La rilevanza probatoria del software whatsapp

06 Agosto 2025

La giurisprudenza di merito e di legittimità ha affrontato più volte le problematiche derivanti dall'utilizzo in giudizio dei messaggi whatsapp. In quali casi il contenuto dei messaggi di whatsapp ha valore probatorio e può, quindi, essere posto alla base di una decisione?

Premessa

I messaggi whatsapp depositati in giudizio possono assumere la veste di prova in quanto, con l'avvento delle nuove tecnologie, sempre più persone si affidano, anche per le pratiche commerciali, a questo applicativo di uso comune. A tal proposito l'art. 2712 c.c. dispone che “ogni rappresentazione meccanica di fatti e cose forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentante, se colui contro il quale sono state prodotte non ne disconosce la conformità”, ed ancora l'art. 2719 c.c. prevede che “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta”. La giurisprudenza di merito e di legittimità ha affrontato più volte le problematiche derivanti dall'utilizzo in giudizio dei messaggi whatsapp. In quali casi il contenuto dei messaggi di whatsapp ha valore probatorio e può, quindi, essere posti alla base di una decisione? È possibile, poi, contestare la genuinità e la veridicità di quanto risulta da una conversazione su whatsapp? Il presente contributo cercherà di rispondere a questi interrogativi.

I messaggi whatsapp e il principio di tipicità dei mezzi di prova

Come noto nel nostro ordinamento vige il principio di tipicità dei mezzi di prova, in base al quale possono avere accesso nel processo civile soltanto le prove espressamente previste e disciplinate dalla legge. L'art. 2712 c.c. prevede che le riproduzioni meccaniche, fotografiche, informatiche (CAD) o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. L'art. 2719 c.c. dispone inoltre che le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta.

Proprio partendo da tali disposizioni, la Cassazione aveva già riconosciuto pieno valore probatorio per gli SMS e per le immagini contenute negli MMS, ritenute “elementi di prova” integrabili con altri elementi anche in caso di contestazione (Cass. civ. 11 maggio 2005, n. 9884), chiarendo peraltro che in caso di disconoscimento della "fedeltà" del documento all'originale, rientrerebbe nei poteri del Giudice accertare la conformità all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. civ. 26 gennaio 2000, n. 866, ex multis). In tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all'art. 2712 c.c. il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass. civ. 2 settembre 2016, n. 17526; Cass. civ. 17 febbraio 2015, n. 3122)

La giurisprudenza di merito (vedasi, tra le tante, Trib. Napoli, sez. I, 22 marzo 2024, n. 3236) ha più volte affermato che le conversazioni whatsapp e gli sms estratti dall'utenza telefonica sono prive di valore probatorio se prodotti con semplice trascrizione “word” e prive dei supporti informatici (smartphone, tablet, ecc.) nei quali sono presenti le conversazioni. Si è ritenuto, invece, che le conversazioni whatsapp, per assumere rilievo probatorio, devono essere depositate con il loro supporto in quanto questo permette di controllare l'affidabilità della prova medesima mediante l'esame diretto del supporto onde verificare con certezza sia la paternità delle registrazioni sia l'attendibilità di quanto da esse documentato. L'indirizzo prevalente della giurisprudenza di merito si “basa” sulla decisione della Cassazione (Cass. civ., sez. un., 27 aprile 2023, n. 11197, la quale ha affermato che quanto all'efficacia probatoria della chat, i messaggiwhatsapp” e gli “sms” conservati nella memoria di un telefono cellulare sono utilizzabili quale prova documentale e, dunque, possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una “chat” di “whatsapp” mediante copia dei relativi “screenshot”, tenuto conto del riscontro della provenienza e attendibilità degli stessi Ora, in tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, il messaggio di posta elettronica (c.d. e-mail) — e così anche i messaggi whatsapp — costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientrano tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime, tramite un disconoscimento chiaro, circostanziato ed esplicito (Cass. civ. 16 luglio 2024, n. 19622; Cass. civ. 30 aprile 2024, n. 11584; Cass. civ. 27 ottobre 2021, n. 30186; Cass. civ. 14 maggio 2018, n. 11606). E ciò pur non avendo l'efficacia della scrittura privata prevista dall'art. 2702 c.c. (Cass. civ. 24 luglio 2023, n. 22012).

Questioni problematiche in materia di rilevanza probatoria dei messaggi whatsapp

Nella vita giudiziaria quotidiana dei tribunali non capita spesso che la parte depositi o metta a disposizione del giudicante il dispositivo da cui si possa verificare la conversazione whatsapp offerta in giudizio. Ciò perché lo smartphone può essersi smarrito o danneggiato e, quindi, la parte può limitarsi esclusivamente a produrre degli screenshot.  Il termine viene tradotto letteralmente come “immagine dello schermo”. Il programma, quindi, cattura l'immagine che in quel momento si trova sullo schermo di un dispositivo elettronico, fisso o mobile, e che ha la funzione specifica di autofotografarsi. Uno screenshot non fornisce, secondo parte della dottrina, alcuna certezza che quella data schermata riproduca una dichiarazione o un messaggio proveniente da un dato soggetto o una notizia di un dato quotidiano online o se invece, per rimanere nella terminologia informatica, la schermata riproduca un fake. Basta, si afferma, una rapidissima ricerca nella rete internet per trovare soluzioni gratuite utili per contraffare un messaggio whatsapp o YouTube o Facebook o una qualsiasi altra notizia. Perciò, riportato all'interno del processo, deve ritenersi che lo screenshot è tutt'altro che un mezzo di prova affidabile. Ciò che fa la differenza è come e, soprattutto, da chi viene formato lo screenshot. Sul punto la Cassazione, con la decisione n. 49016/2017, ha chiarito che le conversazioni contenute nelle chat di whatsapp hanno valore di prova legale in giudizio, ma per la loro utilizzabilità è necessaria l'acquisizione del supporto telematico dove è avvenuta la comunicazione — ovvero del relativo telefono cellulare —. Al contrario, la copia stampata della conversazione attraverso “screenshot” della stessa costituisce una “riproduzione meccanica” al pari di una fotocopia. In questo caso può essere considerata prova solo se non viene contestata dalla controparte; al riguardo, tuttavia, la Suprema Corte ha precisato che la contestazione deve essere accompagnata da specifiche motivazioni che la giustifichino (ad esempio, attinenti alla mancanza di data ovvero l'incongruenza/contraffazione di alcune parti ovvero la mancata certezza della provenienza dei messaggi da numero di telefono riferibile alla persona contro cui sono prodotti).

La giurisprudenza di legittimità ha, quindi, confermato l'efficacia probatoria dei messaggi whatsapp nell'ambito del processo civile. Le prove digitali, secondo parte della dottrina, rappresentano delle prove atipiche nell'ambito del processo civile dal momento che non risultano disciplinate da alcuna disposizione normativa. Si afferma, infatti, che, pur essendo assente nell'ordinamento civilistico una norma di chiusura a carattere generale che preveda l'ammissibilità delle prove non disciplinate dalla legge, al pari dell'art. 189 c.p.p. nell'ambito del processo penale, è principio consolidato quello per cui l'elencazione delle prove nel procedimento civile non presenti carattere tassativo e, quindi, ben può il giudice basare il suo libero convincimento da quanto risulta dalla messaggistica whatsapp.

Secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità e della dottrina le prove digitali fanno parte del novero delle c.d. riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c., secondo il quale le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti o di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. Pertanto, il riconoscimento del valore probatorio dei messaggi whatsapp è subordinato alla condizione che risulti palese tanto la autenticità della provenienza del messaggio quanto l'integrità del suo contenuto.

Conclusioni

I messaggi whatsapp rientrano, quindi, nelle riproduzioni meccaniche ex art. 2712 c.c. e il loro contenuto fa piena prova dei fatti soltanto quando colui contro il quale sono prodotti non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. Di conseguenza i messaggi whatsapp non costituiscono idonea prova scritta ex art. 634 c.p.c. per ottenere un decreto ingiuntivo proprio perché la parte ingiunta non è posta, per le caratteristiche del procedimento monitorio, nelle condizioni di poter disconoscere specificamente i messaggi whatsapp. In giudizio la parte contro la quale sono prodotti i messaggi whatsapp avrà l'onere di contestarli specificamente offrendo magari il proprio dispositivo per provare eventualmente la non genuinità dei messaggi ovvero potrà avvalersi di una consulenza tecnica di parte al fine di ritenere come alterati i messaggi o comunque non riferibili all'utenza telefonica della persona a cui apparentemente si riferiscono. Si auspica nel prossimo futuro una regolamentazione normativa delle prove digitali al fine di adeguare il catalogo dei mezzi istruttori a disposizione del giudice all'evoluzione sempre più veloce degli strumenti di comunicazione a disposizione di tutti le persone.   

Riferimenti

G. Gioia, Prova digitale – Screenshot - Il valore probatorio dello screenshot tra processo civile e processo penale, in Giurisprudenza Italiana n.12/23, pag. 2623 e ss;

C. Di Cesare, L'efficacia probatoria dei messaggi whatsapp e degli sms nel processo civile, in Ius Processo civile (ius.giuffrefl.it), 17 marzo 2025.

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