Allungamento del periodo di comporto e accomodamento ragionevole a favore del lavoratore disabile
04 Agosto 2025
La recente giurisprudenza, in tema di licenziamento, ha ritenuto costituire una discriminazione indiretta l'applicazione dell'ordinario periodo di comporto al lavoratore disabile, perché la mancata considerazione dei rischi di maggiore morbilità, proprio in conseguenza della disabilità, converte il criterio, in apparenza neutro, del computo del periodo di comporto in una prassi discriminatoria. Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, il datore è chiamato ad adottare “ragionevoli accomodamenti” organizzativi (art. 3, comma 3-bis, d.lgs. n. 216/2003), i quali, senza comportare oneri finanziari sproporzionati, sia idoneo a contemperare l'interesse del disabile al mantenimento del lavoro con quello del datore a garantirsi una prestazione lavorativa utile all'impresa. Inoltre, prima di procedere ad un licenziamento per superamento del periodo di comporto, il datore è chiamato ad acquisire informazioni - cui non può corrispondere un comportamento ostruzionistico del lavoratore - circa l'eventualità che le assenze siano connesse allo stato di disabilità, così da valutare eventuali accorgimenti ragionevoli per evitare il recesso dal rapporto. Nel caso di specie non può escludersi che il datore abbia attuato una forma di accomodamento ragionevole, dal momento che tra gli eventuali accorgimenti possibili può ipotizzarsi anche un allungamento del periodo di comporto ovvero l'espunzione dal comporto di periodi di malattia connessi allo stato di disabilità. Se il datore ha intimato il licenziamento ben oltre il periodo massimo di comporto previsto dal CCNL applicato, tale allungamento temporale può costituire un “ragionevole accomodamento”. (Cfr.: Trib. Napoli, sez. lav., 29 maggio 2025, n. 4247; Cass., sez. lav., 31 maggio 2024, n. 15282). |