mezzi utilizzati).

Dubbia è la rilevanza dei pagamenti contestuali all'esecuzione, che è quanto frequentemente si verifica quando un'impresa attraversa uno stato di crisi noto alle controparti, le quali per ovvie ragioni acconsentono a proseguire il rapporto contrattuale con la prima fornendogli quanto necessario per la prosecuzione dell'attività nella prospettiva di un suo risanamento ma il tutto subordinatamente al pagamento contestuale all'acquisto e consegna dei beni richiesti. Posto che la sussistenza del reato presuppone uno stato di insolvenza imminente, situazione che nell'ipotesi che si sta considerando è palese e anche ammessa dall'imprenditore, e stante la circostanza che i crediti in questione sicuramente non godono di alcun regime di privilegio o di prelazione, nulla parrebbe opporsi ad un'applicazione della disposizione incriminatrice in tali circostanze; ciò nonostante, la dottrina prevalente esclude la rilevanza dei comportamenti in esame e ciò in quanto la stessa normativa fallimentare esclude la revocabilità dei pagamenti eseguiti contestualmente alla nascita del rapporto obbligatorio (CONTI, Diritto penale commerciale, II, Torino 1991, 188; PEDRAZZI, Reati commessi dal fallito, in Commentario Scialoja – Branca. Legge fallimentare, a cura di Galgano, Bologna – Roma 1995, 122; PERINI – DAWAN, La bancarotta fraudolenta, Padova 2001, 268).

Si tenga presente, comunque, che non sussiste una preferenza del debitore, penalmente rilevante, laddove lo stesso si sia limitato a procedere al pagamento dei creditori che ne abbiano fatto richiesta, senza che sia conseguito un danno per gli altri soggetti. In sostanza, non c'è preferenza se il vantaggio di cui il creditore ha usufruito si è concretato in una mera anticipazione del pagamento rispetto ai creditori rimanenti; si ha preferenza solo se il pagamento al singolo determini un mancato soddisfacimento, totale o parziale, delle altre posizioni creditorie (CHIARAVIGLIO, Il favoreggiamento del creditore nel diritto penale concorsuale, Milano 2020, 12).

 Il perfezionamento del reato di bancarotta preferenziale richiede un atteggiamento psicologico di dolo specifico, che deve dirigersi verso due obiettivi esterni alla condotta: da un lato il favoreggiamento di uno o più creditori, dall'altro, la lesione degli interessi degli altri (NUVOLONE, Il diritto penale del fallimento, Milano 1955, 242. Contra, parlando di dolo intenzionale, in quanto il danno dei creditori ed il favoreggiamento di alcuni fra costoro sono componenti del fatto e non eventi ulteriori ad esso, COCCO, La bancarotta preferenziale, Napoli 1987, 231; PROSDOCIMI, Dolo eventualis, Milano 1993, 175. La distinzione è rilevante in quanto a seguire la seconda posizione sicuramente il reato in parola non sussisterebbe nel caso dei cd. pagamenti di salvataggio, di cui si dirà più avanti).

       La dottrina e la giurisprudenza assolutamente prevalenti interpretano tale disposizione nel senso che solo il favoreggiamento deve rientrare nel fuoco della volontà dell'agente, mentre il danno degli altri creditori può essere oggetto di un dolo eventuale, non essendo necessario che tale pregiudizio sia voluto direttamente dall'agente, purché tale conseguenza sia stata prevista e consentita, ovvero ne sia stata accettata l'eventualità (Cass., sez. V, 26 agosto 2015, n. 35707; Cass., sez. V, 08 novembre 2016, n. 46689). Il tema non presenta spunti problematici qualora la condotta utilizzata sia consistita nella simulazione di cause di prelazione: la simulazione è condotta intrinsecamente fraudolenta, e la stessa struttura del fatto, essendo le cause di prelazione destinate ad operare in sede di riparto coattivo a tutto ed esclusivo vantaggio del titolare, esclude si possa dubitare della sussistenza in capo all'agente, oltre che della volontà di favoreggiamento, anche di un diretto intento di danno degli altri creditori.

       Maggiormente problematico è invece l'esame dell'elemento soggettivo nel caso in cui il delitto sia stato posto in essere a mezzo di pagamenti preferenziali, posto che in questo caso ci si trova di fronte ad un'attività intrinsecamente lecita, che costituisce violazione di una norma penale solo se accompagnata da un determinato atteggiamento della volontà da parte del debitore; diventa, quindi, di fondamentale importanza comprendere se anche l'intento di danneggiare i creditori debba o meno essere oggetto di un dolo specifico. Contrariamente all'opinione dominante, alcuni autori ritengono che solo riconoscendo rilevanza a tale ulteriore direzione della volontà sia possibile discriminare fra pagamenti leciti e pagamenti illeciti effettuati in una fase di crisi economica dell'impresa: secondo tale tesi, nel periodo di insolvenza dell'azienda qualsiasi pagamento effettuato a favore di un singolo creditore può cagionare un danno per gli altri soggetti rientranti nella medesima categoria, per cui o si ritengono vietate tutte le forme di adempimento di obbligazioni nella fase d'insolvenza dell'azienda o si riconosce rilievo penale a tali pagamenti solo quando effettuati con l'intento, oltre che di favorire il singolo beneficiario (ovviamente necessariamente insito nella stessa scelta di operare il pagamento e quindi scarsamente selettivo nella individuazione delle condotte penalmente rilevanti), di danneggiare i rimanenti creditori (PEDRAZZI, Reati commessi dal fallito, cit., 125).

La tesi da ultima esposta valorizza adeguatamente la funzione dell'elemento psicologico quale elemento differenziale fra comportamenti leciti e condotte punibili (CHIARAVIGLIO, Il favoreggiamento del creditore, cit., 348) e si presenta conforme all'atteggiamento soggettivo effettivamente rinvenibile in capo al soggetto che opera un pagamento preferenziale: pare, invero, difficile sostenere che ci si possa rappresentare di favorire, nell'ambito di una schiera di soggetti, taluno di loro, senza, correlativamente e quale conseguenza del beneficio arrecato, danneggiare gli altri e d'altronde di regola il beneficio del creditore favorito è appunto rappresentato dal solo fatto di essere soddisfatto a differenza degli altri (nel senso che l'espressione “favorire” esprima un concetto di relazione, per cui si sarebbe in presenza di un unico fatto riguardato da due ottiche diverse, quella del creditore favorito e quella dei creditori danneggiati, DE SIMONE, La bancarotta preferenziale, in CARLETTI, Diritto penale commerciale, I, Reati nel fallimento e nella altre procedure concorsuali, in Giurisprudenza sistematica di diritto penale, diretta da Bricola e Zagrebelsky, Torino 1990, 173. Nel senso che ai fini della valutazione del dolo richiesto dalla norma incriminatrice, è del tutto irrilevante l'assenza di ragioni personali che abbiano indotto a trattare il creditore preferito diversamente dagli altri, Cass., sez. V, 8 novembre 2016, n. 46689; Cass., sez. V, 30 giugno 2016, n. 46689, secondo cui il delitto in parola sussiste anche nel caso in cui il pagamento preferenziale non sia stato determinato da particolari ragioni intese a favorire il creditore beneficiario e anche nel caso in cui l'intento che animava l'imprenditore era quello di accogliere le esigenze ritenute più meritevoli; tramite la condotta di pagamenti preferenziali, infatti, l'imprenditore sostituisce criteri fissati normativamente per il riparto con parametri proprie diversi, così consapevolmente preferendo alcuni creditori luogo di altri).

Il profilo su cui l'esame dell'elemento soggettivo del delitto di bancarotta preferenziale ha maggiore incidenza è però quello della rilevanza penale dei cd. pagamenti a scopo di salvataggio ovvero prestazioni effettuate con l'intento di allontanare la possibilità di fallimento nella convinzione di riuscire nel futuro a superare la crisi finanziaria. In proposito, la recente giurisprudenza – in accordo con la dottrina e superando precedenti e più rigorosi orientamenti - nega la rilevanza penale di tale scelta per mancanza dell'elemento psicologico (Cass., sez. V, 3 gennaio 2020, n. 81; Cass., sez. V, 26 agosto 2015, n. 35707), salvo il caso in cui nel corso degli anni l'imprenditore continui ad adempiere le sue obbligazioni nei confronti di fornitori ed istituti di credito (i quali, in caso di inadempimento, facilmente potrebbero ottenere il fallimento dell'azienda), omettendo invece qualsiasi pagamento nei confronti di INPS, Agenzia delle entrate ecc. (evidentemente sapendo che gli enti previdenziali ed erariali si muoveranno con molto ritardo per ottenere il dovuto) così che, una volta dichiarato il fallimento, la massa creditoria sarà composta in assoluta prevalenza dagli enti previdenziali ed erariali che vedranno anche completamente insoddisfatte le proprie pretese: in tale circostanza all'imprenditore viene contestato - accanto alle fattispecie criminose di cui D.Lgs. n. 74 del 2000 ed ai reati previsti in materia previdenziale e di sostituto d'imposta, anche - il delitto di bancarotta preferenziale (Cass., sez. V, 26 settembre 2013, n. 48802).

            Chiaramente, la tesi che riconosce – se non la legittimità, quanto meno – la penale irrilevanza dei pagamenti effettuati nel desiderio di evitare il fallimento della propria azienda, pur se condivisibile e condivisa dalla maggioranza della dottrina (con ragioni che vanno dall'assenza di un dover di fallire in capo all'imprenditore - PERINI – DAWAN, La bancarotta fraudolenta, cit. 286 -, all'assenza del dolo richiesto dalla norma – MANGANO, Disciplina penale del fallimento, Milano 1993, 57 -, alla presenza eventualmente di un atteggiamento colposo in capo all'imprenditore – CONTI, Diritto penale commerciale, cit., 192), si fonda su un evidente presupposto ovvero la circostanza che l'imprenditore creda effettivamente nelle prospettive di salvataggio dell'impresa: solo se è fondata tale convinzione si potrà sostenere che la condotta del debitore, pur se poneva in pericolo gli interessi degli altri creditori avvantaggiando al contempo uno di loro, non era assistita dal dolo specifico richiesto dall'art. 216, comma 3, R.D. n. 267 del 1942.

Osservazioni

Il ricorso è stato dichiarato infondato salvo il profilo attinente alla sussistenza della circostanza aggravante.

Quanto al profilo della ricorrenza di uno stato di insolvenza dell'impresa, con conseguente pericolo concreto - conseguente al pagamento effettuato in favore di uno dei creditori - per la soddisfazione del restante ceto creditorio, i giudici di merito hanno evidenziato il pesante indebitamento a breve termine della società, con debiti quasi superiori al fatturato, nonché la lievitazione e capitalizzazione dei costi di gestione proprio nel periodo interessato dai pagamenti contestati e di tutto era consapevole l'amministratore. Peraltro, diversamente da quanto riscontrato per altri pagamenti – potenzialmente preferenziali e senz'altro idonei a determinare una lesione della par condicio creditorum -, rispetto ai quali i giudici di merito avevano escluso la penale rilevanza perché intesi alla salvaguardia della attività sociale o imprenditoriale nel tentativo ragionevole di evitare il fallimento (Cass. sez. V, 5 giugno 2018, n. 54465), i pagamenti oggetto di contestazione non meritavano una tale considerazione non foss'altro perché effettuati a vantaggi di una società di cui era titolare lo stesso imputato, che dunque ricopriva le funzioni di debitore, quale amministratore della fallenda, e di creditore.

Quest'ultimo profilo rileva anche con riferimento dolo richiesto per il delitto in parola. Detto che l'imputato aveva consapevolezza della condizione di insolvenza della società interessata, il cui squilibrio patrimoniale avrebbe imposto l'immediato ricorso ad una procedura concorsuale, i giudici di merito hanno anche adeguatamente motivato con riferimento al dolo specifico - costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto – evidenziando il vantaggio personale conseguente al pagamento delle somme dovute ad un soggetto direttamente riconducibile all'imputato, con accettazione della eventualità di un danno per gli altri creditori, in ragione della circostanza che il curatore aveva accertato che alla data della dichiarazione di fallimento l'esposizione per oltre due milioni di euro sussisteva sia con creditori istituzionali, ma anche con creditori privati, come i fornitori, fra i quale certamente si può annoverare la società dell'imputato, avvantaggiata con pagamenti dell'anno precedente e di due anni prima rispetto alla sentenza di fallimento.

Quanto alla ricorrenza della circostanza aggravante dei più fatti di bancarotta fraudolenza, i giudici di merito hanno ritenuto sussistente la stessa in ragione di due pagamenti, nei confronti del medesimo creditore, nell'anno 2017 per oltre 79 mila euro e nell'anno 2018 per oltre 23 mila euro, rilevando la sussistenza di due autonome condotte di bancarotta preferenziale con conseguente 'pluralità' di fatti di bancarotta. La Cassazione non concorda con questa conclusione in quanto il presupposto per l'applicazione dell'aggravante in esame è l'autonomia delle condotte sul pianto ontologico e giuridico mentre nel caso in esame i due pagamenti risultino operati nei confronti dello stesso creditore, con la medesima causa contrattuale, in sequenza cronologica, determinando così la lesione del medesimo bene giuridico, vale a dire la par condicio creditorum. Per tale ragione, viene riscontrata una omogeneità delle condotte che devono essere ricondotte ad una unica violazione dell'art. 326, comma 3, d.lgs. n. 14/2019 difettando proprio l'autonomia dei due pagamenti.

D'altronde in più di un'occasione la giurisprudenza ha osservato che il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ha natura di reato a condotta eventualmente plurima, che può essere realizzato con uno o più atti, senza che la loro ripetizione, nell'ambito dello stesso fallimento, dia luogo ad una pluralità di reati in continuazione, non venendo meno il carattere unitario del reato quando le condotte previste dalla disposizione incriminatrice  siano tra loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico, e temporalmente contigue (Cass., sez. V, 3 novembre 2020, n. 13382). Tale principio ben possono trovare applicazione anche nel caso della bancarotta preferenziale, ed anche nel caso di specie, tanto più che la condotta come prevista dalla norma incriminatrice già in sé fa riferimento ad una pluralità di pagamenti e non al singolo pagamento.

Conclusioni

Il tema di maggior interesse della decisione in esame è senz'altro rappresentato dai rapporti fra il delitto di bancarotta preferenziale e la circostanza aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta.

Il profilo di novità è determinato dalla circostanza che per la prima volta vengono ritenuti rilevanti anche per la bancarotta preferenziale le conclusioni assunte con riferimento alla bancarotta distrattiva. In tema è noto che sussiste pluralità di reati solo laddove le singole condotte, riconducibili alle azioni tipiche previste dalle singole fattispecie incriminatrici, siano distinte sul piano ontologico, psicologico e funzionale e abbiano a oggetto beni specifici differenti (Cass., sez. V, 1 aprile 2022, n. 17799. Anche Cass., sez. V, 10 ottobre 2024, n. 41539, che ha escluso l'aggravante di più fatti di bancarotta nel caso di una pluralità di condotte distrattive, temporalmente contigue e aventi tutte ad oggetto beni mobili, seppur differenti sul piano materiale, quali denaro e arredi).

Nel caso di specie, ha deposto per l'assenza di una pluralità di fatti di bancarotta la circostanza che i pagamenti – anche se non particolarmente vicini nel tempo – fossero diretti ad avvantaggiare lo stesso creditore ed in relazione ad uno stesso rapporto obbligatorio.

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