La riduzione dell’orario di lavoro su accordo delle parti non incide sui contributi da versare
08 Agosto 2025
In generale, l'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali, ai sensi dell'art. 1, d.l. n. 338/1989 (l. conv. n. 389/1989), non può essere inferiore all'importo del c.d. “minimale contributivo”, ossia al quantum retributivo che ai lavoratori operanti in un determinato settore dovrebbe essere corrisposto in applicazione del contratto collettivo stipulato dalle oo.ss. maggiormente rappresentative su base nazionale. Tale regola è espressione del principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto all'obbligazione retributiva, sicché i contributi da versare possono essere calcolati avendo come parametro un importo superiore rispetto a quanto effettivamente corrisposto dal datore. Suddetta regola opera anche con riferimento all'orario di lavoro che deve essere considerato come parametro, ossia quello “ordinario” stabilito dalla contrattazione collettiva (o dal contratto individuale, se superiore). Infatti, se al lavoratore venissero retribuite meno ore di quelle previste dal normale orario di lavoro, e la contribuzione dovuta venisse rimodulata su tale minore retribuzione, non vi potrebbe essere rispetto del minimale contributivo nei termini sopra indicati, incidendo sulla idoneità del prelievo a soddisfare le esigenze previdenziali e assistenziali. La retribuzione effettivamente corrisposta acquista rilievo solo se superiore ai minimi previsti dal contratto collettivo, mentre in caso contrario non rileva e vale la misura minima determinata in sede di negoziazione collettiva. (Cfr.: Cass., sez. lav., 14 maggio 2025, n. 12974; Cass., sez. lav., 08 giugno 2023, n. 16260; Cass., sez. lav., 03 giugno 2019, n. 15120). |