Rapporto fra domanda di divisione e giudizio di opposizione a precetto
11 Agosto 2025
Massima Deve ritenersi ammissibile la proposizione, da parte dell'attore in un giudizio di opposizione preventiva all'esecuzione (c.d. opposizione a precetto), di domanda di divisione dell'eredità, anche se non altrimenti connessa con la domanda di accertamento negativo svolta opponendosi alla intimazione contenuta nel precetto, essendo tale cumulo consentito dall'art. 104 c.p.c. Il caso Il caso sottoposto all'esame della Corte di cassazione nella sentenza in commento presenta diversi profili di interesse, tali da meritare un approfondimento nella presente sede. Stando alla ricostruzione dei fatti di causa riportata in sentenza, all'origine della controversia vi era una domanda di restituzione di somme avanzata da un amministratore di sostegno, per conto del proprio amministrato, nei confronti del precedente amministratore di sostegno della persona assistita (precedente amministratore di sostegno che era anche figlio della amministrata) e della di lui moglie, sul presupposto che i medesimi si fossero illegittimamente appropriati di somme della propria congiunta. Tale domanda veniva accolta, con condanna del precedente amministratore di sostegno e della moglie al pagamento, in favore della amministrata, di una somma di denaro. La domanda così accolta dal Tribunale di Reggio Emilia veniva poi confermata dalla Corte d'Appello di Bologna. Il ricorso per Cassazione formulato dalle parti soccombenti in appello veniva rigettato. Nelle more, interveniva il decesso della amministrata, con l'effetto che la figlia della stessa, sul presupposto di essere divenuta erede, unitamente al proprio fratello, della defunta madre (già sottoposta ad amministrazione di sostegno), intimava precetto al proprio fratello (destinatario, come detto, della condanna alla restituzione di somme sancita dal Tribunale di Reggio Emilia) per ottenere il pagamento della quota di credito alla medesima spettante iure hereditatis. L'intimato proponeva opposizione, deducendo, innanzi tutto, come il credito in questione, stante la propria natura ereditaria, non fosse suscettibile di riscossione fintanto che non fosse stata sciolta la comunione ereditaria. Inoltre, svolgeva domanda di scioglimento della comunione ereditaria tanto con riguardo all'eredità relitta dalla propria madre, quanto dal proprio premorto padre, chiedendo che la sorella che aveva intimato precetto fosse condannata al pagamento di un consistente importo, del quale la medesima sia era indebitamente appropriata. Il Tribunale di Reggio Emilia rigettava l'opposizione, ritenendo che ciascun erede, anche pro indiviso, fosse sempre abilitato ad agire in sede esecutiva per la riscossione di un credito ereditario e ritenendo, comunque, che nel caso in esame il debito dell'intimato si fosse estinto, pro quota, per confusione. Reputava, poi, inammissibili le altre domande svolte dall'opponente, ravvisando l'insussistenza di profili di connessione tali da giustificare il cumulo delle domande nel giudizio di opposizione a precetto. La sentenza veniva appellata dinanzi alla Corte d'Appello di Bologna, la quale ribaltava la precedente decisione, ritenendo che i crediti ereditari, fintanto che si protrae la comunione ereditaria, siano insuscettibili di essere azionati in via esecutiva da uno dei coeredi, condividendo poi la valutazione di inammissibilità quanto alle ulteriori domande svolte dall'opponente nel corso del giudizio di primo grado. La pronuncia d'appello veniva quindi fatta oggetto tanto di ricorso per cassazione da parte della figlia della de cuius, quanto di ricorso incidentale da parte del figlio della stessa. Il ricorso per cassazione censurava la sentenza d'appello, per quanto di interesse nella presente sede, per non aver tenuto la stessa debitamente conto del giudicato interno formatosi con riguardo ad un importante passaggio della sentenza di primo grado: in particolare, la sentenza di primo grado si era chiaramente pronunciata per il venir meno della comunione ereditaria a seguito della confusione, all'interno del patrimonio del figlio della de cuius, tra il credito dal medesimo vantato nei confronti della defunta madre e il debito dello stesso, tale da far residuare, rispetto all'originario debito dovuto dal figlio della de cuius, soltanto la quota parte spettante, iure hereditatis, alla sorella. Quanto, poi, al ricorso incidentale svolto dal figlio della originaria amministrata, lo stesso, per quanto di interesse nella presente sede, censurava la pronuncia dei giudici di appello in punto di inammissibilità della domanda di divisione svolta dall'intimato con il proprio atto introduttivo del giudizio di opposizione a precetto, trattandosi di domanda certamente connessa con quella svolta in via principale dall'opponente. La questione Diverse le questioni di interesse nella sentenza in esame. E' sempre interessante la questione concernente la portata e l'ambito del giudicato interno, trattandosi di istituto i cui confini non sempre risultano ben definiti e nel quale non è affatto facile districarsi. La sentenza si sofferma anche sulla questione concernente i limiti entro i quali può essere esteso l'ambito del giudizio di opposizione a precetto con domande che esorbitano, anche in modo significativo, dall'oggetto tipico di tale giudizio di opposizione preventiva all'esecuzione. Le soluzioni giuridiche Nella sentenza che si annota la Cassazione accoglie tanto uno dei motivi di ricorso, quanto uno dei motivi posti a base del ricorso incidentale. Quanto al motivo di accoglimento del ricorso per cassazione, i giudici di legittimità ritengono integrato il giudicato interno formatosi con riguardo ad uno specifico profilo esaminato nella sentenza del Tribunale di Reggio Emilia che aveva respinto l'opposizione a precetto: visto che il giudice di primo grado aveva ritenuto che la comunione ereditaria era venuta meno per effetto della confusione delle posizioni debitorie e creditorie in capo al figlio della de cuius e atteso che tale motivo si atteggiava come un “punto di sentenza certamente suscettibile di passare in giudicato, in quanto basato sul triplice elemento del “fatto” (…), della “norma” (l'art. 1253 c.c.) e dell'“effetto” (il credito si estingue pro parte e si scioglie la comunione su esso)” (si veda la sentenza in commento), doveva concludersi che non essendo stata in alcun modo censurata tale statuizione in sede di appello, sulla stessa fosse calato il giudicato interno, con l'effetto che restava precluso alla Corte d'Appello porre in discussione una tale statuizione, ritenendo ancora sussistente la comunione ereditaria sul credito posto a base della originaria domanda restitutoria. Quanto al ricorso incidentale, la Cassazione accoglie il motivo con il quale il Tribunale prima e la Corte d'Appello poi avevano ritenuto inammissibili le domande svolte dal figlio della de cuius finalizzate ad ottenere lo scioglimento della comunione ereditaria tanto con riguardo alla posizione della defunta madre, quanto con riferimento alla posizione del defunto padre. Sul punto, viene evidenziato come nel caso in questione non venga affatto in rilievo una ipotesi di domanda riconvenzionale, ma venga piuttosto in rilievo “una domanda aggiuntiva e complanare rispetto a quella - insita in ogni opposizione - di accertamento negativo del diritto di procedere esecutivamente, quand'anche fondata su presupposti di fatto e di diritto (…) parzialmente coincidenti”, con l'effetto che tale pluralità di domande, formulate “da parte dell'attore nei confronti del medesimo convenuto” deve ritenersi consentita ai sensi dell'art. 104 c.p.c., stando al quale è permesso il cumulo di più domande anche “non altrimenti connesse”, salva la facoltà del giudice di separarle (si vedano i punto 6.3 e 6.4 della sentenza in commento). In considerazione dei due evidenziati profili di accoglimento, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d'Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese. Osservazioni Paiono condivisibili entrambi i due profili di accoglimento espressi nella motivazione della sentenza che si annota. Quanto al primo, come si accennava in precedenza, occorre osservare come la verifica in merito alla formazione del giudicato interno in merito a singoli punti della sentenza non sempre sia agevole. La Cassazione, infatti, ritiene ravvisabile la possibilità di formazione del giudicato interno se ed in quanto si sia in presenza di una “statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell'ambito della controversia”, con l'effetto che qualora risulti contestato in sede di appello anche “uno soltanto degli elementi di quella statuizione”, ciò risulta sufficiente a riaprire “la cognizione sull'intera questione che essa identifica” (si veda Cass. n. 30728/2022. Nel medesimo senso anche Cass. n. 18241/2024, Cass. n. 27246/2024 e Cass. n. 32563/2024). Dalle pronunce appena menzionate si evince pure che non si configura in alcun modo un profilo di giudicato interno laddove non venga in rilievo una statuizione recante gli estremi “di un decisum affatto indipendente”, ma piuttosto delle “affermazioni che costituiscano mera premessa logica della statuizione in concreto adottata” (si veda, in particolare, Cass. n. 18241/2024). Con specifico riguardo al caso ora in esame, la sentenza in commento evidenzia come venisse in rilievo, nella sentenza di primo grado, una statuizione munita dell'anzidetto requisito di “statuizione minima”, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, con la conseguenza che non avendo costituito oggetto di contestazione, in sede di appello, nessuno degli elementi di tale sequenza, sulla relativa statuizione deve ritenersi integrato il giudicato interno. L'altra questione sottoposta all'esame della Terza Sezione appare, se possibile, ancor più rilevante per chi si occupa di opposizione preventiva all'esecuzione. Non è infatti infrequente che all'interno di un giudizio di opposizione a precetto si insinuino, tanto da parte dell'attore/opponente, quanto da parte del convenuto/opposto, domande di diverso tenore, miranti ad estendere il thema decidendum. Ora, se è vero che, in considerazione della peculiarità del giudizio di opposizione a precetto, che ordinariamente si incentra nella domanda volta all'accertamento negativo del diritto di procedere ad esecuzione forzata, il cumulo delle domande può porre qualche problema e può complicare non poco la gestione di un giudizio che ordinariamente risulta piuttosto piana, è anche vero, però, che un tale cumulo deve ritenersi possibile; ciò, sulla base del richiamo normativo operato nella sentenza in commento, ossia sulla base del fatto che è sempre possibile proporre contro la stessa parte una pluralità di domande, anche se non altrimenti connesse (art. 104 c.p.c.). Non può quindi ritenersi preclusa la proposizione, nel giudizio di opposizione a precetto, anche di domande diverse da quella ordinariamente posta a base di tale giudizio. Nel presente caso, la domanda proposta dall'opponente nel proprio atto introduttivo aveva ad oggetto la richiesta di scioglimento della comunione ereditaria esistente con l'altra erede della de cuius. Si tratta, invero, di un cumulo possibile ma che, indubbiamente, pone forse qualche problema aggiuntivo rispetto a quanto avviene in altre ipotesi di cumulo di domande. Intanto, occorre ricordare come il giudizio di scioglimento delle comunioni si atteggi in modo del tutto peculiare, connotato come esso è dalla esistenza di un litisconsorzio necessario con tutti gli eredi, o condomini, o creditori opponenti, ove vi siano (si veda l'art. 784 c.p.c.). Inoltre, occorre tenere conto che si tratta di un giudizio scandito da diverse fasi, in particolare quella finalizzata all'accertamento del diritto alla divisione e alla formazione delle porzioni e quella consistente nelle vere e proprie operazioni divisorie, ivi compresa quella concernente la possibile vendita dei beni oggetto di comunione. Un giudizio che neppure necessariamente viene definito con sentenza, ben potendo definirsi mediante ordinanza resa ai sensi dell'art. 789 c.p.c. Circostanze, quelle appena evidenziate, che, se valgono a mettere in evidenza la peculiarità del cumulo in questione, non precludono affatto l'operatività dello stesso, come riconosciuto dalla Cassazione nella sentenza in commento. |